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Autore: ivi87    06/12/2015    9 recensioni
La conoscete la regola della "causa/effetto" ?
Secondo il Buddismo, la legge della causa ed effetto sottende il funzionamento di tutti i fenomeni. Pensieri, parole ed azioni positive generano effetti positivi e portano alla felicità. Viceversa, azioni negative conducono all'infelicità.
In parole povere ogni cosa che facciamo ha delle conseguenze.
Non sto dicendo niente di nuovo, lo so bene, e nemmeno c’era bisogno di scomodare le religioni – ma ben presto capirete le mie ragioni-, eppure ci sono momenti in cui persino le ovvietà sembrano concetti nuovi appena appresi.
Timeline: dopo la 4x21
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Causa/Effetto

 

 

La conoscete la regola della causa-effetto?

Secondo il Buddismo, la legge della causa ed effetto sottende il funzionamento di tutti i fenomeni. Pensieri, parole ed azioni positive generano effetti positivi e portano alla felicità. Viceversa, azioni negative conducono all’infelicità.

In parole povere ogni cosa che facciamo ha delle conseguenze.

Non sto dicendo niente di nuovo, lo so bene, e nemmeno c’era bisogno di scomodare le religioni – ma ben presto capirete le mie ragioni-, eppure ci sono momenti in cui persino le ovvietà sembrano concetti nuovi appena appresi.

Perché ve lo sto raccontando? Perché sono qui distesa sul divano, abbarbicata come non mai all’uomo che da anni ormai si è impadronito del mio cuore e della mia mente, e come un lampo a ciel sereno mi sono resa conto che forse non sarei qui, in questo preciso momento, se avessi fatto scelte diverse e compiuto azioni diverse, anche banali.

Eh sì, lo so, dovrei essere al 100% concentrata sull’uomo che mi sta sopra e non pensare alla filosofia della vita ma, ammettiamolo, noi donne siamo multitasking anche in quei momenti e comunque tra poco avrà tutta la mia attenzione, ve lo garantisco.

Sono una pessima narratrice, vero?

È lui lo scrittore, che vi aspettate da me?!

Va bene, cercherò di spiegarvi tutto ma dovrete avere un po’ di pazienza e tornare indietro con me fino a ieri sera.

 

22 ore prima

 

Sì, proprio come nei film! Ventidue ore fa me ne stavo tornando a casa dopo il mio turno al distretto.

Guardavo l’orologio di mio padre mentre salivo le scale del mio palazzo.

Le dieci di sera.

E grazie al cielo quella giornata stava per finire.

Erano tutte giornate strane, a dire il vero.

Non tanto per il lavoro. Quanto per il mio partner.

Freddo per la maggior parte del tempo e oggi addirittura assente.

Aveva preferito seguire un altro detective invece di stare con me.

Sì, quella che sentite nella mia voce è una punta di gelosia e sì, lo ammetto senza problemi.

Non starò qui ad annoiarvi con i particolari delle mie sedute con il Dottor Burke, ma diciamo che ho raggiunto una certa consapevolezza dei miei sentimenti.

Logicamente se io sono al Parco della Vittoria, lui cosa fa? Ritorna al VIA.

Perdonatemi la similitudine con il Monopoly, ma sembrava la più appropriata.

Ero frustrata, ammetto anche questo, ma capivo che avesse le sue ragioni.

Non gli avevo dato nessun motivo per aspettarmi.

Solo che mi sembrava che avessimo fatto dei passi avanti – e una volta tanto nella stessa direzione – dal giorno della sparatoria.

Avevo tutti questi pensieri in testa quando sono arrivata al mio pianerottolo, perciò potete capire come mai non me ne fossi accorta subito.

Dovetti arrivare fin davanti alla porta per vedere che era socchiusa e senza lo stipite.

Come se fosse saltato in aria a causa di un calcio.

La mia mano era corsa subito sul calcio della pistola mentre l’altra apriva di poco la porta.

Non ci volle molto per capire che ormai non c’era più nessuno all’interno.

Li avrei ammazzati solo per il macello che avevano lasciato!

Non giudicatemi, non siete voi a dover ripulire. 

Corsi a controllare il nascondiglio in cui tengo la mia pistola di riserva e con sollievo la trovai al suo posto.

“Detective Kate Beckett, distintivo 41319, devo denunciare un’effrazione con scasso presso il mio appartamento”.

Avvisai immediatamente il distretto e successivamente Ryan ed Esposito.

Nessun’altro.

Era tardi e in fin dei conti non era successo nulla di grave, stavo bene e non volevo spaventare mio padre, Lanie o Castle.

Perciò immaginate il mio stupore quando l’ho visto spuntare da dietro alla porta, ormai spalancata, insieme al detective Ethan Slaughter.

Cercavo di non darlo a vedere ma ero davvero contenta che fosse lì.

Sì, sì, lo so, tre secondi prima avevo detto di non volerlo chiamare, ma dovreste conoscermi ormai. Voglio affrontare tutto da sola senza pesare sugli altri.

