Causa/Effetto
La
conoscete la regola della causa-effetto?
Secondo
il Buddismo, la legge della causa ed effetto sottende il funzionamento
di tutti
i fenomeni. Pensieri, parole ed azioni positive generano effetti
positivi e
portano alla felicità. Viceversa, azioni negative conducono
all’infelicità.
In
parole povere ogni cosa che facciamo ha delle conseguenze.
Non
sto dicendo niente di nuovo, lo so bene, e nemmeno c’era
bisogno di scomodare
le religioni – ma ben presto capirete le mie ragioni-, eppure
ci sono momenti
in cui persino le ovvietà sembrano concetti nuovi appena
appresi.
Perché
ve lo sto raccontando? Perché sono qui distesa sul divano,
abbarbicata come non
mai all’uomo che da anni ormai si è impadronito
del mio cuore e della mia mente,
e come un lampo a ciel sereno mi sono resa conto che forse non sarei
qui, in
questo preciso momento, se avessi fatto scelte diverse e compiuto
azioni
diverse, anche banali.
Eh
sì, lo so, dovrei essere al 100% concentrata
sull’uomo che mi sta sopra e non
pensare alla filosofia della vita ma, ammettiamolo, noi donne siamo
multitasking anche in quei momenti e comunque tra poco avrà
tutta la mia
attenzione, ve lo garantisco.
Sono
una pessima narratrice, vero?
È
lui lo scrittore, che vi aspettate da me?!
Va
bene, cercherò di spiegarvi tutto ma dovrete avere un
po’ di pazienza e tornare
indietro con me fino a ieri sera.
22
ore prima
Sì,
proprio come nei film! Ventidue ore fa me ne stavo tornando a casa dopo
il mio
turno al distretto.
Guardavo
l’orologio di mio padre mentre salivo le scale del mio
palazzo.
Le
dieci di sera.
E
grazie al cielo quella giornata stava per finire.
Erano
tutte giornate strane, a dire il vero.
Non
tanto per il lavoro. Quanto per il mio partner.
Freddo
per la maggior parte del tempo e oggi addirittura assente.
Aveva
preferito seguire un altro detective invece di stare con me.
Sì,
quella che sentite nella mia voce è una punta di gelosia e
sì, lo ammetto senza
problemi.
Non
starò qui ad annoiarvi con i particolari delle mie sedute
con il Dottor Burke,
ma diciamo che ho raggiunto una certa consapevolezza dei miei
sentimenti.
Logicamente
se io sono al Parco della Vittoria,
lui cosa fa? Ritorna al VIA.
Perdonatemi
la similitudine con il Monopoly, ma sembrava la più
appropriata.
Ero
frustrata, ammetto anche questo, ma capivo che avesse le sue ragioni.
Non
gli avevo dato nessun motivo per aspettarmi.
Solo
che mi sembrava che avessimo fatto dei passi avanti – e una
volta tanto nella
stessa direzione – dal giorno della sparatoria.
Avevo
tutti questi pensieri in testa quando sono arrivata al mio
pianerottolo, perciò
potete capire come mai non me ne fossi accorta subito.
Dovetti
arrivare fin davanti alla porta per vedere che era socchiusa e senza lo
stipite.
Come
se fosse saltato in aria a causa di un calcio.
La
mia mano era corsa subito sul calcio della pistola mentre
l’altra apriva di
poco la porta.
Non
ci volle molto per capire che ormai non c’era più
nessuno all’interno.
Li
avrei ammazzati solo per il macello che avevano lasciato!
Non
giudicatemi, non siete voi a dover ripulire.
Corsi
a controllare il nascondiglio in cui tengo la mia pistola di riserva e
con
sollievo la trovai al suo posto.
“Detective
Kate Beckett, distintivo 41319, devo denunciare un’effrazione
con scasso presso
il mio appartamento”.
Avvisai
immediatamente il distretto e successivamente Ryan ed Esposito.
Nessun’altro.
Era
tardi e in fin dei conti non era successo nulla di grave, stavo bene e
non
volevo spaventare mio padre, Lanie o Castle.
Perciò
immaginate il mio stupore quando l’ho visto spuntare da
dietro alla porta,
ormai spalancata, insieme al detective Ethan Slaughter.
Cercavo
di non darlo a vedere ma ero davvero contenta che fosse lì.
Sì,
sì, lo so, tre secondi prima avevo detto di non volerlo
chiamare, ma dovreste
conoscermi ormai. Voglio affrontare tutto da sola senza pesare sugli
altri.
Alla
mia espressione interrogativa, Slaughter mi spiegò la loro
presenza “Stavamo
andando a festeggiare la chiusura del caso delle teste mozzate in un
bar qui
vicino quando abbiamo sentito l’avviso alla radio. Sherlock
si è agitato come
una femminuccia!”, disse dando un colpetto al gomito di
Castle.
Si
poteva vedere l’imbarazzo dipinto sul suo volto mentre
Slaughter se la ghignava
divertito.
Nel
caso non lo sapeste, nutro poca simpatia e ancora meno stima per
quell’uomo.
Saperlo
con Castle tutto il giorno non mi tranquillizzava per nulla.
