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Autore: Angel27    30/11/2015    0 recensioni
Cos'è meglio amare la persona sbagliata o aver il rimorso di non aver mai amato?
Con lei ho stretto un patto
Con lui ho scoperto cosa significa essere donna...e ho perso la mia anima.
Dal testo:
"Eppure ogni uomo uccide ciò ch’egli ama,
e tutti lo sappiamo:
gli uni uccidono con uno sguardo di odio,
gli altri con delle parole carezzevoli,
il vigliacco con un bacio,
l’eroe con una spada!
Gli uni uccidono il loro amore,
quando sono ancor giovani ;
gli altri, quando sono già vecchi ;
certuni lo strangolano con le mani del Desiderio,
certi altri con le mani dell’Oro;
i migliori si servono d’un coltello,
affinché i cadaveri più presto si gèlino." (Oscar Wilde)
"Lo sapevo..." sibilò con aria vagamente compiaciuta.
"Cosa?" ringhiai.
"La tua anima è nera quanto la mia."
dal testo: "Sai cosa fanno i serpenti quando puntano la loro vittima...-sussurrò sfiorandomi appena la pelle con le labbra- attendono...attendono...finché non scattano afferrando la preda per la gola!"
Genere: Angst, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE PER COMPRENDERE MEGLIO QUESTO CAPITOLO È NECESSARIO LEGGERE LA FLASHFIC “OGNI UOMO UCCIDE CIO’ CHE AMA”
Ciao a tutti!
Soddisfo la richiesta di Lady Evelyn Quaffolt ho scritto un seguito alla flashfic “Ogni uomo uccide ciò che ama”.
Ringrazio tutti da subito per l’attenzione e vi informo che questa sarà una raccolta di one-shot quindi non ci sarà un vero e proprio collegamento tra un capitolo e un altro. Non segue l'ordine di Avengers o Thor.
Detto ciò spero che vi piacerà mi auguro che me lo facciate sapere con un commentino.
Ah vi sfido a trovare alcune citazioni presenti nel brano, vediamo riuscite a scovarle!
A presto!
Angel27


Erano forse passate settimane o forse poche da quella sera a New York, al risveglio mi ritrovai in una camera da letto oserei dire regale e difatti poco dopo scoprii di essere “ostaggio” di quell’essere che riconobbi come il dio degli Inganni, Loki. I miei studi universitari mi avevano concesso un sapere generale e soddisfacente riguardo la mitologia norrena.
Certo era che avevo perso la cognizione del tempo, su Jotunheim notte e giorno si confondono e sembra che il tempo non passi mai.
Ero il suo passatempo, il giocattolo col quale si riscattava per la perdita di Midgard, difatti fu costretto a ritirarsi dopo l’intervento della squadra Avengers, peccato che la loro azione difensiva non comprendeva il recupero di questa povera anima su un pianeta di lande ghiacciate ed enormi puffi a due ante. Capitemi cerco di sdrammatizzare.
Quella sera arrivai al culmine, mi aveva istigata fino allo sfinimento vedendo la mia ostinazione nel resistergli. Sapevo perché non voleva utilizzare la forza, godeva nel far soffrire la sua vittima psicologicamente fino a renderla schiava del suo volere. Portava così chiunque ad accettare il suoi desideri o peggio ancora a bramare di essere sottomesso al suo volere. Ma io non intendevo arretrare di un solo passo, preferivo la morte!


