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Autore: vengeA7x    29/11/2015    0 recensioni
Per tutti quelli che se lo stanno chiedendo: , il Diavolo esiste. E Johnny non avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato di lui.
The Rev/Johnny | Synyster/Zacky | Devil!AU | Conteggio parole: 14.741
Genere: Angst, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Johnny Christ, The Rev, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Non sono neanche le undici e Johnny si sta già annoiando a morte.
Quando era più piccolo adorava le feste di Halloween, davvero, ma adesso, a venticinque anni e con un lavoro sulle spalle, si sente un po’ troppo cresciuto per poter partecipare ad una festa con la faccia impiastricciata di cerone per riuscire ad assomigliare almeno vagamente al Joker.
I suoi amici lo hanno trascinato lì a forza perché secondo loro sarebbe stata la festa più divertente dell’anno, ma Johnny era finito seduto su una poltrona nell’angolino della stanza principale, da cui poteva osservare attentamente tutte le figure inquietanti che ballavano, bevevano, si baciavano e così via.
Guarda l’orario per l’ennesima volta, sperando che i suoi amici si stanchino il prima possibile per potersene andare da quella casa che non ricorda neanche a chi appartenga. Tra l’altro il trucco sulla faccia comincia a dargli davvero fastidio e non vede l’ora di liberarsene.
Il bicchiere di Jack che ha stretto nella mano destra è pieno per metà. Qualche minuto prima ha deciso di ubriacarsi per dare una svolta alla serata, ma poi ha cambiato idea, non avendo le forze neanche di alzarsi dalla poltrona per raccattare qualche altro bicchiere. I suoi amici sono spariti chissà dove, riesce a vedere solo Danny, in lontananza, vestito da zombie parlare con una biondina travestita probabilmente da gatto. Almeno lui ha trovato qualcuno con cui passare la serata.
Johnny sospira, bevendo un altro sorso del suo Jack che gli provoca un piacevole calore allo stomaco. Sta quasi per alzarsi, andare da Danny ed avvertirlo che se ne sarebbe andato a casa, così da potersi buttare sul divano e finire di vedere il film che ieri aveva guardato a metà, ma decide di non interromperlo e di andarsene senza avvertire nessuno.
“Joker.” Dice qualcuno alla sua destra, proprio quando è sul punto di alzarsi. “Piuttosto banale come scelta, non credi?” Continua la voce maschile, con tono annoiato.
Johnny si volta per scoprire da chi provenga quella voce.
C’è un ragazzo, seduto sulla poltrona accanto alla sua, che sembra essere apparso magicamente dal nulla. Ha la pelle pallida, i capelli neri che gli ricadono sul viso in una frangia scomposta, e gli occhi dannatamente azzurri. E’ un azzurro ipnotico, Johnny non può fare a meno di notarlo, che sembra volerlo risucchiare. Davvero, quegli occhi sono fuori dal mondo.
Indossa un completo gessato giacca e cravatta che sembrerebbe costare un patrimonio, e non sembra neanche essersi preso la briga di venire alla festa in costume. Oppure potrebbe essersi vestito da becchino, o da presidente degli Stati Uniti d’America, ma ne dubita fortemente.
“Come?” Johnny non crede di aver sentito bene, dopotutto la musica è abbastanza alta e potrebbe aver frainteso. Ma in realtà sa di aver sentito benissimo.
“Tutti si vestono da Joker ad Halloween, avresti potuto fare di meglio.” Commenta il ragazzo misterioso, distendendo le labbra sottili in un sorriso divertito all’espressione confusa e irritata di Johnny.
“Non credo che siano affari tuoi.” Risponde lui, acido, bevendo poi un sorso dal suo bicchiere, sperando che la conversazione si chiuda lì.
“Che noia, Johnny, non ti facevo così scontroso.” Il ragazzo sbuffa, e quando Johnny si volta nuovamente verso di lui per cercare di capire le intenzioni di quel tipo, il sorriso spunta nuovamente sul suo volto pallido.
“E tu come sai il mio nome?” Johnny chiede, a bassa voce, scosso dalla situazione. Come fa a sapere come si chiama? Deve averlo visto insieme a Danny e deve averglielo chiesto. E’ l’unica spiegazione plausibile.
“Non vuoi piuttosto sapere come mi chiamo io?” Chiede l’altro, tranquillo, sistemandosi la cravatta al collo. “Puoi chiamarmi James.”
A Johnny non importa il suo stupido nome. Vorrebbe davvero andarsene da lì ma allo stesso tempo quello strano ragazzo lo affascina e vuole capire qualcosa in più su di lui prima di fuggire da quella festa.
“Cosa vuoi, James?” Chiede allora, osservando attentamente gli occhi dell’altro e cercando di cogliere qualche sua emozione o pensiero che però non traspaiono. Quegli occhi sono indecifrabili.
“Te lo dirò più avanti. Non affrettiamo le cose.” James risponde in tono pacato, dedicandosi a studiare il volto di Johnny.
Quest’ultimo sospira esasperato, arrendendosi alla follia di quell’uomo. Non capisce perché capitino tutte a lui.
“Be’, se pensi che il mio costume sia banale, perché tu ti sei vestito da becchino?” Chiede Johnny, notando anche le scarpe lucide e i gemelli d’oro sulle maniche della giacca di James.
Il ragazzo alla sua destra ride di gusto, una risata cristallina e acuta, che l’altro a dire il vero non si aspettava.
“Becchino?” Dice, quando ha smesso di ridere e si è ripreso da quella che probabilmente deve essere una delle battute più divertenti che abbia mai sentito dire. “Non sono un becchino, John. Sono il Diavolo.”
Pronuncia l’ultima parola con voce grave, misteriosa, che fa rabbrividire Johnny per un attimo.
“Cosa?” Johnny chiede, trattenendo una risata. “No, non gli assomigli per niente. Il Diavolo è una specie di mostro con le corna, la coda a punta e la lingua biforcuta.” Commenta lui, del tutto convinto che quel ragazzo stesse sbagliando tutto se pensava di poter assomigliare almeno un po’ al Diavolo.
“E tu come fai a saperlo?” Risponde James, inarcando le sopracciglia e sorridendo con fare allusivo.
Johnny boccheggia, a corto di parole. In effetti, non è per niente certo che il Diavolo sia come tutti lo descrivono.
“Be’, non lo so. Ma come fai a saperlo tu, invece?” Johnny decide di rigirare la frittata, soddisfatto di avergli rinfacciato la sua stessa domanda.
“Ti osservo da un po’, Johnny.” Risponde lui, evitando la domanda, picchiettando le dita sul bracciolo della poltrona. E’ snervante il fatto che non risponda mai.
Johnny non risponde, invitandolo così a continuare la frase. Probabilmente vuole portarselo a letto, ecco il perché di tutto questo.
“Sembri una persona infelice.” Afferma James, continuando a tamburellare le dita sulla stoffa rossa della poltrona.
“Perché dovrei essere infelice? Ho tanti amici e –“
“Gli amici a volte non bastano. Da quant’è che non hai una ragazza, John? Tre anni?” James sospira con fare teatrale, scuotendo la testa ed intrecciando poi le dita delle mani, posandole sul proprio addome.
Johnny aggrotta lo sguardo. Chi si crede di essere? Si conoscono da appena cinque minuti e questo maniaco già gli fa la predica sul fatto che non ha una relazione stabile. Ha una mezza idea di assestagli un bel pugno in piena faccia.
“Cosa vuoi saperne, tu? Non ti conosco, tu non mi conosci, si può sapere cosa vuoi da me?” Dice, esasperato ed arrabbiato, alzando appena la voce.
James fa un sorrisetto obliquo.
“Di solito sono io a doverlo chiedere agli altri.” Commenta, a bassa voce, ma facendo comunque in modo che Johnny lo sentisse, picchiettandosi l’indice sul mento. “Diamine, non mi lasciano mai un momento libero. Sempre richieste, su richieste, su richieste. Essere il Diavolo è un lavoro estenuante.”
Johnny ride a bassa voce. Dopotutto quel ragazzo è simpatico. Un po’ strano, ma simpatico.
James cambia improvvisamente espressione e lo guarda accigliato con uno strano scintillio negli occhi. “Pensi che sia uno scherzo?”
“Non lo è?” Johnny lo osserva confuso, cominciando davvero a non capire.
“No, John.” James cambia espressione in una divertita, scuotendo la testa. “Io sono il Diavolo.”
Johnny inarca le sopracciglia, cercando di capire se quel tizio stia facendo sul serio. Non è normale che una persona stia bevendo il suo Jack Daniels in santa pace e venga scocciato da un pazzo in giacca e cravatta che crede di essere Satana.
“Ma è impossibile, giusto?” Chiede Johnny, confuso dall’atteggiamento dell’altro. “Non puoi essere Lui.”
“Come puoi saperlo?” Commenta James, con tono leggermente infastidito.
Deve essere così. Non puoi esserlo, semplicemente non puoi. E’ impossibile.”
Irrazionale.” Lo corregge il ragazzo. “Irrazionale, non impossibile.”
Johnny sospira, portandosi alla bocca il bicchiere quasi vuoto. “Tu sei pazzo.”
“Io sono il Demonio.” James ringhia, infastidito, mostrando a Johnny i canini piuttosto appuntiti, comparsi dal nulla. In una frazione di secondo il colore dei suoi occhi muta dall’azzurro mare al rosso fuoco e James punta il suo sguardo torvo in quello del ragazzo, minacciandolo con un ghigno spaventoso dai denti appuntiti.
Johnny spalanca gli occhi, chiudendoli e riaprendoli più volte un attimo dopo, per essere sicuro di non essersi immaginato tutto. No, lui l’aveva visto, tutto quello era fottutamente reale. Il viso di James si era tramutato – per un attimo – nel volto del Diavolo. E Johnny è sicuro che non sia colpa del Jack.
“C-cosa vuoi da me?” Johnny indietreggia verso il bracciolo, per quanto la piccola poltrona possa permetterglielo. Si guarda attorno, ma nessuno sembra essersi accorto di niente.
James sospira, massaggiandosi il ponte del naso con l’indice e il pollice e scuote lentamente il capo. “Scusa, non volevo spaventarti. Non sono famoso per la mia pazienza.”
Johnny deglutisce, ancora scosso dalla visione inquietante a cui ha appena assistito.
Non è da tutti i giorni incontrare Lucifero ad una festa di Halloween.
“Che cosa vuoi da me?” Gli chiede di nuovo, scandendo lentamente le parole. Vuole solo sapere che cosa sta succedendo per poi andarsene da quella maledetta festa.
“Prova ad immaginarlo.” Risponde lui, assottigliando leggermente gli occhi.
Johnny rabbrividisce, scuotendo la testa. Cosa può volere il Diavolo da lui se non la sua anima? Ma no, lui non gliel’avrebbe ceduta. Non è come tutte quelle persone, che farebbero di tutto pur di ottenere fama e soldi. Johnny è felice nella sua vita da cameriere, fumatore e bassista, con pochi amici ma buoni.
“Posso darti tutto quello che vuoi. Potresti diventare l’uomo più ricco del mondo, avere tutte le ragazze e i ragazzi della California ai tuoi piedi, potresti diventare famoso, acclamato da tutti, amato da tutti. In cambio voglio solo una piccola cosa, senza la quale potresti vivere comunque.”
Lo dice con lentezza e con un tono che farebbe cadere in tentazione chiunque. Johnny non è così stupido, non gli interessano tutte quelle cose materiali e futili che invece fanno gola a tutti gli altri. Non cederebbe mai la sua capacità di provare emozioni, sentimenti, di amare, per dei motivi così stupidi. Non ne sente assolutamente il bisogno.
“No.” Dice lui, in un sussurro, scuotendo la testa. “Non posso accettare.”
“Sei proprio sicuro, John?” Chiede il Diavolo, puntando i suoi magnifici occhi azzurri nei suoi.
Johnny si limita ad annuire, spaventato.
James sospira e si alza dalla poltrona, sistemandosi la giacca sui fianchi, e Johnny nota quanto sia alto. “Vorrà dire che ci rivedremo presto.” Commenta, con un sorriso divertito, schioccando poi le dita di una mano. In un secondo, la sua figura scompare nel nulla, così come era arrivato.
Johnny rabbrividisce, alzandosi dalla poltrona e deciso a tornare a casa.
Si fa strada verso la porta, camminando velocemente, cercando di scacciare dalla mente il volto mostruoso del ragazzo, i denti aguzzi e gli occhi di fuoco.