“Stai
bene?”, era riuscito poi a domandarmi allontanandosi da
Slaughter ma eludendo
accuratamente il mio sguardo in favore dei miei mobili malamente
rovesciati.
Ho
voluto evitare di dare peso alla cosa perciò sorrisi e
risposi “Si tutto bene,
Castle, grazie” con un tono più dolce possibile.
Potei
quasi vedere Slaughter scivolare sul mio miele, mentre mi mostrava la
sua
approvazione sfoggiando un bel pollice in su.
Bastò
a farmi tornare in me e mi ricomposi “Non li ho visti, quando
sono arrivata se
n’erano già andati”.
“Come
fai a dire che non è un solo ladro?”,
domandò Castle.
“Troppo
casino”, rispose prontamente Slaughter.
Annuii
e aggiunsi “Ma non sono sicura che siano ladri. Non mi sembra
manchi nulla”.
“O
stavano cercando qualcosa di preciso o hai fatto incazzare qualcuno e
questo è
servito da avvertimento”.
Sentii
lo sguardo di Castle su di me e ne ebbi la conferma quando mi voltai
verso di
lui.
Se
avevo fatto incazzare qualcuno?
Il
mandante dell’omicidio di mia madre, ad esempio?
“Stavano
cercando qualcosa”, affermò asciutto Castle,
sorprendendomi.
Credevo
sarebbe arrivato alla mia stessa conclusione.
Doveva
riguardare per forza il caso di mia madre!
“Se
ti avessero voluta morta ti avrebbero aspettata
nell’appartamento”, proseguì,
trovando l’appoggio di Slaughter.
“Peccato.
Mi piaceva di più l’idea che tu avessi fatto
incazzare qualcuno”, rise il
detective.
Il
suo pessimo umorismo mi scivolò addosso.
Ero
più interessata alla sicurezza con cui Castle accolse
immediatamente l’ipotesi
dei ladri.
Mi
diede l’impressione che sapesse qualcosa.
Che
mi stesse nascondendo qualcosa.
Ma
l’arrivo di Ryan ed Esposito con la scientifica mi
impedì di approfondire i
miei pensieri.
Spostarono
tutto, rovistarono ovunque rilevando le impronte digitali mentre io li
seguivo,
passo dopo passo, controllando i miei effetti personali.
“Confermo
che non manca nulla”, ripetei “Ma mi devono una tv
nuova”, borbottai a bassa
voce, ma scorsi un lieve sorriso sul volto di Castle che mi fece ben
sperare.
Aspettai
che la scientifica e i ragazzi se ne andassero per invitare Castle ad
aiutarmi
a risistemare.
L’avevo
evidentemente colto di sorpresa.
Iniziò
a balbettare in quel suo adorabile modo buffo che traspare ogni volta
che è
combattuto per qualcosa.
“Avanti
Sherlock, aiutiamo la signora a
ripulire”.
Non
era proprio quello che avevo in mente ma meglio di niente.
Mi
aiutarono a spostare le sedie e a raccogliere i cocci.
I
cuscini erano lacerati, proprio come se cercassero qualcosa
all’interno del
rivestimento.
Cosa
mai potrei nascondere nella fodera dei cuscini del divano?
Giusto
le tende si sono salvate. Neanche mi piacciono.
Vi
risparmio i dettagli sulla pulizia dell’appartamento e
saltiamo direttamente
alla parte importante.
Come?
Troppo sbrigativa? Ehi, ve l’ho detto, non sono un narratore
né tantomeno uno
scrittore. Se volete un bel racconto dettagliato, leggetevi i romanzi
di
Castle.
Dicevamo?
Ah, sì, il colpo di scena.
Alcuni
cocci e vari pezzi di stipite erano finiti sotto il mobiletto
all’ingresso,
proprio accanto alla porta.
Un
piccolo mobile di legno sul quale normalmente troneggia la scultura del
viso di
Buddha. In quel momento invece era riversa in orizzontale con il volto
verso la
parete.
Li
invitai a fare attenzione poichè la statua era di ceramica e
molto pesante.
Ovviamente,
neanche a dirlo, tra la goffaggine di Castle e la grazia
di Slaughter, il povero Buddha rotolò fino al pavimento
infrangendosi in un suono sordo.
I
due restarono con il mobiletto sospeso tra le mani, immobili, come se
muovendosi
avessero potuto peggiorare la situazione.
Il
che, ammettiamolo, è potenzialmente vero.
“Non
fa niente ragazzi”.
Quello
mi piaceva, in realtà, ma non era un problema. Era una
riproduzione comune e
facile da ricomprare.
“Non
avevi detto che era di ceramica?” chiese Castle chinandosi a
pulire.
Quando
mi avvicinai vidi i pezzi della statua cosparsi di polvere bianca.
“Solo
all’esterno è ricoperta da uno strato di ceramica
ma dentro è di gesso”.
Castle
continuava con la sua analisi della statua, convinto che mi avessero
rifilato
una fregatura.
Ma
dallo sguardo di Slaughter capii che nemmeno lui, come me, pensava che
quello
fosse gesso.
“Castle...”,
se c’è una cosa che si impara
all’accademia è a riconoscere quel tipo di
polvere bianca a colpo d’occhio “Non toccare
più nulla e lavati le mani”.