Mi guardava insolente il ghigno non abbandonava le labbra sottili, un moto d'ira m'invase e non riuscii a reprimerlo. Con scatto felino gli fui addosso rimasi seduta sul suo petto mentre le mani al collo aumentavano la presa, digrignai i denti come una belva ferita se avessi avuto un briciolo di lucidità mi sarei vergognata di me stessa, più belva che donna.
Sarà stato l'istinto di sopravvivenza o la semplice provocazione del dio a infastidirmi al punto da ridurmi in quello stato, fatto sta che il ghigno sul volto per qualche istante svanì.
"Lo sapevo..." sibilò con aria vagamente compiaciuta.
"Cosa?" ringhiai.
"La tua anima è nera quanto la mia." A quelle parole la rabbia ingaggiò una lotta estrema con la ragione e la presa contro il mio volere si fece più lieve.
"Ammettilo hai costretto la tua indole aggressiva e subdola sotto la maschera della brava ragazza per rabbonirti le persone che ti circondavano. E ci sei riuscita eccome. Il tuo malefico intento seppur inconscio ha mostrato i suoi frutti, qualsiasi cosa tu dica o faccia loro ti seguiranno, ti ascolteranno, perfino morirebbero per te. La tua mancanza li ha portati alla follia…-sentii il sangue gelare nelle vene mentre una consapevolezza si faceva strada nel mio cuore- ma tu non puoi saperlo, giusto? Prima tuo padre, ti considerava la sua principessa per te avrebbe ucciso, ma alla fine è stato lui da dare la vita." un ghigno malefico si fece strada sul suo viso.
“Tu menti…” biascicai mentre il respiro si faceva sempre più pesante.
"Ma non ti è bastato...oh no. La tua anima oscura gridava ancora "sangue" e non ha tardato ad arrivare poco tempo dopo...si, la tua impudenza è costata la vita di tua madre."
"Finiscila!" la rabbia tornava feroce, il tono di voce assunse le sembianze di un ringhio, cominciavo a sentire strani sussurri rimbombare nelle orecchie.
"E alla fine tua sorella, l'ultimo segno vivente della tua famiglia..." concluse, aveva osato troppo.
"STA ZITTO!" il ruggito fu tale da far tremare le vetrate della camera, le mani stringevano spasmodicamente la testa nella speranza di risvegliarla da un incubo. Le loro voci dapprima piccoli sussurri divennero urla di scherno e dolore, gridai con quanto fiato avevo mi piegai su me stessa ma il dio non ebbe pietà alcuna, afferrò i miei polsi e ribaltò la posizione. Ora era lui che mi teneva inchiodata al pavimento col peso del suo corpo, le braccia sopra la testa anch'esse bloccate dalle sue mani. Capii che si era preso gioco di me fin dal principio, non ero stata nemmeno per un secondo una minaccia per lui, il ghigno era tornato malefico più di prima e colmo di uno scherno che feriva il mio orgoglio tanto da sopprimerlo. Presi a dimenarmi come un'ossessa nel tentativo di divincolarmi ma fu impossibile era come lottare con una statua di marmo, tu perdi forze e lei rimane lì a prendersi gioco della tua debolezza.
"Non potresti essere più simile a me." mi sussurrò chinandosi su di me tanto da solleticare col respiro il mio orecchio. Tentai di morderlo invano e lui scoppiò a ridere gettando indietro il capo.
"Sei davvero insolente lo sai..." non era una domanda questa volta si avvicinò alle labbra e, nonostante le mie resistenze, premette con forza le labbra gelide contro le mie, tentò di approfondire il bacio ma ne ricavò un morso al labbro inferiore, si allontanò di scatto.
Il suo volto si alternava tra il divertito e l'arrabbiato, mentre piccole gocce scarlatte coloravano le labbra sottili. Si portò una mano al labbro e constatò che effettivamente sanguinava, mi trapassò con lo sguardo glaciale e compresi di aver fatto una grossa stupidaggine.
"La pagherai..." disse poi con sorriso maligno.
Mi tirò su con malagrazia strattonandomi per i polsi, mi gettò sull’enorme letto con violenza tale da farmi impattare contro la spalliera in ferro, mi guardò famelico spogliandomi con lo sguardo ancora mi assalì quella sconosciuta sensazione di disagio. Pochi secondi ed era di nuovo su di me, questa volta la presa fu brutale e per domare la mia resistenza non si risparmiò ad usare il Seiðr. Le circostanze mi costrinsero a fermarmi così mi sentii come un coniglio che sa di dover morire, immobilizzata e arresa, almeno alle apparenze, al suo volere.
"Dimostri di essere ciò che pensano tutti." sputai velenosa, mentre mi baciava lascivo il collo.
"Ovvero?" mi chiese ghignando, interrompendo solo per un attimo la sua tortura.
"Un vile che si appropria con la forza di ciò che può facilmente sopraffare. Facile così eh? Dì la verità non hai mai combattuto per ciò che desideravi." esalai mentre mi torturava ancora con quei baci che mandavano piccole scosse, di quello che avevo timore di definire piacere, per tutto il corpo.
Alzò di scatto il capo con sguardo che mandava fiamme, forse avevo parlato troppo.
"Tu cosa ne puoi sapere? È facile giudicare un grosso libro dalla copertina perché troppo difficile da leggere secondo i superficiali!" si allontanò da me con uno scatto d’ira.
"Sei tu che rendi quel libro incomprensibile! Sei tu che ti ostini a voler governare un regno che non ha padroni!" risposi austera, sorrise di sbieco e non nascondo che ne ebbi paura.
"Io sono nato per essere un re!" ringhiò con occhi divenuti scarlatti.
"Forse, ma non della terra!" risposi a tono mentre lui irato si avviò alla porta.
"Vedrai..."sibilò lanciandomi un'ultima occhiata glaciale prima di sparire sbattendo l’enorme porta.
Camminavo su e giù per la stanza annoiata come non mai un armadio a due ante blu puffo mi aveva portato la cena, me ne fregavo, non avevo affatto fame volevo solo andarmene… tornare a casa. Al ricordo delle parole di Loki sentivo le lacrime pungere gli occhi, mentre pregavo che le sue fossero solo orrende menzogne. L’essere sola poi non mi aiutava di certo, avevo bisogno di sfogare quel dolore e rabbia, di gridare a qualcuno quella frustrazione che mi attanagliava.
Chi cavolo me l'aveva fatto fare di salvare quel vecchietto? Per una volta dovevo farmi gli affaracci miei!
'Vedi cosa succede a impicciarsi dei fatti altrui?'
Ah beh ci manchi solo tu!
'Scusa non ti sentivi sola'
No!
'Allora mi sopporterai ugualmente!'
Affatto già mi devo sorbire il pazzo squinternato ci manchi solo tu!
'Guarda il lato positivo non potrà impazzire oltre.'
Ma io si... risposi fissando la finestra in un moto di follia un'idea a dir poco sconsiderata attraversò la mia mente la spalancai mi infilai una pelliccia, trovata nell’enorme armadio in mogano, e via.
'Non oserai tanto!'
Scommetti?

