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Autore: Bill Kaulitz    02/12/2015    3 recensioni
All’improvviso però nel più totale silenzio della notte, si sentì un tonfo fortissimo provenire dall’altra parte del corridoio. Proveniva dalla stanza di Tom. Tom si fermò, rimanendo pietrificato. Bill sgranò gli occhi e deglutì.
‹‹L’hai sentito questo, vero?››
Genere: Commedia, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Incest
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C’È UN FANTASMA IN SOFFITTA!

‹‹L’hai sentito adesso? Hai sentito quel cazzo di rumore?›› disse Tom stringendo ancora di più la mazza da baseball che aveva fra le mani volgendo il suo sguardo terrificato al fratello.

‹‹Tom, non ho sentito niente. Sono le due di notte. Non rompere i coglioni.››

‹‹Il borotalco. Metti il borotalco tutto intorno al letto e sull’uscio della porta.›› con il braccio segnò tre cerchi immaginari per dare ancora di più il nesso di ciò che Bill avrebbe dovuto fare.

‹‹Borotalco? Ma che cazzo vai farneticando?››

A quel punto Tom abbassò la mazza da baseball e, con aria isterica, si avvicinò all’armadio del fratello ed aprì entrambe le ante.

‹‹Che stai facendo, Tom? Sei impazzito? Non mettere mani nella borsa della palestra.›› infuriato, Bill si alzò dal letto e si diresse verso Tom. Gli tirò un ceffone dietro al collo. ‹‹Hai rotto il cazzo con questa storia del fantasma. Non c’è nessun cazzo di fantasma in soffitta.››

All’improvviso però nel più totale silenzio della notte, si sentì un tonfo fortissimo provenire dall’altra parte del corridoio. Proveniva dalla stanza di Tom. Tom si fermò, rimanendo pietrificato. Bill sgranò gli occhi e deglutì.

‹‹L’hai sentito questo, vero?››

 

Quella mattina stessa.

Si erano trasferiti da poco in un nuovo quartiere di Los Angeles, ad Hollywood, e il trascolo era giunto finalmente al termine dopo un lunghissimo ed interminabile giorno. La nuova casa era molto più grande e spaziosa di quella precedente ed aveva una vista mozzafiato. Una grande prato inglese circondava tutta la villa.

‹‹Oh, Tom. Sono così felice della nostra nuova casa. Io prendo la stanza più grande.›› Disse Bill al gemello, precipitandosi al piano di sopra, nella sua nuova stanza. Si gettò con il viso sul cuscino sul letto a due piazze.

‹‹Ma cosa me lo dici a fare se ti sei prenotato la stanza prima ancora di vederla. Mi hai lasciato la più piccola e, per giunta, ho sopra la soffitta. Sai che io detesto la soffitta.››

Tom si poggiò allo stipite della porta con le braccia incrociate e osservò intensamente suo fratello.

‹‹Sono io quello che ha deciso di cambiare casa, così la stanza migliore va a me.›› Bill voltò lo sguardo vero Tom e si mise seduto sulle ginocchia. La sua stanza era di un ordine maniacalmente impressionante. Ogni piccolo accessorio, vestito, cianfrusaglie varie era al suo posto. Bill era un mago, nell’ordine.

‹‹Ancora non capisco perché non possiamo dormire nella stessa stanza o addirittura nel letto insieme. Quando eravamo più piccoli volevi sempre stare nel mio letto.›› sogghignò poi Tom avvicinandosi al letto e sedendosi accanto Bill. Lo guardò negli occhi e gli accarezzò delicatamente una guancia. Lui cercò ancora di più il contatto, stringendosi alla sua mano ancora più forte, per quanto fosse possibile.

‹‹Ogni tanto dormiremo insieme. Ma ricordati che non siamo sposati, Tom, né tanto meno fidanzati.››

‹‹Intanto ti fai scopare però.›› Tom scoppiò a ridere e, inevitabilmente, Bill gli tirò un forte pugno sulla spalla.

‹‹TOOOOOM! Fai schifo.›› indispettito si alzò dal letto, mentre Tom si lasciò cadere di schiena sul materasso continuando a ridere a crepapelle tenendosi lo stomaco. Ancora non sapeva che avrebbe riso ancora per poco.

*

Erano andati a farsi una passeggiata assieme al loro cane, Pumba. Il quartiere era bellissimo. Ville lussuose, piscine, vere e proprie regge. La gente era anche davvero molto socievole e simpatica. Il sole era tiepido nonostante fosse pieno inverno.

‹‹Ora capisco perché tutte le star vengono a vivere qui.›› disse Bill poggiandosi gli occhiali da sole sul naso. Si guardava attorno con fare hollywoodiano. Si sentiva già parte integrante della città.

