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Autore: Quisquilia Radioattiva    06/12/2015    2 recensioni
La terra di fuoco narrava muta le gesta di casate avverse che forse, nel tempo, avrebbero veduto la pace o n'avrebbero saggiato la fine.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Shredder/Shrell/ Oroku Saki
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Angolo Autrice:

Ed eccomi, timidamente, con un nuovo lavoro… se così vogliamo chiamarlo. Una nuova sfida con le mie adorate tartamiche LaraPink777 e CartoonKeeper8, con il tema da me scelto, quale “ Amore Medioevale “.

Prima di ogni premessa, vi chiedo immensamente scusa di ciò che state per leggere, no, ragazzi, l’ho fatta veramente grossa, è un trip, cioè vi giuro che non fumo e conduco una vita equilibrata x°D  Capisco perfettamente che con poche e blande spiegazioni non vi convincerò, ma, restando in tema: Giuro sull’onor mio che mai fumai oppio, mai m’ubriacai, mai mi punsi-punsi-po’.

Sentite, che vi devo dire, sarà l’avvento dell’inverno, sarà che siamo vicini a Natale e il freddo mi fa malissimo, ma meglio non eccedere con le richieste di perdono e spiegarvi giusto due cose, non perché non ho fiducia nel vostro comprendonio, ma solo perché ho usato una parlata piuttosto… superata.

Troverete molte incongruenze con la grammatica italiana odierna, ma non temete, nel senso, mandatemi pure a quel paese, lo capirei, ma ho cercato di non tirare giù una roba poco cacofonica ( considerate che la prima stesura era assai più fedele alla parlata medioevale, ma non si poteva, era veramente articolata e già solo chi non apprezza il genere si sarebbe stancato presto di leggere e la lettura sarebbe risultata pesante, infatti l’ho alleggerita molto).

Inizialmente l’avevo concepita come One-Shot, ma essendomi dilungata abbastanza, ho ritenuto più opportuno dividerla in due, massimo tre, capitoli. E' una AU-Human.

Vi auguro una buona lettura e mi prostro ai vostri piedi chiedendo venia un altro po’, ‘n si sa mai.

Vi abbraccio, ad uno ad uno e m’inchino, prima d’augurarvi il benvenuto alla mia corte…

 


 

 

Era ‘l tempo di petrosi manieri, ov’il duello al dorso di destrieri e ‘l lignaggio en virtù dei vessilli imbastivan l’homo, cavalier errante di lama e d’onor, di corona o nobil fama, al fin d’aver loco lontano dall’amenità e le brutture de l’anime spoglie, di gioie e di vesti.

Ma furon questi vezzi, colle ingiuriose lingue, i pretenziosi dazi, il sangue sugli arazzi a far dell’homo avido ‘l male d’esso stesso, il demonio de le povere genti.

Confinavano due regni, che da immemori tempi guerrigliavan soventi, in nome d’un peccato chiamato Superbia. Troppo sangue scivolò lungo le lame, assai ventri sfiorarono l’else, ma nessun reame prevalse o s’arrese. L’ere scorsero nella sete di tregua e ‘l rosso imbrattò tanto ‘l suolo e le polveri che quella terra fu annomata “ Del Fuoco “.

Un foco bramoso d’essere arso dall’acque dell’equilibrio, deterso dalla morte di cui si sentiva ‘l puzzo. La terra di fuoco narrava muta le gesta di casate avverse che forse, nel tempo, avrebbero veduto la pace o ne avrebbero saggiato la fine.

 

***

In quel luogo v’era pregna la brama, di quelle proibite, che arrossano le bocche, ch’alimentano i languori.

Il posto era il loro, ov’ogni sera le terga s’allacciavano strette e le mani s’aggrappavano disperate. Tra le sere fu l’ennesima in cui si videro, nel casale dismesso poco lontano dal maniero, cinti dalla frescura di fine estate. L’erba seccata dalla stella cocente pizzicò loro i talloni e ‘l terror d’esser mirati impepò di giovin entusiasmo ‘l desideroso incontro.

