Buon dieci di dicembre a
tutti! Natale è sempre più vicino ed il mio cuore è sempre più colmo di
gioia. Quanto amo il periodo natalizio! Le decorazioni per le strade,
le spese folli per i negozi in cerca dei regali, il clima freddo, la
cioccolata calda... manca solamente la neve, ecco, far nevicare sarebbe
meraviglioso, sarebbe davvero la ciliegina sulla torta. La cosa
curiosa, che però succede ogni anno a Natale, è il sentire l'arrivo del
periodo natalizio fin dagli inizi di novembre, per poi vederlo
improvvisamente scemare all'avvicinarsi del 25. Ma forse sono l'unica a
cui succede.
Sento lo spirito natalizio crescere in me sempre più bello e sempre più dolce, fino a che, nel momento in cui dovrei davvero
sentirlo, è già finito ed al suo posto è rimasta solo la disperazione.
Mi piacerebbe davvero sentire le vostre teorie in merito.
Coooomunque, ecco qui il secondo capitolo! Ve l'avevo detto di non fidarvi di me, sapevo
che non sarei riuscita a rispettare la scadenza. Sono passati davvero molti... troppi giorni
da quando ho pubblicato il primo capitolo (alla faccia dei 6 giorni) e
chiedo davvero venia per essermi presa così tanto tempo.
In questo capitolo nuovi personaggi vengono introdotti e tutto viene
spiegato un po' meglio, per la gioia di grandi e piccini. Coloro che
hanno letto anche altre mie storie, sanno che l'html rappresenta il
mio acerrimo nemico e che ci litigo una volta sì e l'altra pure, quindi, molto
probabilmente, deciderà di non pubblicarmi l'immagine che ho intenzione
di inserire nel testo. Quindi, se in uno specifico punto della
narrazione doveste ritrovarvi confusi, sappiate che è perché manca
l'immagine. Io comunque ci provo, poi si vedrà. Buona lettura a tutti :)
Capitolo due
"Baker Street, che posto incantevole", pensò ironicamente Samantha
mentre sfogliava il suo fascicolo.
L’incontro della sera precedente si era concluso in modo tanto originale quanto
era cominciato. Ricordava veramente poche cose, un po’ a causa del grande
rilascio di adrenalina che aveva offuscato parte dei suoi ricordi, e in parte
perché improvvisamente si era sentita cadere, ritrovandosi a terra, accucciata
ai piedi del consulente criminale.
Solo la mattina seguente, a mente fresca, aveva avuto modo di capire cosa le
fosse successo e il trovare un minuscolo foro nella cialda del caffè che la
sera prima aveva utilizzato, confermò la sua ipotesi.
Oh, quanto bene la conosceva Moriarty.
Aveva fatto finta di non ricordare quello stupido e apparentemente inutile
particolare su di lei, mentre era quello che gli aveva permesso di farla franca
non lasciandole nemmeno la possibilità di ribattere.
Il tè. Lui sapeva che lei non lo avrebbe preso, per questo aveva
avvelenato il caffè. Probabilmente aveva iniettato una piccola quantità di
qualche sostanza soporifera nella cialda per mezzo di una siringa, ed il rumore
che aveva sentito Samantha -e che l’aveva spinta ad andare in cucina a
controllare- era stato quello dell’anta del mobile che si richiudeva. Si era
inoltre fatto un tè per spingerla inconsciamente a fare altrettanto, sapendo
però che lei avrebbe optato per il caffè, odiando il sapore dell’altra bevanda.
E tutto questo lui aveva potuto farlo perché la conosceva e lei non poteva fare
nulla contro questo. Doveva assolutamente ricordarsi però di buttare tutte le
altre cialde, probabilmente anch'esse piene di quella strana sostanza.
