La mia mente corre veloce al passato, mentre il mio corpo rimane ancorato al presente, incapace di muovere volontariamente un solo muscolo, mentre il mio stomaco si contorce senza che io possa fare nulla per controllare gli spasmi.
Continuo a guardare il documento d’identità che ho tra le mani e rileggo il nome, quel nome che mi tormenta da sempre, che ora sussurro per la prima volta dopo anni, accarezzandolo con le labbra e contemporaneamente rifiutandolo disperatamente: Joshua Ryan Hutcherson. Il suo nome.
Era Josh.