Il maggiore dei principi s’arrampicò lungo ‘l muro ligneo, irto di schegge, e sgattaiolò sin dentro la dimora in rovina, immerso nel più aberrante buio. Attese con smania lo scorgere della sua bella, finché non giunse, quel diamante grezzo, al suo cospetto d’uomo impaziente.

Sicché ella svoltò l’architrave annerito, con alle spalle la sola luce del firmamento a farle da cornice e, leggiadra, senza neppure sincerarsi fosse altri ad attenderla, gli si fiondò al petto.

“ Tutto’l dì sognai la sera! M’è mancato, Sir. ” l’accolse la pulzella, con voce di miele.

Le braccia del principe si strinsero ancora, intensificando l’abbraccio con gratitudine.

“ E milady è mancata a me. ” ricambiò, rimirandola a sua volta.

Seppur non riuscirono a fissarsi, bastò’l profumo a fungere da lasciapassare per la loro immaginazione. L’odore di sandalo, del ferro sferzato e contrito del principe sembrò armonizzarsi con quello più terreno e silvano dell’amante.

“ Ho con me le candele. ” disse lei, melliflua.

Cacciò la mano nell’ampia bisaccia e vi tirò le cere opache, collo stoppino di già brunito e due pietre focaie per abbozzar’un fuocherello col quale incendiarle.

Il principe si svestì del cinturone e della regale casacca lavorata con fili d’oro, s’accomodò, adagio, sul fondo delle mura, fissando estasiato ‘l suo amore segreto, armeggiare coi cerini bianchi.

Le fissò i capelli d’ebano, lunghi e fluenti, danzarle lungo’l dorso sottile e le labbra piene raccogliersi per soffiare sul foco, caloroso com’i venti dal Sud.

Ella sistemò poi le cere in cerchio, in modo tal d’irradiare una morbida luce ed allungargli le ombre.

“ Ho veduto una profezia, nel sonno passato. ” disse distratta.

Il giovane si destò dall’ipnosi in cui la danza de le fiamme lo rapirono e serrò di poco la mascella.

“ Mia bella, saprà che audire tali novelle non mi compiace. Le streghe sono in moria, molte per nostra mano. “ sentenziò, colla voce severa.

La giovine bruna lo fissò accigliata per breve tempo, frugò poi nella sacca e ne tirò una pietra dal poroso aspetto. “ Mio Sir, abbiamo giaciuto tante volte quanti sono i volti della luna, dovrebbe sapere ch’io non sono una megera. ” si difese.

L’homo, allora, prese a torturarsi le mani, si grattò nervosamente i capelli castani, si strofino l’occhi e sospirò fin troppo, prima di ricevere le scomode risposte… “ Cos’ha veduto? Non citi ancora il maleficio sul mio casato, milady. ” l’avvisò.

La pietra friabile grattava i legni anneriti del suolo, i ghirigori s’univano in mistiche forme di cerchi ed un piccolo dipinto di candide linee ne venne fuori.

“ L’ultima visione fu la più nefasta. Annientò la mia mente e dissanguò ‘l mio cuore… ” confessò, lei.

“ Più di quanto abbia fatto a me l’ultima volta? ” sbottò infervorato.

La donna s’intristì, fissando il disegno confuso… ” Vidi un erede, poi un inganno dall’altri casati delle rosse terre, del sangue, del fuoco... e ancora ‘l maleficio. “ raccontò piano.

“ Bizzarrie! Ti gradisco più quando mi baci e taci! ” sbottò stizzito, alzandosi, infine.

Afferrò la cintola e s’accinse a riallacciarla, prima che una mano gli serrasse il polso.

