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Autore: luna nueva 96    29/11/2015    0 recensioni
Ambientato nella season 1
Dal testo
Da quando due giorni prima Davina gli aveva comunicato che sabato sera si sarebbe vista con un ragazzo della sua scuola, questa benedetta uscita era diventato il pensiero che aveva occupato principalmente la sua testa. Senza neanche pensare al perché delle sue azioni, si era appostato vicino alla casa del giovane in questione e con l’ipnosi l’aveva condotto a raccontargli qualcosa di lui. Inutile dire che non aveva trovato una sola pecca.
[...]
Marcel sospirò un’altra volta, questa volta con fare sconsolato. –Come hai fatto a scoprire che ero qui?-
-Si da il caso che io abbia trovato sulla tua scrivania un intero fascicolo riguardante quel ragazzo- l’Originale guardò l’interessato dalla testa ai piedi- Che cos’è che non ti convince di lui?-
-Il fatto che sia biondo- rispose prontamente Marcel
Klaus gli rivolse un’occhiata confusa.
-I biondi sono poco affidabili- spiegò allora
-Io sono biondo-
-Appunto-
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Davina, Klaus, Marcel, Rebekah Mikaelson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritornare alla normalità non era stato affatto semplice. Davina si chiese ancora una volta dove aveva trovato la forza per affrontare tutto quello. Aveva visto la sua stessa comunità tranciare la gola alla sua migliore amica, e si era dimenata quando avevano tentato di dare a lei lo stesso trattamento. Era stata salvata dalla persona che da quel momento in poi era diventato il suo angelo guardiano. E adesso, dopo mesi e mesi di incubo, in cui era stata costretta a nascondersi nella soffitta di una chiesa, in cui dominare i suoi poteri immensi era diventata un’impresa quotidiana, in cui aveva dovuto affrontare la temibilissima famiglia Originale… ora era tutto finito. Finito.

Il Raccolto era stato compiuto, lei e Monique –insieme alle altre due ragazze- erano tornate in vita e tutto quell’ammasso di poteri che le opprimeva il petto e che a volte le impediva di respirare era sparito, lasciando il posto al massimo potere che il suo corpo era capace di tollerare, il che era molto più facile di prima.

Un attimo prima era braccata da cani da caccia, un attimo dopo quelle stesse bestie la abbracciavano dicendole “è tutto finito”, come se niente fosse successo; come se non l’avessero cercata per mesi, come se non le avessero tagliato davvero la gola. D’un tratto Davina era tornata a scuola, aveva ottenuto di nuovo la possibilità di uscire la sera, aveva riabbracciato felicemente la sua migliore amica.

Sembrava che tutto fosse stato solo un brutto sogno da cui si era svegliata all’improvviso, come se nulla fosse successo. L’unica cosa che ancora le ricordava che no, non si era immaginata tutto, ma che anzi aveva vissuto un’esperienza troppo reale e atroce, era la sua attuale abitazione. Si era rifiutata di tornare ad abitare con i suoi genitori. Aveva visto il cuore di sua madre spezzarsi e gli occhi bagnarsi di lacrime quando glielo aveva detto, ma non l’aveva ancora perdonata per aver permesso che venisse sacrificata su un altare di fuoco. Aveva preferito rimanere accanto all’unica persona che aveva sempre pensato a lei. Marcel d’altro canto era stato ben lieto di sapere che, sebbene non fosse più in pericolo, Davina aveva continuato a preferire la sua compagnia a quella delle sue simili.  

Viveva nella residenza dei Mikaelson adesso. Non solo per stare vicino a Marcel, ma anche perché si era presa la responsabilità di vegliare su quel piccolo miracolo che prendeva ancora posto nel ventre di Hayley. Da brava strega Davina sapeva che le leggi della natura non dovevano essere infrante, ma quando questo succedeva era inevitabile un grande cambiamento. Aveva deciso che con il suo aiuto quel cambiamento sarebbe avvenuto in positivo e non al contrario. Non pretendeva chissà che cosa, solo avrebbe fatto in modo che questo esserino non portasse morte e distruzione. Anche perché Davina era convinta che se insieme ai Mikaelson, quando erano stati trasformati in vampiri, ci fosse stato qualcuno con le sue stesse intenzioni, la storia sarebbe andata diversamente.