Alla mia espressione interrogativa, Slaughter mi spiegò la loro presenza “Stavamo andando a festeggiare la chiusura del caso delle teste mozzate in un bar qui vicino quando abbiamo sentito l’avviso alla radio. Sherlock si è agitato come una femminuccia!”, disse dando un colpetto al gomito di Castle.

Si poteva vedere l’imbarazzo dipinto sul suo volto mentre Slaughter se la ghignava divertito.

Nel caso non lo sapeste, nutro poca simpatia e ancora meno stima per quell’uomo.

Saperlo con Castle tutto il giorno non mi tranquillizzava per nulla.

“Stai bene?”, era riuscito poi a domandarmi allontanandosi da Slaughter ma eludendo accuratamente il mio sguardo in favore dei miei mobili malamente rovesciati.

Ho voluto evitare di dare peso alla cosa perciò sorrisi e risposi “Si tutto bene, Castle, grazie” con un tono più dolce possibile.

Potei quasi vedere Slaughter scivolare sul mio miele, mentre mi mostrava la sua approvazione sfoggiando un bel pollice in su.

Bastò a farmi tornare in me e mi ricomposi “Non li ho visti, quando sono arrivata se n’erano già andati”.

“Come fai a dire che non è un solo ladro?”, domandò Castle.

“Troppo casino”, rispose prontamente Slaughter.

Annuii e aggiunsi “Ma non sono sicura che siano ladri. Non mi sembra manchi nulla”.

“O stavano cercando qualcosa di preciso o hai fatto incazzare qualcuno e questo è servito da avvertimento”.

Sentii lo sguardo di Castle su di me e ne ebbi la conferma quando mi voltai verso di lui.

Se avevo fatto incazzare qualcuno?

Il mandante dell’omicidio di mia madre, ad esempio?

“Stavano cercando qualcosa”, affermò asciutto Castle, sorprendendomi.

Credevo sarebbe arrivato alla mia stessa conclusione.

Doveva riguardare per forza il caso di mia madre!

“Se ti avessero voluta morta ti avrebbero aspettata nell’appartamento”, proseguì, trovando l’appoggio di Slaughter.

“Peccato. Mi piaceva di più l’idea che tu avessi fatto incazzare qualcuno”, rise il detective.

Il suo pessimo umorismo mi scivolò addosso.

Ero più interessata alla sicurezza con cui Castle accolse immediatamente l’ipotesi dei ladri.

Mi diede l’impressione che sapesse qualcosa.

Che mi stesse nascondendo qualcosa.

Ma l’arrivo di Ryan ed Esposito con la scientifica mi impedì di approfondire i miei pensieri.

Spostarono tutto, rovistarono ovunque rilevando le impronte digitali mentre io li seguivo, passo dopo passo, controllando i miei effetti personali.

“Confermo che non manca nulla”, ripetei “Ma mi devono una tv nuova”, borbottai a bassa voce, ma scorsi un lieve sorriso sul volto di Castle che mi fece ben sperare.

Aspettai che la scientifica e i ragazzi se ne andassero per invitare Castle ad aiutarmi a risistemare.

L’avevo evidentemente colto di sorpresa.

Iniziò a balbettare in quel suo adorabile modo buffo che traspare ogni volta che è combattuto per qualcosa.

“Avanti Sherlock, aiutiamo la signora a ripulire”.

Non era proprio quello che avevo in mente ma meglio di niente.

Mi aiutarono a spostare le sedie e a raccogliere i cocci.

I cuscini erano lacerati, proprio come se cercassero qualcosa all’interno del rivestimento.

Cosa mai potrei nascondere nella fodera dei cuscini del divano?

Giusto le tende si sono salvate. Neanche mi piacciono.

Vi risparmio i dettagli sulla pulizia dell’appartamento e saltiamo direttamente alla parte importante.

Come? Troppo sbrigativa? Ehi, ve l’ho detto, non sono un narratore né tantomeno uno scrittore. Se volete un bel racconto dettagliato, leggetevi i romanzi di Castle.

Dicevamo? Ah, sì, il colpo di scena.

Alcuni cocci e vari pezzi di stipite erano finiti sotto il mobiletto all’ingresso, proprio accanto alla porta.

Un piccolo mobile di legno sul quale normalmente troneggia la scultura del viso di Buddha. In quel momento invece era riversa in orizzontale con il volto verso la parete.

Li invitai a fare attenzione poichè la statua era di ceramica e molto pesante.

Ovviamente, neanche a dirlo, tra la goffaggine di Castle e la grazia di Slaughter, il povero Buddha rotolò fino al pavimento infrangendosi in un suono sordo.

I due restarono con il mobiletto sospeso tra le mani, immobili, come se muovendosi avessero potuto peggiorare la situazione.

Il che, ammettiamolo, è potenzialmente vero.

“Non fa niente ragazzi”.

Quello mi piaceva, in realtà, ma non era un problema. Era una riproduzione comune e facile da ricomprare.

“Non avevi detto che era di ceramica?” chiese Castle chinandosi a pulire.

Quando mi avvicinai vidi i pezzi della statua cosparsi di polvere bianca.