‹‹Non pavoneggiarti troppo, Miss Diva Kaulitz. Sei solo l’ex cantante dei Tokio Hotel. Non sei Johnny Depp.››

Bill lo fulminò con lo sguardo e, punzecchiandogli il braccio, disse che si sentiva di più nelle vesti di Sarah Jessica Parker nel film Sex and the city. Tom si passò una mano sul viso e, scuotendo il capo disse che non sarebbe mai cambiato.

*

Quando tornarono a casa, ad attenderli dinnanzi la porta della loro villa, c’era un’anziana signora ben vestita. Aveva un vassoio piuttosto grande coperto con della carta stagnola. Bill si accigliò. Cosa diavolo voleva quella signora?

‹‹Salve! Lei è…››

‹‹Oh ciao. Voi sarete sicuramente i nuovi vicini. Io sono la signora Thompson, ma chiamatemi Odette.›› L’anziana signora porse loro la mano. I gemelli si guardarono per un istante, dopodiché sia Bill che Tom fecero spallucce e strinsero la mano piuttosto rugosa della signora.

‹‹Piacere, noi siamo i Kaulitz. Siamo fratelli.›› dissero all’unisono, omettendo di gran lunga che, oltre ad essere amici, erano anche…no, forse la parola ‘amanti’ era troppo esagerata. Diciamo che la loro relazione era piuttosto stramba, non c’era una classificazione vera e propria, ma se l’avessero fatto, potevano identificarsi come trombamici. Con la sola differenza però, che non erano affatto semplici amici.

‹‹Il piacere è tutto mio, ragazzi. Vi voglio dare il benvenuto nel quartiere. Ecco, ho fatto dei biscotti per voi.›› l’anziana porse loro la guantiera con i biscotti e Bill, sentendo l’odore, si leccò i baffi. ‹‹Cosa vi ha portato da queste parti?››

‹‹Noi veniamo dalla Germania, siamo tedeschi. Avevamo voglia di cambiare aria. Suonavamo in una band qualche anno fa, poi però ognuno ha preso la sua strada. La nostra è stata questa.›› affermò Tom con un tono di voce leggermente triste.

‹‹Questa è acqua passata però, ora siamo di nuovo felici. Siamo nel quartiere più bello del mondo e per di più abbiamo una casa fantastica. Oh, ma che maleducato…vuole entrare signora?››

Bill aprì leggermente la porta e, improvvisamente, la signora si volatilizzò dall’uscio per poi materializzarsi dall’altra parte delle scale.

‹‹Ehm…a dir il vero preferisco rimanere qui fuori…››

Inizialmente i gemelli non capirono. Si chiesero il motivo per il quale Odette non volle entrare in casa loro. Forse aveva paura che potessero derubarla o peggio, sequestrarla e chiedere una qualche forma di riscatto?

‹‹Signora, non mangiamo mica.››

‹‹No, no assolutamente. Non è per questo, figliuolo.›› accarezzò il mento di Tom e gli dette un pizzicotto sulla guancia. ‹‹Non…non vi hanno detto nulla su questa casa quando ve l’hanno venduta?››

I gemelli si guardarono stralunati ed entrambi scossero il capo. Odette sospirò.

‹‹Immaginavo…››

‹‹Cosa avrebbero dovuto dirci, signora Thompson?››

‹‹Questa casa è rimasta abbandonata per tanti anni. Se non erro quasi sei. Gli ultimi proprietari se ne andarono per disperazione. Ora però non voglio mettervi paura.››

I due cominciarono ad inquietarsi. Soprattutto Tom.

‹‹Si dice che, in soffitta, ci sia uno spirito. Uno spiritello piuttosto dispettoso. Non vuole nessuno in questa casa. È riuscito a cacciare via tutti quanti. Nessuno è mai riuscito a darsi una spiegazione logica perché nessuno ha mai avuto il coraggio di andare su in soffitta e vedere cosa ci fosse lì. Potrebbero essere delle dicerie, ma io abito da quasi vent’anni qui e posso assicurarvi che, questa casa, non ha mai avuto dei proprietari fissi per più di un mese. Ora ovviamente la voce si è estesa in tutto il quartiere e naturalmente nessuno vuole più venirci a vivere. L’hanno svenduta, messa all’asta, prezzi stracciati. Nessuno l’ha mai comprata.››

Tom si sentì morire. Il suo colorito, da roseo, divenne cereo e pallido. La mascella quasi li cadde in terra. Gli occhi da fuori e il cuore in gola.