“E’ colpa dell’alcol, è colpa dell’alcol” continua a ripetersi, cercando di auto convincersi ma lui è sicuro di non essersi immaginato tutto. Il Diavolo è reale.
“Ehi, amico, dove credi di andare?”
Una voce familiare alle sue spalle lo ferma proprio quando ormai è a pochi passi dalla porta.
“A casa, Brian, dove se no?” Johnny si volta, sospirando e osservando le due figure davanti a sé che si tengono per mano. Un vampiro e V di V per vendetta, per essere più precisi.
“Ma non è neanche mezzanotte.” Zacky, il vampiro, sbuffa. Avrebbe sicuramente messo il broncio e incrociato le braccia, come suo solito, se non avesse avuto una mano intrecciata a quella del suo ragazzo.
“Sono stanco.” Mente Johnny, cercando di liberarsi di quei due il prima possibile.
“Andiamo, che ci sei venuto a fare se te ne vai adesso?” Brian prende la parola, guardandolo accigliato. La maschera di V è fermata dall’elastico sulla sua testa, a mo di cappello, e fa abbastanza ridere perché gli schiaccia tutti i capelli che di solito sono sparati in aria.
“Davvero, ragazzi, voi restate e divertitevi. Io ho bisogno di dormire.” Afferma, anche se è consapevole che dormire sarebbe stato piuttosto difficile quella notte.
Zacky sospira, annuendo lievemente e anche Brian decide di dargliela vinta per quella sera. Si congedano con un sorriso amichevole (quello di Zacky un po’ meno a causa dei canini appuntiti), e tornano tra la folla nella loro spensieratezza da coppietta felice.
Johnny si stringe nella felpa, uscendo e tornando a casa a piedi.
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, avevano tutti deciso di infiltrarsi a casa di Johnny per passare un pomeriggio insieme a giocare ai videogiochi e a guardare film comici di serie “z”. E’ uno dei pomeriggi-tipo di Johnny, che non può che esserne felice, a parte quando pensa alla comparsa di James la sera prima. Cerca comunque di non pensarci e una volta che i suoi tre amici sono a casa subito si fionda sui videogiochi.
Batte Danny a Call of Duty ben tre volte, poi cede il joystick a Brian e si siede sul divano accanto a Zacky.
“Com’è andata ieri sera, alla fine?” Gli chiede, osservando intanto lo schermo della tv.
“Oh, molto bene.” Zacky risponde con un piccolo sorriso e Johnny si volta a guardarlo. Ha ancora una macchia di cerone sul collo. “Tu non hai dormito, invece.” Dice, con tono accusatorio.
In effetti non era riuscito ad addormentarsi, aveva troppi pensieri per la testa e non era stato capace neanche di chiudere gli occhi. Le occhiaie inoltre sono piuttosto evidenti e non si stupisce che Zacky se ne sia accorto.
“Hm, non molto in realtà.” Sospira, alzando poi le spalle. “Ma sto bene.”
Zacky mormora un “mh” non troppo convinto, ma senza chiedere altro. Sa che Johnny glielo dice sempre, quando qualcosa non va.
Ma stavolta è leggermente diverso. Non può semplicemente andare da Zacky e dirgli “Ehi Zack, sai, ieri alla festa ho quasi stretto un patto con il Diavolo!”, è decisamente fuori discussione.
Così, Johnny si alza dal divano ed avverte gli altri che sarebbe andato a preparare il caffè. Va in cucina, che confina con il salone e da cui può tranquillamente controllare che non facciano casini, dato che non c’è nessun muro e nessuna porta a separare le due stanze. Avranno anche tutti più di vent’anni, ma sono praticamente dei bambini.
Dopo averla preparata, posiziona la macchinetta del caffè sul fuoco ed aspetta, sospirando.
“Che brutta cera, John.”
Johnny sussulta, voltandosi verso la voce inconfondibile che è sicuro di aver appena sentito. James è appoggiato con la schiena al frigorifero ed ha le braccia incrociate al petto. Come sempre, ha il sorriso sulle sue labbra.
A quanto pare al Diavolo piacciono le entrate ad effetto.
“Cosa ci fai qui?” Chiede lui, allarmato, voltandosi verso i suoi amici che sembra non si siano accorti di nulla.
“Volevo farti visita.” Dice lui, alzando le spalle e guardandosi attorno per osservare la cucina. “E’ carina, casa tua.”
“Vattene subito.” Johnny lo prega allarmato, guardandolo con aria supplichevole. “Che cosa spiego, a loro, se ti vedono qui?” Chiede indicando i ragazzi con un cenno del capo.
James agita una mano in aria, spazientito. “Mi ritieni così stupido? Non possono vedermi.” Dice, in tono ovvio.
“Non possono vederti?” Ripete Johnny, rilassando i muscoli e sbattendo le palpebre un paio di volte.
“E’ ovvio. Non posso farmi vedere da chiunque, decido io da chi farmi vedere e sentire.” Afferma, una punta di orgoglio nella sua voce. “Anche ieri sera potevi vedermi solo tu. Anche se, devo dire, sarebbe stato esilarante spaventare con il trucchetto del mostro anche tutti gli altri invitati…” James ridacchia, scuotendo poi la testa.
“Come è possibile?” Johnny non riesce a capacitarsene.
“Oh, andiamo John, sono il Diavolo. Posso decidere che forma avere, che voce avere, dove e quando essere, posso scomparire e riapparire, posso distruggere tutto quello che mi capita a tiro. E posso ovviamente decidere da chi farmi vedere e sentire. Guarda qui.” James si volta verso i tre ragazzi e, ovviamente, decide di prendere sotto tiro il più piccolo, quello che sta seguendo la partita degli altri due.
“Zacky?” Lo chiama, a bassa voce, con tono sinistro ed un sorrisetto beffardo stampato in faccia. Johnny si chiede per un attimo come faccia a sapere anche il suo nome ma si arrende all’idea che lui è il Demonio e sa tutto. Osserva Zacky, seduto sul divano, guardarsi intorno, confuso e allarmato. Deve essersi spaventato a morte, perché non smette un attimo di guardarsi attorno per capire da dove provenga la voce. Poi scuote la testa, come per scacciare un pensiero, per poi tornare a guardare la tv come se niente fosse.
“Ti ha sentito?” Johnny è incantato a guardare Zacky, che ha deciso che probabilmente si è immaginato tutto.
“Ma non mi ha visto.” Risponde James, soddisfatto. “Adoro farvi spaventare. Siete tutti così adorabili.”
“Perché hai scelto proprio me?” Johnny chiede, all’improvviso, a bassa voce. Continua a non capire perché James insistesse tanto con lui se gli ha già detto di non essere interessato al suo accordo.
“Be’, sai…” James si allontana dal frigo per camminare per la stanza, misurandola a grandi falcate. “La tua anima mi attira così tanto.”
“Non avrai la mia anima, né ora né mai.” Johnny è sicuro di quello che dice e sa che neanche il Diavolo in persona può fargli cambiare idea.
James sospira, evidentemente conscio della testardaggine di quel ragazzo. Si para davanti a lui, osservandolo da quei suoi buoni venticinque centimetri in più. Il Diavolo lo guarda attentamente negli occhi, fisso, probabilmente cercando qualcosa. Johnny ha paura che gli stia leggendo nella mente, cosa che, probabilmente, sta facendo sul serio. Le sue iridi azzurre sembrano essere un vortice infinito di emozioni, di eventi, di conoscenza, ma allo stesso tempo non lasciano intendere nulla al ragazzo più basso.
Rimane a fissarlo per un minuto buono, poi, James deglutisce.
Il Diavolo, deglutisce. Il Diavolo ha paura di qualcosa, e Johnny deve scoprire cos’è.
“In ogni caso” James si schiarisce la voce e riprende a camminare per la cucina, con aria indifferente. “Ho deciso di lasciarti in pace. Sono un essere leale ed ovviamente non posso appropriarmi della tua anima se tu non mi dai il consenso, ma a quanto pare sei un umano molto testardo.”
Johnny tira un sospiro di sollievo, grato di poter essere lasciato in pace.
“Ovviamente, se vuoi rivedermi, basta chiamarmi.” James sorride al più basso, guadagnandosi una sua risata a bassa voce. Che situazione assurda.
“Non credo che lo farò.” Dice, alzando le spalle.
“Non per forza per donarmi la tua magnifica anima, sai. Potremmo anche solo parlare. Non credere che siccome sono il Diavolo non ho amici, che sono infelice e che sono costretto a patire le pene dell’inferno perché Dio ha deciso così.” James ride appena, alzando le spalle. “Dio non mi comanda più da secoli.”
Johnny crede di aver perso il filo del discorso. Il Diavolo gli ha appena detto che può chiamarlo per… Parlare? Che cosa hanno da dirsi quei due?
“Amici? Che razza di amici può avere il Diavolo?” Johnny chiede, confuso. La sua intenzione era di dirlo in mente, ma a quanto pare non riesce nemmeno a controllare la sua boccaccia.
“Ehi, guarda che mi offendo.” James fa una smorfia oltraggiata, con tanto di mano sul cuore. “Ho un mare di amici, sai. Demoni, brutta razza. Hanno paura di me ma professano la mia fede, girano il mondo a cercare anime per me, quando non sono io a farlo direttamente.”
Johnny vorrebbe chiedergli altro, quando lui lo interrompe con un “Ma non ci stavamo salutando, noi due?”
Johnny si ammutolisce, annuendo lentamente. Quasi gli dispiace salutare quell’essere malvagio per sempre.
“Buona giornata, John.”
Uno schiocco di dita e James è scomparso, proprio come la sera prima.
Johnny cerca nuovamente di scacciare il pensiero dalla testa e versa il caffè in quattro tazze diverse, portandole agli altri su un vassoio.
Almeno, a quanto pare è riuscito a liberarsi di James ed è l’unica cosa che gli importa, in quel momento.
“Ci hai messo una vita.” Danny si lamenta, fiondandosi poi su una delle tazze fumanti e sedendosi sul divano, soffiandoci dentro per raffreddare il suo contenuto.
Johnny ignora quella frase, non vuole destare sospetti, e una volta data a Zacky la sua tazza, ne poggia una accanto a Brian, che continua a giocare a Call of Duty in una partita solitaria.
“Basta videogiochi…” Zacky borbotta, bevendo poi un suo sorso di caffè. E’ ovvio che l’abbia detto solamente perché vuole Brian un po’ per sé, dato che lui sembra più interessato al gioco che al suo ragazzo.
“Questa è l’ultima, Zee.” Brian commenta senza distogliere lo sguardo dallo schermo, pigiando con i pollici i vari pulsanti.
Zacky sospira, riprendendo a bere silenziosamente il suo caffè, mentre Danny si massaggia lentamente il collo.
“E’ un succhiotto, quello?” Johnny nota una macchia scura sul suo collo, accennando una risata divertita.
“Potrebbe.” Danny arrossisce lievemente, sorridendo imbarazzato.
“Il gatto di ieri, immagino.” Zacky commenta, ridacchiando, prima di bere un altro sorso dalla sua tazza.
“Già, devo dire che mi è andata bene.” Danny sorride, osservando distrattamente all’interno della propria tazza. Comincia a raccontare che si chiama Rachel, che è molto carina e che ha un anno in meno di lui, che frequenta l’Università e che il giorno prima hanno parlato un sacco. Oltre che baciarsi e altro.
Brian intanto finisce la partita e beve il suo caffè tutto d’un sorso, per poi fiondarsi sul divano accanto a Zacky, baciandogli una guancia.
“Comunque, al prossimo Halloween togliete a Zacky il costume da vampiro, per favore.” Commenta, ridacchiando, mentre passa un braccio attorno alle spalle del più piccolo.
“Perché?” Chiede lui, aggrottando lo sguardo.
“Entri troppo nel personaggio, Zee. Ho i segni dei tuoi denti ovunque…”
Johnny ride a bassa voce, cercando di nascondersi bevendo altro caffè. Quando quei due iniziano con i soliti battibecchi sono davvero divertenti.
Zacky incrocia le braccia, borbottando qualcosa fra sé e sé che si avvicina molto ad un “Vaffanculo, Brian” .
Quando finalmente quei due hanno fatto pace (grazie a Brian e tutte le paroline dolci che gli rifila sempre per farsi perdonare) Johnny decide di mandarli via di casa. Il suo turno a lavoro sarebbe cominciato dopo poco e doveva ancora mettersi qualcosa di decente addosso.
Dopo qualche protesta da parte dei tre, finalmente se ne vanno e Johnny corre in camera a cambiarsi, sperando di non arrivare in ritardo come al solito.
 