Presi la rincorsa e mi buttai di sotto con slancio felino calcolando le distanze tra me e il suolo ricoperto di neve mi sarei certamente spaccata qualcosa ma lo preferivo alla prigionia. Vidi il mondo correre veloce e l'impatto fu tremendo oltre alla neve c'era una spessa lastra di ghiaccio che presi in pieno col braccio sinistro. Mi rigirai nella neve dolorante, fissando il cielo coperto da minacciosi nuvoloni neri e un'insana follia mi prese, forse per il trauma dell'impatto o per la prolungata clausura, iniziai a ridere come una folle. Mi rialzai gemendo per il dolore, sentivo le ossa intorpidite dal freddo e il braccio quasi certamente fratturato mandare fitte tremende. Fissai quel palazzo immenso e rabbrividii constatandone la grandezza, girai le spalle e cercai di mettere più distanza possibile tra me e quell'inferno.
Non fu semplice, ogni passo era un nuovo dolore che tirava all'estremo le poche forze rimaste, se prima mi sentivo un leone ora non riuscivo quasi a reggermi sulle gambe. Combattevo contro una tempesta di neve e il freddo tremendo toglieva il fiato. La neve bruciava la pelle, il ghiaccio feriva gambe e piedi oramai anch'essi congelati, il braccio, inoltre, sembrava non voler collaborare straziandomi con frequenti fitte. Quando oramai il palazzo non era altro che un puntino luminoso in lontananza le gambe cedettero e caddi a peso morto sul ghiaccio priva di forze, lasciai che la neve scavasse la mia tomba. Meglio morta che sua pensai chiudendo gli occhi, sperando nella pietà di un qualsiasi dio, mi lasciai poi avvolgere dalle fredde tenebre.