‹‹F-f-fan-fantasma?›› balbettò lui. Aveva i peli delle braccia rizzati e cominciò ad essere scosso da una serie di brividi lungo la schiena. Un po’ come quando Bill gli faceva il rimming, ma la sensazione era decisamente diversa. ‹‹C’è un fantasma nella nostra soffitta?›› aggiunse poi, con voce ancora tremola. Si avvinghiò al braccio del fratello e lo scosse leggermente. ‹‹Hai sentito? C’è un fantasma in quella cazzo di soffitta ed è propria sopra la mia stanza. Non ci voglio dormire lì.››

Bill lo strattonò, scoppiando a ridere.

‹‹Cara signora, noi non crediamo più alle storie di fantasmi da un pezzo. Ci sono ben altre cose realistiche che ci spaventano.››

‹‹Parla per te, idiota. Io ho paura.››

‹‹Smettila di fare il bambino, Thomas.››

Tom si ammutolì all’istante. Quando il fratello usava per interno il suo nome, era un campanello d’allarme. Si stava innervosendo.

‹‹Figliuoli, io non ho mai saputo con fermezza di cosa si trattasse. Una cosa è certa però, nessuno ha mai comprato questa casa.››

‹‹Ci saranno ben altri motivi. La saluto adesso signora Thompson, grazie per i biscotti.›› le strinse nuovamente la mano e si congedò.

 

Quando richiusero la porta, Tom ebbe una sfuriata nervosa. Cominciò a fare il cacasotto e iniziò ad entrare nel panico.

‹‹C’è un fantasma in soffitta, Bill. Un cazzo di fantasma dei miei coglioni. Tu lo sai quanto io ci creda a queste cose. Ti ricordi quando andammo a vedere Paranormal Activity? Ricordi quanto mi sono spaventato? Non ho dormito per giorni.››

‹‹Ma se sei stato tu a costringermi a vedere quella cazzata colossale, Tom. Ogni notte inventavi la scusa che sentivi dei rumori per infilarti nel mio letto. Dico io, se mi vuoi scopare nel cuore della notte, non inventarti queste stronzate da adolescente credulone. Dimmelo e basta.››

Tom non rispose. Diciamo che la maggior parte delle volte non sentiva dei rumori ma era una scusa per potersi infilare nel letto del fratello, altre volte invece si lasciava suggestionare un po’ troppo.

‹‹Sei troppo credulone, Tom. Devi imparare a non prendere sul serio tutto ciò che dice la gente. Le persone inventano cazzate tutti i giorni. Tu devi solo imparare ad intuirle.››

Bill posò il vassoio dei biscotti e aprì famelico la carta stagnola. Venne invaso da un intenso profumo di biscotti al cioccolato, mandole e cocco. Ne afferrò uno e l’addentò. Ne prese tre nell’altra mano. Sembrava quasi uno scoiattolo con le guance piene di ghiande, per quanti biscotti mise in bocca in una sola volta. Erano così piccoli che uno alla volta era troppo poco.

‹‹Sei un animale, Bill. Allora è vero che la tua bocca è enorme. Nulla da togliere alla tua bella gola profonda.››

Tom prese a ridere, quasi strozzandosi con la sua stessa saliva ma, ovviamente, durò poco. Qualche istante dopo, Bill fece volare ad una velocità supersonica, il cucchiaio di legno, colpendolo dritto in testa.

‹‹AAAAAUCH! Ma dico, sei fuori? Cazzo, che male.››

‹‹Così impari a chiamarmi gola profonda. Cafone che non sei altro. Tu non sei da meno. Dovrebbero chiamarti pozzo profondo, altro che gola.›› disse con la bocca ancora piena di biscotti.

Nonostante il dolore che provò alla testa, Tom sorrise beffardo. Ne era valsa decisamente la pena.

*

Erano quasi le dieci e mezza e, dopo aver visto un film d’azione, Bill decise di andare a letto era davvero tanto stanco. Sbadigliò rumorosamente e si stropicciò gli occhi.

‹‹Beh Tom, io vado a dormire. Se tu vuoi restare un altro po’ sveglio fa pure. Basta che non fai rumore. Domattina devo alzarmi presto perché ho da fare dei servizi.›› si alzò dal divano in maniera goffa e estremamente svogliata. Avrebbe voluto che qualcuno lo trasportasse in braccio fino al letto. Un momento…

‹‹Mi porti in braccio fino al letto? Sono stanco ed assonnato. Non ho nemmeno la forza di alzarmi dal divano. Su coraggio papà Tom, prendi il tuo piccolo bambino in braccio.›› protese le braccia verso il fratello, ancora seduto sul divano, e con un tono di voce decisamente accattivante disse: ‹‹Voglio il bacio della buonanotte.›› Tom sapeva benissimo cosa Bill intendesse. Il suo bacio della buonanotte significava proprio quello. Voleva essere sbattuto per bene per una buona mezzoretta.

Tom sghignazzò e con aria maliziosa, si voltò verso il fratello e si avventò sulle sue labbra cominciando a succhiarle famelicamente. Cominciò a palparlo ovunque e sentì la pelle accapponarsi sotto il suo tocco.

