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Autore: Arkwind    02/12/2015    1 recensioni
Lotte, scontri, violenza all'ultimo sangue per il compiacimento di uomini sadici. E'questo il mondo dei Pokémon? L'avventura di Alethes è una rilettura dell'amatissima serie che ha accompagnato il cammino della nostra infanzia in una chiave più matura e forse quasi eccessiva dal punto di vista del realismo. Il giovane sedicenne attraversando la regione di Unima per far luce su un incubo che caratterizzerà la sua infanzia verrà a contatto con le realtà più terrene della regione censurate in ogni edizione delle tradizionali storie tanto amate.
Sapros, la minaccia del sistema perfetto; una lotta del bene contro il male oppure il contatto fra due opinioni differenti?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Anime, Videogioco
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-Ciao piccolo bambino, che succede? Ti sei smarrito nella selva?
Un vecchio suono gracchiante interrompe il silenzio oscuro.
Dove sono, perché mi trovo qui?
-Non temere tesorino, non voglio farti del male.
Il bosco è fitto, i sottili aghi delle gimnosperme feriscono il cielo del crepuscolo
Chi è la persona che mi sta parlando? Cosa vuole? Devo correre, devo scappare da qui!
-Vieni con me, starai al sicuro...
I tronchi delle conifere secolari sembrano un nero muro, giganti di legno di un altro tempo.
Ho paura, una terribile paura, il cuore è a mille, che succede? Voglio tornare a casa!
-Con me starai bene, mi prenderò cura del tuo dolce corpo caldo.
Nulla, solo un oscuro ostacolo attorno a me, provo a muovere i piedi per girarmi attorno.
Sono fermi, immobilizzati.
Non trovo la forza di guardare in basso.
-Avanti tesoro, non ho tempo da perdere, vieni con me...
Un sogghignare assordante si diffonde nell'angosciosa atmosfera.
Guardo per terra, dei rampicanti si stringono sempre più attorno alle mie gambe paralizzandomi.
Una terribile risata gela la mia anima intimorita.
-Piccolino, non puoi fuggirmi. Siamo soli. Io e il tuo dolce corpo.
Sento delle lacrime sgorgare dagli occhi.
Non ho la forza di lasciar vibrare le mie corde vocali, singhiozzo silenziosamente.
Sento una mano vecchia e ossuta accarezzarmi la guancia, è gelida, sento che la carezza non è per confortarmi, ma una scusa per toccarmi.
-Oh, sì mio dolce esserino, sei così buono.
Ho paura, ho una maledetta paura, voglio tornare a casa, solo la mia mamma può toccarmi in questo modo, voglio la mia mamma, voglio che mi coccoli e mi canti ancora una canzoncina.
Le mie lacrime cadono a terra, piccoli diamanti che si infrangono al suolo.
-Avanti piccino... vieni, vieni, vieni...
Non riesco a trattenermi, sento la paura invadere ogni mia singola membra, sento di perdere il controllo del mio corpo, tutto sembra farsi confuso, quasi ovattato, il ritmo del mio cuore diviene l'unico suono da me percepito, i contorni perdono la loro forma già evanescente.
Poi il delirio, mi sento scosso dai singhiozzi, lacerato dal terrore, affogato dalle lacrime. Urlo.
-Stai zitto!
Non capisco cosa accada, ma sento ancora una mano, la stessa mano terribile che prima ha tastato la mia morbida guancia. Questa volta è ancora più dura e più fredda, la carezza diviene un ceffone e io cado a terra.
Vedo una nera figura ingrandirsi nel mio campo visivo.
La sento ridere terribilmente, vedo i suoi occhi rossi nutrirsi della mia paura e della mia miserabile condizione. Sono a terra, i piedi legati, è ormai notte e ho perso la strada di casa.
-Mia dolce preda... avrei voluto condurti a casa mia, ma le circostanze sono propizie ad adempiere in questa piccola radura splendidamente tetra il mio volere.
Quasi non capisco, sto tremando, la guancia schiaffeggiata brucia, come se fosse stata ferita.
-Che cos'è che distingue voi bastardi umani da noi gloriosi Teleios?
Io tremo e mi sento fissato
-Dimmelo, cane!
Un grido terribile.
Sento un calcio violentissimo nello stomaco, percepisco del vomito uscire dalla mia bocca, il sapore dei succhi gastrici mi dà la nausea.
-Non lo sai sudicio?
Un altro calcio mi fa quasi perdere i sensi, non ho nemmeno più la forza di piangere, sono solo devastato da terribili brividi.
-Te lo dico io schifoso: è il sangue.
Non capisco nemmeno di cosa stia parlando, ho semplicemente perduto il senno
-Vediamo se sai ragionare sporco essere, che voglio fare io?
Tremo, tremo soltanto, nemmeno comprendo quanto mi ha detto.
La mano che mi ha colpito si appoggia ora sulla mia bocca, mi stringe le guance.
-Quella tua bocca da verme è inutile, meglio che tu la perda.
Un cazzotto violentissimo mi arriva dritto sul labbro inferiore, sento un dente staccarsi, sulla lingua si diffonde un forte sapore ferroso di sangue e ne sputo in gran quantità.
Un'altra risata
-Non lo trovi ironico? Tu sputi il sangue, io a breve mi nutrirò del tuo!
Vengo sballottato quà e là quasi privo di coscienza, mi ritrovo supino nella radura con le mani e i piedi stretti dai rampicanti.
-Oh, quanto è bello il tuo giovane corpo, com'è caldo, chissà che ottimo sapore avrà il gustoso liquido al suo interno.
Sono passivo, inerte alla sua volontà, lo schiaffo, il cazzotto e la paura mi hanno privato completamente di razionalità.
Con le sue due vecchie mani tasta nuovamente la mia faccia, poi le sento scendere, sul collo, sulle spalle, le percepisco sfiorare una ad una le mie costole, poi ancora più in basso, sulla pancia, fino all'ombelico.
Qualcosa di gelido che perme sul ventre mi paralizza, deve essere una sorta di lama.
Un gesto fulmineo e la mia maglietta viene lacerata dall'arma, rimango a torso nudo, vedo il mio torace muoversi affannosamente su e giù.
-Mio dolce bambino, siamo alla fine purtroppo per te...
La figura nera indistinta avanza ancora verso di me, il freddo coltello argenteo brilla nella notte nera.
L'essere è terribilmente maestoso, la personificazione dell'imponenza e della paura.
Di nuovo la lama gelata si avvicina lentamente al mio corpo e sfiora il cuore che batte all'impazzata, tremo e mi fa male la pancia per l'ansia.
-Addio, verme!
Il luccichio della lama sale per un istante nel cielo, le braccia della cosa oscura sono protese verso l'alto
-Muori!
Per un istante sembra ritornare la mia voce, mi sento conscio di ciò che sta per accadermi, vedo la morte accanto che mi sorride, la paura ritorna nel suo colpo finale.
Urlo con tutta l'anima.
Il coltello scende fulmineo e sento il mio torace trapassato e il cuore trafitto.

