If
Only…
Life always plays pranks, not matter who you are… No matter how much you love something…
“Kurokocchi,
avanti! Vieni a giocare anche tu!”
L’invito
gioioso del biondo risuonò nell’aria fredda di
quel giorno di febbraio, dove
tutti e sette si erano ritrovati per una piccola partitella di street
basket.
Erano cinque mesi che non si trovavano più tutti assieme su
un campo da basket.
Aomine, sentendosi nervoso e imbarazzato dall’uscita
dell’amico, strinse ancora
di più la stretta sulla palla di cuoio, arrivando a farsi
sbiancare le nocche
delle mani. Kagami, che stava pochi passi dietro Kuroko,
spalancò per un
secondo la bocca, sconcertato, per poi richiuderla e degnare di una
smorfia
sbigottita il biondo.
“Ohi,
Kise!” ringhiò l’asso del Tōō con
rimprovero verso l’atleta del Kaijō,
tirandogli la palla con violenza – prontamente presa da
quest’ultimo - per poi
zittirsi quando percepì un fruscio provenire
dall’azzurro.
“Non
credo che sia possibile, Kise-kun.”
La
voce flebile di Tetsuya si levò dalle sue labbra, apatica e
priva di qualsiasi
sentimento, come al solito. I grandi occhi azzurri fissavano seri e
impassibili
Kise, senza ombra di alcun giudizio nello sguardo. Le sue mani,
tuttavia,
tradirono la sua maschera, tormentandosi freneticamente in grembo.
Aveva voglia
di prendere in mano il pallone da basket e giocare con i suoi amici,
ricevere
la palla da Akashi per poi passarla a Kagami o Aomine per uno
spettacolare
alley hoop. Non chiedeva nient’altro. Voleva solo tornare a
fare ciò che sapeva
fare meglio e che amava più di ogni altra cosa al mondo.
A
Kise non sfuggì la reazione dell’amico e rivolse
un sorriso a tutti i presenti,
in particolare all’azzurro che aveva abbassato lo sguardo
verso il terreno. Con
un movimento rapido lancio la palla verso le mani di Tetsuya e questi,
d’istinto, afferrò l’oggetto sferico.
Nel ricevere quel passaggio inaspettato,
un po’ troppo potente e veloce per lui, Tetsuya
sentì una fitta lancinante al
polso sinistro ma non diede alcun segno del dolore appena provato.
Anche dopo
cinque mesi di convalescenza, il suo polso non era ancora del tutto
guarito. Non
voleva essere un peso per i suoi amici, o almeno, non avrebbe mai
voluto
diventarlo così tanto.
“Visto…
Non è stato così difficile, no? Ora bisogna solo
andare verso il canestro e
fare entrare la palla! Avanti Kurokocchi! So che puoi
farcela!”
Gli
altri cinque ragazzi rimasero impietriti alle azioni del biondo. Non
sapevano
se lasciarlo fare o fermare in quel preciso istante quella situazione
di
cattivo gusto. Sapevano perfettamente che il ragazzo stava agendo nelle
migliori intenzioni e conoscevano il lato spensierato e per nulla
malizioso di
Ryōta, ma forse, questa volta, si era spinto troppo oltre.
Sentendosi
spingere verso il canestro contro la propria volontà, Kuroko
fece cadere del
tutto la maschera di apatia che era solito indossare. Alla fine delle
Winter
Cup, il ragazzo era finalmente riuscito a riacquistare quel poco di
spontaneità
nel manifestare le proprie emozioni in volto e di ciò tutti
– il Seirin, la
Generazione dei Miracoli e Kagami – erano molto felici. Erano
contenti di
vedere sul volto di Kuroko un sorriso quando si sentiva felice, per
loro era
come oro colato. Tetsuya aveva un sorriso bellissimo e caldo, come
pochi se ne
vedevano in giro. Un sorriso che quando si faceva largo fra le labbra
dell’azzurro era in grado di far sciogliere qualsiasi cosa,
persino la fredda
neve che nei mesi invernali copriva il terreno con il suo manto
candido. Era
come un fulmine a ciel sereno: spiazzante, improvviso e
indimenticabile...
