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Autore: Ilune Willowleaf    11/03/2005    8 recensioni
in un mondo di colonie, regni, pirati e marina militare, tante vite s'intrecciano e si scontrano... chi è nel giusto? e chi è nel torto? A qualcuno non importa. A qualcuno, interessa solo seguire i propri sentimenti
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Philia Ul Copt, Valgarv
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9
Pirati!!!
Nota: questo è un AU/AT (Another Universe & Another Time), cioè si ambienta in un mondo senza la magia, e con un’ambientazione, costumi e armi della metà del ‘700 della nostra dimensione. È una storia di pirati e corsari, con regni e colonie. Ho messo due regni principali, coi nomi di Zephilia e Saillune, non per fare pasticci geografici (nelle mappe del cartone non sono certo come li posiziono io), ma semplicemente perché, essendo l’uno il regno della Magia nera e l’altro della Magia bianca, ho pensato che erano perfette per ‘simulare’ i rapporti che potevano esserci tra Francia e Inghilterra ai tempi del Corsaro Nero (è da quella serie di libri di Salgari che ho preso in parte l’ispirazione, e non come qualcuno potrebbe pensare, da “la maledizione della prima luna”).
Siccome ho alcuni personaggi inventati del tutto o quasi da me, che mi piacciono molto, e che si integrano bene con quelli originali, li troverete a infestare anche qui! ^__^ Sto parlando di Dessran, Poseidon e Nerea. Per quelli quasi-inventati, Gro, Rashart e Raltark, di cui si sa solo il nome, e a cui io ho dato un volto; l’aspetto e il carattere di Dolphin sono invece il frutto della fantasia di Eternal Fantasy, visto che mi piace troppo come ha descritto la Dark Lady nella saga di Detective Story!!
Capitolo 1: la prigionia è una cosa relativa…
La grande nave da preda fendeva le onde con la facilità con cui un falco avrebbe solcato i cieli. Sulla polena si infrangevano le onde, che si accanivano inutilmente sul legno intagliato in foggia di una feroce testa di drago, dipinta di rosso. Accanto ad essa, una per lato, due più piccole sembravano voler deridere le onde che, infrantesi sulla testa maggiore, scorrevano domate lungo i possenti ma agili fianchi della nave.
Sul ponte della ‘Drago di Sangue’ regnava una relativa calma: la brezza leggera in poppa garantiva il movimento, ma non era tanto tesa da obbligare i marinai a stare costantemente al lavoro sulle vele; il cielo era calmo e sereno, e sul pennone principale, un paio di metri sotto la bandiera, la vedetta scrutava con scrupolo e metodo l’orizzonte.
La nave da córsa (qui inteso “per azioni di pirateria attuate da un corsaro” NdIlune) era appena entrata nelle acque territoriali di Saillune, e ciò significava una sola cosa: qualsiasi nave da carico sola, era preda. Il Dragone Rosso era un corsaro tanto abile quanto imprendibile: in quindici anni non era mai stato preso dalla Marina dei regni nemici, né aveva mai subito danni gravi da nave nemica. La sua bandiera, tre teste di drago rosso sovrapposte al teschio bianco su fondo nero, era diventata il terrore delle navi di Saillune, che spesso si arrendevano senza nemmeno combattere, nel vedere il vessillo. C’è da dire però che il Dragone Rosso era clemente coi nemici che si arrendevano subito; solitamente, si limitava a spogliarli di tutte le ricchezze, e a rispedirli alla terraferma più vicina, colonie o madrepatria, con la nave ridotta all’osso. In questo modo, soleva dire sogghignando, quei polli tornavano più in fretta a farsi spennare.
In quel momento, però, il capitano stava dormicchiando, sdraiato su un’amaca, con una gamba di fuori, dondolandosi pigramente. Era caldo, e la giacca arancione come la fiamma che indossava sempre era slacciata e aperta, i guanti di pelle abbandonati su un tavolino, sul quale troneggiava una brocca enorme e un altrettanto enorme bicchiere di the ghiacciato. Avrebbe preferito qualcosa di più forte, ma solo ad un’ora più fresca. Adesso, si boccheggiava.
