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Autore: auaura    07/12/2015    1 recensioni
Ecco perché non dovrei mai scrivere sui libri...[SPOILER La rivelazione!!!]
OOC e giallo per sicurezza:
“Voleva correre di nuovo nel Labirinto, perchè solo la sensazione del cuore che scoppiava riusciva a calmarlo. Correva nel bosco, alcune volte, ma non dava lo stesso brivido.
Non aveva ragioni di vita. Non aveva motivi per alzarsi, andare avanti, tornare a letto e non vedere l'ora di alzarsi il giorno seguente.
O forse sì.
La sua ragione di vita spalancò la porta della casa e squittì:-Zio Minho, zio!-"
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brenda, Minho, Sorpresa, Thomas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Spalancò la porta trascinando i piedi, e si gettò su una sedia stropicciando gli occhi. Era stanco, e le pupille bruciavano da morire.  Si sentiva uno schifo.
No, non si sentiva uno schifo, era uno schifo.
Minho era uno schifo.
I capelli neri erano flosci in avanti, era un po' pallido, sotto gli occhi stavano già spuntando due occhiaie. Sbuffò e si strofinò la faccia con le mani, cercando di rilassarsi.
Voleva colpire qualcosa o qualcuno.
Da quando aveva ricominciato la sua vita da capo, gli era sembrato di tornare ai tempi dela Radura, solo che allora pensavano a tutto Alby e Newt, o Gally...gli altri, insomma. Lui correva e basta. Mappava, dormiva, mangiava, correva. La sua vita si basava solo su queste quattro fasi. Non doveva fare altro.  Trovava piacevole la sua routine, dalla quale non poteva uscire. Era molto più piacevole di quello che aveva passato negli ultimi anni, tra la fuga dal Labirinto, la Zona Bruciata, e l'arrivo in quel posto donato dalla C.A.T.T.I.V.O. Però adesso doveva occuparsi di molte più cose.  Era stato a capo della loro nuova "società" per un paio d'anni, finchè gente più grande di lui aveva deciso di toglierlo dalla sua carica perchè troppo giovane.
"Forse" gli avevano detto "Tra un paio d'anni tornerai fra noi, prenditi un pausa, adesso. Sappiamo che hai faticato tanto, ultimamente. Per noi, e per i tuoi amici."
Minho non voleva riposarsi, "prendere una pausa".  Doveva fare qualcosa! Appena stava fermo, aveva troppo tempo per pensare e non poteva permetterselo. Se pensava, la testa gli si affollava, il dolore lo divorava dentro più della fame che aveva sofferto molte volte.
Pensava alle morti che aveva visto. Pensava agli amici che aveva perso.
Negli eventi che si erano susseguiti rapidamente dopo il Labirinto, non aveva avuto un secondo per riflettere. Solo ora, anni di distanza, riusciva ad avere un motivo, e tempo, per pensare a chi non ce l'aveva fatta.
Alby, Chuck, Ben, Jack, Winston, Frankie, Stan ...anche Teresa, anche se di lei non gli importava poi granchè; troppi anche da ricordare.
E....Newt.
Gli si formava un nodo alla gola ogni volta.
Il suo amico era morto. Thomas l'aveva ucciso. O salvato, come si ripetteva sempre. L'aveva supplicato Newt... Thomas non voleva dirglielo, all'inizio, ma Minho aveva insistito tanto... Aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava, con lui. Minho l'aveva sentito piangere più volte, l'aveva visto lanciare occhiate a Brenda che lo fulminava con lo sguardo per non fargli sfuggire quell'enorme segreto.
Ma Thomas non aveva retto. Come avrebbe potuto?

 

"Perdonami"  vedeva ancora le lacrime dell'amico, che gli rigavano il viso magro "Io non volevo, te lo giuro. Lui mi ha supplicato...io ho dovuto! Non riuscivo a dirtelo...io..."
"Non giustificarti." aveva risposto secco Minho, correndo via.
Non aveva pianto, davanti ad altri. Non si era mai permesso di sfogarsi. Non aveva mai pianto per ore, o giorni, per i suoi amici. Solo qualche lacrima nascosta...