Il bussare alla porta la distrasse dai suoi pensieri.

-Avanti- disse e sulla soglia della sua camera comparve Marcel.

-Sei ancora davanti allo specchio?- chiese con un sorriso, appoggiandosi allo stipite.

-Ho bisogno di farmi bella-

-Tu sei già bella- Davina non potè fare a meno di arrossire e lanciargli un sorriso.

-Piuttosto- tossì un paio di volte, in modo impacciato- Tu sei sicura di quello che stai per fare?-

La strega smise di spazzolarsi i capelli e con tanto di sopracciglia aggrottate fissò il suo amico attraverso lo specchio. –Che vuoi dire?-

Marcel si grattò la nuca imbarazzato.  –Quel tipo con cui hai appuntamento oggi… quel Jonfen-

-Jensen- lo corresse Davina

-Ecco lui. Sei sicura che vada bene per te?- domandò sospettoso

La ragazza si mise una mano sotto il mento, come pensierosa.  –Vediamo un po’… è capitano della squadre di football, ha una delle medie più alte del liceo e studierà in un college famoso. In più so per certo che non ha vizi: non beve, non fuma, non si comporta da teppista. Tu che dici, va bene?- concluse il tutto con una risata.

Marcel si sedette sul letto. –Non so, non mi convince-

-Ma perché?- chiese Davina davvero incuriosita. Quella conversazione stava prendendo pieghe via via più interessanti

Il vampiro preferì osservare gli ultimi disegni piuttosto che rispondere alla domanda.
-Allora?- lo spronò Davina

-Perché è biondo-

La strega si voltò a guardarlo accigliata. Si era sbagliata, quella conversazione non aveva proprio niente di interessante.
Spinse Marcel fuori dalla stanza dicendogli di non fare lo sciocco e che doveva finire di prepararsi, nonostante le proteste del vampiro, che fu costretto a vedersi sbattere una porta in faccia.

                                                               ****

Nascosto in un vicolo, Marcel poteva monitorare la situazione inosservato.
Da quando due giorni prima Davina gli aveva comunicato che sabato sera si sarebbe vista con un ragazzo della sua scuola, questa benedetta uscita era diventato il pensiero che aveva occupato principalmente la sua testa. Senza neanche pensare al perché delle sue azioni, si era appostato vicino alla casa del giovane in questione e con l’ipnosi l’aveva condotto a raccontargli qualcosa di lui. Inutile dire che non aveva trovato una sola pecca. Allora aveva fatto intrusione di notte nel liceo di Davina e si era intrufolato negli archivi segreti, ma nulla. Media eccellente, comportamento sempre accorto, non una nota di demerito in cinque anni.  Jonfen sembrava essere immacolato. Questo-il non essere inciampato neanche una volta, il non aver mai sbagliato, l’essere sempre stato perfetto- aveva contribuito ad aumentare l’antipatia che già provava verso il ragazzo, la cui unica colpa era stata quella di trovare carina la sua Davina.

Se Marcel fosse stato un tipo più riflessivo, probabilmente si sarebbe reso conto che si stava esibendo in un comportamento decisamente irrazionale e bizzarro, ma il re di New Orleans aveva preso tutto-ma proprio tutto- dal suo mentore Klaus Mikaelson. In poche parole la sacra arte della meditazione gli era affatto ignota. Neanche a dirlo aveva preso la faccenda troppo sul personale.  Perciò, dopo il fallimento ottenuto parlando con la diretta interessata, aveva optato per un metodo poco ortodosso, ma sicuramente più efficace. Perdere il suo tempo prezioso per pedinare due ragazzini non faceva proprio parte dei suoi piani della giornata. Ma cosa poteva fare altrimenti? Già, cosa poteva fare…

Con la vista e l’udito da vampiro seguire le loro mosse era tutt’altro che difficile. Anzi, forse era anche troppo semplice dato che alcune cose Marcel avrebbe preferito non vederle e non sentirle. O no, il giovane biondo si stava comportando da perfetto galantuomo, certo, ma erano gli apprezzamenti velati, gli sguardi di complicità, e il sorriso di Davina quando le aveva preso la mano, quelle erano le cose che gli davano terribilmente fastidio. Beh, forse fastidio era un eufemismo. “Contorcere le viscere” è  forse l’espressione più adeguata in casi come questo.