“Non
è gesso, Sherlock”, Slaughter affondò
due dita in un mucchietto di granelli e
ne saggiò la porosità con il pollice
“È droga”.
Ed
ecco spiegato cosa stavano cercando in casa mia.
“Non
hanno pensato che la statua potesse essere cava”,
ragionò Castle.
Già,
e nemmeno io.
Se
penso che avevo in casa un Buddha pieno di cocaina mi sale una rabbia!
Ora
capite la mia citazione iniziale sul buddismo?
Azioni
e conseguenze.
Compro
una statua per il mio nuovo appartamento e un anno dopo mi ritrovo una
banda di
spacciatori che me lo distrugge.
Azioni
negative, conseguenze negative.
Ma
ricordate dove sono, vero? Quindi qualcosa di buono sta per arrivare.
Per
dovere di cronaca vi informo che la sessione di baci poco casti sul
divano è
stata momentaneamente interrotta da questioni improrogabili legate al
suo nuovo
libro.
Sento
le urla di Gina sin da qui.
Temo
che ci vorrà un po’, ma almeno avrò
modo di proseguire per bene il mio
racconto.
Procediamo
con ordine.
Dopo
la scoperta della droga gli animi si sono un po’ agitati.
Castle
non voleva che restassi un minuto di più in
quell’appartamento, in caso i
proprietari della cocaina avessero voluto dare una seconda occhiata.
Io
ovviamente non volevo saperne di andarmene.
Era
casa mia e non mi avrebbero sbattuta fuori tanto facilmente!
Dopo
una serie di botta e risposta me ne uscii con “Io non me ne
vado, se preferisci
puoi restare a fare la guardia!”.
Come
lo dissi ripensai a quando Castle aveva dormito sul divano del mio
vecchio
appartamento per controllare che Scott Dunn non mi facesse del male.
Non
era mia intenzione forzarlo a restare ma questa volta non mi sarebbe
affatto
dispiaciuto. Sarebbe potuta essere una buona occasione per parlare di
noi.
“Vai
da Lanie”, disse invece “Per favore”.
Aveva
giocato l’asso.
Se
Lanie avesse saputo, anche solo lontanamente, che volevo restare in una
casa a
soqquadro, da poco invasa da chissà quale sottospecie di
banda criminale, non
avrei più rivisto la luce del giorno.
La
mano di Castle era già sul cellulare.
“Ok,
ok, va bene”, mi arresi, anche a causa della stanchezza.
E
perché sapere che ancora ci teneva, mi aveva appena fatto
accelerare il battito
cardiaco.
Aspettai
che se ne fossero andati e cercai di chiudere la porta come meglio
potevo.
“Ma
sei cretino, Sherlock!”, sentii la voce forte di Slaughter
attraverso il legno
“Ti aveva invitato a restare!! Ti devo fare un
disegnino?”, è l’ultima cosa che
udii in lontananza prima che sparissero nella tromba delle scale.
La
mattina seguente mi ritrovai Ryan ed Espo come scorta, ad attendermi
fuori
dalla porta di casa di Lanie.
Sono
andata da lei dopo aver comunicato della scoperta della droga ed aver
atteso
l’agente incaricato a raccogliere le prove.
Al
distretto trovai Castle seduto al suo posto e Slaughter al mio.
“Se
mi hai alzato la sedia ti sparo”, lo salutai.
“Buon
giorno a te detective. Pronta per arrestare degli spacciatori sfascia
appartamenti?”, disse, invece di rispondermi a tono.
Strano.
Forse
Castle aveva più presa su di lui di quanto pensassi.
“Non
è un tuo caso, Slaughter”, lo imbeccò
Espo.
“Ehi!
Abbiamo risposto noi per primi alla chiamata e ci teniamo il caso! Vero
Sherlock??!!”, l’occhiataccia che gli
lanciò lo obbligò ad annuire.
Mi
rimangiai tutto, Slaughter aveva in pugno Castle.
“Sentite,
siamo abbastanza adulti da lavorare al caso tutti insieme,
giusto?”, sì, mi
resi contro della cavolata solo dopo averla detta, purtroppo.
Adulti?
Un
principio di emicrania si fece largo tra le mie sinapsi al pensiero di
dover
far da babysitter a quei quattro.
“Cominciamo,
bellezza!”, balzò in piedi Slaughter
“Dove hai preso il faccione?”.
Dove
l’avevo preso? In un luogo sicuro! O almeno era quello che
credevo...
“Ad
un’asta della polizia”, risposi scansandolo e
riappropriandomi del mio posto.
Espo
scuote la testa “Posso già vedere i titoli di
domani sui giornali: Polizia inconsapevole
vende droga”.
Oppure:
L’eroina Nikki Heat in possesso di
eroina.
Mi sentii male al pensiero di danneggiare in qualche modo Castle.
Digitai
frenetica sulla tastiera del computer per ottenere il più
velocemente possibile
le informazioni che mi servivano.
“Avete
un elenco delle aste pubbliche che tiene la Polizia?”,
domandò Castle spuntando
dietro di me, sulla mia spalla.
Sorrisi
allo schermo perché, anche se le cose tra noi non andavano
bene, eravamo ancora
in sintonia.