 

Minho non era più nulla. Non sapeva cos'era.
Cos'era Minho quando non era un Velocista? Cos'era quando non faceva il Leader? Chi era quando non comandava quelle nuove terre? Chi era quando quella maschera di sarcasmo crollava e lasciava le parti più fragili di lui scoperte? Chi era?
Niente. Ecco cos'era il vero Minho. Niente.
Vuoto. Silenzio. Rabbia. E tante, tante lacrime. Piangeva in silenzio, attaccato alla maniglia del bagno della sua nuova casetta. Così poco tempo che gli occhi non arrossavano nemmeno un pochino. Usciva, riappicciandosi al viso il suo sorrisetto beffardo, passava la giornata, tornava a casa, piangeva, dormiva. Era estenuante vivere così. Soprattutto vedere Brenda e Thomas insieme tutto il giorno, e lui solo. Solo.
Voleva correre di nuovo nel Labirinto, perchè solo la sensazione del cuore che scoppiava riusciva a calmarlo. Correva nel bosco, alcune volte, ma non dava lo stesso brivido.
Non aveva ragioni di vita. Non aveva motivi per alzarsi, andare avanti, tornare a letto e non vedere l'ora di alzarsi il giorno seguente.
O forse sì.
La sua ragione di vita spalancò la porta della casa e squittì:-Zio Minho, ziooo!-
Minho sollevò lo sguardo dal pavimento e cercò di sorridere con gli occhi stanchi, il ragazzino sorrise e porse un foglio sgualcito all'asiatico, gettando uno zainetto rosso a terra.
-L'ho fatto io, per te.-
Il moro gli sorrise, scompigliando i capelli biondi del ragazzino.
Il disegno era carino, colorato con dei pennarelli dai colori troppo vivaci( gentilmente mandati dalla C.A.T.T.I.V.O. insieme ad altre cose, il mese prima); la pelle dei personaggi era fucsia, e il sole rosso, ma non ci prestò troppo caso. Ciò che lo bloccò fu la firma del bimbo:
Newt.
Minho rischiò seriamente di piangere. Deglutì il batuffolo d'ovatta che gli aveva bloccato la gola e sorrise agli occhi castani, gli occhi di Thomas, del bimbo.
-Vedi, vedi!- esclamò il piccolo, indicando un omino alto e uno basso -Questi siamo noi.-
Il piccolo Newt si arrampicò su una sedia, accanto a quella di Minho:-Ti piace?-
Minho annuì:-E' bellissimo. Mi piace tantissimo.-
-Tu sei questo qua.- e indicò un tipo dai capelli scuri a forma di triangolo, con gli occhi neri neri. -E io sono questo.- era piccolo, con i capelli arancioni e la testa sproporzionata.
Minho annuì di nuovo.-Fantastici. Sei un vero artista.-
Newt indicò gli altri due nel disegno:-Questa è mamma Brenda e papà Thomas.-
-Sono bellissimi anche loro.-
Newt fece un sorrisetto buffo:-Secondo me tu sei più bello di tutti, ma non dirlo a nesuno. Shh.-
Minho rise:-Certo,è un segreto. Shhh!-
Solo grazie a quel bambino riusciva a tornare felice. Realmente felice. Ma sentire il suo nome lo faceva sentire terribilmente in colpa. Lo osservò, mentre, tutto contento, gli mostrava il disegno e gli parlava di un cane che aveva trovato.
Minho adorava veder quel bimbo raccontare. Lo trascinava in mille mondi lontani. Anche se le sue parole spesso erano insensate e le frasi contorte, il piccolo Newt sapeva raccondare come nessun altro al mondo per Minho.
Il piccolo Newt aveva gli occhi di Thomas e il sorriso di Brenda. E i capelli biondi di Newt. Se Thomas e Brenda erano castani, come poteva quel bimbo essere biondissimo? Brenda ripeteva sempre che suo padre era biondo; ma per Minho non era questa la spiegazione adatta. Per Minho, il piccolo Newt era un segno del destino. Il piccolo Newt era il vero Newt. Era sicuro di vedere il suo amico accanto al figlio di Thomas, come un angelo. Minho non riusciva a non pensare al ragazzino come una specie di rinascita di Newt.


Era stato Thomas a chiedere a Brenda di poterlo chiamare così. Lei non glielo voleva permettere, all'inizio, ma poi ci aveva rinunciato. Quel bambino era stata una benedizione per tutti, in fondo. Nome o non nome.
Quando Minho aveva sentito il nome del bimbo, appena nato, era rimasto bloccato davanti ai suoi amici, i piedi incollati al pavimento, le ginocchia tremanti, gli occhi lucidi. Non aveva detto niente. Arrivato a casa, aveva dato di matto:-Newt! Ma certo! Ma perchè non Chuck? O Alby, no?! E se era femmina poteva chiamarla Teresa!-
Si era scagliato contro un cuscino. L'aveva preso a pugni, a calci. L'aveva gettato a terra con tutta la forza che aveva in corpo. Poi aveva preso il tavolo per un lato e l'aveva buttato a terra, aveva tirato calci alle sedie. Si era buttato a terra. Aveva pianto in silenzio, scosso dai singhiozzi.