 
 
 
La settimana seguente va tutto uno schifo.
Johnny perde il lavoro come cameriere al ristorante più frequentato di Huntington Beach, tutto perché aveva dato dell’idiota ad un cliente a cui aveva dovuto cambiare portata quattro volte di fila perché “non gradiva il piatto”.
A Johnny non sembrava che in quel ristorante facesse tutto così schifo, quindi la quarta volta aveva buttato malamente il piatto sul tavolo del cliente, praticamente imponendogli di mangiarlo e facendosi scappare (involontariamente, davvero), il vezzeggiativo “idiota”. E così Johnny è stato subito buttato fuori dal capo.
Il giorno dopo aveva un appuntamento con Lacey, la sua quasi-ragazza, che però lo aveva fatto aspettare al freddo sulla panchina del parco, avvertendolo solo dopo un’ora e mezza che non sarebbe venuta perché aveva un impegno con il suo ragazzo. A Johnny veniva da piangere – stava per farlo sulla panchina del parco – ma la rabbia ebbe la meglio sulla tristezza e sbuffando decise di tornare a casa (che tra l’altro avrebbe perso se non avesse trovato all’istante un nuovo lavoro) maledicendosi per essere stato così stupido. Puntava a quella ragazza da quasi un anno e pensava anche di piacerle, ma a quanto pare è destinato a rimanere deluso da qualunque cosa nella sua inutile vita. Non funziona, né con le ragazze né con i ragazzi. Nessuno lo prende mai in considerazione.
“Perché Cristo non sono Brian Haner?” dice a sé stesso, dando un calcio ad una lattina sul marciapiede, mentre cammina verso casa dopo quella terribile e deludente serata. Brian riesce sempre, sempre ad ottenere quello che vuole. Perché lui è bello, alto, muscoloso e simpatico. Johnny lo adora, davvero, ma gli fa rabbia che Brian sia sempre migliore di lui, in qualunque cosa.
“Sono un inutile idiota.” Continua, dando un altro calcio alla lattina. Sbuffa, decidendo che se avesse continuato ad elencare tutti i suoi problemi e i suoi difetti non sarebbe più riuscito a smettere.
Poi, improvvisamente gli si accende la lampadina.
Si ferma e si guarda attorno, controllando che nessuno sia nei paraggi. Si trova in un vicolo abbastanza isolato e non c’è nessuno. Si appoggia con la schiena al muro ed infila le mani nelle tasche della giacca, sospirando.
Come si fa a chiamare il Diavolo?
“James?” Johnny prova, guardandosi attorno, e sospira quando non vede arrivare nessuno. “James, per favore, vieni. Appari, fa’ qualcosa.” Continua, supplicante, sperando davvero che lui si faccia vivo.
“Successo qualcosa, piccoletto?” James è apparso con le mani nelle tasche dei pantaloni, appoggiato al lampione non troppo lontano da Johnny.
“Accetto il tuo patto.” Risponde lui, subito. Vuole levarsi il pensiero il prima possibile.
“Cosa?” L’espressione di James cambia da sorridente a – quasi – allarmata, allontanandosi dal lampione per potersi avvicinare al ragazzo. “Sei proprio sicuro?”
“Sono sicuro.” Johnny dice convinto. E’ come se il mondo gli sia improvvisamente crollato addosso ed è stanco di sentirsi dire di essere una nullità quando invece potrebbe avere tutto quello che vuole, quando vuole. Ha davanti l’unica persona in grado di migliorargli la vita, l’unico che può davvero aiutarlo ad avere una vita soddisfacente.
James comincia a girargli attorno, a passi lenti, con le braccia incrociate.
“Devi sapere, ma presumo che tu lo sappia già, che posso darti solo dieci anni di vita.” Il Diavolo lo scruta attentamente, continuando a girargli intorno. “Non di più.”
Johnny deglutisce, annuendo lentamente. Saranno comunque i dieci anni più belli della sua vita, o almeno spera.
“Perfetto.” Dice, fermandosi davanti a lui e sorride. Gli occhi gli brillano più del solito.
“Ora, dimmi, cosa vorresti diventare?”
Johnny ci pensa su per un attimo. Chiederebbe di diventare famoso, ma poi non sarebbe capace di convivere con quel peso. Magari potrebbe chiedergli di diventare ricco, ma vuole di meglio.
“Voglio essere un demone.” Afferma, deciso, accennando poi un sorriso soddisfatto. Non avrebbe potuto fare richiesta migliore.
James inarca entrambe le sopracciglia, colto di sorpresa. Balbetta qualcosa, prima di scuotere vigorosamente la testa in segno di dissenso e guardare il ragazzo con aria accigliata.
“I patti non sono questi, John. I demoni sono immortali e tu puoi avere solo dieci anni di vita.”
“Ma è quello che voglio essere. Un demone, o nient’altro.” Johnny incrocia le braccia, sostenendo lo sguardo di fuoco dell’altro. Non ha paura di lui, se è questo che sta pensando. E’ perfettamente in grado di gestire la situazione ed è sicuro che alla fine James cederà, pur di avere la sua purissima anima.
James sospira, massaggiandosi con le dita il ponte del naso. “C’è… C’è un altro tipo di patto, che rifilo a poche persone. Le più esigenti, come te.” Dice, agitando una mano in aria e facendo comparire un foglio ingiallito, apparentemente antico, con su scritto qualcosa con dell’inchiostro nero.
“Se vuoi diventare un demone o qualsiasi altro essere immortale, oltre al donarmi la tua anima, dovrai essere a mia completa disposizione. Essendo un mio servitore, dovrai fare tutto quello che ti dico.” James dà un’occhiata al testo del foglio di pergamena che ha davanti agli occhi. “Vorrà dire che qualunque anima io voglia, tu dovrai procurarmela. Farai tutto quello che dico, ne va della tua vita.”
A Johnny non sembra una condizione così difficile da accettare e non vede perché dovrebbe rifiutare. Sta per diventare un essere sovrannaturale e sente il sangue ribollirgli nelle vene, ansioso.
“E soprattutto, sarai totalmente immortale, a meno che non sarai tu a voler morire.” Continua il Diavolo, ed un brivido pervade la schiena di Johnny.
Pensa ai suoi amici. Non sa neanche se li rivedrà più, ma non vuole saperlo, vuole lasciarsi tutto alle spalle e dimenticare la sua vita come è sempre stata. Vuole una vita nuova.  
“Accetto.” Dice, annuendo vigorosamente. James accenna un sorriso, facendo comparire dal nulla una penna. Gliela porge, insieme al contratto, e Johnny non lo legge neanche prima di firmarlo velocemente, con gli occhi di James puntati addosso. Una volta firmato, il foglio e la penna si dissolvono nell’aria, non lasciando nessuna traccia.
“Ora stringimi la mano, e lo scambio sarà fatto.” James dice in tono solenne, porgendogli la mano e uno strano bagliore si riflette nei suoi occhi per un secondo.
Johnny osserva la mano del Diavolo per un attimo, pensando alle conseguenze di ciò che sta per fare. Ma ormai il contratto è firmato e non c’è modo di tornare indietro, anche se lo volesse. Assapora già il gusto della vendetta, tutto ciò che da demone potrà fare alle persone che gli hanno fatto passare la vita un inferno. Pensa alla sua vita passata, alla sua infanzia, la sua scuola, il suo diploma, quando a dieci anni ha conosciuto Zacky e quando a venti ha conosciuto Brian e Danny, alla sua prima casa, al suo primo vero amore, all’arrivo di James nella sua vita. Ma la vita che verrà, quella sarà la sua rinascita. La sua vera vita, quella che conta. Convivrà con il suo nuovo corpo e con la sua esistenza mirata alla devozione per il Diavolo.
Senza pensarci troppo, afferra la mano pallida di James, che a sua volta stringe la sua con forza.
A quel punto, è come se un fulmine gli trapassasse il corpo. Una fitta al cuore e poi una scossa forte, ma non dolorosa, parte da Johnny, dall’interno, e gli percorre tutto il corpo, fino ad essere trasferita nella mano di James.
Quest’ultimo chiude gli occhi per un secondo, inspirando profondamente, come ad assaggiare la nuova anima di cui ha appena preso possesso. Poi, quando ha riaperto gli occhi e gli è comparso sulle labbra un sorrisetto soddisfatto, stringe maggiormente la mano dell’altro, quasi facendogli male.
L’unica cosa che Johnny sente prima di svenire, è un brivido di freddo.
 
 
 
 
 