“Sì,
sto cercando di accedere ai registri dell’anno
scorso”, ma scoprii che non
erano consultabili online, perciò inoltrai richiesta formale
di ogni articolo
confiscato dalla polizia e messo poi in vendita.
“Io
compro spesso alle aste giudiziarie, ragazzi”, ci disse Ryan
con sguardo
preoccupato “E se avessi anche io in casa qualche oggetto speciale?”.
In
realtà questo accade raramente.
Si
mettono in vendita solo beni confiscati, pignorati o mai reclamati dai
legittimi proprietari, e sono rigorosamente passati al setaccio prima
di essere
messi all’asta.
Ma
il doppio fondo del mio faccione
non
deve essere stato notato.
Per
quanto mi riguarda, una volta comprato e sistemato
all’ingresso, non me ne sono
più curata molto.
Mea
culpa, smonterò qualsiasi altra cosa comprerò,
d’ora in poi.
“Sono
sicura di no”, lo rassicurai con un tenero sorriso.
Slaugher
si intromise malamente “I momenti morti delle indagini mi
annoiano, quindi vado
con Sherlock a fare qualche domanda in giro. A qualcuno deve pur essere
sparita
una grossa quantità di roba
e
scommetto che sarà molto incazzato!”, saltellava
all’idea di uno scontro
verbale e, quasi sicuramente, fisico “Andiamo Castle, ti va
un’altra bella
rissa? Coraggio!”, e lo trascinò in ascensore
senza possibilità di replica.
I
vari pestaggi dei giorni passati non gli erano bastati evidentemente.
Faceva
male vedere Castle al fianco di un detective che non fossi io, ma non
avevo
nessun diritto di chiedergli di restare contro il suo volere.
Se
aveva bisogno di tempo, glielo avrei dato, aspettando in disparte come
lui
aveva fatto per me in questi anni.
Ma
il non sapere cosa avesse innescato quel cambiamento in lui mi
tormentava
giorno e notte.
Come
aveva fatto Castle, in questi anni?
Come
ci si mette da parte senza fare domande?
Sarò
anche addestrata al combattimento, ma è lui quello
più forte dei due.
Non
sono una fan di Slaughter ma aveva ragione sui momenti morti nei casi.
Davvero
noiosi.
La
nostra squadra non aveva casi in corso perciò,
nell’attesa, passammo alla
compilazione delle scartoffie degli ultimi casi risolti.
Scommetto
che ora siete contente che non sia una narratrice minuziosa e ricca di
dettagli, eh?
Un’ora
-e tre telefonate di sollecito- dopo, ricevemmo via fax la lista di
tutte le
aste della Polizia dell’ultimo anno.
Gli
articoli venduti erano molti ma finalmente trovammo l’asta
pubblica dove
compariva la statua di Buddha con tanto di fattura a mio nome.
Risalimmo
quindi alla sua ubicazione originaria.
Era
l’appartamento di un ragazzino ricco, Kurt Denvers, che aveva
fatto affari –loschi
affari- con una banda di spacciatori del Queens.
Dal
database informatico scoprimmo che Denvers era rimasto ucciso durante
la retata
dell’antidroga mentre il resto della banda era stata
catturata e arrestata.
Nell’appartamento
trovarono il laboratorio che utilizzavano per preparare le dosi e
svariati
residui di cocaina, ma del carico vero e proprio non c’era
traccia.
Dai
verbali leggemmo che uno degli spacciatori, durante l’ultimo
interrogatorio,
rivelò che era Kurt Denvers ad occuparsi della sicurezza
della merce e che solo
lui sapeva dove nasconderla.
Espo
si stava avvicinando a me e Ryan con passo sicuro, sembrava avere una
pista “Ho
chiamato Sing Sing, ogni membro della banda è uscito di
prigione una settimana
fa per buona condotta”.
E
in quel momento ebbi un’intuizione.
Diedi
a Ryan il compito di controllare dove fosse ora il resto del mobilio
proveniente da quell’appartamento. Per fare prima ci
dividemmo gli articoli
battuti all’asta.
Come
pensavo, la banda era andata a rovistare anche nelle case dove
risiedevano gli
altri oggetti di Kurt.
“Stanno
passando in rassegna ogni pezzo d’arredamento di
Denvers”, disse Ryan “Ma come
fanno a sapere dove sono ora questi oggetti?”.
“Come
lo abbiamo appena scoperto noi”, dissi asciutta, piena di
delusione come ogni
volta che scopro una falla all’interno del sistema
“Qualcuno all’archivio delle
aste della Polizia gli ha passato l’elenco”.
Presi
la lista delle aggressioni e quella degli oggetti venduti e le misi a
confronto.
“Stanno
andando in ordine”, notai e cercai immediatamente il nome
dell’acquirente
successivo al mio “Elias Thompson deve essere il loro
prossimo obiettivo”.
Valutai
velocemente il da farsi.
“Loro
sono solo in quattro e non sanno che gli stiamo addosso. Espo, prendi
cinque
agenti e andiamo all’indirizzo di Thompson. Ryan, rintraccia
il suo numero e
fallo venire qui, digli di stare lontano da casa sua”.
Mentre
i due detectives ubbidivano ai miei ordini, mi infilai la giacca e
iniziai a domandarmi
se fosse o meno il caso di avvisare Slaughter.
