Allora, eccomi con una
one-shot. In verità era da un po’ che era pronta,
solo non avevo il coraggio di
postarla. Perché? Non lo chiedete a me! Spero sia di vostro
gradimento. Vi
prego di commentare per farmi sapere cosa ve ne pare. È una
storiella un po’
diversa, questa volta. Leggete per scoprire. Anzi:
LEGGETE
E COMMENTATE!!!!
Baci! Mary-chan!
La
vita non è come
crediamo…
Lacrime.
Piccole
goccioline salate le percorrevano le guance.
Piangeva.
Piangeva
e non se ne rendeva conto.
Perché?
Una
domanda che non ebbe mai una risposta.
Batté
un
pugno a terra.
Disperazione.
Un’altra
piccola lacrima scendeva sulla sua gote, cadendo a terra.
Era stata
assorbita.
È
così
facile assorbire il dolore?
Davvero?
No…
Lo
sentiva.
Sentiva
dentro il suo corpo tutta la sofferenza.
L’afflizione.
Il tormento.
La
tristezza.
L’odio.
Sì,
odiava.
Per la
prima volta in tutta la sua vita.
Odiava
quell’essere orribile che le aveva portato via
l’unica persona veramente
importante.
Odiava
quel mostro che aveva tolto la vita al suo amore.
Odiava
quel demone ignobile che l’aveva privata della
felicità.
Avrebbe
potuto
essere felice di nuovo?
Non lo
sarebbe mai più stata.
Cercò
di
fermare un’altra lacrima che usciva dai suoi occhi color
cioccolato.
Inutile.
Si
frantumò in terra.
Assorbita.
Perché
il
terreno non riusciva ad assorbire anche lei?
Un
singhiozzo la percosse.
Non
doveva piangere.
Lui non
avrebbe voluto.
Lui
odiava le lacrime.
Però…
non
ce la faceva.
Doveva
sfogarsi.
Provò
ad
alzarsi.
Crollò
nuovamente a terra.
Possibile
che senza di lui non riuscisse a tenersi su con le proprie gambe?
Lei…
dipendeva così tanto da lui?
Sì,
lui
era la sua vita.
Strinse
la mani in un pugno.
Il suo
sguardo spento e lacrimante si posò sul corpo di fronte a
lei.
Un corpo
a terra, privo di vita.
Gli occhi
ancora spalancati.
Due, tre
singhiozzi.
Era morto
per salvarla.
Per
salvare la vita della donna che amava.
La donna
a cui si era concesso.
La donna
che aveva protetto fino all’ultimo.
Ma non
aveva capito.
A lei non
importava vivere.
Lei
voleva solamente rimanere con lui.
Ora
però
non riusciva a vederlo così.
Era
troppo difficile.
Posò
una
mano sul petto del ragazzo.
Era
freddo.
Freddo
come il ghiaccio.
Un freddo
che non era da lui.
Lui che
emanava sempre tutto quel calore.
Lui che
era il suo sole…
Ora si
era spento per sempre.
Aveva deciso.
Nessuno
avrebbe più potuto fermarla.
Impugno
l’elsa della spada e la sfilò con delicatezza.
Tessaiga.
La spada
che aveva ucciso tutti quei demoni.
La spada
che aveva protetto tutte quelle persone.
Congiunse
le mani sull’impugnatura.
Quel
giorno pregò.
Pregò
che
quella potente lama tornasse in vita.
Che si
trasformasse, per una volta, nelle sue mani.
Voleva
porre fine alla sua vita.
Voleva
morire con lui.
Un forte
vento la circondò, non capiva cosa stesse succedendo.
Cadde a
terra, svenuta.
Cosa le
era successo?
Si
alzò,
il terreno era morbido, sembrava fatto di cuscini, tra le mani
l’arma che
avrebbe utilizzato per uccidersi.
Però
non
voleva farlo lì, dov’era il corpo del suo amato?
Dov’era?
“Un
gesto
simile non viene mai perdonato, lo sai, vero?”
non capiva da dove provenisse quella voce. Si
guardò intorno. Solo
bianco.