‹‹Sei una fottuta checca, Bill.›› disse Tom ansimando fra un bacio e l’altro. I loro bacini cominciarono a strusciarsi e, lentamente, entrambi cominciarono ad eccitarsi.

‹‹Andiamo di sopra. Portami in braccio.›› sussurrò Bill all’orecchio del fratello.

‹‹E ti ostini ancora a non chiamarci amanti.››

‹‹Non siamo amanti, Tom. Non siamo fidanzati.›› proseguì lui continuando a baciare vogliosamente il fratello, infilandogli la lingua quanto più in fondo possibile. Tom l’afferrò per i fianchi e Bill avvolse le sue gambe attorno al bacino del ragazzo. Si aggrappò al collo e continuò a baciarlo, a leccarlo. Il desiderio accresceva sempre di più.

Tom lo trasportò su per le scale e aprì la porta della stanza del fratello con un leggero calcio. Si avvicinò al letto e si accasciarono entrambi. Tom fu subito in mezzo alle gambe del fratello che accolse la sua lingua per l’ennesima volta.

Tom era sempre stato pazzamente innamorato di lui; Bill invece era un po’ scettico. C’era da dire che provava una grande attrazione fisica per il fratello, da sempre, ma per quanto riguarda i sentimenti…lui sapeva benissimo che Tom l’amava più di ogni altra cosa. Anche lui l’amava, ma in un modo letteralmente diverso. Bill non voleva espandersi più di tanto. Aveva paura forse? Paura di cosa? Tom l’avrebbe amato per il resto dei suoi giorni, gliel’aveva detto lui stesso, un anno prima.

Ti amerò fino alla fine dei tempi, Bill.

Lui non gli aveva mai dato una risposta.

‹‹Fino alla fine mi farai impazzire, dannato fratellino.›› ansimò Tom fra un bacio e l’altro. Bill non rispose, ma ridacchiò sotto i baffi e lo strattonò ancora di più a sé. Intrecciò le gambe attorno ai fianchi del fratello e cominciò a spingersi contro l’erezione piuttosto evidente del fratello.

‹‹Andiamo Tom, lo so che mi vuoi fottere. Cosa aspetti? Fallo.›› spinse ancora di più il sedere contro il fratello e, da lì, tutto venne spontaneo.

*

Quando finirono, restarono poco abbracciati nel letto, dopodiché Bill cominciò a fare i capricci. Aveva sonno e voleva dormire. Spinse il fratello fuori dal letto.

‹‹Buonanotte, Tom.›› si accoccolò sotto il piumone, rannicchiandosi quanto più poteva.

‹‹Notte…amore.›› bisbigliò in maniera persino impercettibile a lui stesso. Ovviamente Bill non l’udì. Si morse il labbro inferiore. Avrebbe voluto passare la notte con lui, per una volta. Scrollò le spalle e si diresse verso la sua camera.

Cazzo. Quella maledetta camera.

Pensò Tom fra sé e sé. Non appena arrivò davanti la porta, deglutì. Aveva timore ad entrarvici. E se avesse udito un qualunque rumore? Sarebbe scappato in camera di Bill senza esitare.

Avvicinò l’orecchio e lo poggiò sulla porta. Nessun rumore sospetto. Con mano tremante, aprì la porta. La stanza era esattamente così come l’aveva lasciata. Deglutì di nuovo e entrò.

Si guardava attorno come se da un momento all’altro qualcuno o qualcosa gli saltasse addosso. Con un balzo saltò sul letto, infilandosi sotto il piumone e coprendosi fin sopra la testa.

‹‹Merda me la sto facendo addosso.›› piagnucolò. Non aveva affatto il coraggio di scoprirsi il volto. Dette una fugace occhiata alla sveglia posta sul comodino: 01:15

‹‹Adesso provo a dormire. Chiudo gli occhi e dormo.›› continuò a ripetersi. ‹‹Adesso mi metto a contare le pecore. Una…due…tre…quattro…›› arrivò quasi a mille centocinquanta, prima di addormentarsi. Quella tranquillità però, durò ben poco. Alle due di notte si sentì un tonfo così forte che lo fece sobbalzarle per lo spavento.

‹‹O santa madre divina.›› si mise seduto sul letto. Il cuore gli stava esplodendo dal petto. ‹‹Ehilà? C-c’è qualcuno?›› nessuna risposta. Si guardò attorno. ‹‹C-c’è qualcuno?›› bisbigliò di nuovo. Non ottenne nemmeno questa volta una risposta. Decise di cambiare tattica.

‹‹Se c-c’è qualcuno…b-batta due colpi…›› si maledisse milleuno volte. Non appena disse così, dopo pochi istante, sentì battere due colpi piuttosto forti provenire da sopra la soffitta.