Accanto alla finestra, dalla quale entrava una brezza provvidenziale, il vicecapitano, nonché figlio adottivo, Valgarv, aggiornava il diario di bordo. Anche lui aveva caldo, e aveva poggiato la giacca di tessuto blu, dall’alto colletto rigido, su una sedia vicino, restando in canotta.
-Garv, pensi che oggi ci sarà qualche merlo che ci attraverserà la strada?-
-Lo spero. Comincio ad annoiarmi…-
Valgarv era uno dei pochi che conoscesse il vero nome del Dragone Rosso, e certamente l’unico che lo usasse con familiarità.
-Ach… mi sono sporcato di nuovo!- imprecò il giovane, quando un gesto troppo brusco fece schizzare dell’inchiostro dal pennino direttamente alla sua faccia. Garv aprì un occhio, e si lasciò sfuggire una mezza risatina nel vedere il figlio: un grosso sbaffo nero di inchiostro gli ‘ornava’ il labbro superiore, dando l’impressione che al ragazzo fossero cresciuti tutto d’un tratto dei bei baffetti da nobile impomatato.
Valgarv cercò di ripulirsi con un fazzoletto, finendo solo col peggiorare la situazione, alla cieca, finché Garv non si alzò e non gli diede una mano.
-Accidenti, ma devo proprio aggiornarlo io, il diario di bordo? ODIO questo stupido inchiostro…- sbuffò il ragazzo, dopo che ebbe finito di aggiornare il libro con le scarse notizie della tranquilla giornata.
-Sono peggio di te, a scrivere. Ed è un incarico che, per tradizione, tocca o al capitano, o al vicecapitano. -
Garv si ridistese sull’amaca, sorseggiando lentamente il the freddo, imitato da Valgarv, affacciato alla finestra.
Un bussare sonoro interruppe l’attimo di relax: era il nostromo Jiras.
-Capitano, è stata avvistata una nave dal regno di Saillune. Pare bella carica, è una nave di gran lusso. -
-Ha scorta?- chiese Garv.
-Solo una fregata, un ponte di cannoni, sei in tutto. L’altra nave ha sei cannoni in tutto, ma sembra molto lenta…-
-Diamo un’occhiata. Intanto, ordina di caricare tutti i cannoni, tutto l’equipaggio pronto all’arrembaggio. -
-Signorsì capitano!-
L’uomo-volpe era scattato sull’attenti, poi era corso a dare gli ordini. Garv afferrò la giacca, buttando a Valgarv la sua.
-Andiamo a dare un’occhiata ai polli di oggi…- disse Garv con un ghigno, che si rispecchiò in modo identico sul volto del ragazzo.
La grossa, pesante, confortevole nave procedeva, come gonfia d’orgoglio, col vento a babordo, diretta verso ovest, verso le colonie che attendevano la passeggera più importante, la figlia del Governatore delle colonie di Saillune.
La fanciulla era stata per tre mesi in visita presso la sua cara amica, nonché parente molto alla lontana per via materna, la Principessa Amelia di Saillune, ed ora aveva appena ricominciato il viaggio che l’avrebbe ricondotta a Maraskadel, la città in cui il Governatore suo nonno aveva la dimora.
Ora, Philia Ul Copt era pigramente affacciata alla fiancata della nave, osservando il guizzare delle onde e sperando che qualche delfino si avvicinasse alla nave, e che la rallegrasse con le sue capriole. L’abito di seta e trine rosa e bianco si gonfiava come una morbida nuvola, e i nastri pure rosa le ondeggiavano attorno con grazia.
-Mylady, rientrate, l’aria salmastra non fa bene alla vostra pelle…-
La cameriera, che la seguiva come un’ombra ovunque andasse, le era arrivata alle spalle, senza che lei se ne accorgesse. La ragazza sobbalzò per lo spavento, ricomponendosi subito dopo.
-Tra poco, Dorothy. È così caldo e afoso, nella mia cabina, mentre qui è così fresco…- disse, cercando di non guardare in faccia la cameriera. Malgrado se la trovasse tra i piedi da ormai quattro anni, proprio non riusciva ad abituarsi a quella donna, al suo sguardo, scaltro e sfuggente, ai modi servili e untuosi come i capelli neri raccolti in uno chignon sulla nuca, che le davano un’aria oltremodo severa. Sospettava fortemente che suo nonno glie l’avesse messa alle calcagna per spiarla, o comunque tenerla costantemente sotto stretto controllo.