“ Non ho terminato! “ lo fermò “ Ciò s’avverrebbe sol qualora l’erede tuo primo non salisse al trono. ” finì.

Lo sguardo gli s’incupì e la scrutò dall’alto con tronfia superbia… “ Io sono ‘l tuo principe, futuro Sire e ‘l mio erede salirà al trono! ” ringhiò, ritirando la mano “ Se i miei fratelli o il re sapessero che ho impregnato nel lerciume di questi legni ‘l mio seme regale e prestato l’orecchi alle stramberie d’una meretrice! ”

“ Fino a ieri mi donai e mi giuraste amore! Io volli solo metterla in guardia dalle nefaste facezie! ” rimbeccò.

S’infilò la casacca e diede un calcio alla candela che bruciava di fianco i suoi piedi, poi la indicò con spregio: “ Alla prima avvisaglia di stregoneria mi son mostrato volutamente distratto, ma non posso transigere oltre! Tu metti in dubbio ‘l destino della casata Hamato, e mi tratti com’un qualunque sciocco credulone! ” strillò.

Allora anch’essa si alzò, innervosita, e gli si avvicinò a poche dita: “ Io l’amo, Sir. Mai l’offenderei o disonorerei ‘l nome suo… ”

Sorrise mesto, ‘l giovane degli Hamato, esilarato dalle parole appen’audite, si lanciò in un riso isterico e le si scostò di pochi passi: “ Milady credeva davvero che l’avrei scelta come consorte? ” la derise “ … S’illuse ch’avrei sporcato ‘l mio lignaggio con quello d’una semplice contadina? Milady mi è funta da dolce passatempo, ha saziato i miei pruriti umani. Io mai l’amerei, tantomeno amerei una profeta d’esiziali sorti. ”

La donna restò immobile e muta, com’una statua di sale. Quelle parole la ferirono come una stilettata nel ventre e la voce le si suicidò in gola.

Non occorse dir altro ai margini di quella distanza, empia e struggente. Il respiro le s’assottigliò tanto da sembrar morta e le iridi scure si velarono, vitree, assenti.

“ Non m’attenda mai più. L’alba dell’incoronazione sarà l’ultima volta che mi scorgerà. Sarà ‘l mio spregioso addio. ” annunciò scuro in volto, indietreggiando nel mentre.

Le diede le spalle facendo sfrusciar la veste e colle poche falcate si trovò sotto’l tetto stellato. Sparì dietro la bassa muraglia ancor divorato dalla collera e s’avviò discreto verso la regal magione.

Giunse nel silente giardino, cornice della dimora d’alta casta, e’l fuoco dell’ira s’ammorbidì, lasciando ‘l posto al fumo del dubbio e del pentimento. Si fermò, sospirò rassegnato e poggiò la schiena alla fredda pietra dell’imponente parete.

Si sentì impotente dinnanzi quella lotta interiore tra ardore e raziocinio, tra l’amore profondo ma soffocato e gli oneri, e gli onori previsti dal suo ruolo, dal suo potere.

Fissò ‘l nulla, sconfitto al cospetto del suo sentimento battente e temerario, imperituro, ottundente… ma ricacciarlo avrebbe preservato’l suo vessillo dal disonore e non poteva arrogarsi dell’agio di marchiar nella vergogna la centenaria discendenza.

Non sarebbe stato l’unico anello debole.

Eppur ella, la bruna, gli bruciava nel sangue, come un filtro di morte, indi per ciò inevitabile.

Quante aspiranti consorti, devote, nobili rispedì ai propri regni con alle spalle rifiuti insensati; innumerevoli furon le belle donne, vergini di letto e profumate d’innocenza che l’avrebbero voluto come amante…

Raphael più volte lo schernì, dandogli del casto scudiero, ma nessuno mai s’addentrò tra le sue ragioni, nessun’homo osò scrutare cosa giacesse tramato tra i fili d’oro del mantello regale, scudo di materia a rafforzar li suoi cortesi rifiuti.