“Solo all’esterno è ricoperta da uno strato di ceramica ma dentro è di gesso”.

Castle continuava con la sua analisi della statua, convinto che mi avessero rifilato una fregatura.

Ma dallo sguardo di Slaughter capii che nemmeno lui, come me, pensava che quello fosse gesso.

“Castle...”, se c’è una cosa che si impara all’accademia è a riconoscere quel tipo di polvere bianca a colpo d’occhio “Non toccare più nulla e lavati le mani”.

“Non è gesso, Sherlock”, Slaughter affondò due dita in un mucchietto di granelli e ne saggiò la porosità con il pollice “È droga”.

Ed ecco spiegato cosa stavano cercando in casa mia.

“Non hanno pensato che la statua potesse essere cava”, ragionò Castle.

Già, e nemmeno io.

Se penso che avevo in casa un Buddha pieno di cocaina mi sale una rabbia!

Ora capite la mia citazione iniziale sul buddismo?

Azioni e conseguenze.

Compro una statua per il mio nuovo appartamento e un anno dopo mi ritrovo una banda di spacciatori che me lo distrugge.

Azioni negative, conseguenze negative.

Ma ricordate dove sono, vero? Quindi qualcosa di buono sta per arrivare.

Per dovere di cronaca vi informo che la sessione di baci poco casti sul divano è stata momentaneamente interrotta da questioni improrogabili legate al suo nuovo libro.

Sento le urla di Gina sin da qui.

Temo che ci vorrà un po’, ma almeno avrò modo di proseguire per bene il mio racconto.

Procediamo con ordine.

Dopo la scoperta della droga gli animi si sono un po’ agitati.

Castle non voleva che restassi un minuto di più in quell’appartamento, in caso i proprietari della cocaina avessero voluto dare una seconda occhiata.

Io ovviamente non volevo saperne di andarmene.

Era casa mia e non mi avrebbero sbattuta fuori tanto facilmente!

Dopo una serie di botta e risposta me ne uscii con “Io non me ne vado, se preferisci puoi restare a fare la guardia!”.

Come lo dissi ripensai a quando Castle aveva dormito sul divano del mio vecchio appartamento per controllare che Scott Dunn non mi facesse del male.

Non era mia intenzione forzarlo a restare ma questa volta non mi sarebbe affatto dispiaciuto. Sarebbe potuta essere una buona occasione per parlare di noi.

“Vai da Lanie”, disse invece “Per favore”.

Aveva giocato l’asso.

Se Lanie avesse saputo, anche solo lontanamente, che volevo restare in una casa a soqquadro, da poco invasa da chissà quale sottospecie di banda criminale, non avrei più rivisto la luce del giorno.

La mano di Castle era già sul cellulare.

“Ok, ok, va bene”, mi arresi, anche a causa della stanchezza.

E perché sapere che ancora ci teneva, mi aveva appena fatto accelerare il battito cardiaco.

Aspettai che se ne fossero andati e cercai di chiudere la porta come meglio potevo.

“Ma sei cretino, Sherlock!”, sentii la voce forte di Slaughter attraverso il legno “Ti aveva invitato a restare!! Ti devo fare un disegnino?”, è l’ultima cosa che udii in lontananza prima che sparissero nella tromba delle scale.

La mattina seguente mi ritrovai Ryan ed Espo come scorta, ad attendermi fuori dalla porta di casa di Lanie.

Sono andata da lei dopo aver comunicato della scoperta della droga ed aver atteso l’agente incaricato a raccogliere le prove.

Al distretto trovai Castle seduto al suo posto e Slaughter al mio.

“Se mi hai alzato la sedia ti sparo”, lo salutai.

“Buon giorno a te detective. Pronta per arrestare degli spacciatori sfascia appartamenti?”, disse, invece di rispondermi a tono.

Strano.

Forse Castle aveva più presa su di lui di quanto pensassi.

“Non è un tuo caso, Slaughter”, lo imbeccò Espo.

“Ehi! Abbiamo risposto noi per primi alla chiamata e ci teniamo il caso! Vero Sherlock??!!”, l’occhiataccia che gli lanciò lo obbligò ad annuire.

Mi rimangiai tutto, Slaughter aveva in pugno Castle.

“Sentite, siamo abbastanza adulti da lavorare al caso tutti insieme, giusto?”, sì, mi resi contro della cavolata solo dopo averla detta, purtroppo.

Adulti?

Un principio di emicrania si fece largo tra le mie sinapsi al pensiero di dover far da babysitter a quei quattro.

“Cominciamo, bellezza!”, balzò in piedi Slaughter “Dove hai preso il faccione?”.

Dove l’avevo preso? In un luogo sicuro! O almeno era quello che credevo...

“Ad un’asta della polizia”, risposi scansandolo e riappropriandomi del mio posto.

Espo scuote la testa “Posso già vedere i titoli di domani sui giornali: Polizia inconsapevole vende droga”.

Oppure: L’eroina Nikki Heat in possesso di eroina. Mi sentii male al pensiero di danneggiare in qualche modo Castle.