Tutto era cominciato quattro anni prima, quando era ancora una vivace ragazzina di dodici anni. Un giorno di pioggia, trovando ormai noioso giocare con le bambole, era andata in biblioteca, alla ricerca di qualche romanzo per ragazzi che non avesse ancora letto… e invece trovò qualcos’altro.
In un libro, c’era un albero genealogico, stilato in modo semplice ma molto accurato. C’era la genealogia della sua famiglia, lei la conosceva bene, per via del grande albero genealogico appeso in uno dei saloni del palazzo… ma lì nel libro c’era riportato un ramo a lei sconosciuto. Si trattava di un ramo che discendeva dal fratello maggiore della sua bisnonna… c’era quindi il cugino di suo nonno, con tre figli e sette nipoti… ma erano stati tutti cancellati. Con due sfregi di penna, a croce, e uno scarabocchio che doveva rappresentare un teschio. Philia si era domandata il perché di quel gesto, perché non aveva mai sentito parlare di questi parenti, se erano morti tutti, e tutti insieme, sarebbe stato un’argomento che almeno di tanto in tanto riemergeva nelle conversazioni…
Ingenuamente, aveva portato il libro dal nonno, e gli aveva chiesto una spiegazione. Questi, per tutta risposta, disse che era un ramo della famiglia affetto da pazzia, che aveva stretto amicizia con un pericoloso assassino, un pirata, che li aveva trucidati tutti. Poi le aveva preso il libro, e l’aveva mandata via. Philia, da fuori dello studio del nonno, lo aveva sentito buttare qualcosa di pesante sul fuoco, e poi aveva avvertito l’inconfondibile odore di pergamena bruciata.
Era una bambina sveglia e curiosa, e le dispiaceva che un ramo della famiglia, se pur affetto da pazzia, finisse dimenticato così, quindi, grazie anche alla sua ottima memoria visiva, riuscì a ricopiarlo a memoria su un foglio di carta. Quel pezzetto di carta divenne il suo segreto più gelosamente custodito, nascosto tra la parte in vetro e quella in metallo dello specchio in argento ricevuto in eredità dalla madre, prematuramente scomparsa assieme al padre, in mare.
Pochi giorni dopo l’episodio del libro, si era vista assegnare una cameriera personale, che non la mollava un minuto. E da quel momento, era finita la sua infanzia.
-Per favore, milady, rientrate, o il vento vi spettinerà tutta!- il tono della donna voleva parere dolce e premuroso, ma dietro Philia poteva avvertire una freddezza e una spietatezza che la spaventava. Così, dovette cedere, e rientrare nella calura soffocante della sottocoperta.
-Batte bandiera reale di Saillune, con gran pavese e decorazioni! Porta una personalità!!!-
Valgarv pareva eccitato, mentre scrutava la nave col suo potente binocolo -Guarda: altro che pollo, questa è un’oca dalle uova d’oro!-
-Siamo appena tornati da Zephilia… ma credo che all’Imperatrice non farà schifo avere un esponente della nobiltà sailluniana come ‘ospite’… d’altra parte, potremmo chiedere noi stessi un cospicuo riscatto…- rifletté Garv.
-In un modo o nell’altro… ci lanciamo?- Valgarv pareva impaziente, persino i suoi capelli ritti in testa parevano fremere dall’eccitazione.
-Ci lanciamo. - disse Garv, aprendo la bocca in un largo, inquietante sorriso. I bellissimi occhi verdi scintillavano di eccitazione, non sete di sangue o di morte, o di ricchezza, ma semplice eccitazione per la battaglia imminente.
Un istante dopo, Valgarv era già corso a dare gli ordini all’equipaggio, correndo poi a preparare le armi bianche e quelle da fuoco sue e quelle di Garv.
Dall’alto della sua posizione, vicino al timone, Garv osservava l’andirivieni sotto di lui di marinai e mozzi, con armi bianche e da fuoco, corde, sacche di polvere da sparo per pistole, intenti a legare meglio il carico portato sopracoperta, ad ammainare o issare le vele per dirigersi verso le prede, ad assicurare meglio i cannoni del ponte superiore, e a caricarli… tutta la nave ferveva d’attività, non una persona era in ozio. Portatosi a un occhio il cannocchiale che Valgarv gli aveva lasciato, Garv scrutò con attenzione la fregata e il galeone, individuando subito i punti di forza e di debolezza di entrambi.