Quando Johnny si risveglia, con la vista offuscata e la schiena a contatto con il pavimento freddo, capisce subito che c’è qualcosa che non va. C’è un ragazzo, che lo osserva dall’alto con aria perplessa, e quando Johnny riesce a metterlo a fuoco per bene nota che ha le braccia muscolose e tatuate conserte, i capelli castani corti, gli occhi verdi e neanche un filo di barba. Non ha idea di chi sia quel tipo e di dove si trovi.
“Tutto okay, amico?” Gli chiede il ragazzo, con aria leggermente preoccupata, porgendogli poi la mano per aiutarlo a rialzarsi. Johnny mugola, in risposta, a causa del forte mal di testa che è l’unica cosa a cui riesce a pensare in quel momento, poi quando ha acquistato un po’ di lucidità in più accetta la mano dello sconosciuto, alzandosi in piedi.
Si guarda attorno e capisce di trovarsi in una stanza che sembrerebbe quella di un ufficio, con una scrivania, una sedia e le pareti bianche, in cui non è mai stato prima. Si sente bene, dopotutto, non gli ci vuole molto prima di riacquistare conoscenza.
Si poggia una mano sul cuore, come per controllare di essere ancora vivo, e in effetti il cuore batte. Si osserva gambe e braccia e nota che non è cambiato niente del suo corpo. Eppure, c’è qualcosa che manca.
Johnny sospira, dedicandosi a capire quello che sta succedendo prima di cominciare a rimpiangere l’idea di aver perso l’anima.
“Chi sei?” Chiede al ragazzo, che intanto si è seduto sulla scrivania con le dita delle mani intrecciate tra loro ed un’aria quasi malinconica.
“Mi chiamo Matt. Tu sei Johnny, giusto?”
Johnny annuisce, continuando però a non capire che cosa voglia da lui e perché si trova in quella stanza. Sta per chiederglielo, quando il ragazzo riprende a parlare.
“James mi ha dato l’incarico di controllare che ti riprendessi. A volte capita di svenire, è normale…” Dice con tranquillità, accennando un sorriso amichevole.
“Sei un demone anche tu?” Chiede Johnny, massaggiandosi la nuca che ancora gli fa male per via della caduta.
Matt annuisce, mordicchiandosi il piercing al labbro inferiore. “James mi dà sempre l’incarico di – uhm – dare il benvenuto alle matricole. Immagino che tu non sappia bene come funziona, adesso.”
Johnny scuote lentamente la testa.
“Come pensavo. Ormai nessuno vuole più neanche conoscere le condizioni pur di diventare immortali.” Matt sospira, sconsolato, e si alza dalla scrivania per avvicinarsi al ragazzo. “Questo dove ti trovi adesso è il tuo nuovo posto di lavoro. Avrai ancora la tua vecchia casa, ma non dovrai preoccuparti dell’affitto, a quello ci pensa James. Avrai ancora i tuoi vecchi amici, sempre se hai intenzione di vederli ancora. Il tuo corpo è sempre lo stesso, a meno che non sia tu a volerlo cambiare… Ma per quello ci vorrà un po’ di pratica.” Dice tutto come se lo ripetesse da così tanto tempo da averlo imparato a memoria. “Oh, e… Sei in diretto contatto mentale con il Diavolo. Se vuole qualcosa da te o se tu hai qualcosa da riferirgli, vi contatterete attraverso il pensiero. Non è difficile.” Conclude, incrociando le braccia muscolose ed abbozzando un sorriso di incoraggiamento.
“Lavoro? Non mi ha parlato di nessun lavoro.” Johnny aggrotta lo sguardo, già pronto a correre da James e protestare. Lo sapeva, che non c’era da fidarsi.
“Devozione a Satana, non ti dice niente? Cacciatore di anime?” Matt sospira esasperato, passandosi una mano fra i capelli corti. “Dobbiamo trovargli nuove anime, ogni giorno. E fare – be’ – tutto quello che chiede. Siamo i servitori del Diavolo.”
Johnny rilassa le spalle quando si ricorda che in effetti James gli aveva già accennato a quello che Matt gli ha appena detto.
“Giusto.” Johnny annuisce, sospirando.
Johnny non pensava che un demone potesse essere – come dire – carino. Eppure Matt lo è, anche se gli sembra così tormentato e triste. Spera di poter imparare qualcosa da lui.
In ogni caso, dopo tutte quelle informazioni non riesce nemmeno ad essere felice perché può rivedere i suoi amici o sollevato perché non dovrà pagare l’affitto. Non sente assolutamente niente.
“Oh, se fossi in te farei sparire quelli…” Matt indica con un gesto vago la propria bocca, osservando intanto quella di Johnny.
Cos’ha che non va la sua bocca? La sua faccia confusa incita Matt a continuare a parlare.
“I denti. Se non vuoi farti riconoscere, falli tornare normali.”
Johnny si avvicina subito allo specchio accanto alla porta e, quando vede il suo riflesso, non si vede cambiato per niente, se non per la pelle più pallida. Quando poi fa un mezzo sorriso (che assomiglia più ad una smorfia) per mostrare i denti, con orrore scopre di avere i canini lunghi e appuntiti, che lo fanno sembrare una specie di – uhm – demone?
“Come faccio a farli tornare come prima?” Johnny volta allarmato lo sguardo verso Matt, che accenna una risata. Gli spiega che deve pensare intensamente a com’erano prima, concentrandosi per creare nella sua mente l’immagine nei minimi dettagli. Ci riesce dopo solo un paio di tentativi, ma è soddisfatto del risultato. I suoi denti tornano normali in un batter d’occhio.
“Cos’altro possono fare i demoni?”
A Johnny quella situazione già piace.
“Oltre a cambiare aspetto, non molto, in realtà. Possiamo smaterializzarci, però.” Matt annuisce, pensieroso.
“Come si fa?” Johnny chiede, sorpreso. Quella è sicuramente la parte migliore del suo nuovo essere.
“Ogni cosa a suo tempo, piccoletto.” Matt accenna un sorriso, dandogli una lieve pacca sulla spalla. “Te lo insegnerò io, più avanti. O magari James, ma suppongo che sarà troppo impegnato.”
Johnny sospira, annuendo un attimo dopo.
“Cosa… Cosa dovrei fare, adesso?” Johnny chiede, incerto. Che cosa ne sarà della sua vita da quel momento in avanti?
“Dovrai aspettare che James ti dica cosa fare, dopo di che stasera sarai libero di fare ciò che vuoi.” Matt gli spiega, annuendo, avvicinandosi alla porta per uscire. Si blocca però con la mano sul pomello, restando immobile senza dire nulla, ma all’erta come se si stesse concentrando per riuscire ad ascoltare qualcosa.
Poi fa un mugolio infastidito, voltandosi nuovamente verso Johnny.
“Devo andare, nuova anima in arrivo.” Sbuffa, passandosi una mano fra i capelli. “Tu non uscire da qui dentro, intesi?”
Johnny si sente un po’ un bambino alle prese con la sua nuova baby-sitter, ma non può fare altro che annuire e promettergli che non si sarebbe mosso.
Matt accenna un sorriso e poi, con uno schiocco di dita, sparisce.
Johnny è davvero, davvero confuso. Non pensava che i demoni avessero un vero e proprio ufficio dove poter lavorare, ma il suo nuovo lavoro comincia già a piacergli. Dopotutto, se servire James significa essere immortali, insensibili e potersi smaterializzare, non è poi così male.
Si avvicina alla sua postazione e si siede sulla sedia girevole di pelle nera, appoggiando i gomiti alla scrivania di legno bianco, al centro della quale nota un’agenda. E’ rilegata anch’essa in pelle nera, e in alto al centro c’è inciso il suo nome, “Johnatan Seward”. La apre, sfogliando le pagine che sono ancora tutte bianche, senza neanche una macchia di inchiostro.
Johnny sospira, richiudendo l’agenda ed appoggiandosi allo schienale della sedia, passandosi una mano sul viso. Si sente stanco e non capisce neanche il perché. E’ come se avesse corso una maratona di dieci ore e vuole solamente riposare.
Qualcuno bussa improvvisamente alla porta. Non pensava che nell’ufficio di un demone fosse necessario persino bussare alla porta, piuttosto che materializzarcisi direttamente dentro.
“Avanti?” Tenta Johnny, alzandosi dalla sua sedia e guardandosi attorno. Non si sente particolarmente a suo agio.
La porta si apre e Johnny riconosce subito la figura di James, con il suo solito completo nero giacca e cravatta, che entra nella stanza per poi richiudere la porta.
“Da quando usi la porta?” Johnny gli chiede, incrociando le braccia ed avvicinandosi a lui che risponde con il suo sorriso beffardo.
“Volevo solo essere gentile.” Dice, alzando le spalle ed avvicinandosi alla figura del suo nuovo demone. “Che te ne pare del tuo nuovo essere?” Chiede, a bassa voce, con un sorriso soddisfatto in volto.
“Non ho ancora avuto modo di – uhm – scoprirmi. Ma penso che questa situazione mi piaccia.” Risponde lui, annuendo lievemente. Non vede l’ora di imparare ad andare a caccia di anime.
“La tua anima è uno dei miei obiettivi meglio raggiunti. Uno dei miei risultati migliori, ad essere onesto.” Gli dice, in un sussurro, osservando il più basso dall’alto. “E’ l’entità più dolce e allo stesso tempo più aspra che io abbia mai avuto la fortuna di possedere, non puoi neanche immaginare quanto io la desiderassi per me. Bramo la tua anima da più di venticinque anni. Mi è quasi dispiaciuto doverla strappare via da un bel ragazzo come te.” Dice, a pochi centimetri dal viso di Johnny, prendendogli il mento fra le dita, con il sorriso di un bambino che ha appena ricevuto il suo gioco preferito da Babbo Natale. Johnny sente di essere troppo, davvero troppo vicino al viso di James perché sente qualcosa, una specie di calamita, che lo attira verso di lui tanto che se non avesse un grande autocontrollo azzererebbe quella fottuta distanza che c’è fra loro e lo bacerebbe all’istante. E’ sicuro che quello sia un altro dei suoi strani e magici poteri.
“Che cosa te ne fai, di tutte quelle vite?” Johnny chiede, con sguardo serio, cercando disperatamente di pensare ad altro che non siano i suoi occhi, pur non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel blu intenso.
“Mi servono per essere quello che sono. Io vivo delle anime che mi procuro... Dai, John, non dirmi che alle elementari hai dormito tutto il tempo durante le ore di religione.” James sbuffa, allontanandosi da Johnny per girare per la stanza con le mani dietro la schiena.
“Comunque, mio caro demone, d’ora in poi la tua vita sarà molto diversa. Passerai le tue mattinate e i tuoi pomeriggi in questo ufficio e potrai uscire solo per andare a caccia. La sera sei libero di fare quello che vuoi… Puoi tornare dai tuoi amici, sempre se ne hai voglia.” Dice, alzando le spalle e si siede sulla sedia dietro la scrivania. “Se hai bisogno di qualcosa, hai Matt a disposizione.”
Johnny annuisce, sospirando sommessamente un attimo dopo. “Perché Matt è così triste?”
James alza un sopracciglio, evidentemente sorpreso dalla domanda, poggiando i piedi alla scrivania.
“Ha trecentoventisei anni, John. Vivere per così tanto tempo senza un’anima non è un granché.”
E’ così che sarà costretto a diventare? Tormentato per tutta la vita dalla consapevolezza di non avere un’anima, di non sentire mai più?
“Avresti dovuto dirmelo prima.” Johnny lo guarda accigliato, stringendo i pugni.
“Ehi, ehi, aspetta un attimo.” James aggrotta le sopracciglia, alzandosi dalla sedia ed osservandolo attentamente. “Sei tu che me l’hai chiesto.”
“Ma tu non mi hai spiegato le condizioni!”
“Cosa c’è da spiegare? Sarai un demone immortale senza un’anima, non ho mai detto che sarebbe stato facile o addirittura divertente.” James sembra annoiato, più che arrabbiato, come se sia abituato a sentirsi dire tutte quelle cose. “Non sono un bugiardo, John. Sono l’essere più leale che incontrerai mai nella tua vita.”
“Sei infido, un ingannatore, approfitti delle debolezze delle persone per appropriarti delle loro vite e non rispetti neanche le reg –”
Il respiro di Johnny si ferma per un attimo quando James, roteando gli occhi al cielo con aria annoiata, unisce l’indice e il pollice a mezz’aria, trascinandoli da sinistra a destra, come a chiudere una zip. La bocca di Johnny si chiude, come cucita, seguita dal movimento della mano di James. Per quanto Johnny voglia provarci, non riesce a parlare e dalla sua gola non proviene alcun suono se non dei mugolii sommessi.
“Non rivolgerti a me in questo modo, demone.” Pronuncia l’ultima parola come se fosse un insulto, tenendo le due dita ancora unite a mezz’aria. “Sono pur sempre il tuo capo.”
Johnny si artiglia il collo con entrambe le mani, gli occhi lucidi di lacrime, sperando che quella scenata finisca presto. Rivuole la sua voce il prima possibile.
“E’ chiaro?” James gli chiede, osservando con serietà il ragazzo come se la sua disperazione non gli facesse alcun effetto.
Johnny annuisce vigorosamente e James trascina le dita dalla parte opposta.
Le labbra del demone si schiudono e la sua voce viene liberata, in un gemito strozzato. E’ spaventato e vorrebbe solamente tornare ad essere quello di prima, chi se ne frega dell’immortalità. Si appunta mentalmente di non giocare nuovamente col fuoco.
“Ricordati sempre che sono l’unico che può ucciderti.” James lo guarda con un sopracciglio alzato, sospirando un attimo dopo. “Anche se non ne ho alcuna intenzione.”
Johnny annuisce, evitando persino di parlare per non ritrovarsi di nuovo senza voce.
James a quel punto controlla l’orologio da parete di fronte alla scrivania. “Adesso puoi andare, torna qui domattina.” Dice, e con uno schiocco di dita svanisce nel nulla.
Più confuso che mai, Johnny si accascia con la schiena al muro candido del suo nuovo ufficio. Quell’uomo, o meglio, quell’essere, lo affascina e lo spaventa allo stesso tempo come mai nessuno in vita sua.
 
