Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: DreamFall    27/11/2015    0 recensioni
Il primo capitolo di questa raccolta partecipa al contest indetto da Neu Preussen “My Mirror, My Opposite – Akakuro Contest.
Dal primo capitolo: "Le sue mani, tuttavia, tradirono la sua maschera, tormentandosi freneticamente in grembo. Aveva voglia di prendere in mano il pallone da basket e giocare con i suoi amici, ricevere la palla da Akashi per poi passarla a Kagami o Aomine per uno spettacolare alley hoop. Non chiedeva nient'altro."
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Seijuro Akashi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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If Only

If Only…

Life always plays pranks, not matter who you are… No matter how much you love something…

 

“Kurokocchi, avanti! Vieni a giocare anche tu!”

L’invito gioioso del biondo risuonò nell’aria fredda di quel giorno di febbraio, dove tutti e sette si erano ritrovati per una piccola partitella di street basket. Erano cinque mesi che non si trovavano più tutti assieme su un campo da basket. Aomine, sentendosi nervoso e imbarazzato dall’uscita dell’amico, strinse ancora di più la stretta sulla palla di cuoio, arrivando a farsi sbiancare le nocche delle mani. Kagami, che stava pochi passi dietro Kuroko, spalancò per un secondo la bocca, sconcertato, per poi richiuderla e degnare di una smorfia sbigottita il biondo.

“Ohi, Kise!” ringhiò l’asso del Tōō con rimprovero verso l’atleta del Kaijō, tirandogli la palla con violenza – prontamente presa da quest’ultimo - per poi zittirsi quando percepì un fruscio provenire dall’azzurro.

“Non credo che sia possibile, Kise-kun.”

La voce flebile di Tetsuya si levò dalle sue labbra, apatica e priva di qualsiasi sentimento, come al solito. I grandi occhi azzurri fissavano seri e impassibili Kise, senza ombra di alcun giudizio nello sguardo. Le sue mani, tuttavia, tradirono la sua maschera, tormentandosi freneticamente in grembo. Aveva voglia di prendere in mano il pallone da basket e giocare con i suoi amici, ricevere la palla da Akashi per poi passarla a Kagami o Aomine per uno spettacolare alley hoop. Non chiedeva nient’altro. Voleva solo tornare a fare ciò che sapeva fare meglio e che amava più di ogni altra cosa al mondo.

A Kise non sfuggì la reazione dell’amico e rivolse un sorriso a tutti i presenti, in particolare all’azzurro che aveva abbassato lo sguardo verso il terreno. Con un movimento rapido lancio la palla verso le mani di Tetsuya e questi, d’istinto, afferrò l’oggetto sferico. Nel ricevere quel passaggio inaspettato, un po’ troppo potente e veloce per lui, Tetsuya sentì una fitta lancinante al polso sinistro ma non diede alcun segno del dolore appena provato. Anche dopo cinque mesi di convalescenza, il suo polso non era ancora del tutto guarito. Non voleva essere un peso per i suoi amici, o almeno, non avrebbe mai voluto diventarlo così tanto.

“Visto… Non è stato così difficile, no? Ora bisogna solo andare verso il canestro e fare entrare la palla! Avanti Kurokocchi! So che puoi farcela!”

Gli altri cinque ragazzi rimasero impietriti alle azioni del biondo. Non sapevano se lasciarlo fare o fermare in quel preciso istante quella situazione di cattivo gusto. Sapevano perfettamente che il ragazzo stava agendo nelle migliori intenzioni e conoscevano il lato spensierato e per nulla malizioso di Ryōta, ma forse, questa volta, si era spinto troppo oltre.

Sentendosi spingere verso il canestro contro la propria volontà, Kuroko fece cadere del tutto la maschera di apatia che era solito indossare. Alla fine delle Winter Cup, il ragazzo era finalmente riuscito a riacquistare quel poco di spontaneità nel manifestare le proprie emozioni in volto e di ciò tutti – il Seirin, la Generazione dei Miracoli e Kagami – erano molto felici. Erano contenti di vedere sul volto di Kuroko un sorriso quando si sentiva felice, per loro era come oro colato. Tetsuya aveva un sorriso bellissimo e caldo, come pochi se ne vedevano in giro. Un sorriso che quando si faceva largo fra le labbra dell’azzurro era in grado di far sciogliere qualsiasi cosa, persino la fredda neve che nei mesi invernali copriva il terreno con il suo manto candido. Era come un fulmine a ciel sereno: spiazzante, improvviso e indimenticabile... Purtroppo, l’emozione che si dipinse sul suo sguardo era molto diversa da quel sorriso.

Il disagio e la paura presero il sopravvento nella mente del ragazzo. Non voleva, non sarebbe mai riuscito a lanciare la palla e a fare canestro come se nulla fosse mai successo. Il canestro sembrava troppo alto e le sue braccia erano diventate deboli e magre, quasi scheletriche. Non ce l’avrebbe mai fatta. Tentò di aprire la bocca per chiedere, implorare l’amico di fermarsi, che non voleva, non se la sentiva per nulla. Si girò per incrociare lo sguardo del biondo ma egli non lo stava a sentire, né tanto meno aveva abbassato lo sguardo per guardare l’amico negli occhi.