Il galeone aveva solo sei cannoni, come aveva detto il nostromo Jiras, e dovevano essere a gittata piuttosto corta. Non era una nave da speronare, era solida e robusta, e la ‘Drago di Sangue’ non avrebbe potuto prenderla in tale modo senza subire il fuoco di quei cannoni, piuttosto efficaci sulle brevi distanze. Ne, era meglio separare il galeone dalla fregata, ridurre questa all’impotenza, e poi minacciare di affondare il galeone, da distanza di sicurezza, se questi non avesse effettuato una resa immediata.
Sogghignando, il corsaro richiuse il cannocchiale, dando ordini perché il suo piano venisse attuato.
-Guarda, Dorothy, c’è un’altra nave nei dintorni. Chissà chi sono…-
Philia era affacciata alla finestra della sua cabina, cercando refrigerio, e scrutava il mare, annoiata. Aveva intravisto la sagoma di un’altra nave, e ora cercava di vederla meglio, ostacolata dal continuo rollio del piccolo galeone, che le nascondeva oltre l’orizzonte l’oggetto del suo interesse.
Un frenetico bussare alla porta interruppe le sue riflessioni. Era il primo ufficiale, che li avvertì concitatamente che era stata avvistata all’orizzonte la nave corsara del temibile Dragone Rosso, e che le due signore si preparassero a ballare, perché la nave avrebbe cercato in tutti i modi di scappare, mentre la fregata di scorta teneva occupati i corsari.
-O mio Dio, i pirati! Se ci prendono, cosa ci faranno?- Philia era terrorizzata, aveva sentito cose terribili sui pirati, in particolare sul temibile Dragone Rosso.
-Nulla di piacevole, mylady, ma non si preoccupi: quella marmaglia non riuscirà mai a prendere il ‘Golden Dragon’…- la cameriera cercava di dare alla sua voce un tono sicuro e fermo, ma Philia, con la sua innata sensibilità alla gestualità e alle inflessioni di voce, capiva che la donna era terrorizzata come e più di lei. Immediatamente, sentì un moto di simpatia per quei pirati, che con la semplice nomea terrorizzavano quell’insopportabile donna.
Le due navi sailluniane si separarono, l’una in direzione sud-ovest, per avere il vento di bolina e cercare di filare alla massima velocità possibile, l’altra ammainando le vele e preparandosi allo scontro col la ‘Drago di Sangue’.
Intanto, la poderosa nave del corsaro si avvicinava a una velocità allarmante, tanto che la fregata fu colta impreparata, e non riuscì a sparare che quattro colpi, dei sei di cui disponeva, prima che la ‘Drago di Sangue’ le si accostasse, l’arpionasse con corde e rampini, e l’equipaggio pirata sciamasse sulla fregata come un nugolo di vespe fameliche.
Sopra tutta la confusione, si poteva udire il possente grido di battaglia del Dragone Rosso e, accanto a lui, come un controcanto, quello tenorile e più alto del Drago Ancestrale, così era conosciuto Valgarv presso i nemici, poiché unico conoscitore di arcane e antiche tecniche di combattimento ritenute oramai perdute. I marinai tremavano di terrore nell’udire il grido selvaggio del Capitano e del Vicecapitano dei pirati, gli ufficiali perdevano coraggio, e alla fine capitolarono, il comandante della fregata implorò pietà in ginocchio, sotto il filo della lama del Dragone Rosso.
Questi sogghignò, lo scintillio negli occhi pareva provenire delle fiamme dell’inferno; alzò la spada e la fece scendere con un gesto secco sul comandante terrorizzato…
Ciocche nere di capelli caddero sul ponte della fregata, mentre il comandante, ancora chino con gli occhi chiusi per il terrore, osava aprire un occhio. Sul legno del ponte giaceva il lungo codino di cui era tanto orgoglioso, ma, a parte i capelli, era ancora tutto intero.
Garv si divertiva da matti a terrorizzare i prigionieri, ma se questi non gli davano problemi, non era mai eccessivamente sanguinario.
-Uomini, portate a bordo della ‘Drago di Sangue’ tutta la polvere da sparo, le palle di cannone e le armi della fregata. Soldi, gioielli, liquori e viveri tutti qui sul ponte!