Minho sentì i sensi di colpa divorargli lo stomaco mentre guardava il piccolo.
-L'ho chiamato Macchia.- disse Newt -Vorrei tanto fartelo vedere, zio. E' un cane bellissimo.-
L'asiatico sorrise:-Certo. Ma, io ho molta paura dei cani... e se scappo?-
-Zio Minho tu sei super coraggioso! Non prendermi in giro!-
Minho scoppiò a ridere:-Non è vero; io ho paura dei cani!-
-Non si dicono le bugie!-
-Va bene, va bene...-
Newt sorrise, scendendo dalla sedia. Frugò nello zainetto che si era portato dietro, tirò fuori un pezzo di legno intagliato e lo mise sul tavolo, con aria trionfante. Sembrava un totem..... Il totem di Chuck...
Minho deglutì più volte, un colpo  al cuore. Il piccolo Chuck...
-Mamma mi ha insegnato a intagliare il legno.- disse Newt, riaccomodandosi sulla sedia, in ginocchio.
Minho prese il pezzetto di legno e se lo rigirò fra le mani:-Dove hai visto questa figura..?-
-In camera di mamma e papà. Era in un cassetto. Ho pensato di farne uno uguale di nascosto per far vedere a papà quanto sono bravo.- il piccolo lo riprese  e lo accarezzò con un enorme sorriso.

 


-Chuck?!- Thomas scuoteva il corpo inerme del ragazzino -Chuck! No, ti prego!-
Minho ricordava ancora quel tremendo colpo al cuore. Lo sguardo perso dei compagni. Le sue lacrime che gli avevano offuscato la vista, sfuocando il colore del sangue di Chuck che scivolava a terra. Colorava il pavimento. Rosso. Piuttosto scuro. Strano da pensare in quel momento, ma il sangue che scorre è molto più scuro di quanto si pensi. Gli occhi immobili del ragazzino, il petto che non si muoveva più. Le grida di Thomas risuonavano ovattate. Minho doveva essere forte, non poteva piangere. Strinse gli occhi. Doveva essere forte, doveva essere la spalla su cui piangere, non poteva piangere lui sulle spalle degli altri. Doveva essere la roccia, il leader, quella testa di caspio testarda che era. Doveva sembrare forte, anche se il suo cuore era a pezzi. Spesso aveva avuto la tentazione di schiaffeggiare Chuck, però gli aveva voluto un bene assurdo. Era il fratellino minore di tutti. Era come se una piccola parte di lui fosse morta con il ragazzino.
-Chuck!- Thomas si lasciò sfuggire un singhiozzo.
Minho bloccò i singhiozzi sul nascere, in quel momento si promise di trascinare in salvo il più possibile dei compagni; nessun altro poteva fare la fine del piccolo Chuckie...

 