-Aaaaaaaaaaaah!
Continuo ad urlare, mi agito, mi dibatto e mi divincolo, il petto brucia come fosse fatto di fiamme, null'altro posso capire.
Non riesco a cessare la mia crisi, ben presto sento il mio corpo in preda agli spasmi, per un istante sento il vuoto, poi di nuovo la terra e mi sembra di sbattere la testa.
Mi raggomitolo su me stesso, i singhiozzi sono scariche elettriche che mi attraversano costantemente.
Urlo ancora, ancora e ancora, la gola brucia, ma io urlo, il petto è fuoco, ma io urlo.
Urlo perché ho paura, urlo perché la morte mi ha baciato, urlo, perché non posso far altro che urlare.
Non so quanto tempo passo in questa terribile e agitatissima condizione, so solo che tutto ad un tratto un'intensa luce mi ferisce gli occhi e sembra come bloccare i miei scatti.
-Alethès, cosa succede?
Una dolcissima voce femminile avanza quasi spaventata.
La ignoro, continuo a stare rannicchiato su me stesso e a piangere, mi vengono i brividi.
Percepisco una giovane donna avvicinarsi a me con un passo assai soave, io me ne resto immobile.
-Alethès, tesoro, perché piangi?
La voce si rannicchia a fianco a me, una mano calda mi sfiora appena, e vengo inondato dal suo profumo. Non so che dolce odore mi abbia assalito, quasi un'aroma esotica, forse nardo, ma più dolce, come se ci fosse miele. La annuso, è un profumo incredibilmente familiare, ha l'intensità di un fiore di maggio e la freschezza di una quercia d'agosto.
-Cucciolo, stai bene amore mio?
La mano mi asciuga le lacrime, poi scende sul mio corpo.
Sento le braccia stringermi forte e due labbra vellutate baciarmi in continuazione.
La donna dopo un infinito istante si allontana da me e si alza da terra, poi sento nuovamente i suoi arti cingermi e sollevarmi da terra.
Improvvisamente sotto di me compare un morbido materasso, sopra delle coperte mi avvolgono nel loro tepore.
Di nuovo la dolcissima donna si avvicina a me, si siede a fianco al letto.
-Amore mio, cos'è stato? Un brutto sogno?
La sua voce melodiosa scioglie tutte le mie membra tese.
Inizio a piangere, ma questa volta non per paura, per sfogarmi. Sento il cuore aprirsi e la lingua slegarsi, l'acqua che scivola sinuosa dagli occhi non è elisir di terrore, ma limpido detergente.
-Mamma...
Sospiro tra i singhiozzoni che vengono a farmi compagnia.
-Io ero in una foresta e... poi c'era un signore che... e io piangevo... e lui mi ha picchiato... e io sono caduto... e poi mi ha legato... e poi io non capivo... poi c'era buio e... e il sangue... e... e... io tremavo... il coltello... la mia maglietta.... io ero a petto nudo... e... e... e... e poi... mi ha... ha...
Scoppio in lacrime.
-Sssssh, tesoro...
Una carezza mi scalda il cuore.
-Era solo un brutto sogno... solo un sogno capito?
Mi bacia.
-A volte succede anche ai più coraggiosi di lasciarsi spaventare dai propri sogni, ma bisogna dimenticarseli, sono delle prove, hai capito cucciolo?
La sua aura di sicurezza mi contagia
-Capita anche ai grandi allenatori che hanno già otto anni amore, non preoccuparti.
La mia mammina si accuccia a fianco a me e con un leggerissimo tocco mi sfiora le guance e i capelli.
-Ora sii coraggioso e cerca di dormire, va bene? Mamma sarà sempre qui con te, ok?
-Me lo prometti che sarai sempre con me?
-Promesso
Vedo la luce spegnersi dietro gli occhi completamente appannati dal pianto.
-Mammina?
-Sì?
-Mi canti una ninna nanna?
Un bacino sulla fronte.
-Certo cucciolino.