Una mente più arguta di vita l’avrebbe vista la verità, ogni volta che, giunta la sera, gli occhi cercavano il cielo… cercavano lei, tra le anime della plebe.

Si trascinò, pavido, di fianco’l segreto uscio che l’avrebbe ricondotto alle sue stanze e per un brevissimo istante lo colse l’impulso di tornare dal suo tormento e dirle di aver mentito.

 

***

 

“ Peste ti colga! ”

“ Menestrello! ”

“ Malnato! ”                

Le ruggenti voci dei due guerrieri aleggiavano tra una sferzata e l’altra, tra le scintille che nascevano dai tocchi delle lame.

I principi solevano scontrarsi in vista dei giochi di primo autunno, ov’avrebbero giostrato contro altri guerrieri stranieri e, come incito alle spade, le scurrilità accompagnavan’ogni colpo, per disgrazia del Re, che da anni smise di riprenderli alle buone maniere.

Un fendente giunse dalla destra del fratello più altro, che parò appena, di piatto… “ Un contadino zapperebbe più lesto di te colla spada. ” vi derise l’offensore.

Col ruggito furente d’un lupo gli si scagliò contro caricando dal fianco la spada che, immediata e lucente, si scontrò col filo vissuto dell’altra: “ La lama tua sì l’avrebbe più gloria tra le dita d’un pescivendolo. ” contraccambiò l’iracondo Raphael, tra li soffi della fatica.

Si scambiarono altri attacchi issando polvere, grattando gli scarponi da esterno al terreno battuto ed arido, quando poco più in fondo, di rimpetto la disputa, su pelle scale, il maggior di loro se ne stava assente.

Annodava tra le dita una corda di nigro crine, crespo com’il suo umore, fissando’l niente dell’abitudine, subendo altresì’l vuoto della mente sua. Pensar di quella notte, che finì nel suo stizzito congedo, l’ammattiva… ma pure pensar ad altro non gl’arrecava interesse alcuno.

Sicché non adoperar la mente fu l’unico rimedio pella sua triste sorte.

Audì un passo lieve, familiare, che s’arrestò con la presenza al fianco mancino, senza ‘l solito vociare giocoso c’avrebbe annunciato il suo essere e coperto’l rumor del suo stesso scalpiccio.

Non smise di dedicarsi al suo inutile passatempo, ma’l tentativo d’ignorarlo manco ebbe l’agio d’iniziare…

“ Fratello… sono giorni che non t’approcci alla lotta. Invero, vieni e vai via solo, senza dir alcunché. ” disse Michelangelo, spensierato e colla voce chiara.

Quello sospirò, gettò il cordino scuro dall’altura e fissò teso gli altri due principi che, più in basso, s’allenavano con ardore.

“ Userò’l tuo scudo come latrina! ” udì dire dal più irriverente dei due avversari, per poi scuotere’l capo con sdegno.

Prese a tamburellar le dita su la pietra viva e muschiata, ma neppure evitar lui risposta servì a molto.

“ Fratello? M’ignori? ” domandò’l più giovane.

“ Non ti ignoro. Solo non ho null’altro da dirti se non che m’annoia la lotta, di ‘sti tempi. ” fu vago il maggiore.

La pausa fu coperta dai soli stridii delle lame che, incuranti del resto, si scontravano senza tregua. Donatello si passò una mano lercia tra li capelli castani e strizzò i grandi occhi scuri, a causa del sudore che gli bagnava le ciglia: “ Sei com’un sudicio beone di taverna. ” disse, per provocare l’altro.

Raphael sputò del sangue, poi fissò ancora’l più esile guerriero coi suoi occhi affilati, verdi com’il nettare dei boschi, eppur così chiari da potervi leggere l’anima sua; scosse appena la chioma corvina per liberarla dal sudiciume e lo rispose in maniera tutt’altro che nobile: “ Vide più puttane’l mio fodero che’l tuo pugnale. ” lo schernì, grattandosi del fango dalla mandibola spessa.