Moriarty e lei erano stati colleghi per molti anni e a causa di questa
vicinanza lui aveva potuto apprendere più cose su Samantha di quante forse non
ne conoscesse lei stessa. Moriarty era un uomo brillante: malvagio, crudele ed
un assassino a sangue freddo, certo, ma brillante e questo Samantha lo sapeva
bene. Era inoltre conscia del fatto che non avrebbe potuto rifiutarsi di fare
quello che lui le aveva “chiesto” la sera prima, sarebbe stato solo inutile
opporsi, un inutile spreco di energie, energie che le sarebbero servite per ben
altro. Inoltre quella minaccia non faceva che ritornarle in mente: “dicono
che perdere i genitori tempri e faccia diventare più saggi…”.
Samantha bevve un altro sorso del suo cappuccino, rovesciandone un po’ sul
tavolo nel riappoggiarlo. “Ti piacerebbe provare?”. Chiuse
istintivamente gli occhi come una bambina spaventata fa quando pensa di aver
visto un’ombra minacciosa apparire sul muro della sua cameretta: si rannicchia
sotto la coperta e così pensa di essere al sicuro, di essere protetta da tutti
i mali del mondo. Così Samantha faceva lo stesso, chiudeva gli occhi e si
rintanava nei suoi pensieri, nella sua mente, che ormai aveva assunto l’aspetto
di una vera e propria casa: lì, tenuti in perfetto ordine, giacevano i suoi ricordi
e le sue emozioni e solo in quel luogo ormai riusciva a sentirsi al sicuro,
protetta. Ma quella bambina ancora non sapeva che rintanarsi sotto le coperte,
astratte o non che fossero, non avrebbe cambiato la realtà ed esse non
avrebbero fatto fuggire l’ombra che si stagliava minacciosa sul muro della sua
cameretta e che sembrava ingrandirsi sempre di più.
Riaprì gli occhi di scatto guardandosi intorno e facendo un profondo respiro,
per poi ritornare a posare il suo sguardo sul fascicolo e sfogliarlo nervosamente.
Ormai l’aveva quasi imparato a memoria a furia di leggerlo e rileggerlo.
Era dalle sette di quella mattina che lo aveva tra le mani chiedendosi quale
fosse il vero punto della faccenda. Che cosa aveva in mente Moriarty? E poi,
cosa c’entrava Irene Adler con tutto ciò? Perché sarebbe dovuta essere
interessata a tutta quella faccenda?
Mentre stava lì seduta al tavolo di quel bar vicino a Baker Street, si era
trovata a pensare al fatto che non avesse mai visto La Donna di persona.
Ovviamente aveva sentito parlare di lei e delle sue… doti, ma non aveva
mai avuto il piacere di conoscerla durante la sua carriera di criminale. Che
termine volgare “criminale”, più volte si era sorpresa a pensarlo. In fondo era
un po’anche lei una consulente criminale, perché escludere completamente
quell’aspetto del suo mestiere alludendo solo alla parte più brutale?
Si costrinse a scacciare questi pensieri dalla sua mente. Non erano più affari
suoi quelli, se ne era lavata le mani due anni prima ed il fatto che Moriarty
fosse ripiombato prepotentemente nella sua vita non avrebbe fatto la benché
minima differenza.
Aveva solo paura che quello in cui stava per essere coinvolta fosse qualcosa di
più che una semplice vendetta e, forse, non aveva tutti i torti.
Appoggiò il fascicolo sul tavolo per estrarre dalla sua borsa un cellulare, un
cellulare che però non era il suo. L’aveva trovato la mattina stessa sulla
scrivania della sua camera da letto, appoggiato sopra il fascicolo che ora
giaceva sul tavolino di quel bar. Se lo rigirò tra le mani, valutandone il peso
e cercando di scorgere qualche dettaglio che poteva esserle sfuggito, ma non
ebbe fortuna.
Era nuovo ed avvolto in una cover rosa che Samantha aveva cominciato ad odiare
da subito. Si decise ad accenderlo. Probabilmente era con quello che Moriarty o
uno dei suoi scagnozzi si sarebbe messo in contatto con lei. Come a conferma di
quello che aveva appena pensato, arrivò un messaggio, segnalato da un
fastidioso accenno di violino, due stridenti note alquanto inquietanti. Non
esitò a leggerlo immediatamente.