Prima divisione, restate a sorvegliare i prigionieri. - ordinò il dragone Rosso, mentre i pirati, che stavano ripulendo le lame dal sangue, scattavano sull’attenti e si precipitavano ad obbedire agli ordini.
La ‘prima divisione’, un gruppo di dodici marinai capitanati dal nostromo Jiras, utilizzarono le corde del sartiame per legare i marinai prigionieri, provvidero a bendare i feriti, secondo gli ordini del capitano, e a svuotar loro le tasche.
Frattanto, gli altri cinquanta e passa membri dell’equipaggio pirata avevano rapidamente portato sul ponte i barili di polvere da sparo e quelli di palle di cannone, cominciando a portarli sulla propria nave. Dopo aver effettuato ciò, portarono sul ponte della fregata le armi, i viveri, e tutti i preziosi requisiti. Nessuno di loro si azzardò a tentare di sottrarre qualcosa: la pena per il furto era molto severa, dieci frustate, il sequestro immediato del maltolto, e la ritenzione dalla paga di una somma equivalente al ‘bottino’. Decisamente non ne valeva la pena, visto che ci sarebbe stata la spartizione, più tardi.
Garv lasciò alla fregata un paio di barilotti di liquore, per le emergenze mediche, qualche coltello, e quasi tutti i viveri, tranne la scorta personale di ananas freschi del capitano. Pistole, danaro, viveri di lusso, e una trentina di barilotti di rum furono invece portati con gran festa sulla Drago di Sangue. Nei cannoni della fregata fu piantato un chiodo nell’imboccatura dello stoppino, così da renderli inutilizzabili, e infine, la povera fregata fu lasciata libera di andarsene, molto ‘alleggerita’ e con le fiancate danneggiate dalle micidiali palle di cannone della Drago di Sangue.
-Bene, discreto bottino, ma il galeone è la vera oca dalle uova d’oro! Uomini, barra avanti tutta, seguiamo il galeone!- urlò Garv, dall’alto del ponte di comando. Il grido unanime degli uomini fu seguito dalla fervente attività di girare le vele, caricare nuovamente i cannoni, le pistole e i fucili.
Garv e Valgarv, sul ponte, osservavano soddisfatti la preda avvicinarsi sempre di più. Potevano prenderla facilmente, nessuno dei marinai era rimasto ferito gravemente, solo qualche graffio i meno esperti, e sicuramente non dovevano esserci molti membri della Marina di Saillune a bordo del galeone.
-Um… ‘Golden Dragon’… Valgarv, figliolo, abbiamo fatto tombola! Quella è la nave personale del Governatore di Maraskadel! Ci deve essere lui, a bordo!- nella voce di Garv c’era una nota d’esultanza. Tutti sapevano quanto lui odiasse il governatore: era stato l’unico che quasi lo aveva preso, quindici anni prima, con un vile inganno. E, solo lui lo sapeva, era stato colui che aveva reso orfano Valgarv.
-Se c’è quel verme… ti prego, lascia che lo faccia a fette. Permettimi di fargli assaggiare il gatto a nove code…- nella voce del vicecapitano c’era una vena di ferocia, la si leggeva nel modo in cui contraeva ferocemente i muscoli del viso, da come snudava i denti e da come li digrignava…
-Avrai la tua vendetta, figliolo…- lo rassicurò Garv, ponendogli una mano sulla spalla.
Un paio di cannonate furono più che sufficienti a far capire al Galeone chi era che comandava: o si arrendevano senza combattere, o sarebbero colati a picco. I cannoni della Drago di Sangue avevano una gittata quasi doppia di quelli della Golden Dragon, senza contare il fatto che erano quattro volte tanto, e con un’enorme riserva di palle e polvere. Il Golden Dragon dovette capitolare, e subì lo stesso trattamento della fregata: sequestrate armi, viveri non indispensabili per tornare in terraferma, denaro e gioielli.