Purtroppo, l’emozione che si dipinse sul suo sguardo era
molto diversa da quel
sorriso.
Il
disagio e la paura presero il sopravvento nella mente del ragazzo. Non
voleva,
non sarebbe mai riuscito a lanciare la palla e a fare canestro come se
nulla
fosse mai successo. Il canestro sembrava troppo alto e le sue braccia
erano
diventate deboli e magre, quasi scheletriche. Non ce
l’avrebbe mai fatta. Tentò
di aprire la bocca per chiedere, implorare l’amico di
fermarsi, che non voleva,
non se la sentiva per nulla. Si girò per incrociare lo
sguardo del biondo ma
egli non lo stava a sentire, né tanto meno aveva abbassato
lo sguardo per
guardare l’amico negli occhi.
Vedendo
la scena e prevedendo il possibile evolversi della situazione, Akashi
si mosse
per porre fine alla stupidità ingenua dell’ex
compagno di squadra. Prima di
muoversi però incrociò lo sguardo di Tetsuya: nei
grandi occhi azzurri leggeva
puro panico e fastidio, imploravano di terminare quella ridicola messa
in
scena. Per Akashi fu un colpo al cuore, odiava vedere il proprio amore
in
quello stato, odiava quando scrutava lo sguardo freddo e senza speranza
dell’azzurro, odiava che Tetsuya dovesse rinunciare a tutto
ciò che più amava e
si odiava per non essere in grado di fare nulla per sollevare quel
peso, quella
sofferenza dal cuore del suo ragazzo. Nulla in suo potere, in suo
possesso,
avrebbe potuto evitare o risolvere quella situazione.
Akashi
ancora considerava Kuroko come il suo ragazzo, nonostante proprio
Kuroko avesse
deciso di porre fine alla relazione col rosso qualche mese prima. Dopo
una
sfuriata iniziale, Akashi aveva semplicemente sorvolato la questione ma
poi
aveva continuato a stare accanto all’azzurro in quel periodo
difficile della
sua vita. Non avrebbe mai rinunciato a lui per così poco.
“Kise,
smettila... Non vedi che lo stai obbligando a--”
Akashi
non fece in tempo a finire di parlare che si sentì un tonfo
sordo, seguito dal
rimbalzare continuo della palla contro il cemento del campetto di
basket.
Kuroko giaceva a terra, con le mani poste in avanti ad evitare di
battere la
testa contro il pavimento. In quell’istante, il tempo intorno
a loro si fermò e
i cinque si fecero prendere dal panico. Akashi fu il primo ad
avventarsi
sull’azzurro riverso a terra ma prima che potesse sfiorargli
la spalla, la voce
di Kuroko si levò, spezzando il silenzio.
“NON
TOCCATEMI!” gridò con la voce impastata dal pianto.
“Non
avvicinatevi, non voglio…” continuò,
stavolta scemando dall’urlo a singhiozzi
appena udibili.
Akashi
ignorò la reazione del ragazzo e si avvicinò,
aiutandolo a tirarsi su
nonostante le deboli proteste di Tetsuya. Non appena
appoggiò le mani sui
fianchi dell’amico lo sentì tremare forte, scosso
dai singhiozzi e dal pianto
che stava piano piano diventando sempre più incontrollabile.
Non appena Akashi
lo ebbe fatto sedere, Midorima e Murasakibara aiutarono il rosso a
tirarlo su e
a farlo sedere sulla panchina più vicina. Kagami
seguì il gruppetto in fretta e
furia, più preoccupato di una mamma chioccia. Aomine fece lo
stesso, non prima
di aver tirato con rabbia uno spintone al compagno, del quale non
riusciva a
comprendere i comportamenti impulsivi e fuori luogo in situazioni
delicate.