L’altro sussultò oltraggiato e contrasse’l viso, preparandosi alla nuova carica.

“ Leonardo! ” lo destò l’ultimo, riportandolo all’apice della scalinata, sulla terrazza di pietra grigia.

“ Seguo lo scontro. Cosa posso fare per te, fratello? ” cercò ancora di dissuaderlo.

“ Son giovine, mica stolto! M’hai appena detto che t’annoia la lotta, mentre ora te ne interessi. Cosa turba ‘l tuo animo? ” s’accigliò.

Finalmente lo guardò ne li suoi grandi occhi celesti che, contornati da una fluida capigliatura color del grano, l’avvolsero accoglienti e premurosi. Smise quindi d’irrigidire la schiena e placò l’ingiuria che sapeva di non poter rovesciare sul suo giovane ed innocente fratello.

Sbuffò e s’appoggiò col fondo schiena alla bassa merlatura: “ Cosa vorresti che ti narrassi, Michelangelo? ”

“ Vorrei alleggerirti dalle angosce. ” precisò.

“ E chi ti dice ch’io sia angosciato? Forse son solo stufo della vita di corte, dei convenevoli e di tutte l’altre amenità che’l mio fato mi riserva. ” confessò.

Al più piccolo cadde la mandibola e le palpebre s’immobilizzarono vero’l cielo; non potette credere a quel ch’ebbe udito… non gli parve che ad orar fosse’l futuro Sire, se ripudiò tanto’l destino che l’avrebbe atteso.

Suo fratello fu per lui sempre e da immemore tempo l’idolo al quale ispirarsi, ligio al suo dovere di erede, un guerriero che mai si sottrasse agli onori delle lotte, e’l cui affondo precedette ‘l suo nome.

Non poteva immaginare che un lontano dì, Leonardo, quello che lui conosceva, potesse enunciare parole tanto offensive.

“ Non ti credo! Mai avvizziresti ai piedi della stanchezza. ” negò Michelangelo, infuocando lo sguardo.

A mirar il giovane, svilito, che a stento trattenne’l suo vilipendio, rise mesto, rimembrando quanto non fosse più facile ingannarlo, com’un tempo. Il fiorente Michelangelo, pacifico ambasciatore, era oramai uomo, proprio come lui… forse anche meno incosciente.

“ Non dannarti, nulla m’impedirà di favorire la casata. Rammenta: son homo io pure, buona leccornia per il demonio che in giorni rari m’accarezza l’anima… ”

“ E ti move la lingua. ” continuò con dispetto, incrociando le braccia.

Leonardo rise ancora, ma più forte, afferrò la nuca del piccolo colla piega del gomito, lo tirò verso’l basso e gl’arruffò li capelli biondi.

“ Di’ al demonio di restituirti’l rasoio o chiederò al buon dio di farteli cadere! ” lo burlò.

“ Non oserai! Lasciami i capelli! ” urlò Michelangelo, in balìa della ferrea morsa.

Non giunse neppure l’altra risposta che una guardia, affaticata dalla salita e dal peso dell’armamento, interruppe’l giocoso atto di pace.

“ Sir Leonardo. Il Re vi manda a chiamare. ” annunciò tra l’ansimi, tentando di modular la voce in solennità.

La presa si disciolse. Michelangelo scosse’l capo e s’acconciò alla buona la chioma scapigliata, mentre il maggiore s’irrigidì, schiarì poi la voce ed un senso di mera preoccupazione si sommò alla già tormentosa orda di pensieri e colpe.

Il vassallo si congedò e ridiscese senz’attenderlo, atto che conferì serietà e distacco all’inusuale richiamo del padre.