Da: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:02
Trovato qualcosa di interessante?
JM
Samantha alzò gli occhi al cielo e
riprese in mano quello stupidissimo fascicolo. Interessante? Oh, quel fascicolo
era tutto meno che interessante. Lo odiava, odiava dover seguire delle
istruzioni ed odiava essere comandata a bacchetta.
File di Samantha Brooks di età 27, nazionalità inglese
La vita al 221B di Baker Street
Se sei entrata in possesso di questo file, vuol dire che hai accettato i
termini e le condizioni dell'accordo. Non appena avrai letto questo documento
esso dovrà essere distrutto.
Dovrai memorizzare i dati necessari e tenere bene a mente le informazioni che
ti verranno fornite. Allegato alla presente troverai un cellulare che dovrai
utilizzare per riferire i dati raccolti. Potrai usare solo ed esclusivamente il
mezzo di comunicazione fornito, essendo protetto da numerose password di
sistema che impediranno a qualsiasi hacker di attingere alla memoria interna.
Ti sarà fornita un'identità fittizia ed una storia di copertura.
A questi aspetti è già stato provveduto.
Di seguito sono elencati il tuo nuovo nome e tutti i dettagli riguardanti la
nuova identità che dovrai assumere.
Nome: Page Lincoln
Età: 27 anni
Data di nascita: 3 febbraio 1988
Impiego: disoccupata
Padre: Josh Lincoln
Madre: Elizabeth White
Stato sentimentale: single
[...]
Samantha
staccò per un istante gli occhi dal fascicolo. Non riusciva ancora a capire
perché fosse così rilevante specificare il suo stato sentimentale, cioè
diamine, Moriarty esattamente cosa si aspettava che facesse? Avrebbe dovuto
sedurre Sherlock Holmes? Al solo pensiero le scappò da ridere. Da quanto aveva
sentito dire, sembrava che fosse un tipo molto improbabile e, a quanto pareva,
i giornali si divertivano a sbizzarrirsi sulle più strampalate teorie a
proposito della relazione “molto più che platonica” tra il detective ed il suo
assistente John Watson. Anche a questo pensiero non poté trattenersi dal ridere
divertita.
Di malavoglia ritornò a concentrarsi su quel maledetto fascicolo.
[...] Oltre
alle informazioni di base che le sono appena state fornite, nel corso della sua
permanenza al 221B di Baker Street le verranno inviati ulteriori aggiornamenti
sugli atteggiamenti da tenere in presenza e non del sig. Sherlock Holmes. Nelle
pagine che seguono è stata stilata una lista delle principali abitudini del
soggetto e parte delle sue peculiarità caratteriali, anche se solo parziale
perché si ritiene che l'incaricata della missione debba rimanere principalmente
all'oscuro di maggior parte delle informazioni relative al soggetto.
Samantha
alzò nuovamente gli occhi al cielo. Ecco un’altra cosa che odiava di quel
fascicolo: il fatto che non sapesse a cosa stesse andando incontro. Inoltre,
anche se diceva ci fossero informazioni relative a Sherlock Holmes, quel
fascicolo ne era oscenamente sprovvisto. In realtà non era estremamente lungo,
c’erano solamente le informazioni essenziali e in fin dei conti non la
vincolava nemmeno tanto… nel senso che la lasciava abbastanza libera di
comportarsi normalmente, senza dover assumere una diversa identità caratteriale.
Beh… ovviamente fino ad un certo punto, non doveva certamente mandare a monte
la copertura mettendosi troppo a nudo. La cosa però che la incuriosiva
maggiormente era stata la frase, inserita in quelle poche pagine, che era stata
scelta per descrivere il detective. C’era solamente scritto:
Sherlock
Holmes:
I geni sono
i più felici tra i mortali, perché quello che amano fare di più è proprio
quello che devono fare.
Samantha
l’aveva letta e riletta più volte quella frase ed ogni volta che la rileggeva
acquistava un significato differente. Sapeva che voleva dire molto di più di
quello che lasciasse ad intendere, anche se sinceramente non avrebbe saputo
dire esattamente cosa, ma era certa che prima o poi tutto le sarebbe stato più
chiaro.