‹‹AAAAAAAHHHH!!!›› cacciò un urlo così forte da perforare persino il timpano di un elefante. Si lanciò fuori dal letto, infilò la mano sotto di esso, afferrò la mazza da baseball e si precipitò nella stanza del fratello.

‹‹BILL, CAZZO BIIIIIIILL ALZATI! L’HO SENTITO. HO SENTITO IL CAZZO DEL FANTASMA. SVEGLIATI.›› Tom dette dei forti scossoni al fratello per farlo svegliare. Questi aprì gli occhi terrorizzato.

‹‹Tom, ma cosa cazzo vuoi. Sei impazzito per caso? E…perché hai una mazza da baseball tra le mani?››

‹‹L’ho sentito Bill. Ho sentito un rumore.››

Si piazzò davanti la porta della camera di Bill e alzò la mazza sopra la sua testa.

‹‹Tom, ti ho già detto che non  c’è nessun fantasma. Sono sole delle cazzo di favole. Trova una scusa più plausibile per dormire in camera con me.››

‹‹No Bill, tu non capisci. Ho sentito davvero un rumore che…›› un altro tonfo. Altri due colpi.

‹‹L’hai sentito adesso? Hai sentito quel cazzo di rumore?›› disse Tom stringendo ancora di più la mazza da baseball che aveva fra le mani, volgendo il suo sguardo terrificato al fratello.

‹‹Tom, non ho sentito niente. Sono le due di notte. Non rompere i coglioni.››

‹‹Il borotalco. Metti il borotalco tutto intorno al letto e sull’uscio della porta.›› con il braccio segnò tre cerchi immaginari per dare ancora di più il nesso di ciò che Bill avrebbe dovuto dare.

‹‹Borotalco? Ma che cazzo vai farneticando?››

A quel punto Tom abbassò la mazza da baseball e, con aria isterica, si avvicinò all’armadio del fratello ed aprì entrambe le ante.

‹‹Che stai facendo, Tom? Sei impazzito? Non mettere mani nella borsa della palestra.›› infuriato, Bill si alzò dal letto e si diresse verso Tom. Gli tirò un ceffone dietro al collo. ‹‹Hai rotto il cazzo con questa storia del fantasma. Non c’è nessun cazzo di fantasma in soffitta.››

All’improvviso però nel più totale silenzio della notte, si sentì un tonfo fortissimo provenire dall’altra parte del corridoio. Proveniva dalla stanza di Tom. Tom si fermò, rimanendo pietrificato. Bill sgranò gli occhi e deglutì.

‹‹L’hai sentito questo, vero?›› disse con voce tremante. Deglutì anche lui.

‹‹S-Sì.›› balbettò Bill, non girandosi per nessuna ragione verso la porta. E se avesse visto uno spirito maligno che voleva ucciderli? O che voleva risucchiare loro l’anima?

‹‹Voglio andare via, Bill.›› quasi si mise a piangere, tanto se la stava facendo sotto. ‹‹Se senti qualche cattivo odore sono stato io a cagarmi addosso.››

‹‹Smettila coglione. Dobbiamo andare a vedere.››

‹‹Cosa? Sei fuori di testa? Andare nella tana del lupo? Stai scherzando spero.›› sbraitò Tom afferrando il borotalco. Si alzò facendo leva sulle ginocchia e si incamminò in direzione del letto. Iniziò a cospargere il borotalco tutto intorno. Ne mise un po’ anche sull’uscio della porta, vicino le ante dell’armadio, cosparso un po’ dappertutto. 

Una nube di polvere bianca si levò in aria, non si vedeva quasi nulla. Gli occhi di Tom cominciarono ad arrossarsi e, inevitabilmente, cominciò a tossire.

Bill restò a fissarlo come uno stoccafisso. I suoi occhi erano sbarrati. Non sapeva di chi avere più paura adesso. Del fantasma, o di quel coglione del fratello. Se non l’avesse ucciso il demone, di sicuro sarebbe morto asfissiato per tutto il borotalco che stava respirando.

Ma se avessero visto delle impronte accanto al loro letto? Sarebbe stato capace di lanciarsi fuori dalla finestra. Era un primo piano scarso. Saranno stati tre metri e mezzo di altezza. Se la sarebbe cavata con una distorsione alla caviglia, se si fosse lanciato. Niente di irreparabile. Si alzò e si diresse verso la finestra, aprendola.

‹‹Cosa diavolo fai, Bill? Chiudi quella dannata finestra.››

‹‹Sto aprendo una via di fuga, deficiente. E poi guarda…›› indicò la stanza e tossì. ‹‹Sto facendo uscire un po’ di borotalco. Non si vede un cazzo.›› con le mani, spinse fuori dalla finestra la polvere che fluttuava nella stanza.