Averlo
fuori dai piedi avrebbe garantito la buona riuscita
dell’operazione ma avrebbe
significato estromettere anche Castle.
Inoltre,
eravamo tutti parte della stessa squadra, parole mie che non posso
rimangiarmi.
Fissavo
il telefono indecisa, quando il nome di Slaughter comparve sul display.
“Beckett”,
risposi rassegnata a renderlo
partecipe degli sviluppi “Li abbiamo in pugno, sappiamo dove
stanno per
colpire”.
“Ne
dubito”, disse con tono colpevole e un leggero colpetto di
tosse “Potremmo
averli messi in fuga”.
Vi
giuro che ho sentito ogni vena del mio corpo pulsare.
Dovetti
inspirare ed espirare un paio di volte.
“Cosa
diavolo hai combinato, Slaughter!!”, tuonai infine.
Non
sono mai stata un tipo zen.
“Bellezza,
non c’è bisogno di urlare! Manda più
agenti che puoi in direzione della
superstrada 47 e dì loro di diramare un bollettino per un
vecchio furgone blu
con una fiamma sulla fiancata destra”, mi ordinò
tranquillo “Ah, e vieni a liberarci!” e
riagganciò.
Ryan
ed Esposito mi domandarono come mai stessi stringendo in quel modo il
cellulare
ad occhi chiusi.
Non
mi venne in mente nessuna risposta calma e pacata, mi limitai a fornire
loro le
nuove direttive e li mandai all’inseguimento degli
spacciatori mentre io mi
preparavo ad una discussione di proporzioni epiche.
Non
riuscivo a pensare ad altro se non a Castle in pericolo.
Avrei
dovuto togliergli il caso sin dall’inizio.
Avrei
dovuto obbligarli a restare al distretto per tenerli
sott’occhio.
Capite
come mi sentivo?
Ancora
una volta le mie decisioni, le mie azioni avevano prodotto le relative
conseguenze.
Potevano
restare uccisi perché io non mi ero imposta a sufficienza.
Castle
era sotto la mia responsabilità ed ora era in pericolo a
causa mia.
E
non solo perché non ho impedito a Slaughter di fare quello
che voleva, ma a
priori se stava seguendo i casi con lui –mettendosi in un
guaio dopo l’altro-
era soltanto colpa mia.
Mi
credete se vi dico che non ricordo quanti semafori rossi ho ignorato?
Sono
arrivata da loro come una furia.
A
malapena avevo notato la casa a soqquadro, i miei occhi erano solo su
loro due.
Ammanettati
al termosifone.
Respirai
con forza e dissi “Sto aspettando che le urla
smettano”.
I
due si guardarono perplessi, poi Castle prese la parola
“Quali urla?”.
“Quelle
nella mia testa!”, gridai, ma poi cercai di ritrovare il mio
contegno “Spiegazioni,
prego!”, dissi inflessibile, piantandomi davanti a Slaughter
con le braccia
incrociate e lo sguardo più severo che riuscii a mostrare.
“È
tutto molto semplice”, il suo cercare di minimizzare la
situazione mi innervosì
ancora di più e lui se ne accorse “Ok, ok,
senti... siamo andati direttamente
all’archivio dell’asta e abbiamo chiesto
gentilmente qualche informazione
all’incaricato...”.
“Gentilmente?”,
lo interruppe Castle “Stava sanguinando quando ce ne siamo
andati!”.
“Era
solo un graffietto superficiale!”.
“Non
sembrava”.
Immaginate
il mio umore vedendoli bisticciare tra di loro.
“Adesso
piantatela!”, si zittirono immediatamente “Hai
un’altra volta ignorato le
regole e le procedure! Non puoi fare come ti pare sventolando pugni a
destra e
manca!”.
“Ops,
Miss Perfettina, mi dispiace tanto averla turbata”, mi
sfotté apertamente.
Che
idiota senza speranza.
Ma
il mio sguardo scorse su Castle. Non avrei sopportato guardarlo ridere
di me.
Provai
sollievo nel vederlo serio.
Anzi,
era mortificato del comportamento del suo partner.
Sono
abbastanza sicura che il più delle volte Castle sia
incuriosito da Slaughter e
lo trovi sopra le righe ma, fortunatamente, non in quel momento.
“Come
siete finiti qui?”, domandai risoluta.
“In
auto”, proseguì il detective con il suo solito
atteggiamento.
Stava
seriamente rischiando la vita.
Mi
avvicinai a lui e liberai il suo polso dalle manette.
“Visto
che fai fatica a capire le regole, forse le comprenderai meglio grazie
al
richiamo disciplinare che ho inoltrato mentre venivo qui”,
aggiunsi placida.
Divenne
paonazzo mentre si massaggiava il polso libero.
“Mi
hai segnalato! No dannazione, è il terzo in due
mesi!”.
Chi
semina vento...
Comunque
non è vero, stavo bluffando.
Ma
non c’era bisogno di dirglielo subito.
“Vai
nell’altra stanza a meditare ogni dettaglio che scriverai sul
rapporto, e che
io controllerò parola per parola”, gli ordinai
colta da sadica euforia che mi
guardai bene dall’esternare.