Tutti i passeggeri della Golden Dragon furono fatti salire sul ponte da assai poco delicati pirati. Garv scrutava tutti i presenti, alla ricerca di una faccia a lui nota, un volto che, anche se non vedeva da quindici lunghi anni, non avrebbe dimenticato facilmente. Ma il Governatore di Maraskadel non c’era…
Chi invece non sfuggì alla sua attenzione furono le due donne, circondate dai suoi uomini: una strepitava e inveiva, protestando per il ‘barbaro e incivile trattamento’; l’altra, invece, si guardava attorno spaurita, tormentandosi tra le mani un fazzolettino di trina bagnato. Quella che strepitava doveva essere una domestica dell’altra, a giudicare dall’abbigliamento, ma da come protestava, pareva si giudicasse la padrona della nave.
Ad un gesto del Dragone Rosso, i pirati si allontanarono dalle due donne, mentre il capitano e il vicecapitano si avvicinavano. I marinai e gli ufficiali della Golden Dragon erano tenuti indietro dalle spade sguainate di alcuni pirati, mentre altri, recuperato del sartiame di scorta, provvedevano a legarli ai polsi.
Garv scrutava il volto della giovane ragazza bionda, gli ricordava qualcuno, anche se non ne era sicuro al cento per cento. La ragazza, invece, pareva più intenta a fissare negli occhi Valgarv, che a sua volta ricambiava lo sguardo, privo della ferocia che aveva fino a poco prima.
Philia pareva incatenata dallo sguardo magnetico degli occhi d’oro del pirata che le stava di fronte. Come poteva un giovane tanto bello, dallo sguardo tanto puro, essere un feroce e sanguinario corsaro? L’aveva riconosciuto, la sua descrizione aveva fatto il giro delle colonie: Drago Ancestrale, il braccio destro del Dragone Rosso. Dove aveva già visto quegli occhi d’oro? Dove quei capelli ribelli, verdi come il mare? Non lo sapeva. Sapeva solo di non riuscire a distogliere lo sguardo dal corsaro…
La voce ferma e imperiosa del Dragone Rosso la riportò però alla realtà.
-Chi siete, signorina, per viaggiare sulla Golden Dragon, negli alloggi del Governatore?-
Philia incrociò lo sguardo fermo e severo di Garv, e seppe all’istante che, se avesse provato a mentire, il corsaro se ne sarebbe accorto subito. Era per lei molto più conveniente dire la verità, e sperare nella clemenza del Cielo.
-Philia Ul Copt. Viaggio su questa nave per tornare alle colonie, dove mio nonno, il Governatore Ktereban Ul Copt, mi sta attendendo. - disse con fermezza, cercando di non far trasparire nella voce la paura che la stava attanagliando.
Garv contrasse il volto in modo molto espressivo. Era combattuto tra due istinti per lui primari: il desiderio di vendetta su Ktereban Ul Copt, e il codice morale, che gli vietava di far del male a una donna indifesa e innocente. Sbuffò appena, voltandosi poi di scatto e tornando a passo rapido verso il lato della nave a cui la Drago di Sangue era accostata.
-Portate le due donne sul Drago di Sangue. Saranno nostri ostaggi. Portate al Drago di Sangue tutto il bottino. - disse, secco. Il pirati scattarono ad obbedire.
-Trasferite il bagaglio delle due donne sulla nave, ma non mettete nulla nel mucchio del bottino. - aggiunse poi. Non valeva la pena privare la ragazza di tutti i gioielli, avrebbe potuto ricavare molto di più dal riscatto chiesto al nonno di lei.
Così, mentre i pirati accumulavano sulla tolda del galeone il bottino, e lo trasferivano alla loro nave, le due donne, scortate dal vicecapitano Valgarv, lasciavano il Golden Dragon, e salivano a bordo del Drago di Sangue.
Dopo un’ora di proteste da parte della cameriera, che insisteva a dire che il loro alloggio era troppo piccolo e scuro, Valgarv, esasperato, cedette i suoi alloggi alle due ‘ospiti’, andando a chiedere ospitalità al padre.
-Vi prego di scusarla, vicecapitano. Dorothy tende ad esternare con attacchi di isteria la sua paura… e il suo nervosismo… e la stanchezza… beh, diciamo che è sempre in preda ad attacchi di isteria!- disse Philia a Valgarv, mentre la cameriera cominciava a rassettare la stanza, che giudicava in uno stato di ‘terribile disordine’.
-Vi ammiro, mylady, se riuscite a mantenere viva la volontà di averla accanto…- ammise, sinceramente ammirato, Valgarv. Philia contrasse il volto.