-Sono veramente felice di essere qui con te, tesoro- aveva esclamato ad un certo punto Jonfen

-Anch’io sono contenta di essere uscita con te. Grazie per avermi dato questa possibilità-e Davina aveva sbattuto con fare provocante e malizioso quei due grandi occhioni azzurri.
La mano del ragazzo si posò sulla guancia della strega in una tenera carezza.
E Marcel era troppo vecchio per non sapere  che quelle smancerie erano soltanto il preludio di una leziosità molto più intensa. 

Per pochi secondi sembrò che l’intera esistenza di Marcel fosse stata segnata solo per fare in modo che quel momento venisse interrotto.
Se l’Universo aveva voluto che lui fosse lì in quel momento, ad assistere alla rivoltante oscenità che gli si presentava davanti agli occhi, voleva dire solo una cosa: quel bacio non s’ha da fare.
Le gambe di Marcel si mossero da sole. Probabilmente Davina ce l’avrebbe avuta a morte con lui per aver rovinato il suo appuntamento, ma sapeva perfettamente che, dopo aver saputo le sue motivazioni, quell’adorabile musetto non sarebbe restato troppo tempo con il broncio. L’avrebbe perdonato, come tutte le volte.
L’Universo però sembrò giocargli davvero un brutto tiro quando all’improvviso il Re di New Orleans si sentì tirare indietro prima ancora di riuscire ad uscire dal vicolo. Le due forti braccia che lo tennero, lo fecero sbattere contro il muro; gli venne spontaneo mostrare i canini contro il suo assalitore, ma poi li ritirò quando vide di chi si trattava: l’altro Re di New Orleans, nonché suo fondatore, Klaus Mikaelson.

Prima ancora di chiedersi cosa fosse successo e il perché di quella improvvisa reazione, si voltò verso i piccoli Romeo e Giulietta, che per fortuna aveva deciso di rimandare, almeno per il momento, qualunque tipo di effusione. D’istinto fece un sospiro di sollievo.
Poi si ricordò delle due braccia che ancora lo tenevano contro il muro per i baveri della giacca.

-Che ci fai qui?- gli chiese liberandosi dalla sua stretta

-Questo dovrei chiederlo a te, Marcellus- affermò Klaus contrariato – Non sarai per caso qui per intrometterti nella vita privata della tua protetta, vero?-

Marcel sospirò un’altra volta, questa volta con fare sconsolato. –Come hai fatto a scoprire che ero qui?-

-Si da il caso che io abbia trovato sulla tua scrivania un intero fascicolo riguardante quel ragazzo- l’Originale guardò l’interessato dalla testa ai piedi- Che cos’è che non ti convince di lui?-

-Il fatto che sia biondo- rispose prontamente Marcel

Klaus gli rivolse un’occhiata confusa.

-I biondi sono poco affidabili- spiegò allora

-Io sono biondo-

-Appunto-

L’Ibrido si esibì in un sorriso ironico, poi si avvicinò all’orecchio di Marcel e gli sussurrò con fare minaccioso. –Stammi bene a sentire, tu prova a rovinare questo appuntamento e te la vedrai con me, sono stato chiaro?-

Il moro se lo scrollò di dosso; aveva imparato che Klaus minacciava tante volte ma non portava mai a termine neanche un decimo delle sue vendette. Lui, almeno, l’aveva sempre scampata liscia, pur avendone combinate sempre di cotte e di crude.