‹‹Se nel caso dovessi vedere delle impronte di qualche essere demoniaco che vuole impossessarsi di me, io mi lancio dalla finestra.›› ribadì poi, spalancando ancora di più la finestra. Il borotalco presente nell’aria cominciò a dissolversi.

Tom lo guardò accigliato. Bill aveva paura persino di salire su una sedia, figuriamoci di lanciarsi dal una finestra.

‹‹Ma se hai paura dell’altezza. Come pretendi di lanciarti giù da una finestra.››

‹‹Ho calcolato tutto quanto. Ti lanci tu e poi mi afferri. Se non mi dovessi afferrare, almeno atterro sul morbido.››

Il fratello lo fissò con gli occhi pari a due fessurine, così come la bocca.

‹‹Adesso non fare il cretino e vieni qui sul letto con me. Sta attento a non toccare il borotalco.›› Tom si accovacciò sotto le coperte, tenendo sempre salda la mazza da baseball. Era una scena pietosamente buffa. Come se si potesse picchiare un fantasma con una mazza da baseball. Bill si morse il labbro inferiore cercando di non ridere a quella scena tremenda. Sapeva sin da sempre che il fratello fosse un grandissimo cagasotto, ma vederlo in quelle condizioni era una delle scene più epiche e divertenti a cui avesse mai assistito. Era sporco di borotalco praticamente ovunque e, inevitabilmente, Bill scoppiò a ridere.

Si lanciò sul letto e cominciò a sbaciucchiarselo tutto.

‹‹Bill, ma cosa diavolo fai? Sei pazzo? Dobbiamo mantenere le nostri posizioni, non è il momento delle effusioni. Vieni qui, sotto le coperte assieme a me. Dobbiamo proteggerci.›› Bill sogghignò.

Così fece. Si accoccolò sotto le coperte assieme a lui. Fece in modo che il suo bacino toccasse perfettamente il sedere di Tom.

‹‹Okay, Tomi. Proteggimi.›› soffiò con malizia al suo orecchio, cominciando a strusciarsi contro il sedere del fratello.

Tom ebbe qualche piccolo brivido dietro la schiena ma, stranamente, rimase impassibile.

‹‹Bill, per favore. Devo stare attento se sento dei passi o dei rumori strani. Fa il bravo.››

Bill si imputò. Strinse ancora di più il fratello fra le sue braccia e di conseguenza, la sua erezione si fece inevitabile. Sogghignò. Cominciò a strusciarla contro Tom, prima piano e poi leggermente più veloce. Cominciò ad ansimare.

Ovviamente, anche Tom involontariamente, cominciò a strusciarsi contro Bill spingendo il sedere indietro. Bill sorrise maliziosamente e cominciò a farlo con più forza.

‹‹Andiamo…amore. Proteggi il tuo bambino.›› ansimò mordendogli l’orecchio. Tom a quel punto scattò come una molla girandosi, dimodoché potesse guardare Bill negli occhi.

‹‹Che si fotta il fantasma. Lasciamo che si goda lo spettacolo.››

Gettò la mazza da baseball sul pavimento ed iniziò a baciarlo con foga e con avidità, facendo passare i capelli fra le dita. Si posizionò immediatamente sopra di lui e prese a mordergli il collo, lasciandogli qualche piccolo segno.

‹‹Non gridare quando inizierò a scoparti.›› gemette poi il fratello, riempiendo di baci e morsi il collo diafano di Bill. Lui non rispose, si lasciò sfuggire un ansimo un po’ troppo forte.

‹‹Shhh!›› gli mise una mano sulla bocca. ‹‹Ti ho detto di non fare rumore, Bill.›› iniziò ad abbassarsi il pantalone del pigiama. Aveva sempre avuto l’abitudine, sin da piccolo, di non usare i boxer, quando dormiva.

Bill iniziò a leccare il palmo della mano, dopodiché lo morse leggermente.

‹‹E tu lascia che senta tutto quanto. Mi chiedo se saremo noi ad abituarci ai suoi rumori, o lui ai nostri.›› sorrise con malizia e copiò il fratello, chinandosi i pantaloni. Intrecciò le gambe al bacino di Tom e le braccia attorno al suo collo. Afferrò i suoi capelli e lo tirò verso sé. ‹‹Adesso fammi urlare come puttana, Tom.››

‹‹Sporco e veloce?››

‹‹Facciamo sporchissimo.››

Tom si morse il labbro inferiore in prossimità dei piercing.

‹‹Sei un maledettissimo porco, Bill.››

‹‹Non credo ti dispiaccia questa mia indole, non trovi?›› strattonò con una leggera forza i capelli del fratello costringendolo a gettare il capo all’indietro e mettendo in bella mostra il pomo d’Adamo.