Stella stella
chi sei tu?
"La più bella
son Staryu"

Giù nel mare
brilla brilla
a nuotare
io e Seadra

Chi fa splash
guardo in giro
Magikarp
fa un sorriso

Negli abissi
qui cantiamo
e a dormir
tutti andiamo

Senza avere
pokéball
con piacer
dormir si può

-Buonanotte tesoro mio.
Una carezza, poi sprofondo nel sonno.

La sveglia suona insistente.
Apro gli occhi.
Mi guardo attorno, la mia camera è fiocamente illuminata da raggi di sole che feriscono il buio attraverso le persiane. A causa della luce non distinguo i colori, ma capisco chiaramente le figure. La stanza è abbastanza spoglia: il letto, un comodino molto semplice dall'altra parte della stanza, un bel televisore sul comodino e una scrivania vicino alle finestre, dove sono buttati a casaccio dei libri.
Mi alzo, infilo i piedi nelle ciabatte e scendo.
Poco prima di scendere le scale il mio sguardo si posa su una mensola a fianco del televisore.
Il tempo sembra divenire infinitamente fermo, vedo un quadretto illuminato da un raggio di luce.
La cornice è di puro argento e su di essa sono incise una serie di foglie e di fiori che sembrano conferire al tutto un contesto di leggerezza ed evanescenza, una sorta di dolcezza volatile, un profumo che si diffonde nell'aria. Il piedistallo invece è legno scuro, quasi a ricordare che il tutto è reale, con i piedi a terra, concreto. Il vetro che separa la foto dalla realtà mi colpisce con incredibile intensità: mi ricorda che tutto esiste solo nel mondo dei desideri, nel mondo dei dolci ricordi passati.
All'inizio non ho il coraggio di guardare l'immagine, mi concentro sui tratti periferici del complesso, guardo la lucentezza, l'eleganza e soprattutto la dolcezza del riquadro, poi però raccolgo le forze, sposto l'occhio al centro, e guardo così la fotografia vera e propria.
Una dolce ragazza mi fissa.
Avrà quattro o cinque anni in più di me, più o meno sui venti ventuno, le morbide guance rosee sottolineano la dolce bocca piegata in un sottile sorriso, il naso perfettamente rotondeggiante conferisce all'infantile espressione un che di puro e di innocente, il volto dai tratti sottili e sinuosi mi irradia con la sua incredibile bellezza.
I capelli sono un colpo al mio sguardo.
Sono rossi, rossi come il fuoco puro, nessuna sfumatura, accesi, vividi, sono il frutto di una fortissima passione, sono sciolti e mossi, lasciati in balia del vento che li sagoma secondo il suo perfettamente artistico intelletto. Ogni singolo filo di fuoco sembra parlarmi dell'ardore di quella donna, sembra raccontarmi tutte le incredibili vicessitudini che hanno influenzato la sua vita.
Poi gli occhi.
Gli occhi mi sbalordiscono.
In assoluto quelli sono la cosa più bella di tutta la perfetta immagnine.
Gli occhi hanno diverse sfumature: sono verdi, sembrerebbe a un primo sguardo, poi divengono grigi ai lati, infine assumono una colorazione che sembra quasi tendere all'azzurro dell'acqua limpida. Gli occhi sono il riflesso della purezza e della virtù della giovane, dietro di essi vedo l'incredibile umiltà e la sua forza; vedo il senso di protezione e della giustizia. Vedo umanità ed esigenza, vedo bellezza, vedo dolcezza, vedo coraggio, vedo speranza, vedo amore.
Vedo mia mamma.
Passa un'eternità prima che possa vedere altro, prima che possa sentire altro se non lei.
Poi vedo la sua morte, quando avevo undici anni.
Vedo la promessa di restare sempre con me infranta.
Vedo il suo compagno divenire mio tutore legale.
Vedo me stesso solo, vuoto.
Non vedo più nulla, scendo le scale e mi preparo ad affrontare la giornata.
 

   
 
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