Stava assieme al biondo da molto tempo ormai, ma non riusciva davvero a
spiegarsi questa sua insistenza nei confronti di Tetsuya.
“Complimenti,
cervello di gallina. Davvero un’ottima idea,
idiota!” gli sussurrò mentre
andava a vedere come stava Kuroko.
Kise
non si era mosso. Era rimasto in piedi, immobile e allibito da
ciò che era
appena successo. I suoi occhi dorati non facevano che fissare le ruote
ancora
in moto della carrozzina rovesciata a pochi metri da lui.
Abbassò lo sguardo
verso i freni notando che erano abbassati, creando attrito fra di essi
e le
gomme. Kuroko, capendo che non lo avrebbe mai ascoltato e che nulla
avrebbe fermato
Kise da ciò che si era messo in testa di fare, aveva tirato
i freni delle ruote
bruscamente, facendo impennare la sedia a rotelle e, inchiodandosi, era
caduto
verso il terreno.
“State
lontani, non voglio… LASCIATEMI SOLO!”
Il
grido di Tetsuya, ancora una volta, prese di sorpresa tutti quanti. Di
rado il
ragazzo alzava la voce, l’unica volta che lo avevano sentito
gridare era sul
campo, per la vittoria del Seirin nella Winter Cup. L’azzurro
non aveva
riportato nessuna sbucciatura, o meglio nessuno era ancora riuscito a
vederlo
in faccia perché da quando era stato sollevato da terra
aveva premuto le mani
contro il viso e non le aveva ancora staccate da esso.
A
quella richiesta, Murasakibara, Midorima, Aomine e Kagami arretrarono
di un
passo. Solo Seijūrō rimase seduto sulla panchina, proprio di fianco a
Tetsuya,
togliendo la mano dalla spalla dell’azzurro. Sentendo ancora
la presenza di
Akashi addosso, Kuroko spostò bruscamente le spalle,
interrompendo il contatto
con il rosso.
“Perché…
Perché fate tutto questo…? Non è
più possibile… Non potrò mai
più giocare a
basket! PERCHÉ CONTINUATE AD INSISTERE CON ME?”
chiese disperato, scoprendosi
il viso rigato dalle lacrime e sconvolto da incontrollabili singhiozzi.
“Tu
non ti sei mai arreso quando noi cinque eravamo dei completi cretini a
cui
importava solo di loro stessi e della vittoria… Tu non ti
sei mai arreso con
noi, Kuroko, anche se ti abbiamo ignorato e dato
dell’ipocrita e dell’egoista
dopo la partita contro Ogiwara. Tu sei sempre stato lì per
noi, anche se ti
abbiamo umiliato e deriso il tuo basket…”
Kise
si fece avanti con quelle parole, spingendo la sedia a rotelle verso la
panchina. Parole che colpirono Kuroko in pieno volto, fermando per un
secondo
le lacrime. Se possibile, i due specchi turchini si fecero ancora
più grandi e
umidi, per poi abbassarsi nuovamente verso il terreno, venendo coperti
dalla
folta frangia.
“Non
è la stessa cosa… Voi non eravate irrecuperabili,
io invece ormai… Guardami
Kise-kun, come potrò mai tornare a giocare a basket se non
riesco neanche ad
alzarmi in piedi? COME?!”
“È
vero, tu forse non potrai mai più mettere piede in
campo… Ma c’è sicuramente
qualcos’altro che potrai fare… Una volta che hai
toccato il fondo, non puoi che
risalire…” Stavolta fu Akashi a prendere la
parola, sorridendo lievemente al
coetaneo.
Kuroko,
dopo aver sentito quelle parole, scoppiò nuovamente in
lacrime. I presenti non
avevano mai visto l’amico così abbattuto e
disperato, odiavano vederlo in
quello stato.