Sistemò il mantello, distese la tenuta dalle pieghe e tentò di celar all’incontro li segni della sciattezza di quei giorni, eccetto pella barba, che non avrebbe avuto tempo di radere.

“ Debbo andare. Il re non puete attender oltre. ” disse, privo di spinta.

“ Hai idea del perché ti cerchi? ” domandò curioso.

Leonardo scosse la testa: “ No. Ma ricevermi con effetti tanto cerimoniosi non auspica a nulla di buono. ”

“ Ritieni riguardi l’inquisizione? ”

A tal idioma, il cor del futuro sire si gelò e la preoccupazione insorse nella mente come una serpe. Si chiese se qualcuno avesse loro detto delle innumerevoli notti lontane dal proprio talamo, ma riverse nella lordura, tra le ossa incenerite del casolare. Se a quel pensiero si fosse aggiunto che lei spargesse vaniloqui su una profezia e che qualcuno l’avesse audita, avrebbe gettato fango sul nome dell’intera famiglia Hamato.

Sicché, le mani presero a sudare copiose e’l bruciore a grattargli la gola.

Non rispose al giovine parente, ma lo lasciò nel dubbio, sicuro che, se gl’avesse enunciato anche solo un pensiero, qualcosa di compromettente sarebbe sfuggito alla sua bocca.

Scese le scale lesto come se planasse, lasciandosi alle spalle l’ancor perpetuo fracasso d’acciaio e le ingiurie dei suoi inconsapevoli fratelli.

“ Abbatterei collo sputo più streghe io che tu con l’armi! ”

“ Folle! Mai donare loro una parte di te! ”

 

 

Varcò l’imponente portone di legno scuro intarsiato, con edere e flora intrecciate a lance, si trovò nell’immensa navata, alla cui fine scorse’l trono adornato di rosso velluto. I finestroni, ai fianchi dell’alta sala, coi loro vetri d’ogne forma e colore raffiguranti i Signori più celebri della casata, battevano con lucenti ghirigori ai lati dei pilastri portanti, le cui ombre s’intrecciavano al suolo  come le trame d’una cesta.

Il fumo dei dolciastri oli odorava di grandezza, come quel loco, ove sarebbe giunto per sanguinea successione. Era abbagliante e spaventoso’l senso di perdizione, sentirsi sperduto al cospetto di tanto sfarzo, conscio c’avrebbe dovuto fronteggiar il destino suo, dal basso della sua imperfezione.

Sovente aveva l’immagine di lui, semplice e grezzo come l’irta pietra, elevata verso’l cielo, verso l’infinità di Dio… come quel maniero.

“ Figlio… ” chiamò la voce del Sire, dal fondo della gran sala del trono.

Il giovane si destò dalle paturnie e, come se tra le spalle qualcheduno lo stesse puntellando collo spillo, si precipitò a lunghe falcate verso il Re, osando una postura impettita e rigida.

Fremette a tal punto che non s’accorse di annunciarsi con una banale riverenza, serbata più ai sodali di rango, che ad un sovrano; tenne il capo chino e l’occhi vacui fintanto ch’attese ragioni.

“ Leonardo, siete affrettato? ” chiese Re Yoshi.

“ No Sire, giammai osai presentarmi con insofferenza. ” spiegò redento, inginocchiandosi su una gamba.

Nonostante’l padre fiutò la menzogna, preferì discorrere il giusto o s’avrebbe corso’l guaio di rimandare l’ufficiale annuncio.

Schiarì appena la voce, si sistemò il folto mantello d’ermellino e posò la pesante corona sul poggio,  alla destra dello spesso bracciolo: “ Principe, mio adorato primogenito, quest’oggi ti demanderò ad un compito assai onorevole che salverà la terra del Fuoco. ” disse solenne.

Leonardo restò genuflesso, fissando sempre li suoi piedi: “ Vorrebbe io sia al capo degl’inquisitori? Ben dico? ”

“ No. Vi è già Raffaello. ” lo corresse.