“C-chi
sei?” la
voce le tremava, era ancora
sotto shock, ma non aveva paura.
Spalancò
gli occhi, quando vide davanti a se la figura del mezzo demone
perfettamente
guarito. “Sono io, non mi riconosci?”
“Inuyasha!” lo abbracciò
felice, godendosi il suo calore.
“Perché
vuoi fare questo, Kagome?”
era diventato
serio, la guardava arrabbiato.
“Voglio
rimanere con te. Cosa sarei, altrimenti?”
sentì uno schiaffo sulla sua guancia, non le
faceva male, era quasi… tenero.
“Smettila
di dire sciocchezze! Cosa ti è preso? Non eri tu che amavi
la vita?
Combatti!” le
lacrime sgorgarono ancora
dagli occhi della ragazza.
“Non
riuscirò a fare nulla, qui, sola. Sango, Miroku, Kirara,
Shippo… tu. Mi avete
lasciato sola!” lo
abbracciò nuovamente,
aveva bisogno di sentirlo vicino.
“Non
sei
sola, Kagome.” Un’altra
figura si
materializzò davanti a se, una bellissima ragazza, in
braccio un piccolo demone
gatto.
“Ha
ragione Sango. Divina Kagome, noi siamo sempre con lei, non ci deluda
così.” Un
ragazzo, sulle spalle un
demone volpe.
Erano
tornati?
Sarebbero
rimasti con lei?
Ma
cos’era quello strano posto?
“C-cosa
devo fare? Io voglio rimanere con voi!”
“Ci
tornerai, la notte. Ma sarai viva. Vai a vendicarti, Kagome.
Continuerà a fare
del male alla gente, in questo modo.”
Inuyasha riprese a parlare.
“Io?
Come
posso fare? Come potete chiedermi di vendicarmi, qui. Questo non
è il
paradiso?” i
ragazzi risero.
“Kagome,
il paradiso non esiste. Ma tu non potrai venire con noi, se non
ucciderai
quell’essere.”
“Non
capisco…”
“Lui
era
l’unica ragione che avevamo per vivere, però, alla
morte non c’è scampo, tu
puoi fare ancora qualcosa, non privarti della vita finché
puoi.”
“Ma
la
vostra ragione di vita era riuscire a vivere felici! La
felicità! Non ve la
ricordate più?”
Inuyasha le accarezzò la
guancia dolcemente.
“La
nostra felicità, è stare tutti insieme.”
“Quando
Naraku perirà, io tornerò da voi?”
“Sì,
ormai, come hai detto tu, non hai più ragioni di
vivere.”
La ragazza
si sentì pesante, conscia che presto avrebbe perso
conoscenza.
“Questo
però, è un ragionamento sbagliato.” Le
sue ultime parole per quella notte.
“Questa però, è la vita.” Le ultime parole che
sentì prima di
riprendere conoscenza, sulla terra umida. Il corpo davanti a lei:
completamente
sparito.
Sorrise,
avrebbe potuto vederli, tutte le notti.
Ora
però,
per raggiungere la sua felicità, doveva ucciderlo.
Strinse
l’elsa della spada, che impugnava ancora.
Si
sentiva diversa.
Guardò
le
sue mani, lunghi artigli al posto delle unghie, i capelli le erano
cresciuti,
arrivando fino a metà coscia, sentiva le zanne
all’interno della bocca.
Portò
una
mano sulla sua testa.
Come
immaginava.
Delle
piccole orecchiette nere sporgevano e si muovevano contente.
Aveva
preso i suoi poteri.
Lui era
dentro di lei.
Strinse
di più l’arma.
La lama
arrugginita si trasformò in una potente zanna.
La zanna
di Inuyasha.
Lui
l’avrebbe protetta.
Lei
l’avrebbe vendicato.
La rimise
nel fodero.
Si mise
in cammino.
Lacrime.
Continuava
a piangere.
Non
sapeva il perché.
Lui era
con lei, adesso.
Tutti
erano con lei.
Orrore.
Piangeva
perché
sperava che la vita fosse un posto diverso…