Se solo quell’incidente non fosse mai
accaduto…
Dopo
interminabili minuti in cui erano rimasti ad ascoltare il pianto
inconsolabile
dell’amico, Akashi si alzò dal suo posto e si
fermò davanti all’azzurro.
Gli
occhi rossi scrutarono preoccupati la figurina seduta: in quegli ultimi
mesi,
dopo l’incidente, Kuroko aveva perso quasi tutta la sua massa
muscolare, lo si
notava particolarmente nei suoi arti inferiori, immobili e abbandonati
a loro
stessi, come se aspettassero che il burattinaio cominciasse a manovrare
i loro fili
per dare vita a un piccolo teatrino insieme a tutti gli altri
burattini.
L’azzurro era dimagrito di parecchi chili, i vestiti che un
tempo gli calzavano
a pennello ora sembravano enormi, abbandonati sulle membra del ragazzo.
Una
volta Akashi lo aveva visto mentre si vestiva e si era spaventato nel
vedere
quanto erano visibili le costole sul suo torace. Inoltre, Kaori-san
aveva
raccontato al rosso di come Tetsuya, dopo appena quattro sedute di
fisioterapia
che si erano dimostrate inutili - non sarebbe mai più
tornato a camminare -,
aveva abbandonato le sessioni e aveva cominciato a perdere appetito e a
mangiare
sempre meno. Persino quando si presentava da lui con un vanilla shake,
l’azzurro prendeva due sorsi e poi posava il bicchiere,
dicendo che non aveva
voglia di berlo. Il viso era sempre più pallido e scarno,
gli occhi, un tempo
pieni di determinazione e coraggio, avevano perso il loro bagliore.
Inoltre
Tetsuya si era fatto sempre più silenzioso, parlando solo
quando aveva bisogno
dell’aiuto di qualcuno. Lo stavano perdendo, lo stava
perdendo… L’incidente si
era già portato via il suo unico e vero amore.
Perso
nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, Akashi quasi non si
accorse di
nulla quando Kuroko alzò gli occhi verso di lui.
“Vorrei
tornare a casa, se non vi dispiace… Mi sento
stanco…”
In
risposta, il rosso gli prese il braccio e, abbassandosi un poco, se lo
fece
scivolare sopra la spalla. Dalla parte opposta Midorima fece lo stesso,
e
insieme lo sollevarono fino a farlo accomodare sulla sedia. Poi, si
incamminarono
verso l’uscita del campetto, senza voltarsi indietro.
***
Sono
una brutta persona lo so
Note:
Questa OS partecipa al contest
indetto da Neu
Preussen “My Mirror, My Opposite –
Akakuro Contest”. Liberamente ispirata
al seguente prompt preso dal blog Tumblr di AgapantoBlu,
dalla quale ho avuto il
permesso di usarlo e vi lascio il link perché nello scrivere
la AkaKuro/
KuroAka è fantastica e molto più sadica di
chiunque nello scrivere angst
fantastiche su questa ship **, che dice: “After an car
accident, Kuroko is
confined to a wheelchair. Akashi
do his best to bring back a smile on Tetsuya's face but it's not that
easy”. E’
una vita che volevo cimentarmi nello scrivere qualcosa per dare un
piccolo
contributo al fandom (per quanto triste e angst esso sia) ma,
soprattutto a
questa ship che amo alla follia e che trovo molto sottovalutata. Non
sarà una
long, ma una raccolta di possibili slice of life, per cui le
oneshot non
saranno in ordine cronologico (vado a ispirazione e una long
è una cosa
impossibile da scrivere per me). Inoltre, la raccoltà
è in semi-hiatus:
ho già buttato giù un possibile secondo capitolo
ma
è da rivedere e ho già un idea per il terzo ma
non sono
del tutto convinta. Detto ciò, le critiche costruttive sono
sempre ben accette e spero di riuscire a
continuare questa raccolta, che pubblicherò anche in inglese
sul
mio Tumblr.