‹‹Adesso ti farò implorare di farmi smettere.›› ringhiò poi Tom liberandosi dalla presa poco salda del fratello. Si avventò contro le sue labbra e, da quel momento in poi, nella stanza si udirono solo le urla e i gemiti di piacere di entrambi.

 

La mattina stessa, dopo aver fatto colazione, Tom andò a lavoro mentre Bill restò a casa. Non doveva fare alcuna commissione o servizio, era solo una fottuta scusa.

Era decisamente terrorizzato. Non si udivano rumori strani, né tanto meno c’erano oggetti che svolazzavano in giro.

Il silenzio era terribilmente sinistro e poco confortante. Decisamente. Non resistette più di mezz’ora senza Tom. Prese le sue cose e, con il cuore in gola, lasciò l’appartamento. Avrebbe inventato qualche commissione da fare.

Dopo aver percorso qualche metro, afferrò il suo I-Phone e chiamò Tom.

Sì?

‹‹Sono uscito di casa. Mi stavo letteralmente cagando addosso.››

Hai sentito qualcosa? Qualche rumore strano?

‹‹A dir il vero no, Tom. Ed è proprio per quello che mi sono terrorizzato. Il silenzio era maledettamente angosciante. Ho preferito uscire.››

Va bene, tesoro.

‹‹Non chiamarmi così.››

Così come?

‹‹Tesoro. Non sono la tua mogliettina.››

Fino a ieri non ti lamentavi però.

‹‹Ma non chiamarmi così.››

Va bene, Bill. Comunque appena torno a casa devo mostrarti una cosa. L’ho letto poco fa su internet.

‹‹Di cosa si tratta?››

Possiamo metterci in contatto con questo spirito.

‹‹Scordatelo. Non faccio quelle cazzate con la tavola ouija o con il bicchiere.››

Tanto lo spirito sta già in casa. Non dobbiamo invocare nessuno. Quando torno ti spiego tutto quanto. A dopo, Bill.

‹‹Okay, Tomi. Ci sentiamo.››

Chiuse la telefonata. Restò a fissare lo schermo del suo cellulare per qualche istante. Come sfondo aveva la foto di Tom. Ovviamente lui non lo sapeva. Sorrise involontariamente baciando lo schermo.

‹‹Ti amo coglione. Da sempre.›› sussurrò poi, come se lo schermo potesse sentirlo.

Ripose il cellulare nella tasca e decise di andare a farsi un giro al parco e godersi un po’ il sole.

*

Erano le sette di sera quando Tom tornò a casa. Bill era stracontento di vederlo. Durante tutto il pomeriggio, non aveva sentito assolutamente nulla. Iniziò a pensare che lo infastidisse la presenza di Tom

‹‹Ciao, Bill. Tutto okay? È successo qualcosa?›› Tom appese il suo cappotto sull’appendiabiti e diede un bacio al fratello. Bill scosse il capo.

‹‹Cosa devi mostrarmi?››

‹‹Vieni, siediti.››

Tom gli prese la mano e lo fece accomodare sul divano. Prese il suo cellulare e andò su internet. Gli mostrò la ricerca che aveva effettuato. ‘Come mettersi in contatto con gli spiriti. Tavola ouija’

Bill si retrasse subito.

‹‹Ti ho già detto che non voglio fare quella cosa, Tom. Ho paura. E se si rivoltasse contro di noi? E poi credo che il fantasma ce l’abbia con te. Non ho sentito nulla per tutto il giorno.››

‹‹Non vuol dire niente, Bill. Io voglio mettermi in contatto con lo spirito. Faremo con il bicchiere. È semplice. Basta mettere tutte le lettere dell’alfabeto in cerchio, sul tavolo, e fare delle domande. Voglio sapere cosa vuole.››

Lui era alquanto scettico. Storse il naso e scosse il capo.

‹‹Non lo so, Tomi.››

‹‹Ehi, non ero io il cagasotto qui?››

‹‹Sì, okay, ma non so. Conosco cosa succede se fai la tavola ouija.›› si strinse nelle spalle e portò le ginocchia al petto.

‹‹Quel film è una stronzata, Bill. Non accadrà nulla di male.››

‹‹E va bene. Ma se dovesse succedere qualcosa, io me ne vado. Subito. Immediatamente.››

Tom sorrise e gli baciò il naso teneramente. Bill non si smosse. Si pulì il naso e lo guardò con occhi fulminei.

Tom iniziò a preparare dei cartoncini per terra, mettendo in cerchio tutte le lettere dell’alfabeto e, in più, aveva messo dei cartoncini al centro con scritto ‘si’ e ‘no’. Bill invece era andato in cucina per prendere un bicchiere di vetro.

Si sedettero sul pavimento, uno di fronte l’altro con le gambe incrociate. Entrambi avevano una gran fifa.