Si era appena rilassata, cercando di finire il suo cappuccino ormai freddo,
quando la suoneria del suo nuovo cellulare la fece sobbalzare.
Prese dalla tasca l’ormai odiato oggetto e si accinse a leggere il nuovo
messaggio.
Da: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:15
Spero tu apprezzerai il piccolo regalo che ti sto
facendo. Dormi sonni tranquilli a Baker Street mia cara Sam. Se non sei ancora
molto convinta di questo mio piccolo spettacolo, prendilo come un esperimento:
dagli esperimenti si impara sempre qualcosa, non credi?
JM
Roteò
nuovamente gli occhi, chiedendo al cielo di darle la forza di proseguire.
Strinse ansiosamente tra le mani il cellulare, mettendosi a rispondere al
messaggio.
Destinatario: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:16
Page Lincoln? Seriamente?
Da: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:16
Non ti facevo così volubile. Vedi di concentrarti, hai
un solo tentativo, cerca di non sprecarlo.
JM
Destinatario: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:17
Non mi pare di aver mai sprecato le mie occasioni, o
sbaglio? Comunque, sinceramente, non ho ancora capito cosa tu voglia da
Sherlock Holmes e soprattutto come io possa procurartelo.
Da: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:18
Tutto a tempo debito, di questo non devi ancora
preoccuparti. Piuttosto, preoccupati delle cose serie.
JM
[Inviando immagine]
Destinatario: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:18
Di lui non mi preoccupo. Non mi ha mai vista in
faccia, non potrebbe mai riconoscermi.
Da: numero nascosto
2 novembre 2015, ore 10:18
Cerca di fare una buona impressione, non vorrei
dovermi sporcare le mani di altro sangue innocente. Sarebbe davvero
disdicevole. Guarda alla tua destra, sorridi e per carità, con Sherlock sii te
stessa.
JM
“Sii te
stessa”? cosa intendeva dire? Moriarty non era certamente un uomo che si
sarebbe perso a fare delle raccomandazioni inutili. Perché mai avrebbe dovuto
essere se stessa con Sherlock Holmes?
Samantha guardò alla sua destra un po’ confusa, dal momento che non ne vedeva
il motivo, ma il motivo arrivò in tutta la sua magnificenza e pomposità. Il
motivo era Mycroft Holmes.
Ed era anche un gran bel motivo per sorridere come si era ritrovata a fare la
ragazza, temendo addirittura di non riuscire più a smettere di farlo. Era
seguito a ruota da un ometto, abbastanza basso, ma che avanzava con passo
deciso stringendo i pugni. Era biondo ed aveva un’espressione evidentemente
stanca. Aveva un passo quasi marziale.
“ Mi trovo forse al cospetto di un militare?” pensò Samantha mentre faceva
segno con la mano ai due uomini. Solo quando egli le fu ormai a pochi passi di
distanza si disse "un militare, ovviamente, sembra avercelo scritto in
faccia" e realizzò che si trattasse di John Watson, il fidato collega di
Sherlock Holmes.
Il sorriso stampato sulla faccia di Samantha non era dovuto alla simpatia che
provava per il maggiore degli Holmes, ma al suo aver notato un cecchino
appostato sul tetto dell’edificio dall'altro lato della strada.
"Meglio non fare passi falsi", si era detta.
"Miss
Lincoln, suppongo. Piacere di fare la sua conoscenza, sono Mycroft Holmes"
L’uomo fece
un sorriso forzato e tese la mano aperta verso quella di Samantha, che
prontamente si era curata di stringere calorosamente.
"Anche
per me è un piacere fare la sua conoscenza signor Holmes e… presumo che lei
invece sia il signor John Watson"
L’uomo
rimase un po’ interdetto, ma non esitò a stringere la mano che la ragazza gli
stava educatamente porgendo.