“ La pecunia da riscuotere alla plebe? “ ritentò,

Il Sire sorrise: “ Neppure. Donatello fa buon uso dell’intelletto pei conti sulli dazi. ”

Al che, il giovine fu assai sorpreso poiché più non seppe cosa formulare, ma ne venne fori un ultimo tentativo: “ Debbo presenziare in qualche salotto, disquisire di affari o indagare sul conto di chicchessia? “

“ Neanche. Michelangelo è impegnato in queste faccende. ” gli ricordò ancora.

A tal punto, il principe dall’azzurro mantello issò la fronte interdetto e, a quel gesto d’atroce dubbio, il Regale parlò:

“ Da immemore tempo la nostra terra s’è marchiata di crudeltà, i nostri avi c’insegnano che null’altro ha puotuto lenire’l male dall’anima nostra, se non il compromesso, come sana via mediana. ”

Non capì, il ragazzo, cos’egli intendesse. Frugò tra le spire de li suoi pensieri confusi, ma convenne che niente sarebbe stato utile alla pace delle terre rosse; egli stesso era divorato dal rancore per la casata rivale, quel covo di luridi sanguinari e violenti che sperava l’Iddio avesse presto spazzato via.

“ Non v’intendo. Perdonatemi. ”

Del silenzio appesantì le faziose parole che ne sarebbero conseguite, da quell’istante di mera inquietudine sarebbe iniziata l’ascesa della rude pietra, da lì avrebbe davvero sentito’l peso del fato incombere sulla sua esistenza.

“ Sposerai la figlia di GrigiArtiglio. ”   

Il principe s’issò iracondo, incredulo pella nefasta novella c’udì, al che ringhiò lesto: “ Giammai! Non avreste potuto serbarmi peggio sorte! ”

“ E tu rinnegheresti’l volere del sovrano?! ”

Il mantello seguì le movenze del braccio che, con un ampio gesto di diniego, accompagnò’l capo, preda di scosse pel rifiuto: “  Padre! Non cada ai tranelli del nemico. Costoro per secoli s’abbeverarono del sangue delli nostri avi e della nostra gente, e… ”

“ Fui io a chiederlo. Non cedetti ad alcuna proposta. ” l’interruppe il Re, gettando un velo di silente angoscia tra i due.

Parve che l’inverno s’affacciasse in anticipo nel maestoso salone, tramutando la lieve frescura d’inizio autunno, nel doloroso gelo che t’immobilizza le terga e rallenta’l cuore.

Il Sire fece cenno alle guardie sull’uscio di serrare’l portone, al fin d’evitare malelingue a corte sulla disobbedienza del tanto adorato erede.

Restarono soli, l’un di rimpetto all’altro, seppur in abissale distanza.

La mente del giovine si ricongiunse al dolce tormento che tanto lo indusse a pensare, che gli rubò le voglie e le più ardimentose passioni, che gl’annoiò perfino’l diletto; rimembrò ella, la monna dallo scuro crine, come la terra cruda e l’occhi sinceri, del colore del grano, genuini, capaci di narrar storie e l’emozioni più veraci. Al fronte di tal sciagura, l’altro Leonardo, quello vivace, quello gioviale e terreno, divenne polvere rossa per unirsi alle cronache legate alla nobile storia che l’avrebbe atteso, quella di innumerevoli cantastorie su la sorte di due casate rivali.

Era destino, prim’o poi sarebbe accaduto che le loro vie, di guerra o mal fidato baratto di tregua, si mirassero al crocevia.

Avrebbe dovuto aspettarselo… invece s’illuse ch’un sovrano potesse amare chi desiderasse.