-Zio? Ehi, Zio?- Newt scoccò le dita davanti al volto dell'asiatico.
-Eh?- Minho scosse la testa -Oh, scusa...mi...mi sono distratto un attimo...-
-L'ho notato.- il ragazzino incrociò le braccia -A che pensavi?-
-A...niente. A niente.-
-Sicuro?-
-Sì, sono sicuro.-
-Okay...- mormorò Newt.
Il totem s'intromise di nuovo in modo silenzioso nella situazione. Era ancora sulla superficie del tavolo, fra i due. Minho non riusciva a vedere Newt, senza vedere il piccolo Chuck fra di loro. La sua presenza ingombrava l'intera stanza. Vedeva solo il rosso del suo sangue. Copriva l'intero campo visivo di Minho. Era come vedere il mondo dietro una vetrata color cremisi. Chissà se anche il sangue di Newt era stato di quel colore, dopo lo sparo. Chissà se Thomas sentiva ancora quel rumore assordante della pallottola che centrava il bersaglio. Chissà se sentiva ancora le mani tremare dopo il rinculo, se sentiva il tonfo del corpo dell'amico sull'asfalto. Magari in momenti normali, mentre mangiava o prima di andare a dormire. Come faceva a non sentirsi in colpa, ogni volta che vedeva suo figlio?
-Come fai, Thomas?- gli uscì di bocca.
Il piccolo Newt aggrottò le sopracciglia:-Zio, che hai?-
Minho sollevò gli occhi arrossati verso il ragazzino. Le sue dita stringevano con forza gli angoli del tavolo. Le nocche sbiancarono, i muscoli delle braccia si tesero. Le spalle gli facevano male, sentiva come degli artigli che si conficcavano nella carne.
-Zio, mi metti paura...-
Si voltò, guardò il ragazzino, e il suo mondo cadde a pezzi.
-Perchè?- bisbigliò Minho, con la rabbia che gli montava nel petto -Perchè?!- gridò. Lasciando i lati del tavolo, battè i pugni sulla superficie legnosa, facendo sobbalzare il ragazzino.
-Va via, Newt.- sputò, e disse il nome con un odio che non aveva mai dimostrato per nessuno. Nemmeno per Teresa o l'Uomo Ratto.
Stava arrivando un'altra crisi. La rabbia gli stava divorando l'anima. Stava per impazzire. Newt...il suo piccolo Newt, doveva andarsene. Non poteva vedere quel mostro che gli divorava il cuore. Quello che lo spezzava a metà appena riusciva a riprendersi per un po'. Il suo piccolo Newt, il suo angelo, l'ultimo filo che lo teneva collegato alla sua sanità mentale, che lo faceva sentire...felice. Vivo.
-Newt...- adesso la sua voce era supplichevole -Ti prego, vai via...-
-Ma..-
-Vai via!- ringhiò.
Newt sgranò gli occhi e scese dalla sedia, afferrò lo zainetto e se lo mise su una spalla:-Okay, ciao.-
Gli occhi del piccolo Newt, gli occhi di Thomas, erano lucidi. Le lacrime minacciavano di uscire.
-Mi...mi dispiace...- Minho sentì il nodo della rabbia, stretto intorno al cuore, strapparsi. Non sciogliersi, strapparsi del tutto. La sua maschera crollò. I suoi pezzi erano a terra, sul pavimento, fra lui e il piccolo Newt. Troppo dolore, troppi ricordi lo separavano da quel piccoletto. C'era una voragine fra i due. Una voragine che forse Minho poteva colmare. Doveva solo crollare completamente, piangere, gridare, sfinirsi dalla lacrime...lasciarsi aiutare. La voce del vecchio amico gli piombò nella mente:
"Sei un pive del cacchio, Minho"
"Lo so, Newt. Lo so..."

Come poteva far piangere il suo piccolo Newt?
-Ehi, campione..- iniziò Minho, alzandosi.-Mi...-
-No, zio..va bene così...io...vado.-
-Newt...- adesso era Minho quello sul punto di piangere.
IIl ragazzino teneva la maniglia stretta nel pugno, si voltò. L'aveva spaventato e ferito nel provondo. Solo una lacrima.
E Minho crollò a terra. Si prese la testa fra le mani, affondando le dita fra i capelli. Singhiozzò parole di scuse, con le lacrime che correvano lungo le guance.
-Perdonami, perdonami Newt...-supplicò. Ma non sapeva nemmeno lui a quale Newt si stesse riferendo -Perdonami.-
Il bambino lo fissò, immobile. Non aveva mai visto Minho in quel modo. Non sapeva se avvicinarsi o scappare, perciò rimase lì. Cosa poteva fare? Perchè suo zio stava così male?
-Zio Minho...-
-Perdonami Newt, ti prego!-
-Io ti..ti perdono..non è successo niente...-
-Perdonami!-
Minho, con le spalle tremanti, piene di sobbalzi, continuava a singhiozzare scuse. Le bisbigliava, con un nodo alla gola, gli occhi arrossati, pieni e gonfi di lacrime:-Mi....mi dispiace..non volevo, non volevo...nemmeno con Thomas, quando sei nato tu...vi ho trattato così male, mi dispiace. Se solo vi avessi...permesso.....di starmi vicino..- singhiozzò di nuovo. -Dovevo farmi aiutare, dovevo permettere a Thomas di spiegarsi. Devo...devo dirgli che io...non ce l'ho con lui. Che lui mi ha donato l'unica cosa bella rimasta nella mai vita....io...-

"SEI UN IDIOTA; MINHO!"
"Lo so, Newt, lo so..." rispose alla voce dell'amico defunto nella sua testa "Mi manchi, sai? Mi mancano anche le tue lavate di testa. Avrei voluto dirti addio, amico mio."