Digitai frenetica sulla tastiera del computer per ottenere il più velocemente possibile le informazioni che mi servivano.

“Avete un elenco delle aste pubbliche che tiene la Polizia?”, domandò Castle spuntando dietro di me, sulla mia spalla.

Sorrisi allo schermo perché, anche se le cose tra noi non andavano bene, eravamo ancora in sintonia.

“Sì, sto cercando di accedere ai registri dell’anno scorso”, ma scoprii che non erano consultabili online, perciò inoltrai richiesta formale di ogni articolo confiscato dalla polizia e messo poi in vendita.

“Io compro spesso alle aste giudiziarie, ragazzi”, ci disse Ryan con sguardo preoccupato “E se avessi anche io in casa qualche oggetto speciale?”.

In realtà questo accade raramente.

Si mettono in vendita solo beni confiscati, pignorati o mai reclamati dai legittimi proprietari, e sono rigorosamente passati al setaccio prima di essere messi all’asta.

Ma il doppio fondo del mio faccione non deve essere stato notato.

Per quanto mi riguarda, una volta comprato e sistemato all’ingresso, non me ne sono più curata molto.

Mea culpa, smonterò qualsiasi altra cosa comprerò, d’ora in poi.

“Sono sicura di no”, lo rassicurai con un tenero sorriso.

Slaugher si intromise malamente “I momenti morti delle indagini mi annoiano, quindi vado con Sherlock a fare qualche domanda in giro. A qualcuno deve pur essere sparita una grossa quantità di roba e scommetto che sarà molto incazzato!”, saltellava all’idea di uno scontro verbale e, quasi sicuramente, fisico “Andiamo Castle, ti va un’altra bella rissa? Coraggio!”, e lo trascinò in ascensore senza possibilità di replica.

I vari pestaggi dei giorni passati non gli erano bastati evidentemente.

Faceva male vedere Castle al fianco di un detective che non fossi io, ma non avevo nessun diritto di chiedergli di restare contro il suo volere.

Se aveva bisogno di tempo, glielo avrei dato, aspettando in disparte come lui aveva fatto per me in questi anni.

Ma il non sapere cosa avesse innescato quel cambiamento in lui mi tormentava giorno e notte.

Come aveva fatto Castle, in questi anni?

Come ci si mette da parte senza fare domande?

Sarò anche addestrata al combattimento, ma è lui quello più forte dei due.

Non sono una fan di Slaughter ma aveva ragione sui momenti morti nei casi.

Davvero noiosi.

La nostra squadra non aveva casi in corso perciò, nell’attesa, passammo alla compilazione delle scartoffie degli ultimi casi risolti.

Scommetto che ora siete contente che non sia una narratrice minuziosa e ricca di dettagli, eh?

Un’ora -e tre telefonate di sollecito- dopo, ricevemmo via fax la lista di tutte le aste della Polizia dell’ultimo anno.

Gli articoli venduti erano molti ma finalmente trovammo l’asta pubblica dove compariva la statua di Buddha con tanto di fattura a mio nome.

Risalimmo quindi alla sua ubicazione originaria.

Era l’appartamento di un ragazzino ricco, Kurt Denvers, che aveva fatto affari –loschi affari- con una banda di spacciatori del Queens.

Dal database informatico scoprimmo che Denvers era rimasto ucciso durante la retata dell’antidroga mentre il resto della banda era stata catturata e arrestata.

Nell’appartamento trovarono il laboratorio che utilizzavano per preparare le dosi e svariati residui di cocaina, ma del carico vero e proprio non c’era traccia.

Dai verbali leggemmo che uno degli spacciatori, durante l’ultimo interrogatorio, rivelò che era Kurt Denvers ad occuparsi della sicurezza della merce e che solo lui sapeva dove nasconderla.

Espo si stava avvicinando a me e Ryan con passo sicuro, sembrava avere una pista “Ho chiamato Sing Sing, ogni membro della banda è uscito di prigione una settimana fa per buona condotta”.

E in quel momento ebbi un’intuizione.

Diedi a Ryan il compito di controllare dove fosse ora il resto del mobilio proveniente da quell’appartamento. Per fare prima ci dividemmo gli articoli battuti all’asta.

Come pensavo, la banda era andata a rovistare anche nelle case dove risiedevano gli altri oggetti di Kurt.

“Stanno passando in rassegna ogni pezzo d’arredamento di Denvers”, disse Ryan “Ma come fanno a sapere dove sono ora questi oggetti?”.

“Come lo abbiamo appena scoperto noi”, dissi asciutta, piena di delusione come ogni volta che scopro una falla all’interno del sistema “Qualcuno all’archivio delle aste della Polizia gli ha passato l’elenco”.

Presi la lista delle aggressioni e quella degli oggetti venduti e le misi a confronto.

“Stanno andando in ordine”, notai e cercai immediatamente il nome dell’acquirente successivo al mio “Elias Thompson deve essere il loro prossimo obiettivo”.

Valutai velocemente il da farsi.