-Che te ne importa, Davina non ti è neanche simpatica !-

-Questo è un ordine, Marcellus, non disobbedire a tuo padre- aggiunse

Marcel sentì uno strano calore all’altezza del petto ma cercò di non farsi sopraffare le sue emozioni.  
Sapeva perfettamente cosa Klaus provasse nei  suoi confronti, che, nonostante a prima vista potesse sembrare solo un severo educatore, in realtà era sempre stato un padre attento e ponderato. Le volte che però Niklaus esprimeva i suoi sentimenti, cosa che poteva avvenire in maniera volontaria, come quando aveva cercato di consolarlo dopo la temporanea morte di Davina, o in maniera del tutto casuale e istintiva, come appunto era accaduto poc’anzi, erano comunque così poche da potersi contare sulla punta di una mano, e Marcel  ogni volta non poteva fare a meno di sentirsi felice come un bambino  nonostante avesse quasi duecento anni. 
Anche Klaus si rese conto della sua confessione accidentale, tanto che, Marcel lo potè giurare, le sue gote si tinsero di rosso prima che potesse riuscire a riprendere un certo contegno.

-Dunque lo ripeto, Davina oggi avrà il suo appuntamento e tu non ne farai parte-

Il vampiro lo osservò per qualche attimo cercando di intuire le sue intenzioni. Poi, l’illuminazione.

-Tu ti senti ancora in colpa per aver ucciso il suo ragazzo!- proclamò sorpreso Marcel

 Klaus voltò lo sguardo da un’altra parte, evidentemente punto sul vivo

-Massì ! Ti senti ancora in colpa per la morte di Tim e non vuoi che rovini i piani di  Davina per questa sera. Così, se troverà di nuovo l’amore, tu sarai libero dai rimorsi-

-Non dire sciocchezze- rispose Klaus col solito ghigno- Ho pugnalato i miei fratelli per centinaia di anni e non ho mai percepito la minima traccia di una coscienza, figurati se adesso divento un agnellino per la prima bambinetta trovata per strada-

-Semplicemente-riprese sempre l’Originale- Ho bisogno dell’aiuto del mio collega. Una città non posso governarla da solo-

Marcel ritenne inutile cercare di trovare il rantolo della matassa perché sapeva che non sarebbe mai riuscito ad estorcere a Klaus una vera e propria confessione sui suoi reali sentimenti. Piuttosto ponderò sinceramente se accettare di seguirlo o di continuare l’appostamento. Davina sembrava stare bene, rideva e scherzava con il suo amico. In più se fosse rimasto lì non avrebbe resistito alla tentazione e prima o poi sarebbe intervenuto, e allora sì che Davina gliel’avrebbe fatta pagare !

-Fidati di lei- intervenne Klaus, ancora una volta in suo aiuto- Non è più una bambina, è una giovane donna ormai. Lasciale fare le sue scelte. Se non saranno quelle giuste dovrai essere lì pronto per consolarla, ma permettile di vivere-

Per l’ennesima volta in quella giornata, Marcel rivolse uno sguardo alla giovane coppia e poi sospirò rassegnato. –D’accordo, verrò con te-

-Grandioso !- enfatizzò Klaus- Perché ho proprio il lavoro adatto a te per una giornata come questa…-

                                                           *****

Quando Klaus gli aveva parlato di un lavoretto allettante e che lo avrebbe distolto dai suoi insani pensieri, l’ultima cosa a cui aveva pensato era una valanga di scartoffie da firmare. Se si concentrava Marcel riusciva ancora a sentire la sua stupidissima voce, con quello stupidissimoaccento fargli un discorso stupidissimo su come fosse necessario che un Re sapesse prendere sulle proprie spalle anche noiosi incarichi come quello. E ci era caduto con tutte le scarpe. Perché? Perché era stupidissimo anche lui !

“Lavoreremo insieme per tutta la notte” aveva detto, e poi con la scusa di avere un irrimandabile impegno da sovrano era volato via, lasciandolo lì in compagnia dei suoi documenti e della mammina lupo, che, al settimo mese di gravidanza, l’unica cosa che riusciva a fare ormai era andare e venire dal bagno per vomitare.
E così, tra una maledizione lanciata ai danni del suo collega- che immaginava fosse in un locale a sbronzarsi- ed un’espressione schifata al rumore dei rigurgiti di Hayley , la serata era passata senza intoppi e il pensiero di Davina era sgattaiolato fuori dalla sua testa.