Vedendo la scena e prevedendo il possibile evolversi della situazione, Akashi si mosse per porre fine alla stupidità ingenua dell’ex compagno di squadra. Prima di muoversi però incrociò lo sguardo di Tetsuya: nei grandi occhi azzurri leggeva puro panico e fastidio, imploravano di terminare quella ridicola messa in scena. Per Akashi fu un colpo al cuore, odiava vedere il proprio amore in quello stato, odiava quando scrutava lo sguardo freddo e senza speranza dell’azzurro, odiava che Tetsuya dovesse rinunciare a tutto ciò che più amava e si odiava per non essere in grado di fare nulla per sollevare quel peso, quella sofferenza dal cuore del suo ragazzo. Nulla in suo potere, in suo possesso, avrebbe potuto evitare o risolvere quella situazione.

Akashi ancora considerava Kuroko come il suo ragazzo, nonostante proprio Kuroko avesse deciso di porre fine alla relazione col rosso qualche mese prima. Dopo una sfuriata iniziale, Akashi aveva semplicemente sorvolato la questione ma poi aveva continuato a stare accanto all’azzurro in quel periodo difficile della sua vita. Non avrebbe mai rinunciato a lui per così poco.

“Kise, smettila... Non vedi che lo stai obbligando a--”

Akashi non fece in tempo a finire di parlare che si sentì un tonfo sordo, seguito dal rimbalzare continuo della palla contro il cemento del campetto di basket. Kuroko giaceva a terra, con le mani poste in avanti ad evitare di battere la testa contro il pavimento. In quell’istante, il tempo intorno a loro si fermò e i cinque si fecero prendere dal panico. Akashi fu il primo ad avventarsi sull’azzurro riverso a terra ma prima che potesse sfiorargli la spalla, la voce di Kuroko si levò, spezzando il silenzio.

“NON TOCCATEMI!” gridò con la voce impastata dal pianto.

“Non avvicinatevi, non voglio…” continuò, stavolta scemando dall’urlo a singhiozzi appena udibili.

Akashi ignorò la reazione del ragazzo e si avvicinò, aiutandolo a tirarsi su nonostante le deboli proteste di Tetsuya. Non appena appoggiò le mani sui fianchi dell’amico lo sentì tremare forte, scosso dai singhiozzi e dal pianto che stava piano piano diventando sempre più incontrollabile. Non appena Akashi lo ebbe fatto sedere, Midorima e Murasakibara aiutarono il rosso a tirarlo su e a farlo sedere sulla panchina più vicina. Kagami seguì il gruppetto in fretta e furia, più preoccupato di una mamma chioccia. Aomine fece lo stesso, non prima di aver tirato con rabbia uno spintone al compagno, del quale non riusciva a comprendere i comportamenti impulsivi e fuori luogo in situazioni delicate. Stava assieme al biondo da molto tempo ormai, ma non riusciva davvero a spiegarsi questa sua insistenza nei confronti di Tetsuya.

“Complimenti, cervello di gallina. Davvero un’ottima idea, idiota!” gli sussurrò mentre andava a vedere come stava Kuroko.

Kise non si era mosso. Era rimasto in piedi, immobile e allibito da ciò che era appena successo. I suoi occhi dorati non facevano che fissare le ruote ancora in moto della carrozzina rovesciata a pochi metri da lui. Abbassò lo sguardo verso i freni notando che erano abbassati, creando attrito fra di essi e le gomme. Kuroko, capendo che non lo avrebbe mai ascoltato e che nulla avrebbe fermato Kise da ciò che si era messo in testa di fare, aveva tirato i freni delle ruote bruscamente, facendo impennare la sedia a rotelle e, inchiodandosi, era caduto verso il terreno.

“State lontani, non voglio… LASCIATEMI SOLO!”

Il grido di Tetsuya, ancora una volta, prese di sorpresa tutti quanti. Di rado il ragazzo alzava la voce, l’unica volta che lo avevano sentito gridare era sul campo, per la vittoria del Seirin nella Winter Cup. L’azzurro non aveva riportato nessuna sbucciatura, o meglio nessuno era ancora riuscito a vederlo in faccia perché da quando era stato sollevato da terra aveva premuto le mani contro il viso e non le aveva ancora staccate da esso.

A quella richiesta, Murasakibara, Midorima, Aomine e Kagami arretrarono di un passo. Solo Seijūrō rimase seduto sulla panchina, proprio di fianco a Tetsuya, togliendo la mano dalla spalla dell’azzurro. Sentendo ancora la presenza di Akashi addosso, Kuroko spostò bruscamente le spalle, interrompendo il contatto con il rosso.

“Perché… Perché fate tutto questo…? Non è più possibile… Non potrò mai più giocare a basket! PERCHÉ CONTINUATE AD INSISTERE CON ME?” chiese disperato, scoprendosi il viso rigato dalle lacrime e sconvolto da incontrollabili singhiozzi.