“Loro sono solo in quattro e non sanno che gli stiamo addosso. Espo, prendi cinque agenti e andiamo all’indirizzo di Thompson. Ryan, rintraccia il suo numero e fallo venire qui, digli di stare lontano da casa sua”.

Mentre i due detectives ubbidivano ai miei ordini, mi infilai la giacca e iniziai a domandarmi se fosse o meno il caso di avvisare Slaughter.

Averlo fuori dai piedi avrebbe garantito la buona riuscita dell’operazione ma avrebbe significato estromettere anche Castle.

Inoltre, eravamo tutti parte della stessa squadra, parole mie che non posso rimangiarmi.

Fissavo il telefono indecisa, quando il nome di Slaughter comparve sul display.

 “Beckett”, risposi rassegnata a renderlo partecipe degli sviluppi “Li abbiamo in pugno, sappiamo dove stanno per colpire”.

“Ne dubito”, disse con tono colpevole e un leggero colpetto di tosse “Potremmo averli messi in fuga”.

Vi giuro che ho sentito ogni vena del mio corpo pulsare.

Dovetti inspirare ed espirare un paio di volte.

“Cosa diavolo hai combinato, Slaughter!!”, tuonai infine.

Non sono mai stata un tipo zen.

“Bellezza, non c’è bisogno di urlare! Manda più agenti che puoi in direzione della superstrada 47 e dì loro di diramare un bollettino per un vecchio furgone blu con una fiamma sulla fiancata destra”, mi ordinò tranquillo “Ah, e vieni a liberarci!” e riagganciò.

Ryan ed Esposito mi domandarono come mai stessi stringendo in quel modo il cellulare ad occhi chiusi.

Non mi venne in mente nessuna risposta calma e pacata, mi limitai a fornire loro le nuove direttive e li mandai all’inseguimento degli spacciatori mentre io mi preparavo ad una discussione di proporzioni epiche.

Non riuscivo a pensare ad altro se non a Castle in pericolo.

Avrei dovuto togliergli il caso sin dall’inizio.

Avrei dovuto obbligarli a restare al distretto per tenerli sott’occhio.

Capite come mi sentivo?

Ancora una volta le mie decisioni, le mie azioni avevano prodotto le relative conseguenze.

Potevano restare uccisi perché io non mi ero imposta a sufficienza.

Castle era sotto la mia responsabilità ed ora era in pericolo a causa mia.

E non solo perché non ho impedito a Slaughter di fare quello che voleva, ma a priori se stava seguendo i casi con lui –mettendosi in un guaio dopo l’altro- era soltanto colpa mia.

Mi credete se vi dico che non ricordo quanti semafori rossi ho ignorato?

Sono arrivata da loro come una furia.

A malapena avevo notato la casa a soqquadro, i miei occhi erano solo su loro due.

Ammanettati al termosifone.

Respirai con forza e dissi “Sto aspettando che le urla smettano”.

I due si guardarono perplessi, poi Castle prese la parola “Quali urla?”.

“Quelle nella mia testa!”, gridai, ma poi cercai di ritrovare il mio contegno “Spiegazioni, prego!”, dissi inflessibile, piantandomi davanti a Slaughter con le braccia incrociate e lo sguardo più severo che riuscii a mostrare.

“È tutto molto semplice”, il suo cercare di minimizzare la situazione mi innervosì ancora di più e lui se ne accorse “Ok, ok, senti... siamo andati direttamente all’archivio dell’asta e abbiamo chiesto gentilmente qualche informazione all’incaricato...”.

“Gentilmente?”, lo interruppe Castle “Stava sanguinando quando ce ne siamo andati!”.

“Era solo un graffietto superficiale!”.

“Non sembrava”.

Immaginate il mio umore vedendoli bisticciare tra di loro.

“Adesso piantatela!”, si zittirono immediatamente “Hai un’altra volta ignorato le regole e le procedure! Non puoi fare come ti pare sventolando pugni a destra e manca!”.

“Ops, Miss Perfettina, mi dispiace tanto averla turbata”, mi sfotté apertamente.

Che idiota senza speranza.

Ma il mio sguardo scorse su Castle. Non avrei sopportato guardarlo ridere di me.

Provai sollievo nel vederlo serio.

Anzi, era mortificato del comportamento del suo partner.

Sono abbastanza sicura che il più delle volte Castle sia incuriosito da Slaughter e lo trovi sopra le righe ma, fortunatamente, non in quel momento.

“Come siete finiti qui?”, domandai risoluta.

“In auto”, proseguì il detective con il suo solito atteggiamento.

Stava seriamente rischiando la vita.

Mi avvicinai a lui e liberai il suo polso dalle manette.

“Visto che fai fatica a capire le regole, forse le comprenderai meglio grazie al richiamo disciplinare che ho inoltrato mentre venivo qui”, aggiunsi placida.

Divenne paonazzo mentre si massaggiava il polso libero.

“Mi hai segnalato! No dannazione, è il terzo in due mesi!”.

Chi semina vento...

Comunque non è vero, stavo bluffando.