"In
persona. Piacere"
Si sedettero
tutti e tre al tavolino di ferro e rimasero a fissarsi negli occhi per cinque
secondi buoni. Samantha sentiva fissi su di sé gli sguardi di entrambi gli
uomini: menomale che aveva provveduto a “disfarsi” di qualsiasi dettaglio che
avrebbe potuto far dedurre di lei più di quanto lei non avrebbe voluto.
Aveva alterato i suoi dettagli. Si divertiva a farlo con quelli che
avrebbero potuto notarlo e sapeva che Mycroft Holmes era un attento
osservatore.
Amava mettere gli uomini come lui sulla pista sbagliata.
"Le
dispiace se le chiedo una sigaretta, miss Lincoln?"
Samantha
sorrise compiaciuta e fu ancora più compiaciuta di rispondere un "temo di
non poterla accontentare perché, vede, io non fumo"
L’espressione
dell’uomo non sembrò cambiare di un millimetro: si sistemò sulla sedia
accarezzando il manico del suo ombrello e ritornò a puntare i suoi occhi su
quelli della ragazza.
"Non
deve sentirsi in imbarazzo, non ho la tendenza a giudicare i fumatori e non
solo perché sono uno di essi"
"Non
mentivo quando le dicevo che non fumo"
"Le sue
labbra invece dicono tutt’altro"
"Mycroft…"
Disse John
intromettendosi, avendo paura di assistere ad una scena a cui fin troppe volte
aveva assistito. Sapeva che Mycroft stava per vomitare un fiume di parole
davanti a quella ragazza che il medico, erroneamente, considerava ingenua, e
non era certamente quello il motivo per cui erano venuti lì, non per dimostrare
le capacità deduttive di Mycroft.
"Credo
che sia meglio arrivare al punto"
Aggiunse
poi, sperando di aver acquietato le acque. Si rivolse a Samantha.
"Perché
vede signorina, abbiamo considerato la sua proposta e…"
Lei però non
lo stava ascoltando e non aveva smesso neanche per un secondo di fissare gli
occhi glaciali di Mycroft Holmes.
"Perché?
Cosa dicono le mie labbra, signor Holmes?"
John sospirò
e appoggiò il gomito del braccio sul tavolino, così che la sua mano potesse
sorreggergli la testa che aveva abbandonato stancamente.
Che quello che doveva accadere accadesse per l’amor del cielo, perché si era
stufato di fare da balia ai fratelli Holmes. Mycroft avrebbe parlato, la
ragazza sarebbe rimasta a bocca aperta ed avrebbe confermato tutte le deduzioni
dell’uomo, al che avrebbe lanciato qualche insulto o qualche complimento o se
ne sarebbe semplicemente andata e non avrebbe più accettato di condividere
l’appartamento.
Così si mise comodo ed aspettò l’inevitabile.
"Sono
curiosa, parli"
Mycroft non
si fece certo pregare.
"Oh, ma
è molto semplice miss Lincoln. Vede, le sue labbra sono molto secche, ma il
punto in cui lo sono maggiormente è al centro del labbro superiore, dove vi è
un piccolo foro che non fa combaciare perfettamente il labbro superiore con
quello inferiore. Una piccola imperfezione dovuta al fatto di tenere in bocca
la sigaretta. E deve fumare anche da abbastanza tempo, perché il buco è
abbastanza visibile. Inoltre i suoi abiti sanno di fumo e deve per forza essere
il fumo della sua sigaretta perché questo tavolo non è abbastanza vicino agli
altri da averle permesso di ricevere il potenziale odore acre della sigaretta
di un altro cliente. Poi, non per essere troppo ovvio, ma su questo tavolo è
presente un portacenere e si vede chiaramente che in esso c’è una sigaretta
fumata da poco, che, tra parentesi, deve per forza essere sua e non di un
cliente precedente"
Mycroft
annusò il tabacco contenuto nel portacenere.