 
 
 
“Dio, Johnny, ti senti bene?”
Zacky gli prende il viso fra le mani, guardandolo negli occhi e trovandoci dentro il vuoto più totale.
“Sto benissimo, Zack.” Johnny gli scosta le mani dalla propria faccia, annuendo.
“Non ti ho mai visto così pallido.” Brian mormora, preoccupato. Quando ci si mettono, sono peggio di due mamme apprensive.
“Ragazzi, davvero, sto bene.” Johnny accenna una risata all’espressione allarmata dei ragazzi, che si rilassano non appena lo vedono sorridere. Si avviano tutti nell’auto di Brian, allacciando le cinture. Johnny si siede sui sedili posteriori mentre ovviamente a Zacky spetta quello vicino al guidatore.
“Pensavamo che ti avessero rapito, o che fossi morto.” Zacky sospira, ma pur sempre contento di aver rivisto il suo amico.
“Non mi vedete solo da tre giorni…” Johnny sbuffa, decidendo poi di cambiare subito argomento. “Allora, che facciamo stasera?”
“C’è il falò di compleanno di Danny, idiota.” Brian lo guarda accigliato dallo specchietto retrovisore. “E’ lì che stiamo andando.”
Dire che se l’era dimenticato è inutile. Non gli ha nemmeno portato un regalo, ma a chi importa?
“Oh, giusto.” Si limita a dire lui, guardando fuori dal finestrino con aria assente.
E’ inutile dire che quella sera Johnny non si diverte neanche un po’, non conosce quasi nessuno e Zacky e Brian sono rimasti appiccicati l’uno all’altro tutto il tempo, come se Johnny non esistesse. Avrebbe voluto imparare da subito a smaterializzarsi così da poter fuggire da quell’inutile festa, ma almeno ha ancora la sua bassa statura che lo fa passare inosservato da quasi tutti gli invitati, così si allontana da solo dalla spiaggia, tornandosene a casa.
 
 
Una cosa su cui Johnny non aveva ragionato, è che in effetti i demoni non dormono. Non ne hanno bisogno. 
Quindi, quando si mette a letto e si rende conto che in realtà non ha sonno né lo avrà mai per il resto della sua vita, decide di andare a farsi una passeggiata da qualche parte.
Sono circa le quattro di notte quando si ferma a sedere su una panchina del parco, guardandosi attorno. Non c’è anima viva e malgrado tiri molto vento non sente neanche un po’ di freddo. Controlla distrattamente il cellulare, notando che ci sono ben tre chiamate perse da parte di Zacky e una da Brian, ma non ci fa molto caso e ripone il telefono in tasca. Probabilmente volevano sapere dove fosse finito.
Proprio mentre pensa di volere un po’ di compagnia, appare, sulla sua stessa panchina, una figura accanto a sé che non fa fatica a riconoscere.
“Matt.” Johnny accenna un sorriso, felice di avere almeno qualcuno con cui parlare. Non gli va di passare altre cinque ore da solo prima di andare in ufficio.
“Johnny.” Il demone lo saluta a sua volta, facendo un piccolo sorriso che mette in mostra due piccole fossette sulle sue guance. “Hai imparato a smaterializzarti?”
“Più o meno.” Johnny sospira, guardandosi le scarpe. Ci ha provato, nell’ora precedente, ma con scarsi risultati. Si era teletrasportato solo di mezzo metro, e per poco non era finito nel laghetto, fra le anatre del parco.
“Tu che ci fai qui?” Chiede a Matt, cercando di cambiare argomento. Sembra più di buon umore del solito e gli offre persino una sigaretta dal pacchetto che tira fuori dalla tasca dei jeans. Johnny ovviamente accetta e la accende.
“Mi annoiavo, come al solito. Vengo sempre qui di notte, a volte in compagnia ed altre no.” Risponde l’altro, tirandosi su le maniche della felpa fino ai gomiti, lasciando scoperte le sue braccia tatuate, per poi accendersi la sigaretta a sua volta.
“Pensavo che potevamo fare qualcosa, io e te. Ehi, non guardarmi così, non è quello che pensi…” Matt si affretta a dire quando Johnny alza un sopracciglio con aria scettica. “E’ che sembri simpatico e considerando che dovrò aiutarti io fino a quando non imparerai bene il mestiere, tanto vale passare un po’ di tempo insieme. Da amici.” Matt ripete il concetto, sperando di essere stato abbastanza chiaro.
Johnny accenna un sorriso, annuendo lievemente.
“D’accordo” Dice. “Che facciamo?”
Matt indica con un cenno del capo un ragazzino, che non deve avere più di sedici anni, a qualche panchina di distanza. E’ strano che si aggiri per il parco a quell’ora della notte, ma a quanto pare non aveva sonno o era scappato di casa. O magari entrambi.
“Andiamo a spaventarlo.” Propone con un ghigno divertito, portandosi poi nuovamente la sigaretta alla bocca. “Riesci a trasformarti almeno un pochino?”
Johnny annuisce silenziosamente, continuando ad osservare il ragazzino moro che non aveva nemmeno fatto caso a loro. Sicuramente non sarà bravo quanto Matt, ma i canini riesce sempre a farseli crescere ed è anche riuscito a farsi comparire gli artigli, il giorno prima.
“Perfetto.” Commenta Matt e dopo aver gettato la sigaretta a terra si dirige verso il ragazzo, seguito a ruota da Johnny.
“Ehi!” Matt lo chiama, salutandolo con un piccolo cenno del capo. “Non è che hai una sigaretta?” Gli chiede, mentre Johnny osserva la scena in silenzio. Il ragazzino non pare scosso dalla domanda e senza rispondere prende un pacchetto di sigarette dal proprio zaino, porgendolo a Matt che ne sfila una.
“Grazie. Come ti chiami?” Chiede, portandosi la sigaretta alle labbra.
“Frank.” Risponde lui, incerto, infilando timidamente le mani nelle tasche della felpa.
“Cazzo, ho dimenticato l’accendino.” Risponde Matt, senza neanche starlo a sentire. “Tu ce l’hai, John?”
“L’ho perso.” Risponde lui, cercando di stare al gioco. A quanto pare ha risposto bene, perché Matt alza le spalle con aria indifferente ed avvicina il pollice, che immediatamente prende fuoco, alla propria sigaretta. Johnny trattiene a fatica una risata quando gli occhi del ragazzino escono fuori dalle orbite. Fa anche un passo indietro e gli si legge in faccia che scapperebbe all’istante se non avesse paura che loro due lo rincorrano e magari lo torturino.
“Come hai fatto?” Chiede poi Frank, convincendosi che sia solo un trucco di magia.
Matt ride appena, alzando le spalle. “Stai parlando con un demone, è naturale per me.”
Frank deglutisce, spostando poi lo sguardo da Matt a Johnny, come a cercare una risposta a tutte le sue domande negli occhi del più basso.
“Oh, non guardare me.” Johnny incrocia le braccia, scuotendo la testa. “Io sono un vampiro, non c’entro niente.” Dice, mettendo in mostra i lunghi canini candidi appena spuntati.
Riesce addirittura a farsi comparire le iridi completamente bianche, spettrali, e le pupille iniettate di sangue, ringhiando contro il ragazzo che a quel punto non può fare altro che scappare, con l’espressione più spaventata che Johnny avesse mai visto fare a chiunque.
Quando è già troppo lontano perché gli altri due possano vederlo, il demone torna al suo aspetto originale ed improvvisamente scoppia a ridere, seguito da Matt.
“Niente male, per essere una matricola.” Matt gli sorride orgoglioso e divertito, dandogli una pacca sulla spalla. “Per essere il tuo quarto giorno da demone stai andando fin troppo bene.” Dice, annuendo e si avvicina poi alla panchina più vicina, sedendosi e facendo spazio a Johnny.
“Carino il trucco dell’accendino.” Risponde lui, sorridendo divertito e Matt gli fa l’occhiolino, promettendogli che glielo avrebbe insegnato.
“Non spaventavo qualcuno da un sacco di tempo, è anche più divertente di quanto ricordassi. Da solo è una noia…” Matt sospira, appoggiandosi allo schienale della panchina.
“Non conosci altri demoni?”
“Centinaia di demoni. Ma, sai, non sono un granché. Tutti malvagi e disposti a fare di tutto pur di avere qualche stupida lode da James.”
Johnny annuisce lentamente, osservando il laghetto dove delle anatre nuotano indisturbate.
“Già, James.” Sospira, poggiando un gomito ad una gamba e sorreggendosi la testa con la mano.
“James cosa?” Matt si volta ad osservare Johnny, inarcando un sopracciglio. “Oh, no, conosco quello sguardo. Non mi piace, non mi piace per niente.” Continua, incrociando le braccia e lo scruta con un’espressione che è un misto tra il preoccupato e il contrariato.
“Cosa? Non ho detto niente.” Johnny si volta a guardarlo, confuso.
“Non doveva andare così…” Matt dice più a se stesso che all’altro, osservando un punto indefinito dietro Johnny con aria distratta. Poi, si ridesta dalla sua riflessione. “Ti stai innamorando di James, vero?”
Johnny sgrana gli occhi per la sorpresa, affrettandosi a scuotere negativamente la testa. Come gli è saltato in mente? Magari James li sta anche ascoltando ed ucciderà entrambi.
“Metà delle volte succede. Tu gli hai donato la tua anima, quindi lui è l’unico suo possessore. Gli unici sentimenti che puoi provare sono nei suoi confronti.” Matt spiega, sospirando, e gli poggia amichevolmente una mano sulla spalla. “Ascolta, Johnny, questo è molto importante. Non dargli troppa corda, ricordati che James è il Diavolo. Il male.”
“Matt, aspetta, io non ho detto niente.” Johnny tenta di spiegargli, interrompendo il suo discorso. “Non sono innamorato di James. Non lo sono adesso né lo sarò in futuro.”
Tutto questo gli sembra assurdo.
E poi, perché a Matt tutta questa situazione sconvolge così tanto? Se altre persone si sono già innamorate di James, perché proprio lui dovrebbe fare la differenza?
“Questo è quello che credi, ma io l’ho capito. Io lo chiamo “Lo Sguardo”, e tu ce l’hai. Lo sguardo di una persona innamorata, ma tu non hai un’anima, quindi puoi essere innamorato solo di Lui…” Matt sospira, passandosi una mano sul viso. “Sarà un disastro.”
“Non capisco dove sia il problema.” Johnny mormora, a bassa voce, esasperato e confuso più di prima.
“E’ complicato.” Matt sospira, scuotendo la testa.
Perché diavolo non gli viene mai spiegato nulla?
“Io torno a casa.” Johnny sbuffa, alzandosi dalla panchina. Vuole solamente esercitarsi da solo con la smaterializzazione e, anche se gli sarebbe piaciuto fare un altro po’ di conversazione, non avrebbe avuto senso restare lì a parlare di cose che lui non può neanche sapere
“Ti accompagno.” Matt si alza, infilando le mani nelle tasche dei jeans, e insieme escono dal parco, senza dirsi neanche una parola.
 