Ma non c’era bisogno di dirglielo subito.

“Vai nell’altra stanza a meditare ogni dettaglio che scriverai sul rapporto, e che io controllerò parola per parola”, gli ordinai colta da sadica euforia che mi guardai bene dall’esternare.

Sbuffò e sbatté i piedi ma obbedì.

Castle allungò come poté il polso verso di me, tacita richiesta di essere liberato a sua volta.

Secondo voi mi sarei lasciata sfuggire quest’occasione piovuta dal cielo?

Dopo averne sprecate tante negli ultimi anni, non avevo intenzione sprecarne ancora.

Mi guardò sorpreso chiedendomi con gli occhi perché lo stessi punendo in quel modo.

“Cos’ è successo, Castle?”, domandai diretta.

Normalmente tergiverso, lo so, infatti lui non capì che non mi stavo riferendo all’indagine.

“Li abbiamo colti sul fatto quando siamo arrivati qui, ci hanno ammanettati e sono scappati. Lo so che sei arrabbiata ma non è colpa di Slaughter... beh, non del tutto...”.

“Arrabbiata?”.

Ma davvero non si rendeva conto?

“Sì, Castle, sono arrabbiata, ma soprattutto sono preoccupata! Perché, ogni volta che esci dal distretto con lui, non so mai se tornerai tutto intero!”.

“Slaughter voleva aspettare e chiamarti questa volta, ho insistito io per venire qua subito”, rispose ignorando la mia preoccupazione per lui.

“Per una volta che voleva seguire le regole, tu gliel’hai impedito?”, domandai esterrefatta, alzando la voce.

Sia per l’improvvisa redenzione di Slaughter che per l’altrettanta improvvisa sconsideratezza di Castle.

“Volevo solo essere sicuro di prendere quei bastardi! Noi avevamo informazioni fresche e voi non sareste arrivati in tempo!”.

Vi giuro che se aveste sentito la sua voce strozzata...

Inoltre non aveva mai definito nessuno con quell’appellativo. Nemmeno il peggiore dei criminali.

“Hai corso un rischio inutile, Castle”, dissi con più calma “Perché ti sei precipitato qui invece di chiamarmi?”.

“Perché ero preoccupato per te, ti sorprende tanto?!”, esternò tutto d’un fiato “Erano in casa tua Kate! Se fossi rientrata prima nel tuo appartamento, ti avrebbero aggredita in quattro e io proprio non riesco a togliermelo dalla testa, ok? Quindi sì, come abbiamo capito lo schema che stavano seguendo ho obbligato Slaughter a precipitarsi qui. Ho perso la testa. Ho fatto l’eroe. Mettila come vuoi, ma ti prego, non fare finta di essere stupita. Sono così stanco di nascondere e reprimere i miei sentimenti!”.

Penso possiate capire come mi sentissi in quel momento.

Aveva ragione, fino ad un mese prima non mi sarei affatto stupita.

Ma adesso, con tutto quello che ci stava succedendo?

“Ma se quasi non mi rivolgi la parola se non per i casi e ultimamente nemmeno più per quelli dato che stai sempre a casa o con Slaughter!”, le parole mi uscirono più scontrose di quanto volessi, ma ero ancora arrabbiata, preoccupata, frustrata e altri quindici o sedici sentimenti mescolati tutti insieme “Mi stupisco, è vero, mi stupisco che tu ancora non ti sia trasferito dall’altra parte del paese da quanto mi respingi!”.

“E non ti sei chiesta perché?!”, gesticolò allargando le braccia, ricordandosi solo all’ultimo di avere ancora un polso bloccato e strizzando appena gli occhi per il dolore provocatosi.

Io lo so che lui è praticamente l’uomo più buono del mondo, davvero, lo so, ma avete sentito cosa mi aveva chiesto?

“Secondo te non me lo sto domandando da giorni??!!”, avanzai come una furia costringendolo ad indietreggiare.

 Inclinò la testa e arricciò le labbra in una smorfia provocatoria “Non è divertente, vero? Intuire qualcosa, cogliere certi segnali e al tempo stesso sentirsi un completo idiota per non capire...”.

Mi stava spaventando.

“Pensa alle risate che mi sono fatto quando ti ho sentito dire ad uno sconosciuto, un sospettato, che anche tu avevi subito un trauma ma che ti ricordavi tutto perfettamente!”, sibilò “Ogni singolo istante”, ripeté con occhi di sfida le stesse parole che dissi, e che in quel momento mi rimbombavano nelle orecchie, mentre stavo cercando di far confessare Robert Lopes durante il caso della bomba esplosa al Boiler Plaza.  

Ero paralizzata.

“E io stupido a credere che non ti ricordassi nulla, era così ovvio...”, deglutì a forza con gli occhi lucidi.

“Castle...”, mormorai, ma lui proseguì, interrompendomi.

“Ma poi quelli ti sono entrati in casa e io...”, si protese in avanti accalorato, con le iridi di un blu molto più intenso del solito azzurro cielo.

“Castle...”, non riuscivo a tranquillizzarlo.