“Tu non ti sei mai arreso quando noi cinque eravamo dei completi cretini a cui importava solo di loro stessi e della vittoria… Tu non ti sei mai arreso con noi, Kuroko, anche se ti abbiamo ignorato e dato dell’ipocrita e dell’egoista dopo la partita contro Ogiwara. Tu sei sempre stato lì per noi, anche se ti abbiamo umiliato e deriso il tuo basket…”

Kise si fece avanti con quelle parole, spingendo la sedia a rotelle verso la panchina. Parole che colpirono Kuroko in pieno volto, fermando per un secondo le lacrime. Se possibile, i due specchi turchini si fecero ancora più grandi e umidi, per poi abbassarsi nuovamente verso il terreno, venendo coperti dalla folta frangia.

“Non è la stessa cosa… Voi non eravate irrecuperabili, io invece ormai… Guardami Kise-kun, come potrò mai tornare a giocare a basket se non riesco neanche ad alzarmi in piedi? COME?!”

“È vero, tu forse non potrai mai più mettere piede in campo… Ma c’è sicuramente qualcos’altro che potrai fare… Una volta che hai toccato il fondo, non puoi che risalire…” Stavolta fu Akashi a prendere la parola, sorridendo lievemente al coetaneo.

Kuroko, dopo aver sentito quelle parole, scoppiò nuovamente in lacrime. I presenti non avevano mai visto l’amico così abbattuto e disperato, odiavano vederlo in quello stato.

Se solo quell’incidente non fosse mai accaduto…

Dopo interminabili minuti in cui erano rimasti ad ascoltare il pianto inconsolabile dell’amico, Akashi si alzò dal suo posto e si fermò davanti all’azzurro.

Gli occhi rossi scrutarono preoccupati la figurina seduta: in quegli ultimi mesi, dopo l’incidente, Kuroko aveva perso quasi tutta la sua massa muscolare, lo si notava particolarmente nei suoi arti inferiori, immobili e abbandonati a loro stessi, come se aspettassero che il burattinaio cominciasse a manovrare i loro fili per dare vita a un piccolo teatrino insieme a tutti gli altri burattini. L’azzurro era dimagrito di parecchi chili, i vestiti che un tempo gli calzavano a pennello ora sembravano enormi, abbandonati sulle membra del ragazzo. Una volta Akashi lo aveva visto mentre si vestiva e si era spaventato nel vedere quanto erano visibili le costole sul suo torace. Inoltre, Kaori-san aveva raccontato al rosso di come Tetsuya, dopo appena quattro sedute di fisioterapia che si erano dimostrate inutili - non sarebbe mai più tornato a camminare -, aveva abbandonato le sessioni e aveva cominciato a perdere appetito e a mangiare sempre meno. Persino quando si presentava da lui con un vanilla shake, l’azzurro prendeva due sorsi e poi posava il bicchiere, dicendo che non aveva voglia di berlo. Il viso era sempre più pallido e scarno, gli occhi, un tempo pieni di determinazione e coraggio, avevano perso il loro bagliore. Inoltre Tetsuya si era fatto sempre più silenzioso, parlando solo quando aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno. Lo stavano perdendo, lo stava perdendo… L’incidente si era già portato via il suo unico e vero amore.

Perso nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, Akashi quasi non si accorse di nulla quando Kuroko alzò gli occhi verso di lui.

“Vorrei tornare a casa, se non vi dispiace… Mi sento stanco…”

In risposta, il rosso gli prese il braccio e, abbassandosi un poco, se lo fece scivolare sopra la spalla. Dalla parte opposta Midorima fece lo stesso, e insieme lo sollevarono fino a farlo accomodare sulla sedia. Poi, si incamminarono verso l’uscita del campetto, senza voltarsi indietro.

 

***

 

 

Sono una brutta persona lo so

Note: Questa OS partecipa al contest indetto da Neu Preussen “My Mirror, My Opposite – Akakuro Contest”. Liberamente ispirata al seguente prompt preso dal blog Tumblr di AgapantoBlu, dalla quale ho avuto il permesso di usarlo e vi lascio il link perché nello scrivere la AkaKuro/ KuroAka è fantastica e molto più sadica di chiunque nello scrivere angst fantastiche su questa ship **, che dice: “After an car accident, Kuroko is confined to a wheelchair. Akashi do his best to bring back a smile on Tetsuya's face but it's not that easy”. E’ una vita che volevo cimentarmi nello scrivere qualcosa per dare un piccolo contributo al fandom (per quanto triste e angst esso sia) ma, soprattutto a questa ship che amo alla follia e che trovo molto sottovalutata. Non sarà una long, ma una raccolta di possibili slice of life, per cui le oneshot non saranno in ordine cronologico (vado a ispirazione e una long è una cosa impossibile da scrivere per me). Inoltre, la raccoltà è in semi-hiatus: ho già buttato giù un possibile secondo capitolo ma è da rivedere e ho già un idea per il terzo ma non sono del tutto convinta. Detto ciò, le critiche costruttive sono sempre ben accette e spero di riuscire a continuare questa raccolta, che pubblicherò anche in inglese sul mio Tumblr

 

   
 
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