La sua testa era stretta in una morsa. Le mani, che stringevano i folti capelli scuri, gli scivolarono in grembo, si piegò in avanti, quasi accartocciato su sè stesso. Sollevò lo sguardo verso il ragazzino.

"E' la tua ultima possibilità sciocco pive. Ce la fai a ragionare per un solo maledettissimo minuto, cacchio?!" Newt non era solo nella sua testa, gli apparve davanti agli occhi, sopra il ragazzino, gli stringeva le spalle. "Minho, piangi, se devi piangere. Ma vai avanti, ti prego." la sua voce si era addolcita "E dì a Thomas di fare lo stesso: ha solo fatto ciò che io gli avevo chiesto. Ora sto bene...tornate amici; caspio. Questo ragazzino può essere il giusto motivo per riunirvi." fece un sorrisetto. "Va avanti, Min, rifatti una vita."
-Lo farò.- mormorò Minho.
Gattonò in avanti verso il ragazzino. Newt scomparve. Minho, ancora inginocchiato, abbracciò il bambino. Il piccolo Newt ricambiò la stretta, un po' confuso.
Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace....

-Minho...-
Alzò lo sguardo. Brenda e Thomas erano sulla porta, forse erano venuti per riprendere il figlio. Sollevò il volto dalla spalla del bambino. Gli occhi arrossati di Minho colpirono Thomas come una freccia in pieno petto. Thomas non riusciva a crederci: come poteva il suo amico essersi ridotto così? Guardò l'asiatico e poi suo figlio. Si sentì di nuovo in colpa. Come ogni volta in cui li vedava insieme. Ma nemmeno lui sapeva bene perchè...
Thomas deglutì il nodo alla gola.
Minho si alzò:-Campione,- guardò il ragazzino -Devi tornare a casa, con mamma e papà.-
Il piccolo Newt annuì e andò verso sua madre, che lo strinse a sè:-Andiamo a casa, Minho e papà devono parlare. Okay?-
-Okay...-
E se ne andarono, chiudendo la porta con un cigolio. Lasciando Thomas e Minho da soli, nell'inquietante silenzio della stanza.
-Scusa, Tommy.- disse l'asiatico, asciugandosi il naso con il dorso della mano.
Tommy...Thomas rimase senza fiato. Nessuno lo chiamava così da quando...da quando Newt era morto. Faceva ancora molto male.
-No, davvero. Va tutto bene.-
-Beh, allora puoi andare.-
-Già.-
Minho si avvicinò alla porta e fece per aprirla, ma si fermò quando vide un bigliettino a terra. Nel punto esatto dove era il piccolo Newt qualche secondo prima.
-Oh.- esclamò, prendendolo con delicatezza, quasi come se gli si potesse sgretolare fra le dita-Deve essergli caduto...-
Thomas si avvicinò all'amico:-Cos...-
-Thomas.- lo fermò Minho, respirando appena -Dovresti...dovresti leggerla.-
Lo fece, sgranando gli occhi sempre di più, respirando con difficoltà.






Cari Minho e Thomas,
Sono io, Newt. No, non il piccolo. Il vecchio e defunto Newt. Grazie a delle persone speciali lassù, o meglio, qua con me, sono riuscito ad ottenere il permesso per mandarvi questa lettera tramite il mio piccolo omonimo.
Beh, sinceramente, non so da dove iniziare. Posso dirvi che nella nuova Radura dove viviamo è sempre tutto molto luminoso, anche di notte. Le piante sono sempre belle, non hanno bisogno di cure; e andiamo in giro fluttuando, se vogliamo. Alby ha preso un po' il comando: dice sempre a tutti cosa fare, ma adesso è molto più calmo rispetto ai vecchi tempi. Qui è tutto bello e rilassante, a volte un po' noioso, ma i giorni passano in fretta. Ben ed altri Velocisti passano la giornata a correre via dalla nostra Radura, sopra le altre nuvole, vanno verso paesi lontani e guardano come è ridotto il mondo, tornano sempre in tempo per cena. Sapete, tutto si sta stabilizzando, le piante stanno ricrescendo, forse presto potrete ripopolare il mondo, un giorno. Il nostro pianeta potrà tornare pieno di persone fino a scoppiare come una volta, ne sono sicuro.
Teresa ti guarda sempre, sai Thomas? Non è offesa per Brenda e tutto il resto, è contenta per te. Ha sempre desiderato il tuo bene. Se è qui con me, un motivo ci sarà..doveva essere davvero una brava persona. Devo ammeterlo, lei non è poi così male...è molto simpatica. Ultimamente abbiamo avuto molto tempo per parlare.
Chuck...oddio, coma faccio a parlarvi di Chuck? Se ne sta tutto il giorno su una nuvoletta. Ci ha sempre osservato, fin da quando è arrivato quassù. Spesso dice che vorrebbe essere lì, magari a giocare con il piccolo Newt. Il piccolo me.
Tutti gli altri Radurai vi mandano un enorme abbraccio, ragazzi. Ci mancate, sì. Ma questo non è un buon motivo per continuare a buttarvi giù e morire prima del previsto, ok?! Non ne posso più di vedervi in questo stato. Sono passati anni, è ora che la smettiate. Andate avanti, per voi, per noi, per Brenda e il piccolo Newt. Ragazzi, basta. Sul serio.
Vi osservo sempre anch'io...
Newt