Re Yoshi camminò lento, intorno al ragazzo, passandogli la mano sulle spalle: “ Devi capire, figlio. Era l’unico modo per garantire la pace di questa terra. Mai mi sarei perdonato di lasciarvi in vita, tra le urla di morte ed i canti bellicosi. Non avrei riposato in pace. ”

Ma Leonardo non vide lo stesso dipinto di beatitudine, né la virtù d’una nova era di feconda prosperità. Egli vide solo il sacrificio della sua libertà, l’unica vacca magra, l’unico raccolto guasto da immolare nel nome d’un bene superiore.

“ Posso rifiutarmi? ” osò.

Yoshi gli diede le spalle e fissò l’alto, distratto, collo sguardo tra l’ archi a sesto acuto ch’univano le teste dei pilastri, diviso a metà tra’l dovere d’un Re e’l dispiacere d’un genitore.

“ Essere dov’io sono, Leonardo, non significa poter fare ciò che si vuole, bensì ciò che occorre. Se un Re divenisse egoista o troppo sensibile, allora la gente capirebbe che egli è un uomo, quindi debole, quindi indegno e sarebbe in grave pericolo d’insurrezione. ”

“ Sono anni che non incorre alcun matrimonio combinato! ” insistette caparbio, il principe.

Il più anziano sospirò, poi sorrise e si voltò verso il figlio maggiore. Lo fissò coll’innaturale tenerezza che mai gli vide in volto:” Io reagii forse anche peggio di te, quando mi fu imposta in sposa vostra madre. Una donna sconosciuta al mio cuore che ho finito per amare ben oltre la sua morte. “

A  quella confessione, Leonardo ammutolì e tutt’il fermento che gli avvelenò il corpo, si disciolse nella colpa ed un nuovo senso d’idiozia che avvolse’l suo orgoglio com’una veste di lutto.

Suo padre non gli parlò quasi mai dell’adorata defunta madre, morta dando alla luce Michelangelo. Ogni qual volta la nominava, un senso d’immonda pena lo portava a guardare di nascosto’l Sire, come se qualcosa gli dicesse che nel petto’l cuore suo sanguinasse dietro l’indifferenza dell’onore.

E, quel dì, nel mentre che le genti vivevano nell’incoscienza, lui ne ebbe la conferma: il Re era un uomo… e lo sapeva lui solo.

S’impettì, allora, e la fronte si alzò fiera: “ Per quanto è previsto’l matrimonio? ”

“ Ai giuochi d’accoglienza all’autunno. “ rispose compiaciuto’l suo vecchio.

“ Tra sette dì? “ se ne lamentò, quasi fosse un latrato.

Yoshi rise forte, diede poi una pacca possente che scombussolò’l già avvilito futuro sposo:” Ah! Corri a bere della buona cervogia, giacché sei ancora principe! ”

“ Padre… inalaste troppo incenso? ” domandò spaesato, vedendo’l repentino cambio d’animo, da saggio e retto a degenero ed indecoroso.

“ No. Ma brinderò anch’io alla futura pace con dell’ignorante idromele! ” disse, al fine, camminando allegretto verso la scalinata stretta, che l’avrebbe portato alle sue stanze.

Restò in solitudine, dinnanzi’l trono dorato, coscio che presto vi si sarebbe seduto colla sua sposa straniera dal sangue nemico. Ormai scelse d’adempiere a ciò che il Sire s’aspettava lui facesse... forse per evitargli un dispiacere, l’ennesimo, quanto le nobil monne che rifiutò nel tempo, figlie o sorelle di regnanti potenti, di buoni alleati ch’avrebbero garantito vittoria sulla casata Saki.

Allungò’l braccio e col dito seguì gl’intarsi e i rilievi d’armonia e bellezza de la reale seduta, pensando a quanto fosse stato sciocco nel costringere’l padre  a mortificarsi, a tal punto da supplicare un’unione o a quanto fosse strambo che GrigiArtiglio avesse accettato, senza richiedere un pegno per quell’atto di redenzione forzata.

Suo padre era certamente un uomo, ma lui un miserabile egoista.

  
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