 
 
 
“Johnny, nuova anima al numero dieci di Goldenswert Street. Michelle Haner, capelli biondi, licenziata da poco, ha solo la madre e il fidanzato che la tradisce, fai in fretta.”
La voce di James rimbomba nella testa di Johnny per l’ennesima volta dopo quel mese in ufficio. Johnny si alza dalla sua sedia di pelle, dove era comodamente seduto, e con uno schiocco di dita si materializza nella strada dettata dal suo capo.
La vede, la presunta Michelle, seduta su una panchina. E’ sola, ha i capelli lunghi e biondi ed è vestita con un giubbotto di pelliccia e dei pantaloni piuttosto stretti.
La osserva da lontano, in un primo momento (gliel’ha consigliato Matt) per analizzarla e capire come muoversi, dopo di che si teletrasporta accanto a lei sulla panchina.
Ha imparato subito come cacciare anime e a dire il vero tutto quello lo diverte anche.
“Buongiorno.” Dice Johnny, mentre la ragazza sussulta dallo spavento, confusa dal fatto che fino ad un momento prima non c’era nessuno accanto a lei. Non risponde, limitandosi a sorridergli appena, voltando poi nuovamente lo sguardo di fronte a sé, come se non volesse avere niente a che fare con Johnny. Quest’ultimo la scruta con attenzione, lisciandosi le maniche della giacca del completo scuro, leggermente stropicciata dopo la smaterializzazione, sorridendole poi cordialmente.
“Aspetti qualcuno?” Chiede alla ragazza, che si limita ad annuire senza neanche guardarlo negli occhi.
“Il mio ragazzo.” Risponde, con voce decisa. “Quindi ti consiglio di andartene.”
“Non ci sto provando con te, dolcezza.” Johnny accenna una risata, alzando poi vagamente le spalle. “Anche se sai anche tu che il tuo ragazzo ti tradisce da quando vi siete messi insieme.”
Michelle si volta a guardarlo, le sopracciglia aggrottate ed un’espressione arrabbiata in volto. “Come ti permetti?” Dice, stavolta con tono infuriato ma anche triste, come se sapesse che in realtà Johnny non aveva torto.
“Ehi, calma. Non sono qui per farti arrabbiare, ma perché ho una proposta che sono sicuro accetterai.”
E’ inutile dire che Michelle, dopo che Johnny gli ha spiegato tutte le condizioni, sia scoppiata a ridere. Come si può credere ad una persona che dice di essere un demone e che promette alle persone fama e ricchezza?
Ma, toccando i giusti tasti, ricordando a Michelle la sua situazione familiare e sentimentale e che ha anche perso il lavoro da poco, la ragazza sembra avere qualche ripensamento.
Eppure non cede.
“Bene, Michelle.” Johnny infila una mano nella tasca interna della giacca, tirandone fuori un biglietto da visita nero e porgendolo alla ragazza, che non esita ad afferrarlo. “Se ci ripensi, sai dove trovarmi.”
Detto questo, Johnny si alza dalla panchina, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri ed allontanandosi lungo il marciapiede. Aspetta solo il momento in cui la ragazza lo fermerà (come tra l’altro è già successo molte volte, con tutte le persone che ha cercato di convincere) e lo pregherà di esaudire i suoi desideri.
Ed infatti, ecco che sente Michelle gridare “Aspetta!”, e Johnny si ferma, con un ghigno soddisfatto stampato sulle labbra.
 
 
 
 
Johnny è riuscito a recuperare ben sette anime in una giornata, ed oltre ad essere piuttosto soddisfatto di se stesso è contentissimo di poter uscire da quell’ufficio e fare quello che vuole per il resto della serata.
Così dopo essersi teletrasportato fuori (uscire dalla porta principale era troppo faticoso dopo quella lunga giornata di lavoro) cammina lungo il marciapiede per tornare a casa, con una sigaretta fra le labbra. Fuma tranquillamente, soprattutto adesso che sa che i suoi polmoni, per quanto neri e intrisi di catrame possano essere, non gli porteranno alcun problema.
“Dove vai?”
Chiede una voce accanto a lui, e Johnny si volta per osservare la figura di James comparsa dal nulla, come al solito, che gli cammina accanto. Senza stupirsi più di tanto, Johnny alza le spalle, tornando ad osservare il marciapiede di fronte a sé, gettando la sigaretta a terra ed infilando entrambe le mani nelle tasche dei jeans.
“Non ne ho idea.” Dice a bassa voce, troppo stanco per pensare ad una risposta come si deve.
“Forse ti sto stremando troppo.” James pensa ad alta voce, storcendo le labbra in una smorfia, per poi sospirare. “Ma sei uno dei demoni migliori che abbia mai avuto.”
Johnny accenna un lieve sorriso, sentendo il cuore battere più forte per un secondo, sensazione che non provava dal fatidico giorno del patto.
C’è un attimo di silenzio prima che James ricominci a parlare, con una domanda che Johnny non si sarebbe mai aspettato.
“Be’, quindi, come va con Matthew?” Chiede, con lo sguardo fisso sulla strada.
Johnny resta in silenzio per qualche secondo, dubbioso su dove James volesse andare a parare, poi alza le spalle. “Bene, suppongo… Siamo amici.”
Amici.” Ripete James, a voce un po’ più bassa, e Johnny sembra di percepire un tono infastidito nella sua voce.
“Amici.” Johnny dice ancora una volta, per rimarcare il concetto nel caso il Diavolo non avesse capito bene, e quando si volta a guardarlo vede, per la prima volta, qualcosa di umano nella sua espressione. Come se fosse triste o preoccupato.
Nessuno dei due parla per qualche minuto, e James non si decide ad allontanarsi. Johnny vorrebbe sapere cosa è venuto a fare.
“Matt me l’aveva detto che non ci saresti stato mai.” Dice a bassa voce, come se incerto su se parlare o no, continuando ad osservare il marciapiede davanti a sé.
“Ho miliardi di demoni, John, non posso essere ovunque allo stesso tempo. O almeno non con il corpo, solo con la mente.. Sai, sono Satana, non Dio.” Risponde con un’alzata di spalle, tornando alla sua solita serietà misteriosa.
“E perché sei qui, adesso?” Chiede Johnny, abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe da ginnastica che calpestano l’asfalto scuro.
James volta lo sguardo verso il demone, come se stupito dalla domanda, inarcando appena le sopracciglia ed osservandolo poi con un ampio sorriso. Johnny si volta a guardarlo a propria volta, confuso dalla sua espressione divertita, aspettando una risposta che non arriva.
“Dove stiamo andando?” Chiede James, e Johnny si passa una mano sulla nuca, frastornato dal suo cambio di argomento, facendo spallucce subito dopo.
“Avevo detto ai miei amici che li avrei raggiunti al bar.”
“Vorrà dire che stasera conoscerò i tuoi amici, allora.” Afferma, afferrando il polso di Johnny e schioccando le dita, scomparendo con lui in una nuvola di fumo.
 
 
 
 
“Hai intenzione di entrare vestito in questo modo?” Johnny gli dice quando si materializzano fuori all’entrata del Johnny’s, alludendo al suo solito completo nero giacca e camicia.
“Mi dà un’aria sofisticata, non trovi?” James sorride mentre apre la porta del locale, entrando e facendosi strada fra la folla mentre Johnny lo segue a ruota. Quest’ultimo nota Brian e Zacky seduti ad un tavolo poco lontano, e quello di spalle deve necessariamente essere Danny.
Johnny quindi supera Jimmy e li raggiunge, sorridendo quando i tre lo notano e lo salutano a gran voce.
“Ben tornato fra noi, testa di cazzo.” Brian sorride ampiamente, sollevando il proprio bicchiere di birra verso Johnny, prima di berne un sorso.
“Quanto ci hai messo?” Danny gli fa un po’ di spazio sulla panca di legno, dopo avergli battuto una mano sulla spalla.
Quando Johnny tira fuori la scusa di essersi addormentato, Zacky nota la figura di James che, in piedi con le braccia incrociate dietro Johnny, osserva la scena in silenzio. Il Diavolo sposta improvvisamente i suoi occhi ghiacciati su quelli di Zacky, sorridendogli leggermente con quel suo solito sorrisetto sghembo. Johnny nota lo sguardo che il Diavolo sta rivolgendo al suo migliore amico ed è decisamente inaccettabile, quindi decide di interrompere quel possibile tentativo di James di accaparrarsi nuove anime.
“Bene, ragazzi, lui è James. Un mio amico, conosciuto a lavoro.” Dice dopo aver battuto le mani una volta ed averle poi sfregate fra loro, facendo in quel modo risvegliare Zacky da quello stato di trance dovuto agli ipnotici occhi del Diavolo.
“Non osare toccare i miei amici.” Sussurra poi con tono minaccioso all’orecchio di James, che si limita a sussurrare a propria volta un “Altrimenti?” prima di porgere una mano a Danny e presentarsi. Fa lo stesso con Brian, lasciando per ultimo Zacky, a cui rivolge un sorriso ammiccante, che Brian non fa fatica ad interpretare.
E infatti si affretta a passare un braccio attorno alle spalle del suo ragazzo, tenendoselo stretto. Fa sempre così, quando vuole “marcare il territorio”. Vuole che si interpreti come un Zacky-è-mio-e-non-devi-toccarlo, e considerando che James è piuttosto affascinante ed ipnotico, può rivelarsi una minaccia. Ed è meglio chiarire le cose subito.
Johnny sospira, sedendosi accanto a Danny e lasciando un po’ di spazio anche a James, che di lì a poco comincia a parlare con i suoi amici del più e del meno, scatenando le loro fragorose risate ad ogni battuta. Anche Johnny ride, dopo aver finito il quarto bicchiere di whisky della serata, ma continua a studiare attentamente Zacky che sembra piuttosto preso dal ragazzo in giacca e camicia. Gli dà così fastidio che James stia rivolgendo le sue attenzioni a Zachary, che conosce appena, e non a lui che è – testuali parole – l’anima che bramava di più al mondo.
Così decide di allontanarsi, per non dover sopportare ancora il primo vero sentimento che prova da quando James l’ha trasformato in un demone, ma comunque un sentimento che non ammetterà mai di provare. Così si alza dalla propria postazione e si allontana verso il bancone del bar, con l’idea di chiedere qualche altro drink. Prima che possa arrivarci, viene raggiunto da James, che gli si ferma davanti con le mani puntate sui fianchi.
“Dove credi di andare, piccoletto?” Gli chiede, costretto ad alzare la voce a causa del gruppo musicale che suona sul palco poco lontano da loro.
“A bere.” Risponde semplicemente, cercando di sorpassarlo ma James lo blocca poggiandogli le mani sulle spalle, accennando una risata.
“Sembri arrabbiato.” Commenta, senza smettere di sorridere.
Come se non lo sapesse, Johnny pensa. James sa praticamente tutto quello che gli passa per la testa e Johnny odia il fatto che faccia finta di non averne idea.
“Lascia stare Zacky.” Si limita a dire, con tono fin troppo serio.
“Perché non vuoi che prenda la sua anima o perché non vuoi che me lo porti a letto?” James sorride in modo ampio e furbo, facendo scivolare le mani dalle sue spalle ai suoi fianchi, avvicinandosi poi all’orecchio di Johnny in modo da potergli sussurrare. “Una delle due cose accadrà stasera, sta a te la scelta.”
La sua voce, seppur sussurrata, gli rimbomba in testa ancora più forte, un po’ come quando gli parla attraverso il pensiero, facendolo rabbrividire dalla testa ai piedi.
“Non farai nessuna delle due cose.” Risponde il demone, seppur con tono incerto.
James allora si allontana dal suo orecchio, osservandolo attentamente con un sorriso divertito.
“Già, hai ragione.” Dice, sospirando poi lievemente. “Ma solo perché moriresti di gelosia in entrambi i casi.”
Johnny inarca le sopracciglia, accennando una risata sprezzante. “Perché dovrei essere geloso?”
“Perché sei innamorato di me.” James risponde semplicemente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Johnny inarca le sopracciglia, sgranando gli occhi per un attimo e balbetta qualcosa di incomprensibile, tentando di salvarsi dall’affermazione appena pronunciata dall’altro e che non pensava avrebbe mai sentito.
“Avanti, Johnatan.” James sorride ampiamente, avvolgendo intanto le braccia attorno alla vita di Johnny, che sente di perdere un battito. “Lo so che è così.” Dice a voce più bassa, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello di Johnny.
“Quindi, sii sincero con te stesso.” A quel punto James sta praticamente sussurrando a pochi centimetri dal suo viso, con il cuore di Johnny che batte all’impazzata come non era mai successo in vita sua, aspettando solo il momento in cui le loro labbra si sarebbero toccate. Ma allo stesso tempo sa che è sbagliato, il buon senso gli dice che non può innamorarsi del Diavolo, che potrebbe riprendere a soffrire come quando aveva un’anima.
Johnny si allontana di poco, giusto di qualche millimetro dalle sue labbra, senza riuscire a smettere di osservare gli occhi dell’altro, combattendo contro se stesso per cercare di resistere alla voglia di baciarlo.
“Oh, andiamo, non dirmi che non vuoi baciarmi.” James ride leggermente, costretto a chinarsi per riuscire a sfiorare le proprie labbra con quelle del ragazzo più basso, che balbetta qualcosa di vago e incomprensibile mentre il nodo allo stomaco gli impedisce di muovere un solo muscolo, troppo concentrato sulla sensazione del suo respiro caldo e delle sue labbra invitanti che non vede l’ora di assaggiare.
Vorrebbe davvero allontanarsi, sa che è sbagliato, ma d’altronde chi ha mai resistito alle tentazioni del diavolo?
In un attimo, le sue labbra e quelle di James si uniscono del tutto, ed è lì che Johnny perde totalmente la testa. La lingua di James si fa subito strada fra le labbra del demone, che lo afferra istintivamente per i fianchi, facendo scontrare i loro bacini.
Se il Male avesse un sapore, Johnny pensa, sarebbe sicuramente quello che la sua bocca sta percependo in quell’istante, mentre bacia le labbra del Diavolo. Sente tutto, il sapore del peccato, caldo e seduttore, sente la tentazione, il piacere, il potere, il vizio, la perfezione. Tutto in un vortice che gli fa abbandonare ogni controllo del suo corpo e della sua mente, entrambi così leggeri che è come se finalmente sentisse, percepisse la sua anima di nuovo. Ed è un sentimento che Johnny non sentiva da troppo tempo.
Quando si separano, James sorride leggermente, tirando le labbra in un piccolo sorriso sincero e quasi impercettibile, che lo fa sembrare agli occhi di Johnny molto più indifeso e dolce di quanto sembri. Johnny sorride a propria volta, forse un po’ troppo, ma non gli importa perché non vuole nascondere l’unico sentimento che prova da mesi.
Improvvisamente, però, lo sguardo di James si tramuta in uno preoccupato, come se qualcosa sia andato storto o come se si fosse pentito di quello che ha appena fatto. Liquida Johnny con un “Ci vediamo domani” e schioccando le dita scompare immediatamente, senza lasciare all’altro il modo di rispondere.
 