Sbuffò
e sbatté i piedi ma obbedì.
Castle
allungò come poté il polso verso di me, tacita
richiesta di essere liberato a
sua volta.
Secondo
voi mi sarei lasciata sfuggire quest’occasione piovuta dal
cielo?
Dopo
averne sprecate tante negli ultimi anni, non avevo intenzione sprecarne
ancora.
Mi
guardò sorpreso chiedendomi con gli occhi perché
lo stessi punendo in quel
modo.
“Cos’
è successo, Castle?”, domandai diretta.
Normalmente
tergiverso, lo so, infatti lui non capì che non mi stavo
riferendo
all’indagine.
“Li
abbiamo colti sul fatto quando siamo arrivati qui, ci hanno ammanettati
e sono
scappati. Lo so che sei arrabbiata ma non è colpa di
Slaughter... beh, non del
tutto...”.
“Arrabbiata?”.
Ma
davvero non si rendeva conto?
“Sì,
Castle, sono arrabbiata, ma soprattutto sono preoccupata!
Perché, ogni volta
che esci dal distretto con lui, non so mai se tornerai tutto
intero!”.
“Slaughter
voleva aspettare e chiamarti questa volta, ho insistito io per venire
qua
subito”, rispose ignorando la mia preoccupazione per lui.
“Per
una volta che voleva seguire le regole, tu gliel’hai
impedito?”, domandai
esterrefatta, alzando la voce.
Sia
per l’improvvisa redenzione di Slaughter che per
l’altrettanta improvvisa sconsideratezza
di Castle.
“Volevo
solo essere sicuro di prendere quei bastardi! Noi avevamo informazioni
fresche
e voi non sareste arrivati in tempo!”.
Vi
giuro che se aveste sentito la sua voce strozzata...
Inoltre
non aveva mai definito nessuno con quell’appellativo. Nemmeno
il peggiore dei
criminali.
“Hai
corso un rischio inutile, Castle”, dissi con più
calma “Perché ti sei
precipitato qui invece di chiamarmi?”.
“Perché
ero preoccupato per te, ti sorprende tanto?!”,
esternò tutto d’un fiato “Erano
in casa tua Kate! Se fossi rientrata prima nel tuo appartamento, ti
avrebbero
aggredita in quattro e io proprio non riesco a togliermelo dalla testa,
ok?
Quindi sì, come abbiamo capito lo schema che stavano
seguendo ho obbligato
Slaughter a precipitarsi qui. Ho perso la testa. Ho fatto
l’eroe. Mettila come
vuoi, ma ti prego, non fare finta di essere stupita. Sono
così stanco di
nascondere e reprimere i miei sentimenti!”.
Penso
possiate capire come mi sentissi in quel momento.
Aveva
ragione, fino ad un mese prima non mi sarei affatto stupita.
Ma
adesso, con tutto quello che ci stava succedendo?
“Ma
se quasi non mi rivolgi la parola se non per i casi e ultimamente
nemmeno più
per quelli dato che stai sempre a casa o con Slaughter!”, le
parole mi uscirono
più scontrose di quanto volessi, ma ero ancora arrabbiata,
preoccupata,
frustrata e altri quindici o sedici sentimenti mescolati tutti insieme
“Mi
stupisco, è vero, mi stupisco che tu ancora non ti sia
trasferito dall’altra
parte del paese da quanto mi respingi!”.
“E
non ti sei chiesta perché?!”, gesticolò
allargando le braccia, ricordandosi
solo all’ultimo di avere ancora un polso bloccato e
strizzando appena gli occhi
per il dolore provocatosi.
Io
lo so che lui è praticamente l’uomo più
buono del mondo, davvero, lo so, ma
avete sentito cosa mi aveva chiesto?
“Secondo
te non me lo sto domandando da giorni??!!”, avanzai come una
furia
costringendolo ad indietreggiare.
Inclinò
la testa e arricciò le labbra in una
smorfia provocatoria “Non è divertente, vero?
Intuire qualcosa, cogliere certi
segnali e al tempo stesso sentirsi un completo idiota per non
capire...”.
Mi
stava spaventando.
“Pensa
alle risate che mi sono fatto quando ti ho sentito dire ad uno
sconosciuto, un
sospettato, che anche tu avevi subito un trauma ma che ti ricordavi
tutto
perfettamente!”, sibilò “Ogni singolo
istante”, ripeté con occhi di sfida le
stesse parole che dissi, e che in quel momento mi rimbombavano nelle
orecchie,
mentre stavo cercando di far confessare Robert Lopes durante il caso
della
bomba esplosa al Boiler Plaza.
Ero
paralizzata.
“E
io stupido a credere che non ti ricordassi nulla, era così
ovvio...”, deglutì a
forza con gli occhi lucidi.
“Castle...”,
mormorai, ma lui proseguì, interrompendomi.
“Ma
poi quelli ti sono entrati in casa e io...”, si protese in
avanti accalorato,
con le iridi di un blu molto più intenso del solito azzurro
cielo.
“Castle...”,
non riuscivo a tranquillizzarlo.
Avevo
capito. Avevo capito tutto finalmente. Di me, di lui.
Di
noi.
Se
solo mi facesse parlare.
“...io
non riuscivo a smettere di pensare a cosa sarebbe potut...”.