Avevo capito. Avevo capito tutto finalmente. Di me, di lui.

Di noi.

Se solo mi facesse parlare.

“...io non riuscivo a smettere di pensare a cosa sarebbe potut...”.

Adesso basta.

Sì, l’avevo zittito.

Mi ero lanciata su di lui e gli avevo chiuso la bocca con un bacio.

Sorrisi al pensiero che mesi prima gli avevo promesso che saremmo stati di nuovo ammanettati insieme, ma senza la tigre.

Beh, più o meno ci siamo.

“Kate...”, sussurrò tra un bacio e l’altro.

Non riusciva proprio a stare zitto!

Ad ogni modo, ero troppo presa per dargli ascolto.

Ridisse il mio nome ancora una volta, mentre a ripetizione gli accarezzavo le guance, la nuca e il collo.

Ma non fu lui a farmi sobbalzare e, finalmente, staccare da quelle labbra.

“Scena del crimine”, urlò Slaughter dalla stanza accanto, riportandomi alla realtà.

Mi ero scordata della sua presenza ma evidentemente lui non si era scordato della nostra, dato che aveva spiato ed origliato tutto.

“Devo scrivere dettagliatamente anche questo, detective Beckett?!”.

Posso fargli davvero rapporto? Posso?

A scopo preventivo! Tanto entro la fine della settimana combinerà sicuramente qualcos’altro!

Castle sorrise, uno di quei bei sorrisi pieni, che non gli vedevo addosso da tempo, e la mia irritazione sparì.

“Mi liberi il braccio, per favore?”, sussurrò sfiorandomi il naso.

Giusto, era ancora ammanettato.

Forse era per quello che si lamentava tanto.

Arrossii imbarazzata e lo liberai.

L’imbarazzo aumentò quando vidi la faccia da schiaffi di Slaughter, la pacca compiaciuta che diede a Castle sulla spalla –ma come? E io che l’avevo baciato!- e le continue allusioni e frecciatine che lanciò durante tutto il tragitto in auto.

Al distretto vedemmo Ryan, Esposito e gli agenti che erano andati con loro, rientrare con i quattro spacciatori ammanettati e dirigersi direttamente verso le sale interrogatori.

Entrambi i detectives mostravano i segni di percosse, cosa che istintivamente fece toccare a Slaughter la mascella e a Castle le costole.

Li guardai e sorrisi “Vi sta bene”.

Troppo cattiva?

Beh, Castle riceverà tutte le cure necessarie, statene certi, e di Slaughter non mi importa molto.

In seguito andammo ad assistere all’interrogatorio da dietro lo specchio divisorio sino alla completa confessione.

Avreste dovuto vedere la loro faccia quando scoprirono che se fossero stati un po’ più meticolosi, la sera precedente l’avrebbero fatta franca.

Ebbi un piccolo fremito quando Castle mi chiese “Ce ne andiamo?”.

Perché?

Perché avevo appena dato il via a qualcosa. Innescato nuove situazioni, nuove dinamiche, che mi mettevano un po’ in agitazione.

Causa ed effetto, ricordate.

L’avevo baciato e ora c’erano delle conseguenze a cui avrei dovuto far fronte.

Non fraintendetemi, non ero affatto pentita delle mie azioni.

La terapia con il dottor Burke mi aveva dato modo di far luce sui miei sentimenti verso Castle, perciò ero molto soddisfatta di me stessa.

Avevo scansato le mie paure e mi ero fatta avanti.

Ma il pensiero di stare da sola con lui mi causava brividi ovunque.

Sapevo con certezza cosa sarebbe successo.

Non si poteva aspettare oltre e nemmeno lo volevo.

Solo un lieve timore che le nostre azioni avrebbero cambiato le cose per sempre.

Ma avevo imparato che il più delle volte i cambiamenti erano positivi, anche se il salto nel vuoto era enorme.

Anche se il rischio di non trovare un tappeto elastico alla fine dello strapiombo era quasi sicuramente garantito.

Diedi un bel calcio nel sedere alla mia ansia, sorrisi e annuii.

Così siamo venuti qui nel suo loft, anche perché casa mia ha ancora i sigilli ed è un macello.

Un attimo di pazienza, non siamo ancora arrivati alla parte del divano.

C’era una cosa ancora che mi premeva chiedergli.

Un piccolo tarlo... una pulce nell’orecchio.

Mi accomodai su uno degli sgabelli accanto al bancone della cucina e vuotai il sacco.

“Come facevi ad essere così sicuro che non si trattava del caso di mia madre?”.

Aggrottò le sopracciglia fermandosi un momento dal versare il vino rosso nei due calici che aveva estratto dalla credenza.

 “Ieri sera”, spiegai “Quando ancora non sapevamo il motivo dell’effrazione nel mio appartamento, Slaughter ipotizzò che i responsabili stavano cercando qualcosa di preciso o che fosse un avvertimento di qualcuno che avevo fatto incazzare”.

Non si era ancora voltato. Continuava a restare di spalle con la bottiglia in mano a mezz’aria.