Certo, ogni tanto si voltava ad osservare l’orologio e si chiedeva a che ora sarebbe tornata. Nonostante nessuno le stesse dando più la caccia, una parte di lui non riusciva comunque a sentirsi tranquillo; New Orleans era una sua creatura e ne conosceva pregi e difetti, e la sicurezza delle ragazze sedicenni non era mai stata punto pregnante  del suo programma di leadership.
Mise un’altra firma e poi si voltò a controllare l’ora. Quasi mezzanotte. Il piede incominciò a ticchettare freneticamente sul pavimento.  Basta!, se non fosse tornata entro dieci minuti sarebbe andato a cercarla lui stesso.
Di minuti non ne trascorsero neanche  cinque, che Marcel percepì distintamente la risata cristallina di Davina davanti l’ingresso.
Spalancò la porta con un po’ troppa irruenza.

-Davina sei tonata !-

Ritrovarsi davanti quei due occhioni azzurri fu come ritornare a respirare. La esaminò velocemente e constatò che non era ferita. Si, era lì e stava bene.
Ma non era sola.
Marcel non tentò neanche di nascondere il suo disappunto nel trovarselo lì. Strinse la labbra in una linea piatta e ridusse gli occhi a due fessure. A quanti pare Jonfen recepì a pieno il messaggio di non essere il benvenuto, perché fiutò distintamente nell’aria il classico odore della paura.
Davina rivolse al ragazzo uno sguardo dispiaciuto che Marcel non riuscì ad identificare, fino a quando non si rese conto della situazione: un appuntamento romantico, tutto il pomeriggio a ridere e scherzare, mano nella mano, lui la riaccompagna sotto casa e poi…

SMACK !

Poche ore prima era stato provvidenziale per loro l’intervento di Klaus. Aveva concesso loro che passassero una serata da soli, senza nessuno che potesse in qualche modo disturbarli, e per quanto lo riguardava era stato fin troppo tollerante. Sebbene le volesse un bene dell’anima, la sua parte egoista non avrebbe mai permesso che qualcuno baciasse la sua Davina sotto il suo naso.

-Credo sia ora che tu vada a casa Jonfen-

-Jensen- lo corresse quello, ma poi si pentì di quella improvvisa espressione d’audacia. Poi salutò goffamente Davina e andò via.

Solo quando lo vide svoltare l’angolo, Marcel rientrò dentro casa seguito da Davina. Sentì lo sguardo torvo della strega perforargli la schiena, ma decise di far finta di nulla e di ritornare ai suoi documenti.

-Allora com’è andato il tuo appuntamento con Jonfen?-

-Jensen-

-Quello che è-

Davina alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia al petto. –Bene. E se ti interessa saperlo usciremo di nuovo insieme martedì-

Marcel si costrinse ad un sorriso tirato -Fantastico -  disse, poi tornò al suo lavoro come se nulla fosse successo, cercando di ignorare l’Inferno che sentiva nelle viscere.

La giovane strega, poco entusiasta dalla reazione dell’amico, si incamminò innervosita verso la sua stanza. Ma prima si fermò come se si fosse dimenticata qualcosa. –A proposito- aggiunse- Vedi di non farti trovare di nuovo nello stesso luogo del mio appuntamento, martedì-

Il vampiro lasciò cadere la penna, giusto un attimo prima che Davina prendesse il largo. Però dalle scale sentì chiare e limpide le seguenti parole, che lo lasciarono spiazzato.

-Se volevi un appuntamento non dovevi fare altro che chiedere-

                                                                                 *****

Un’ora e mezza dopo le scartoffie non erano ancora terminate. Marcel si passò una mano sugli occhi stanco da tutti gli avvenimenti di quella giornata. Non vedeva l’ora di mettersi a dormire, ma prima –l’aveva presa come una sfida personale- doveva riuscire a completare il lavoro che aveva iniziato.
-Allora è proprio vero che i grandi re non dormono mai ! -

Rebekah, che illuminata dalla luce della luna sembrava ancora più bella, lo osservava appoggiata allo stipite della porta.