Adesso
basta.
Sì,
l’avevo zittito.
Mi
ero lanciata su di lui e gli avevo chiuso la bocca con un bacio.
Sorrisi
al pensiero che mesi prima gli avevo promesso che saremmo stati di
nuovo
ammanettati insieme, ma senza la tigre.
Beh,
più o meno ci siamo.
“Kate...”,
sussurrò tra un bacio e l’altro.
Non
riusciva proprio a stare zitto!
Ad
ogni modo, ero troppo presa per dargli ascolto.
Ridisse
il mio nome ancora una volta, mentre a ripetizione gli accarezzavo le
guance,
la nuca e il collo.
Ma
non fu lui a farmi sobbalzare e, finalmente, staccare da quelle labbra.
“Scena
del crimine”, urlò Slaughter dalla stanza accanto,
riportandomi alla realtà.
Mi
ero scordata della sua presenza ma evidentemente lui non si era
scordato della
nostra, dato che aveva spiato ed origliato tutto.
“Devo
scrivere dettagliatamente anche questo, detective Beckett?!”.
Posso
fargli davvero rapporto? Posso?
A
scopo preventivo! Tanto entro la fine della settimana
combinerà sicuramente
qualcos’altro!
Castle
sorrise, uno di quei bei sorrisi pieni,
che non gli vedevo addosso da tempo, e la mia irritazione
sparì.
“Mi
liberi il braccio, per favore?”, sussurrò
sfiorandomi il naso.
Giusto,
era ancora ammanettato.
Forse
era per quello che si lamentava tanto.
Arrossii
imbarazzata e lo liberai.
L’imbarazzo
aumentò quando vidi la faccia da schiaffi di Slaughter, la
pacca compiaciuta
che diede a Castle sulla spalla –ma come? E io che
l’avevo baciato!- e le
continue allusioni e frecciatine che lanciò durante tutto il
tragitto in auto.
Al
distretto vedemmo Ryan, Esposito e gli agenti che erano andati con
loro,
rientrare con i quattro spacciatori ammanettati e dirigersi
direttamente verso
le sale interrogatori.
Entrambi
i detectives mostravano i segni di percosse, cosa che istintivamente
fece
toccare a Slaughter la mascella e a Castle le costole.
Li
guardai e sorrisi “Vi sta bene”.
Troppo
cattiva?
Beh,
Castle riceverà tutte le cure necessarie, statene certi, e
di Slaughter non mi
importa molto.
In
seguito andammo ad assistere all’interrogatorio da dietro lo
specchio divisorio
sino alla completa confessione.
Avreste
dovuto vedere la loro faccia quando scoprirono che se fossero stati un
po’ più
meticolosi, la sera precedente l’avrebbero fatta franca.
Ebbi
un piccolo fremito quando Castle mi chiese “Ce ne
andiamo?”.
Perché?
Perché
avevo appena dato il via a qualcosa. Innescato nuove situazioni, nuove
dinamiche, che mi mettevano un po’ in agitazione.
Causa
ed effetto, ricordate.
L’avevo
baciato e ora c’erano delle conseguenze a cui avrei dovuto
far fronte.
Non
fraintendetemi, non ero affatto pentita delle mie azioni.
La
terapia con il dottor Burke mi aveva dato modo di far luce sui miei
sentimenti
verso Castle, perciò ero molto soddisfatta di me stessa.
Avevo
scansato le mie paure e mi ero fatta avanti.
Ma
il pensiero di stare da sola con lui mi causava brividi ovunque.
Sapevo
con certezza cosa sarebbe successo.
Non
si poteva aspettare oltre e nemmeno lo volevo.
Solo
un lieve timore che le nostre azioni avrebbero cambiato le cose per
sempre.
Ma
avevo imparato che il più delle volte i cambiamenti erano
positivi, anche se il
salto nel vuoto era enorme.
Anche
se il rischio di non trovare un tappeto elastico alla fine dello
strapiombo era
quasi sicuramente garantito.
Diedi
un bel calcio nel sedere alla mia ansia, sorrisi e annuii.
Così
siamo venuti qui nel suo loft, anche perché casa mia ha
ancora i sigilli ed è
un macello.
Un
attimo di pazienza, non siamo ancora arrivati alla parte del divano.
C’era
una cosa ancora che mi premeva chiedergli.
Un
piccolo tarlo... una pulce nell’orecchio.
Mi
accomodai su uno degli sgabelli accanto al bancone della cucina e
vuotai il
sacco.
“Come
facevi ad essere così sicuro che non si trattava del caso di
mia madre?”.
Aggrottò
le sopracciglia fermandosi un momento dal versare il vino rosso nei due
calici
che aveva estratto dalla credenza.
“Ieri
sera”, spiegai “Quando ancora non sapevamo
il motivo dell’effrazione nel mio appartamento, Slaughter
ipotizzò che i
responsabili stavano cercando qualcosa di preciso o che fosse un
avvertimento
di qualcuno che avevo fatto incazzare”.
Non
si era ancora voltato. Continuava a restare di spalle con la bottiglia
in mano
a mezz’aria.