-Per la verità, non la vorrei tra i piedi, Mi è stata imposta da mio nonno…-
-Signorina, non resti lì in un angolo in piedi! È l’ora del suo riposino pomeridiano, venga a stendersi!- li interruppe acida la donna. Philia alzò gli occhi al cielo.
-Volete che la allontani per qualche ora?- le chiese sottovoce Valgarv.
-Ve ne sarei immensamente grata, ma, vi prego, non usate la violenza… o avrà attacchi isterici per i prossimi dieci anni!- rispose, sempre sottovoce, Philia.
Valgarv, per tutta risposta, sorrise, un sorriso assai diverso da quello sardonico e amaro che aveva sfoggiato quando le aveva condotte alla cabina.
-Non si preoccupi, la farò trattare coi guanti!- le disse, prima di farle un galante baciamano, e uscire.
Philia sentì le guance imporporarsi, e divenire bollenti, mentre la cameriera le liberava la lunga chioma bionda dell’acconciatura e le allentava il corsetto, aiutandola a indossare la camicia da notte.
Stesa sul letto, Philia ripensava a ciò che era avvenuto pochi minuti prima. Voltandosi, sentì sul cuscino l’odore di Valgarv, e l’aspirò a fondo. Era un odore gradevole, non sapeva di tabacco, o di sudore, era un misto dell’aroma del mare, e di qualcosa di indefinibile, ma che la faceva sentire sicura. Cercando di analizzare queste sue strane sensazioni, Philia cercava di fare ordine nei suoi pensieri. Erano prigioniere, ostaggi, probabilmente le stavano portano a Zephilia, era più vicina delle colonie, avrebbe dovuto essere terrorizzata… invece, era quasi contenta che la nave di suo nonno fosse stata catturata, e rispedita a Maraskadel con una richiesta di un ingente riscatto.
Il Dragone Rosso era una persona di certo temibile, ma lei intuiva che, sotto la rude scorza del corsaro, ci fosse un uomo d’onore. E il vicecomandante… il Drago Ancestrale, così era chiamato, era stato così cortese, così galante! Le aveva offerto il braccio quando aveva percorso la stretta passerella per giungere alla Drago di Sangue, le aveva ceduto la sua lussuosa cabina, e adesso le aveva promesso che la avrebbe liberata per qualche ora di Dorothy! Per un attimo, il fugace desiderio che la cameriera fosse gettata in mare con una pietra al collo attraversò rapido la mente della ragazza, che sorrise tra sé e sé.
Un discreto bussare alla porta fece alzare la cameriera, che andò a controllare. Quando aprì, si trovò davanti il nostromo, tutto tirato a lucido nei suoi abiti migliori.
-La signorina sta riposando, ora. - disse acidamente Dorothy, facendo per chiudere la porta in faccia all’uomo volpe.
-Oh, ma io volevo vedere voi, magnifica signora! Vi prego, finché la vostra padroncina riposa, vorreste venire con me a fare due passi sul ponte?-
La donna tentennava.
-Vi prego, mio sole, non lasciatemi cieco! Da quando vi ho vista, non penso ad altro che a voi…-
Dopo qualche secondo, Dorothy si lasciò accompagnare sul ponte dalla volpe. Philia aveva notato il nostromo, che con la benda sull’occhio e la bandoliera di pistole cariche, pareva tutto fuorché un romantico, e aveva anche notato che, perlomeno sulla Golden Dragon, non aveva degnato di un’occhiata la sua cameriera, se non per indicarla al suo compare, un gigantesco uomo-lucertola,
come ‘pollastrella isterica’. Sorrise tra sé: c’era lo zampino del vicecomandante. Rapida, si alzò, si rivestì, e dette una ravvivata alle lunghe chiome, lasciate sciolte. Un paio di minuti dopo, un altro bussare alla porta. Quando aprì, si trovò davanti il vicecomandante, che le offriva cavallerescamente il braccio.
-Vuole fare una passeggiata sul ponte, mylady?- le chiese.
-Ma non rischiamo di incontrare Dorothy?-
-Non si preoccupi: il nostromo Jiras le ha appena servito del the freddo corretto col sonnifero: fino a stasera dormirà come un angioletto…-
Philia sorrise, uscendo dalla cabina.
  
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