-Che ci fai ancora qui ?- chiese Marcel

-Sai com’è, avevo appena messo a dormire la mamma lupo quando il mio fratello bastardo mi ha chiamata dicendomi di controllare che tu non fossi scappato a gambe levate. Nel frattempo ho pensato di prepararmi un po’ di latte- spiegò mostrando la tazza che aveva in mano.

-Tuo fratello è un demonio-

-Non dirlo a me-

Si sorrisero e Rebekah intuì che l’atmosfera era abbastanza rilassata, tanto che prendere posto accanto a lui non sembrava una cattiva idea.
-In più- aggiunse l’Originale- mi ha detto anche che questa settimana ti sei divertito ad interpretare il nuovo 007, ma non ci ho capito molto, sinceramente-

Marcel rise sinceramente diverto e alzò lo sguardo dai suoi documenti per posarlo su di lei. Però…

-Beks attenta sei sporca di-

Ohhhhh

Era la seconda volta in quella lunga serata che Marcel si ritrovava di fronte ad un banalissimo clichè, forse ancora più banale del bacio sotto il portico. Eppure qualcosa diceva a Marcel che non fosse capitato per caso, che Rebekah si fosse sporcata di proposito il labbro superiore solo per rendersi più desiderabile ai suoi occhi. Chissà forse era il fatto che lo stava praticamente aspettando con la bocca semi-aperta o il modo seducente di sbattere le ciglia. Fatto sta che Marcel Gerard non si fece scappare l’occasione. Avvicinò il suo viso a quello di Rebekah e fece unire le loro labbra.

Successe l’improbabile.

Non ebbe neanche il tempo per approfondire il bacio che sentì uno strano rumore, come di acqua che bolle. E forse fu il suo istinto di sopravvivenza a spingerlo a staccarsi, prendere tutti i fogli e allontanarsi dal tavolo- tutto nel giro di una frazione di secondo- prima che il latte nella tazza esplodesse all’improvviso. E se Marcel, grazie ai suoi riflessi pronti, era riuscito a salvarsi, la stessa cosa non era valsa per l’Originale.

Marcel chiuse gli occhi aspettandosi l’urlo terribile di Rebekah, che in effetti arrivò. Tra uno schiamazzo e un’imprecazione, l’Originale lasciò la cucina lamentandosi della sua nuova vestaglia di seta completamente rovinata e augurando una morte atroce a chiunque avesse osato intralciare il suo cammino in quel momento. Marcel non pensò neanche per un momento di seguirla, naturalmente.
Rimase fermo al suo posto e mosse un muscolo fino a quando non sentì la porta della camera di Rebekah sbattere violentemente.

-Davina vieni fuori-

La giovane strega avanzò a piccoli passi, incerta, voltando gli occhi da una parte all’altra, come se volesse davvero dargli a bere la storia che si trovasse lì per caso.

Marcel sospirò. –Perché lo hai fatto?-

Davina alzò leggermente le spalle e fece un mugugno sospetto.

-Allora?-la spronò

-Perché è bionda- Marcel sorrise- e ti ricordo che le bionde non sono affidabili-

Fu assalito da uno strano senso di deja-vù, accorgendosi di stare ripercorrendo la stessa conversazione di quel pomeriggio, però a parti invertite.
La risata che uscì dalle labbra del moro fu un suono celestiale e soprattutto contagioso, per Davina.

Marcel le passò un braccio intorno alle spalle e fu lieto di sentire i muscoli della strega irrigidirsi e il cuore aumentare il numero di giri. –Tesoro, non c’è bisogno di essere così gelosa-

Davina arrossì di botto e lo guardò allibita. –Cosa?-

Il vampiro rise ancora. –Insomma , se vuoi un appuntamento con me devi soltanto chiedermelo-

Poi prese uno strofinaccio e glielo mise tra le mani.
–E adesso pulisci tutto questo disastro- concluse, poi se ne andò, inconsapevole che Davina, a quella proposta gettata un per caso, un per scherno, ci aveva pensato per più di qualche secondo.


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Avevo pubblicato questa storia nella sezione di TVD, ora mi sembra più giusto spostarla in quello di TO.
Spero che vi piaccia :)
  
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