 
 
 
 
 
James è diventato improvvisamente strano. Non l’ha notato solo Johnny, anche Matt l’ha fatto e la cosa più strana è che non si fa neanche vedere in giro così spesso.
C’è un’atmosfera stranamente malinconica in quell’ufficio che non c’è mai stata, Johnny ne è certo, ma non ha voluto chiedere il perché. Sa che c’è qualcosa che non sa, ne è sicuro.
James non si avvicina neanche più a Matt se non è lui ad intraprendere una conversazione. Cosa che prima non succedeva, anzi, era esattamente il contrario, considerando che per quanto James potesse odiare i demoni, Matt era il suo “migliore amico”, ammesso che il Diavolo possa averne uno.
Non assegna neanche più tante anime a Johnny, che spesso si ritrova a giocare sulla sedia girevole del proprio ufficio, non avendo niente da fare.
Un lunedì qualunque, Johnny a fine serata decide di andare direttamente nell’ufficio del Diavolo. Non ce la fa più ad ignorare ciò che era successo meno di una settimana prima e vuole mettersi “l’anima” in pace. Percorre tutto il corridoio, prende l’ascensore, si aggiusta il nodo alla cravatta, digita l’ultimo piano ed aspetta di essere arrivato prima di bussare alla porta lignea ed imponente dell’ufficio di James. La voce inconfondibile dell’uomo risponde con un “avanti” parecchio annoiato, e Johnny spinge la maniglia della porta verso il basso prima di oltrepassarla ed entrare nella stanza, notando James seduto sulla sedia di pelle nera che si diverte a far roteare in aria qualche foglio di carta che stava andando a fuoco, con il solo ausilio del dito indice che segue movimenti circolari. Appena vede Johnny, stringe la mano a pugno e fa incenerire i fogli di carta, la cui cenere cade sul parquet della stanza e si dissolve in meno di un secondo.
“Che ci fai qui?” Chiede James con espressione indifferente, appoggiandosi allo schienale della sedia ed incrociando le dita delle mani sul ventre, scrutando la figura minuta di Johnny che si avvicina alla scrivania dietro la quale era seduto.
“Voglio parlare con te.” Il demone asserisce convinto, incrociando le braccia mentre osserva lo sguardo glaciale del Diavolo, che non accenna a scomporsi.
“Che cosa hai da reclamare, mh? Non sei abbastanza ricco? Non sei abbastanza immortale?” Risponde con tono cinico, inarcando un sopracciglio con fare annoiato.
“Perché ignori quello che è successo tra noi due?”
Johnny preferisce andare direttamente al punto e togliersi dal petto quella freccia dolorosa che porta con sé dal giorno in cui James l’ha baciato.
“Oh, per favore, John. Sono il Diavolo, posso permettermi di baciare chi voglio e quando voglio.” Dice, alzandosi dalla sua postazione e prendendo a camminare lentamente lungo la stanza con le mani dietro la schiena. “Non vedo dove sia il problema.”
Johnny sente un nodo alla gola stringersi così tanto da impedirgli di proferire parola, e forse è meglio così. E’ sicuro che se cominciasse a parlare scoppierebbe a piangere.
Non sentendo alcuna risposta, James si ferma e si volta a guardarlo, sospirando leggermente un attimo dopo. Si schiarisce la voce, prima di parlare nuovamente.
“Non funziona così, Johnatan. Non puoi innamorarti di me.”
Johnny prende coraggio e forza, e pensa che l’unica cosa che vale la pena di fare è sfogare tutta la frustrazione che ha in corpo. “Temo che sia troppo tardi.”
James a quel punto sembra leggermente preoccupato, forse un po’ triste. Riprende esattamente la stessa espressione che ha fatto dopo averlo baciato e prima di sparire.
“Devi dimenticare tutto.” Si limita a dire.
“Spiegami perché.”
“Perché io sono il Diavolo.”
“Matt mi ha detto che a volte succede, che un demone si innamori di te. Non capisco perché io dovrei fare la differenza.” Johnny mormora in modo quasi impercettibile, come se abbia paura di ascoltare la risposta. James scuote la testa, sospirando nuovamente e deglutisce, prima di parlare di nuovo.
“Perché io non mi ero mai innamorato prima.”
Lo dice come se lo stesse trattenendo da una vita ma sentisse il dovere di dirlo. E Johnny a quel punto pensa di non aver sentito bene, o di aver frainteso, o di essere improvvisamente impazzito, o tutte e tre le cose insieme.
“Sei innamorato?” Chiede, trattenendo un sorriso che minaccia di apparire sulle sue labbra. Ma James è così serio che non osa muovere un muscolo.
“Non fare lo stupido, lo so che hai capito.” Risponde l’altro, incrociando le braccia mentre osserva il demone di fronte a sé. “Sono sempre stato attratto dalla tua anima e quando l’ho avuta me ne sono innamorato. Ed è per questo che mi pento di averla presa, perché l’ho rubata a te. E io non posso innamorarmi, è contro i miei principi ed è contro tutto quello che ho sempre fatto. Non so cos’è l’amore, non lo so gestire, non è me. Dio è Amore, io sono Odio. Ora capisci il mio problema?”
Il bene e il male sembravano a Johnny così lontani, ma alla fine sono più vicini di quanto immaginasse. Perché le due cose non possono convivere?
“Quindi, rinunceresti all’amore per della semplice paura?” Johnny gli chiede con un’alzata di spalle. E’ come se improvvisamente si sentisse molto più grande e sicuro e James molto più piccolo e allarmato.
“Non lo so, John. Non posso rischiare di mandare il mondo a rotoli per te.” Dice, abbassando lo sguardo sul pavimento di legno e Johnny non può fare a meno di sospirare ed arrendersi. Si avvia verso la porta, senza dire altro, cercando di trattenere le lacrime che non pensava potesse più cacciare fuori, uscendo dalla porta e smaterializzandosi immediatamente fuori dall’ufficio.
 
 
 
 
James non si fa vedere per giorni. Non dà persino più ordini a Johnny, tanto che lui è costretto a restare in ufficio a giocherellare con le carte, oppure ad accompagnare Matt a caccia.
A Johnny non dispiace. Sa che rivederlo gli farebbe solo male ed è felice che il Diavolo sia così vigliacco da fuggire dai suoi stessi sentimenti. Ma allo stesso tempo gli manca, gli manca come l’ossigeno. Da quando le loro labbra si sono unite in quel bacio, niente è stato più come prima. Non aveva mai provato sentimenti così contrastanti e così forti in vita sua, nemmeno quando ancora possedeva un’anima.
Vorrebbe tanto togliersi la vita.
In quei giorni si sfoga con Matt. E’ l’unico modo che ha per dimenticarsi del Diavolo in qualche modo. Si può dire che Johnny “usi” Matt come ripiego per distrarsi dalla sua voglia di morire, ma in qualche modo il fatto che non abbia un’anima lo giustifica. Matt lo sa che tutti quei baci e tutto quel sesso sono per Johnny solo un passatempo, ma non se ne lamenta. Non prova nulla per il demone come non proverà mai nulla per nessuno.
“Siamo solo amici”, si ripetono ogni tanto l’un l’altro, e quando si trovano insieme fuori dal letto scherzano e ridono come se fossero amici per la pelle.
Intanto Zacky, Brian e Danny sono preoccupati per il loro amico, che vedono sempre più di rado ed ogni volta con un aspetto più cadaverico.
Zacky piange spesso, glielo aveva confessato Brian. Dice che ha perso il suo migliore amico, e non sa neanche il perché. Ma a Johnny non dispiace neanche un po’.
 