 

Mi risvegliai cullata da una profonda sensazione di benessere e un dolce profumo invase le mie narici, le membra sentivo chiaramente che posavano su qualcosa di soffice, ma gli occhi pigri non avevano la minima intenzione di aiutarmi a capire cosa fosse.
Finalmente con un grande sforzo li aprii e dopo qualche istante misi a fuoco l'ambiente circostante: le pareti in legno, il mobilio del medesimo materiale colmo di spezie, erbe e un leggero fuocherello che scoppiettava in un piccolissimo camino.
Una donna, dall’età non ben definita, sedeva ai piedi del letto aveva lunghi capelli bianchi raccolti in una treccia, la pelle blu rigata in alcuni punti da tonalità scure dello stesso colore, ricordava vagamente un felino. Il suo volto dai tratti gentili mi fissava sereno.
"Ben svegliata." iniziò felice.
"Dove sono?"chiesi con voce impastata dal sonno.
"Nella mia umile dimora al centro del bosco innevato. Il mio nome è Chione ti ho trovata priva di sensi al limitare del bosco. Hai dormito tre giorni." a quelle parole balzai a sedere.
"Tre giorni?!" le feci eco incredula.
"Esatto. Hai una frattura al braccio sinistro e ti ho trovata delirante per la febbre alta, è chiaro che non sei di questo mondo."  constatò, certo non ci voleva un genio per capirlo.
"No infatti, mi chiamo Karielle vengo dalla terra o come la chiamate voi Midgard." questa notizia doveva averla sconvolta perché balzò in piedi, con una strana luce negli occhi, prendendo a frugare in un vecchio baule. Ne estrasse una pergamena consumata dal tempo e me la srotolò davanti con un gran sorriso.
Vi erano incisioni e immagini raffiguranti giganti di ghiaccio e figure a me ignote, la guardai interrogativa.
 "C'è una profezia: quando una figlia di Eva sederà su trono di ghiaccio vincente, il regno del male finirà all'istante." la mia espressione doveva essere peggiorata, perché la donna sospirò delusa.
"Ovviamente non sai della profezia."osservò.
"No..." risposi confusa.
"Secoli fa vi fu una guerra tra Jotunheim e i nove mondi, Odino per punire l'insolenza di Laufey, padre di Loki nostro re, lo privò della Gemma dell'infinito, custodita nel Tesseract, che permetteva la vita nel nostro regno. Da quel giorno questa terra ha perso ogni forma di vita, molti Jotun sono morti per le difficoltà ad adattarsi al clima troppo rigido. Furono le Norne a giungere in nostro soccorso rivelandoci questa profezia, secondo la quale sarà una figlia del tuo mondo a salvarci." concluse speranzosa.
"E tu credi che sia io?" chiesi scettica quasi urlando.
"Non ne ho dubbi altrimenti gli dei non mi avrebbero permesso di salvarti." rispose sicura.
"No no no qui c'è un grosso malinteso. Io non sono capace di cuocermi due uova o di gestirmi il programma universitario figuriamoci se posso salvare un pianeta!" affermai gesticolando con la mano sana come una pazza.
Lo sguardo allibito e confuso di Chione mi costrinse a sospirare e spiegare tutto dal principio.
"Senti io non sono stata mandata dagli dei o da qualche mistico potere, semplicemente quel pazzo del tuo re mi ha rapita senza una ragione mentre voleva conquistare la Terra per passatempo! NON-SONO-QUELLA-CHE-CERCATE" conclusi scandendo le ultime parole.
Non vidi delusione o rassegnazione sul suo viso, semplicemente mi sorrise ed annuì riprendendo posto accanto a me sul morbido giaciglio. "Va bene allora .... penso sia il caso che ti riposi ancora un po', poi vedremo come fare per riportarti su Midgard."disse dolcemente.
Per un secondo mi sembrò che finalmente tutto cominciasse ad andare per il verso giusto, e sentii la speranza tornare a fare capolino. Ma mi sbagliavo...mi sbagliavo di grosso.

 

 

   
 
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