 


Non c'era alcun "vi voglio bene" o roba simile, ovviamente. Sono cose scontate, non c'è bisogno di dirle.
Minho si mise seduto. Rischiava seriamente di cadere.
Thomas era ancora in piedi, teneva la lettera fra le mani, tremando. Riconosceva la calligrafia di Newt, non era uno scherzo. Ma non era..non era possibile. Tirò verso di sè la sedia dove poco prima si era seduto il figlio e crollò su di essa. Nessuno dei due pianse o disse qualcosa. Gli occhi di Minho non erano più arrossati, erano fissi, persi nel vuoto.
-Dovremmo farlo davvero, sai, pive?-
-Sì.-
Si lanciarono un sguardo.
Newt era lì, sarebbe sempre stato lì.
-Mi dispiace, Tom.-
-Lo so. Anche a me.- Thomas sorrise appena -Ma non fare il piagnucolone, Min.-
-Non chiamarmi così, lo detesto.-
-Okay, Min.-
Minho si diede una pacca su un ginocchio; Thomas tamburellò le dita sul tavolo, l'altra mano stringeva il foglietto:-Sai, dato che dobbiamo recuperare e tutto...che ne pensi di cenare con noi? Stai sempre qui da solo...di sicuro Newtv ne sarebbe felice, ti adora.-
-E Brenda? Non le darò fastidio?-
-Minho, da quando sei così sdolcinato?- ridacchiò Thomas, trattenendo un ultimo singhiozzo. L'amico sorrise amaramente -E poi no, anzi, era sempre lei a chiedermi di riunirmi con te, di tornare amici.-
Minho annuì:-Beh, allora non ti dispiace se accetto...-

 

 


Uscirono di casa, andarono insieme su una scogliera, qualche metro distante dalle loro case, mentre il sole affondava nell'acqua. Gli ultimi raggi percorrevano il cielo, affievolendosi sempre di più. L'odore della pioggia in arrivo era delicato, le nuvole grigie stavano comprendo il cielo tinto di viola. Stava arrivando la pioggia, e la sera. Un paio di goccioline volarono nella leggera brezza, trovando la pelle dei due amici. Le goccioline si moltiplicarono. Stava per piovere un bel po'. Erano sempre rare, le piogge, ma ultimamente erano sempre più frequenti.
Il mondo stava andando avanti, dovevano farlo anche loro...
Thomas prese la lettera, la piegò. Un piccolo aereoplanino di carta. Lo passò a Minho, che lo scagliò con tutta la forza che aveva in corpo. Volò, la lettera, in avanti. Affrontò, forte, la pioggia. Scomparve all'orizzonte.
Minho e Thomas si lanciarono uno sguardo. Iniziò a piovere più forte.
L'acqua trovò i capelli scuri di Minho, gli bagnò i vestiti, gli inzuppò le scarpe. I capelli di Thomas erano appiccicati alla fronte, fradici; la maglia gocciolava, gli stivali sporchi di fango si attaccarono al terreno.
Erano vivi. Respiravano. Erano vivi.
Pensarono ai morti. Dovevano andare avanti.
Brenda, seduta alla finestra, sorrise appena. Fissò il sole quasi sommerso dall'acqua. Guardò il figlio, che giocava a terra con la sua scultura. Il totem di Chuck.

Minho e Thomas gridarono, tirando fuori con forza rabbia e tristezza. Finchè c'è vita, c'è speranza.
Lì, bagnati dalla pioggia, risero fra le lacrime, divorati dall'acqua.
Lì, sotto la pioggia gelida, entrambi fissarono il cielo, gridando:-GRAZIE; NEWT! Ce la faremo!-

 

 

 

 
 

 

  
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