 
La cosa negativa dell’essere un demone è che il Diavolo è sempre lì a controllarti. Ma forse, nel caso di Johnny, è una cosa positiva.
Infatti, proprio un giorno in cui Johnny e Matt erano lì sul punto di baciarsi per la decima volta nell’arco della giornata, durante l’orario di lavoro (in cui, per inciso, Matt avrebbe dovuto andare a caccia), un forte e rumoroso tuono al di fuori dell’edificio costringe entrambi a separarsi. Sanno entrambi che è opera di James e non tardano a tornare ognuno al proprio lavoro.
Alla fine del suo turno, ormai già notte inoltrata, Johnny si dirige a casa propria. Percepisce una strana stanchezza, sensazione che non prova ormai da un po’. Si sdraia sul divano, osservando il soffitto mentre fuma distrattamente una sigaretta, non riuscendo a pensare ad altro che alle labbra di James.
Si sente a terra. Tutto ciò che vuole fare è uccidersi. Niente ha più senso nella sua inutile vita da demone, essere immortale è una piaga ignobile. Il suo cellulare squilla prima che potesse pensare a come dare fine alla sua vita.
“Pronto?” Risponde con voce flebile, tanto che si chiede se dall’altro capo del telefono fosse arrivata o meno.
“Johnny? Sono Brian. Devi assolutamente venire qui, c’è una cover band dei Pantera che è pazzesca.”
Il demone si alza dal divano, tenendo il cellulare attaccato all’orecchio, mentre si dirige verso la finestra. Scosta le tende, notando che aveva smesso di piovere.
“Ti raggiungo.” Fu la sua unica risposta, prima che Brian gli desse l’indirizzo del locale in cui si trovava.
Dopo essersi materializzato nel luogo dell’incontro ed aver fumato tranquillamente un’altra sigaretta, Johnny entra all’interno del locale, cercando con lo sguardo il suo amico. Lo trova appoggiato al bancone degli alcolici in compagnia di Zacky, con gli occhi coperti da un paio di enormi occhiali da sole.
“Va tutto bene?” Chiede Johnny dopo aver salutato entrambi. Non tanto perché gli importa della loro salute, ma perché trova piuttosto insolito che Zacky indossi degli occhiali da sole alle undici di sera.
“Zacky non si sente bene.” Brian risponde al posto del ragazzo, con un’alzata di spalle, alzando appena la voce per farsi sentire al di sopra della musica. Intanto, Zacky si tortura le mani con il capo chino verso il basso, come ad evitare lo sguardo del demone. C’è decisamente qualcosa che non va.
Johnny decide inizialmente di ignorarlo, dedicandosi a bere qualche birra in compagnia dei suoi amici. Ma Zacky è nervoso, non parla e si limita ad annuire ogni tanto e a rivolgere qualche sorriso a Brian. Johnny ha un terribile presentimento. Così, quando arriva Danny e si unisce al gruppo, cominciando a chiacchierare animatamente con Brian, il demone afferra per un braccio Zacky e lo conduce alla velocità della luce nel bagno del locale, e dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno, lo afferra per il colletto della camicia bianca e fa aderire la sua schiena alla parete fredda.
“Che cazzo hai combinato?” Gli chiede, con occhi infuocati, mentre osserva il ragazzo a pochi centimetri di distanza dal suo viso, che balbetta qualcosa di incomprensibile. Quando finalmente Johnny, senza aspettare una sua risposta, decide di togliergli gli occhiali da sole ed incontra il suo sguardo, si rende conto che tutti i suoi sospetti erano fondati. Le iridi di Zacky sono rosse.
Johnny si immobilizza sul posto. Lascia lentamente la presa sul ragazzo e gli occhiali che gli aveva rimosso cadono a terra con un rumore metallico. Fa un piccolo passo indietro per poterlo osservare con lo sguardo più deluso e spaventato che il suo migliore amico gli avesse mai visto fare.
“James mi ha promesso che la mia vita sarebbe migliorata.” Zacky spiega tranquillamente, mentre Johnny cerca di dare un senso a ciò che sta accadendo. Zacky sa tutto di lui. “Non voglio più soffrire.” Aggiunge, e Johnny si passa una mano sul volto, cercando di calmare l’istinto di materializzarsi immediatamente da James e prenderlo a pugni fino a quando non lo avesse visto sanguinare.
Gli occhi rossi di Zacky cambiano immediatamente colore, diventando di un giallo acceso. Johnny si ricorda quando all’inizio non riusciva a gestire il proprio corpo.
“Tu non ti rendi conto.” Johnny commenta, stringendo i pugni, cercando di trattenere tutto il suo nervosismo. “Non ti è bastato pensare a me per rifiutare la sua proposta? Pensi che io mi stia divertendo? Non lo vedi che sono diventato un inutile e misero corpo?”
Zacky resta in silenzio, sostenendo lo sguardo arrabbiato dell’amico, che sospira sconfitto. Con quale coraggio sosterrà la sua relazione con Brian? Quando il suo ragazzo si renderà conto di averlo perso, sarà troppo tardi.
Ma Johnny non vuole altre spiegazioni, non vuole sapere il perché di tutto questo, non gli importa più di nulla. L’unico briciolo di sentimento che possedeva ha perso la sua occasione di affermarsi.
“Vattene via.” Ringhia a Zacky, che non se lo fa ripetere due volte, e dopo aver raccolto gli occhiali da sole da terra, li indossa ed esce dal bagno.
Johnny si avvicina al lavandino, poggiando le mani sul marmo freddo e chiudendo gli occhi per qualche attimo, cercando di metabolizzare il tutto. Poi solleva lo sguardo ed incontra il suo riflesso nello specchio. E’ lì, in quel momento, che Johnny decide di uccidersi.
E’ ora di dare fine a tutto questo orrore. Detesta la sua immagine, il suo volto scarno gli fa quasi ribrezzo. E’ tutta colpa sua.
In un attimo di rabbia improvvisa, Johnny scaglia un violento pugno contro lo specchio, che si rompe in mille pezzi. Ignora totalmente la sua mano destra, che comincia a sanguinare, e si siede a terra, con la schiena contro il muro. Si porta le mani fra i capelli, maledicendosi di essere stato così stupido da aver accettato di vivere come un dannato. Afferra un pezzo di vetro caduto a terra insieme a tutti gli altri, e lo stringe con forza nella mano, fino a quando non prova dolore. Lo avvicina poi al polso, iniziando a martoriarlo come un pazzo. Non vuole sentire più nulla. Ha un forte giramento di testa, ma continua a tagliarsi ripetutamente la carne, da cui sgorga sangue a non finire, che gli bagna i vestiti e che finisce sul pavimento. Da quel momento va tutto a rilento. Sente il grido spaventato di un ragazzo, che era appena entrato in bagno, chiamare aiuto. La vista di Johnny comincia ad offuscarsi. Lascia andare il pezzo di vetro e chiude per un secondo gli occhi. Quando li riapre, il volto di James è a pochi centimetri dal suo e la sua voce gli arriva ovattata alle orecchie. E’ inginocchiato di fronte a lui e sta piangendo. Urla parole incomprensibili, che Johnny non riesce quasi più a sentire. Gli prende il viso fra le mani e fa combaciare la sua fronte con la propria, mentre continua a pronunciare la stessa frase, che Johnny finalmente riesce a comprendere.
“Non te ne andare, ti prego, non te ne andare.” Sta dicendo, con la voce rotta dal pianto. E’ disperato. Gli afferra le mani, ignorando il sangue che gli macchia il suo completo elegante.
Johnny alza lo sguardo verso tutte le persone che sono accorse ad osservare la scena. C’è anche Brian, che urla e cerca di avvicinarsi al suo corpo, ma viene fermato da alcuni ragazzi, che gli impediscono di interferire con ciò che sta accadendo. Zacky è immobile, imperterrito, ed osserva la scena con gli occhi spalancati. Danny non c’è. Sarà tornato a casa e non sa nulla di ciò che sta succedendo.
“Cazzo, Johnatan.” James impreca, senza lasciare la presa sulle sue mani, fredde ed impregnate di sangue.
Quando l’ambulanza arriva, pochi secondi dopo, Johnny ha già chiuso gli occhi.
 
 
 
 
 
 
 
La domenica mattina è sempre stato un giorno tranquillo per tutti.
Ma quando Johnny si sveglia su un letto di ospedale, con una flebo attaccata al braccio e una tunica bianca addosso, capisce di essere sfortunatamente sopravvissuto. Non è stato neanche capace di uccidersi. La sua vita è un fallimento.
Osserva oltre il vetro trasparente che lo divide dal corridoio, e nota Brian e Zacky profondamente addormentati, l’uno abbracciato all’altro, su una panchina. Probabilmente avevano aspettato tutta la notte che Johnny si svegliasse.
Ci vuole un po’ prima che si ricordi di quello che era successo la sera prima, e del volto piangente di James.
E, a dirla tutta, non si meraviglia più di tanto quando lo vede materializzarsi ai piedi del lettino di ospedale.
Il Diavolo ha un aspetto pessimo. Più pallido che mai, occhiaie scure sotto gli occhi spenti, capelli in disordine, aria stanca e degenerata, espressione triste. L’unica cosa che era rimasta uguale era il completo giacca e cravatta.
Nessuno dei due parla. James non dice una parola e Johnny non gli chiede perché si trovi lì. Dopo lunghi attimi di silenzio, James si decide a parlare.
“Sei una testa di cazzo.” Gli dice, con tono serio, ma un sospiro nostalgico viene emanato dalla sua bocca subito dopo. “Mi hai fatto prendere un colpo. Ho seriamente temuto che te ne saresti andato.”
“Hai preso Zacky.” Johnny mormora, con voce debole e roca. Non gli importava di cosa ha da dirgli, vuole solo sapere perché diamine gli ha fatto una cosa del genere. E’ ancora fottutamente arrabbiato.
“Tu non capisci. L’ho fatto per lui.” James afferma, sicuro di sé. “Avrebbe sofferto troppo nel cercare di starti dietro, senza che tu gli rivolgessi neanche la parola.”
Johnny resta in silenzio. Forse la colpa era più sua che di James.
Ma non ha le forze di avere un dialogo con lui, in quelle condizioni.
“Che cosa ci fai qui?”
Finalmente glielo chiede: è meglio chiarire subito come stanno le cose.
James sospira, passandosi una mano fra i capelli corvini mentre cerca di elaborare i suoi pensieri.
“Ascolta… Per quanto riguarda quella volta, non volevo trattarti in quel modo. Ma la mia natura non mi ha dato scelta.” Continua, prima di tornare in silenzio. Johnny non vuole le sue scuse, e non vuole riascoltare cose che ha già sentito e che gli hanno perforato il cuore per mesi interi.
Johnny non distacca lo sguardo dal suo: i suoi occhi sono ancora più ipnotici di quanto ricordasse, seppur spenti e velati. Ma non si decide a proferire parola.
“Non avevo mai provato sentimenti così umani. Passavo quasi ogni giorno nel tuo ufficio a guardarti, rendendomi invisibile in modo da poterti osservare di nascosto. E cazzo, Johnatan, non hai la minima idea di quanto tu sia bello.”
Johnny a quel punto inarca appena le sopracciglia, piacevolmente sorpreso da quella frase, e a suo malgrado si tradisce. Ogni altro tentativo di sembrare indifferente agli occhi di James sarebbe stato vano.
James accenna un leggero sorriso mentre lo osserva.
“Non riesco a guardare te e Matt per più di dieci secondi, prima che concentri la mia attenzione su altro per distrarmi. Tutti questi sentimenti mi stanno divorando dall’interno, e non sono mai stato così male. Mi pesa fare qualunque cosa, neanche le nuove anime riescono più a darmi sollievo. Solo tu potresti farlo. E ieri sono scoppiato. Quando ti ho visto in quelle condizioni, ho temuto di perdere la testa. Sarei impazzito se tu non fossi ancora qui con me.” Afferma, mentre osserva il demone.
“Stai cercando di dirmi qualcosa?” Cerca di suggerire, con un filo di voce, ancora incredulo da ciò che stava ascoltando dalle labbra di James. Quest’ultimo accenna a propria volta un sorriso, e sembra così indifeso che Johnny vorrebbe solamente metterlo a tacere e baciarlo.
“Io ti amo, Johnatan.” Afferma James in un mormorio, mentre il cuore di Johnny fa una capriola. Non riesce a credere che l’abbia detto sul serio.
“Il mondo è mio. Posso decidere io cosa farne, e non mi importa di ciò che potrebbe succedergli, se farlo porterebbe al non poter avere al mio fianco una persona meravigliosa come te. E… Se tu mi ami, come sostieni, allora accetta la mia proposta e prenditi ciò che ho da darti, una volta per tutte. Stai con me, per il resto dei tuoi giorni. Fatti amare da uno stupido immortale.”
“Uno stupido immortale.” Johnny accenna una leggera risata beffarda, sebbene non fosse mai stato così emozionato. Anche James ride, scuotendo appena la testa, ma ha ancora lo sguardo di chi aspetta la risposta che segnerà la sua esistenza.
“Vuoi davvero che stia con te, James?” Chiede il demone, a voce bassa, quasi con la paura di ricevere una risposta negativa. Odia il Diavolo così tanto che non c’è niente al mondo che desidera di più. Lo odia fino ad amarlo alla follia.
“Certo che lo voglio.” Risponde il Diavolo, mentre finalmente si avvicina per potersi avvicinare al suo corpo. Gli prende una mano, ancora debole e tremante, e la stringe fra le proprie. La avvicina alle proprie labbra e bacia la sua pelle pallida, sussurrando su di essa. “Non osare mai più farmi piangere.”
Johnny accenna una debole risata, prima che James gli si avvicinasse per lasciargli un dolce bacio sulla fronte. Proprio in quel momento, Vede dall’altro lato della vetrata Brian e Zacky, svegli, che sorridono ampiamente, sollevati nel vedere Johnny sano e salvo. Si abbracciano forte, e Johnny pensa che non ci vorrà molto prima che anche Brian cada sotto le grinfie di James. E glielo lascerà fare, perché sarà meglio per tutti.
A quel punto, James scompare, lasciando che i due amici entrino nella sala per poter finalmente abbracciare il loro amico sopravvissuto.
“Dio santo, Johnny!” Brian corre ad abbracciarlo, fregandosene altamente di fare attenzione alle flebo e al fatto che il suo amico non fosse ancora abbastanza in forze.
“Mi fai male, stronzo.” Risponde il demone, anche se si lascia intanto sfuggire una risata malcelata.
Zacky resta accanto al lettino, con le mani dietro la schiena, osservando i due abbracciarsi, e rivolge un occhiolino a Johnny, che ricambia con un sorriso lieve.
A quel punto Brian comincia a blaterare, alternando le ramanzine al “non sai quanto sono contento di vederti”, ma l’amico non lo ascolta sul serio.
Mentre ignora le parole di Brian, nota che dall’altro lato della vetrata c’è James, seduto sulla panchina del corridoio, che lo osserva. I suoi occhi ipnotici sono diabolici, cattivi, maligni, ma felici.
Si sorridono. E’ la fine del mondo, e la vinceranno insieme.

 

 
   
 
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