“Io ho pensato immediatamente che fosse un avvertimento da parte dell’assassino di mia madre e che tu saresti stato d’accordo”, proseguii allora “Invece eri sicurissimo che non fosse quello il motivo. Perché?”.

Pensai che avesse avuto una qualche intuizione delle sue. Di quelle che solo lui vede.

Ma quando si voltò, capii che c’era ben altro in ballo.

Mai avrei potuto immaginare di sentire quelle parole.

Mi disse tutto. Mi spiegò dell’uomo, amico di Montgomery, che lo aveva contattato fondamentalmente per chiedergli di farmi da balia. Di impedirmi di andare troppo a fondo nelle mie ricerche sul cecchino che mi aveva sparato e sul mandante dell’omicidio di mia madre.

Sarei restata in vita fintanto che non indagavo sul caso più importante della mia vita, quindi no, non poteva essere quello il motivo per cui qualcuno aveva messo a soqquadro casa mia, visto che erano mesi che non avevo nessuna pista da seguire.

Mi sentii morire.

Mi sentii tradita.

Non potevo credere che l’unica persona che sentivo davvero vicina, mi avesse fatto questo.

Non riuscivo a dire nulla. Nessun suono.

Lo fissavo con la vista appannata, in procinto di scoppiare a piangere.

“Stavo solo cercando di proteggerti”.

Quello davanti a me era un uomo distrutto.

E capii che non mi aveva tradita. Non mi aveva delusa.

Mi amava.

Stay with me, okay? Kate... I love you. I love you, Kate.

E in un secondo mi ritrovai a rivivere quel momento, stesa su quel manto verde macchiato di rosso mentre lui mi implorava di non morire, legandomi a lui con quelle parole.

Parole che nemmeno una vera amnesia mi avrebbero mai fatto scordare.

Sbattei le palpebre per ritornare alla realtà ma un altro Castle mi venne davanti agli occhi.

Sono così stanco di nascondere e reprimere i miei sentimenti!

Quello di poche ore fa.

Arrabbiato e frustrato, come me.

E poi finalmente tornai alla realtà e vidi Castle davanti a me.

Terrorizzato di aver appena mandato tutto all’aria.

Non so come spiegarvelo, ma mi scattò una specie di molla dentro.

Aggirai il bancone e per la seconda volta in quella giornata e mi gettai tra le sue braccia.

Ci dimenticammo del vino e barcollammo fino al divano.

Ed eccoci qui, siamo tornati al principio della storia.

Castle ritorna in soggiorno “Scusa l’interruzione. Gina non ci disturberà più”, lo dice mentre va a recuperare i due bicchieri abbandonati sul ripiano della cucina “Le ho consigliato di andare a c...”, si ferma davanti al divano porgendomi uno dei calici mentre lo guardo male per il linguaggio utilizzato “...correggere di nuovo le bozze, cosa avevi capito? Vanno benissimo così!”, sedendosi e sorridendomi.

Sento il suo sguardo addosso mentre sorseggio quel liquido rosso e fruttato, così lo guardo con la coda dell’occhio.

“Mi sei sembrata assorta, mentre ero al telefono. A cosa stavi pensando?”.

Potrà sembrarvi ridicolo, ma sapere che mentre era al telefono con l’ex moglie non ha mai tolto gli occhi da me, mi ha riempita di gioia.

“Se proseguiamo da dove siamo stati interrotti, forse te lo dico”, rispondo provocante.

Quanti secondi ci ha messo, secondo voi, a spalmarsi su di me?

Esattamente.

Vi starete chiedendo perché vi ho raccontato tutto questo.

Per tutte le donne là fuori.

Per quelle in attesa del principe azzurro o del pirata avventuriero.

Per quelle che non hanno il coraggio di dichiararsi e per quelle che l’hanno fatto ma è andata male.

Causa ed effetto, ragazze.

Ogni azione, giusta o sbagliata, vi aprirà la porta alla prossima tappa della vostra vita.

Agite.

Vivete.

Perché se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque, e con molti meno drammi aggiungerei.

In secondo luogo, non voglio dire che dobbiate andare tutte a fare acquisti alle aste della polizia e sperare di comprare un oggetto pieno zeppo di droga... dico solo che la prossima azione che farete, dal momento in cui smetterete di leggere le mie parole, può determinare in maniera considerevole il vostro futuro.

Allora? Siete ancora lì sedute?

Ci avete pensato? Andate e agite.

Uno scrittore di gialli potrebbe essere dietro l’angolo in attesa di una vostra mossa!

Ma non Richard Castle, lui è già preso.

Ora, perdonatemi ma, da come si mettono le cose qui sul divano, devo proprio elevare il mio livello di attenzione al 100%.

 

 

 

 

 

 

Ivi’s Corner:

 

Mancavo da troppo tempo ma non so se ho fatto bene a tornare... con questa pazzia xD

Spero che vi faccia sorridere in queste giornate freddissime!

Non sapendo quando tornerò a pubblicare, vi auguro in anticipo buon Natale e felicissimo anno nuovo!!! :-*

 

Ivi87

   
 
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