‹‹Sei pronto?›› disse poi Tom mettendo un dito sul bicchiere.

‹‹No che non lo sono, idiota. Non voglio fare questo gioco.››

‹‹Sbaglio eri tu quello che non ci credeva?››

‹‹Piantala di ripetermelo.››

Tom sghignazzò e, deglutendo in silenzio, fece la prima domanda all’entità che infestava la loro casa.

Prese un profondo respiro ed inspirò.

‹‹Sei qui con noi? Rispondici.››

Restarono in silenzio per un po’. Il cuore di entrambi stava battendo all’impazzata. Bill stava tremando come una foglia. D’un tratto il bicchiere si spostò velocemente sul ‘sì’

Tom cacciò un urlo, allontanando le mani dal bicchiere.

‹‹Che cazzo Bill. Non fare scherzi del genere.››

‹‹Io? Sei tu che hai mosso il bicchiere, idiota. Io non ho fatto nulla.››

Tom lo fulminò con lo sguardo, dilatando le narici. Obiettivamente, che motivo c’era di muovere il bicchiere. Si rimise composto e poggiò nuovamente il dito sul bicchiere.

‹‹Come ti chiami?››

Il bicchiere cominciò a muoversi con fluidità. Tracciò cinque lettere. ‘E’ ‘M’ ‘I’ ‘L’ ‘Y’

‹‹Emily? Quanti anni hai?››

Pronunciò poi Bill. Cominciò ad interessarsi a questa cosa. Non era poi spaventosa. Il bicchiere si mosse verso due numeri. Segnò 15.

Tom deglutì.

‹‹Vuoi…vuoi farci del male?››

‘No’

‹‹Cosa vuoi da noi?››

‘Voglio che ve ne andiate. Adesso.’

Bill e Tom cominciarono a spaventarsi leggermente. Quella conversazione non era più così tanto piacevole. Il fantasma voleva che se andassero.

‹‹Questa è casa nostra, adesso. È bene che tu impari a convivere con altra gente. Non daremo fastidio a te, se tu no ne darai a noi. Non farci chiamare un ‘Ghostbuster’›› disse poi Tom, serio. Lo spirito, presumibilmente infastidito, cominciò a far sbattere porte e ad accendere e spegnere delle luci. Tom urlò come una femminuccia. Bill provò a restare calmo.

‹‹Calmati, Tom. Così fai il suo gioco. Allora senti, Emily, questa adesso è casa nostra. Possiamo convivere insieme a te, o senza di te. Noi non andremo via da questa casa. Non puoi cacciare tutti, facendoli spaventare. Sei solo una ragazzina. Non puoi comportarti in questa maniera. Che razza di insegnamento ti hanno dato i tuoi genitori?››

Bill cercò di pronunciarsi in maniera piuttosto dura e autoritaria. Non sapeva nemmeno lui cosa stesse facendo. Se la stava letteralmente facendo nei pantaloni ma, almeno in parte, provò a non darlo a vedere.

‹‹Dove sta Tom era la tua camera? Non vuoi che nessuno entri lì dentro? Bene. Se vuoi chiudiamo quella stanza, apparterrà a te, per sempre; ma sappi che non ci caccerai via da qui.›› continuò puoi, usando sempre un tono piuttosto deciso.

Improvvisamente, tutto tacque per dei svariati minuti. I gemelli si guardarono per pochi istanti. La tensione era alle stelle. D’un tratto la porta della camera di Tom, dapprima spalancata, si chiuse con un tonfo. Colti alla sprovvista, sobbalzarono, urlando. La risposta però, era chiara. Lo spirito aveva accettato.

‹‹S-se n’è andata?›› balbettò Tom, tenendo sempre le mani sul bicchiere. Bill annuì lentamente e si alzò in piedi facendo leva sul ginocchio destro.

‹‹Credo che dovremmo sgomberare la tua stanza.››

‹‹…e dove dormo?››

Bill lo guardò come se avesse appena detto una grandissima stronzata. Schioccò la lingua.

‹‹Se vuoi dormire per strada per me non ci sono problemi. In alternativa c’è la mia stanza. Con un letto matrimoniale. A te la scelta.››

Sul volto di Tom si dipinse un sorriso a trentasei denti. Non poteva essere più felice di così.

‹‹Sai cosa penso, tesoro?›› disse poi.

‹‹Non chiamarmi così. Comunque non mi interessa saperlo.›› proseguì poi Bill, iniziando a togliere di mezzo la tavola ouija provvisoria.

‹‹Ed io te lo dico lo stesso.›› insistette poi il gemello, aiutando Bill a sgomberare il tutto. ‹‹Dopotutto, non è poi così male convivere con un fantasma.››

‹‹Fottiti.››

   
 
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