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Autore: Destinycantbechanged    07/12/2015    2 recensioni
Jensen e Misha hanno una discussione dopo aver girato la scena principale della 8x17.
Cosa è successo e come si è evoluto il loro rapporto?
Una storia a capitoli che ci racconta l'amore tra due uomini, che alla fine non possono fare a meno l'uno dell'altro.
Genere: Angst, Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jensen Ackles, Misha Collins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CRAZY LOVE

 
 
 
 
 
Jensen era seduto sul divanetto del suo camerino, stanco dopo una giornata di riprese e nulla di concluso.
La 8x17 si stava rivelando piuttosto difficile come episodio.
La scena principale l’avevano girata almeno tre volte quel giorno, ma Misha ogni volta sul più bello scoppiava a ridere, cercando anche di avvicinarsi fisicamente a Jensen.
Sarà stato le stress, i ritmi frenetici delle riprese, ma Jensen non sentì neanche bussare alla sua porta.
Adesso Misha era di fronte a lui, lo stava semplicemente salutando per dirgli che si sarebbero visti l’indomani sul set.


Silenzio.

Misha capì che c’era qualcosa che non andava, lo capiva dalla postura di Jensen e gli fu chiaro quando quest’ultimo  gli lanciò un’occhiataccia.
 Se gli sguardi avessero avuto il potere di  uccidere probabilmente sarebbe morto da un paio di minuti.

“Jensen che succede?”

“Hai pure il coraggio di chiedermi che succede, come se non lo sapessi già che mi prende. Lo sai che non mi piace che ti comporti così sul set.”

“Jensen, andiamo,  stavo solo scherzando, l’hanno capito tutti, nessuno ha pensato a qualche mio machiavellico piano per portarti a letto, eravamo solo due attori sul set, due amici che si stavano divertendo. Dovresti rilassarti, e poi se sapessero la verità saprebbero che non ho dovuto creare nessuno piano machiavellico per portarti a letto, è stato piuttosto facile” -rise, prima di aggiungere-  “dai, non te la prendere,  ti chiedo scusa, anche se ad essere onesti non è completamente colpa mia, lo sai che se tu mi guardi in quel modo, io poi…”
Misha non riuscì a terminare la frase.  Jensen lo fulminò con lo sguardo e senza tanti giri di parole gli disse di lasciarlo da solo nel suo camerino.
 
“Vai via Misha.”
 
“Ma…”
 
“Ma cosa? Non sei per nulla simpatico come, invece, credi di essere e non me ne frega un cazzo se stavi solo scherzando, non me ne fotte un cazzo se gli altri hanno riso alla tua patetica scenetta. Sai quale è il tuo problema?  Il tuo problema è che pensi che siano tutti come te, beh, notizia flash, io non sono così, non sono come te”

La frase gli era uscita di getto e con un tono più velenoso del previsto.  Si accorse che quella frase poteva avere un significato ambivalente quando, guardando negli occhi di Misha, scorse il dolore.
 
Se a Misha avessero dato una pugnalata al cuore avrebbe sicuramente fatto meno male.
Abbozzò una risatina isterica, guardando verso il basso e senza dire una parola, girò su se stesso e se ne andò, deluso.

“Misha, aspetta, non era” ma era troppo tardi, Misha era già corso lontano da lui “quello che intendevo” disse sottovoce, a se stesso.

Che diavolo era appena successo?
Il dolore che Misha aveva provato alle parole di Jensen non era paragonabile a nulla, quelle parole gli risuonavano nella testa come una cantilena “non sono come te” e lo sguardo negli occhi di Jensen, quello sguardo non lo avrebbe mai dimenticato.
Doveva andarsene, almeno per qualche giorno. Doveva riordinare le idee. Non potevano andare avanti così. Doveva trovare una soluzione, anche se forse di soluzioni, stavolta, non c’erano. Non dopo le parole di Jensen. 
Forse erano arrivati al capolinea.

Misha arrivò al suo camerino, non sapendo neppure lui come, prese il borsone da sotto il letto ci infilò qualche vestito e uscì.
Quando fu sulla porta si fermò un momento a riflettere, poi tornò dentro e prese il suo costume.
Sulla faccia della terra c’era un solo luogo che gli trasmetteva la sicurezza e la tranquillità di cui, al momento, aveva bisogno: il mare o meglio la “loro” casa in riva al mare.
Salì in macchina spense il telefono e partì.

Sì, stava fuggendo.
Stava fuggendo da Jensen, dalle sue parole taglienti come lame, stava fuggendo eppure non si sentiva un codardo, non stavolta, perché non fuggiva per evitare un qualcosa di scomodo ma fuggiva per evitarsi ulteriore dolore.

E poi non puoi essere un codardo se nel momento in cui stai fuggendo il tuo più grande desiderio è quello di essere trovato.

Jensen nel frattempo era ancora nel camerino, immobile. Continuava a ripetersi quelle parole, continuava a vedere gli occhi di Misha sgranarsi, increduli, alle sue parole.
Doveva parlagli.

Corse fuori dalla suo camerino e si diresse, quasi correndo, verso quello di Misha. Bussò ma non gli rispose nessuno.
“Misha sono io, ti prego aprimi, vorrei parlarti” ma niente, nessuna risposta.
Bussò di nuovo, tese l’orecchio e lo appoggiò alla porta, sperando di sentire dei rumori; nel frattempo mise una mano sulla maniglia, provò ad aprirla e scoprì che era aperta, entrò nel camerino dell’amico e lo vide vuoto, con qualche vestito gettato alla rinfusa sul letto.
“Cazzo, non può averlo fatto sul serio”

Se ne era andato.