“Io
ho pensato immediatamente che fosse un avvertimento da parte
dell’assassino di
mia madre e che tu saresti stato d’accordo”,
proseguii allora “Invece eri
sicurissimo che non fosse quello il motivo.
Perché?”.
Pensai
che avesse avuto una qualche intuizione delle sue. Di quelle che solo
lui vede.
Ma
quando si voltò, capii che c’era ben altro in
ballo.
Mai
avrei potuto immaginare di sentire quelle parole.
Mi
disse tutto. Mi spiegò dell’uomo, amico di
Montgomery, che lo aveva contattato
fondamentalmente per chiedergli di farmi da balia. Di impedirmi di
andare
troppo a fondo nelle mie ricerche sul cecchino che mi aveva sparato e
sul
mandante dell’omicidio di mia madre.
Sarei
restata in vita fintanto che non indagavo sul caso più
importante della mia
vita, quindi no, non poteva essere quello il motivo per cui qualcuno
aveva
messo a soqquadro casa mia, visto che erano mesi che non avevo nessuna
pista da
seguire.
Mi
sentii morire.
Mi
sentii tradita.
Non
potevo credere che l’unica persona che sentivo davvero
vicina, mi avesse fatto
questo.
Non
riuscivo a dire nulla. Nessun suono.
Lo
fissavo con la vista appannata, in procinto di scoppiare a piangere.
“Stavo
solo cercando di proteggerti”.
Quello
davanti a me era un uomo distrutto.
E
capii che non mi aveva tradita. Non mi aveva delusa.
Mi
amava.
Stay
with me, okay? Kate... I
love you. I love you, Kate.
E
in un secondo mi ritrovai a rivivere quel momento, stesa su quel manto
verde
macchiato di rosso mentre lui mi implorava di non morire, legandomi a
lui con
quelle parole.
Parole
che nemmeno una vera amnesia mi avrebbero mai fatto scordare.
Sbattei
le palpebre per ritornare alla realtà ma un altro Castle mi
venne davanti agli
occhi.
Sono
così stanco di nascondere
e reprimere i miei sentimenti!
Quello
di poche ore fa.
Arrabbiato
e frustrato, come me.
E
poi finalmente tornai alla realtà e vidi Castle davanti a me.
Terrorizzato
di aver appena mandato tutto all’aria.
Non
so come spiegarvelo, ma mi scattò una specie di molla dentro.
Aggirai
il bancone e per la seconda volta in quella giornata e mi gettai tra le
sue
braccia.
Ci
dimenticammo del vino e barcollammo fino al divano.
Ed
eccoci qui, siamo tornati al principio della storia.
Castle
ritorna in soggiorno “Scusa l’interruzione. Gina
non ci disturberà più”, lo
dice mentre va a recuperare i due bicchieri abbandonati sul ripiano
della
cucina “Le ho consigliato di andare a c...”, si
ferma davanti al divano
porgendomi uno dei calici mentre lo guardo male per il linguaggio
utilizzato
“...correggere di nuovo le bozze, cosa avevi capito? Vanno
benissimo così!”, sedendosi
e sorridendomi.
Sento
il suo sguardo addosso mentre sorseggio quel liquido rosso e fruttato,
così lo
guardo con la coda dell’occhio.
“Mi
sei sembrata assorta, mentre ero al telefono. A cosa stavi
pensando?”.
Potrà
sembrarvi ridicolo, ma sapere che mentre era al telefono con
l’ex moglie non ha
mai tolto gli occhi da me, mi ha riempita di gioia.
“Se
proseguiamo da dove siamo stati interrotti, forse te lo
dico”, rispondo
provocante.
Quanti
secondi ci ha messo, secondo voi, a spalmarsi su di me?
Esattamente.
Vi
starete chiedendo perché vi ho raccontato tutto questo.
Per
tutte le donne là fuori.
Per
quelle in attesa del principe azzurro o del pirata avventuriero.
Per
quelle che non hanno il coraggio di dichiararsi e per quelle che
l’hanno fatto ma
è andata male.
Causa
ed effetto, ragazze.
Ogni
azione, giusta o sbagliata, vi aprirà la porta alla prossima
tappa della vostra
vita.
Agite.
Vivete.
Perché
se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque, e con
molti meno drammi
aggiungerei.
In
secondo luogo, non voglio dire che dobbiate andare tutte a fare
acquisti alle
aste della polizia e sperare di comprare un oggetto pieno zeppo di
droga...
dico solo che la prossima azione che farete, dal momento in cui
smetterete di
leggere le mie parole, può determinare in maniera
considerevole il vostro
futuro.
Allora?
Siete ancora lì sedute?
Ci
avete pensato? Andate e agite.
Uno
scrittore di gialli potrebbe essere dietro l’angolo in attesa
di una vostra
mossa!
Ma
non Richard Castle, lui è già preso.
Ora,
perdonatemi ma, da come si mettono le cose qui sul divano, devo proprio
elevare
il mio livello di attenzione al 100%.
Ivi’s
Corner:
Mancavo
da troppo tempo ma non so se ho fatto bene a tornare... con questa
pazzia xD
Spero
che vi faccia sorridere in queste giornate freddissime!
Non
sapendo quando tornerò a pubblicare, vi auguro in anticipo
buon Natale e felicissimo
anno nuovo!!! :-*
Ivi87