Tornò nel suo camerino e prese il telefono, compose il suo numero – ormai lo sapeva a memoria- ma non ottenne risposta.
Provò una seconda, una terza e una quarta volta ma senza risultati.
Prese un bel respiro, agitarsi avrebbe solo peggiorato le cose, decise che la soluzione migliore fosse quella di farsi una doccia, questa gli sarebbe servita sia per calmarsi sia per pensare a cosa dire nel messaggio.
Si era ridotto a dover lasciare messaggi in segreteria.

Rimase sotto il getto caldo della doccia più a lungo del previsto, facendosi  cullare dal calore. Sperava che quella doccia potesse lavare via tutto, quelle maledette parole che erano uscite dalla sua bocca, il dolore che avevano causato.
Fece un sospiro, si avvolse un asciugamano intorno alla vita e usci dalla doccia.
Gli ci volle una buona mezzora per trovare il coraggio per prendere il telefono e lasciargli un messaggio.


“Misha ciao, sono io. Senti mi dispiace d’accordo? Non volevo dire quello che ho detto, cioè quello che ho detto non era quello che intendevo, ehm.. Non dovevano assumere quel senso. Hai capito no?
Ti prego Misha rispondi così possiamo parlarne.”

Si versò da bere, era una pessima decisione lo sapeva. Ma tutti quei dispiaceri avevano bisogno di un po’ di alcol per andare giù.
In più sperava che l’alcol lo aiutasse a sentirsi più leggero e meno in colpa per quello che era successo.
Non importa se il giorno seguente sarebbe stato peggio, ci avrebbe pensato a tempo debito, stasera aveva solo bisogno di non pensare.
Ma qualcosa andò storto, l’alcol fece l’effetto opposto; invece di alleggerirgli la coscienza lo rese ancora più depresso e consapevole della stronzata che aveva fatto.

Inoltre l’alcol - e questo lo sapeva da sempre ma tendeva a dimenticarsene - lo rendeva loquace ed eliminava qualsiasi filtro, vomitava pensieri e parole senza freno. Ogni cosa che gli passasse per la testa veniva esplicitata.
Al quinto bicchiere - o forse era il sesto? - aveva perso il conto, si ritrovò con il telefono in mano, ricordava vagamente di aver già mandato un paio di messaggi a Misha, ma non ricordava il contenuto.
Ma adesso che aveva un momento di lucidità, ricompose il numero e urlò nella segreteria dell’altro un “Dannazione Misha, rispondi a questo cazzo di telefono”

Ma il silenzio fu l’unica risposta che ottenne. Frustato lanciò il telefono, che si aprì in diversi pezzi, contro la parete.
“Oh meraviglioso, grazie tante Mish, mi devi anche un telefono nuovo ora”
 
 
 
 
                              ***
 
 
Nel tardo pomeriggio Misha arrivò in spiaggia.
Mise la valigia sul letto e decise di uscire a fare una passeggiata in riva al mare.
Il telefono sempre spento, buttato lì sul comodino.
Un po’ d’aria fresca gli avrebbe sicuramente fatto bene.
Era fine marzo e l’aria era ancora un po’ pungente, ma Misha si sentiva bene, davanti al mare tutto gli sembrava più semplice.
Si tolse le scarpe e i calzini e immerse i piedi nell’acqua.
La sensazione dell’acqua fredda gli riportò alla mente il primo bagno fatto lì con Jensen due anni prima.
Era lo stesso periodo, la loro relazione era iniziata da poco e loro scappavano lì ogni qualvolta ne sentivano il bisogno.

“Questo potrebbe diventare il nostro posto”
Aveva esordito Jensen.
Stava fissando il mare e aveva le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo perso all’orizzonte, su quel magnifico tramonto.
Misha lo aveva abbracciato.
Gli aveva stampato un bacio sulle labbra e quel sì glielo aveva sussurrato tra un bacio e un altro.
 
Delle gocce d’acqua riportarono Misha alla realtà.
Stava piovendo.
Misha rimase lì, in piedi di fronte al mare.
Alzò i palmi delle mani aspettando che la pioggia battesse su di essi.
Era una pioggia primaverile, che finì dopo pochi minuti.
Un breve acquazzone.
Coi capelli un po’ bagnati e con la delusione ancora viva dentro di se, Misha tornò nella casetta vicino la spiaggia.
La loro casa.
Fece una lunga doccia calda, si mise una vecchia tuta e accese il telefono, seduto sul divano.
La voglia di sentire Jensen, nonostante tutto , era forte, ma decise di non cedere.
Non poteva comportarsi sempre così. Jensen non poteva ridurlo sempre in quel modo.
Vide che c’erano dei messaggi in segreteria, ma decise di non ascoltarli, poteva già saperne il contenuto.
Delle semplici scuse non sarebbero bastate.


Faceva male stare senza di lui in quel posto, ma faceva ancora più male sapere che Jensen poteva raggiungerlo, ma ancora non lo stava facendo.
 
Misha prese uno di quei plaid dall’armadio e decise di dormire sul divano.
In quel letto da solo non sarebbe mai riuscito a dormire.
Anche quel plaid aveva l’odore di Jensen e forse andare lì senza di lui non si stava rivelando una grande idea.
Ma Misha scivolò presto nel sonno.
Domani avrebbe pensato a tutto.
 








 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nota delle autrici.
Una fan fiction a quattro mani (anzi sempre a due tastiere) insieme alla mia fedele compagna di scleri e deliri DemonoftheLord (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=861524). Ebbene sì, siamo di nuovo noi , questa volta con la Cockles, che no, non ci ossessiona per niente.
L’unica avvertenza che vogliamo darvi è che il rating diventerà – molto probabilmente – rosso nell’ultimo capitolo.
Per il resto, grazie a chi leggerà la nostra storia.
   
 
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