"Direi…
mezz’ora… no, tre quarti d’ora fa ne ha fumata una e per sbaglio ha fatto
finire un po’ di cenere sulla manica del suo giubbotto. Ha provato a pulirlo
con la mano destra, dal momento che lei è mancina e quindi tiene la sigaretta
con la mano con cui scrive, cioè la sinistra, ovvio, ma evidentemente con
scarsi successi. Come posso dire che lei è mancina? Beh, il manico della sua
tazza è rivolto verso sinistra, inoltre ha un cerotto sul dito medio della sua
mano sinistra, callo della scrittura, probabilmente ieri sera o questa mattina
si è messa a scrivere ed esso ha cominciato a dolerle. Lei è una scrittrice?
Non mi sorprenderebbe. Ama scrivere a mano e non al computer visto il callo.
Quindi deve sicuramente avere un pacchetto di sigarette nella sua tasca destra
del giubbotto, ne intravedo la forma"
Samantha
rimase in silenzio per qualche secondo, si toccò la manica della giacca in
questione, guardando prima John Watson, che la guardava con compassione, e poi
Mycroft Holmes. Finse smarrimento finché non disse "meraviglioso, davvero
fantastico"
John fu
sollevato dall'udire quelle parole: evidentemente era più una tipa da
complimenti che da insulti.
Forse, in fondo, avevano trovato la perfetta coinquilina per Sherlock.
"Miss
Lincoln, mi duole essere stato magari un po’ brusco, le mie deduzioni a volte
sono un po’ troppo, ecco… invadenti"
"Oh,
non si preoccupi, non mi sono per niente offesa e non mi sento a disagio"
"Ne
sono fe…"
"Sarebbero
state ancora più incredibili le sue deduzioni, se ne avesse azzeccata almeno una"
Mycroft si
fermò di colpo, la mascella mezza aperta a metà di una frase e la mano appesa a
mezz’ aria, fermata nel bel mezzo di un discorso. Anche John Watson sembrò
risvegliarsi dal suo stato di stanchezza e sgranò gli occhi.
"Oh,
non intendevo dire nulla di sconveniente, signori"
Samantha
fece finta di niente, mantenendo un atteggiamento disinvolto, anche se dentro
di sé sembrava stesse per scoppiare un incendio e si sentiva così viva.
"Non
capisco cosa intenda, signorina"
"Esattamente
quello che ho detto. È stata solo una serie di equivoci a portarvi all’erronea
convinzione a cui siete giunto e cioè che io sia avvezza a quel fumo
mortale"
"Non ci
sono altre spiegazioni"
La mascella
di Mycroft si irrigidì all’istante, strinse ancora più nel pugno il manico del
suo ombrello nero rigorosamente chiuso ed alzò irriverentemente un
sopracciglio. Espirò e si ridiede un contegno, mentre il suo compagno non
smetteva di fissare allibito quella ragazza dai capelli biondi che aveva appena
osato contraddire un Holmes. Avrebbe cancellato tutti i suoi impegni per vedere
come sarebbe andata a finire.
"Vede
signor Holmes, non sempre ciò che sembra ovvio è la risoluzione al problema,
anzi, solitamente, sono le cose più improbabili a rendere un problema degno di
essere risolto"
"Temo
di non seguirla"
"Lei
non ha nemmeno considerato l’idea che potessi essere venuta in questo bar accompagnata.
Ha subito cominciato a dedurre ciò che vedeva, senza però pensare all’altra
faccia della medaglia. Perché vede, le cose hanno questo brutto vizio di poter
essere viste da diverse prospettive e a volte è davvero tediante, lo devo
ammettere"
"Accompagnata?"
"Esattamente"
"Scusate,
sono io a non seguirvi adesso"
Intervenne
Watson più confuso che mai, ma ormai abituato a quella sensazione.
"Quando
sono arrivata in questo bar, circa alle 9:15, ho deciso di chiamare una mia
amica che abita nei dintorni per venire a farmi un po’ di compagnia, sapete, mi
sentivo terribilmente sola"
Samantha si
godette lo spettacolo dei due uomini che la fissavano a bocca aperta, ansiosi
di venire messi a conoscenza del seguito della sua storia.
"Così è
arrivata verso le 9:30 e dopo aver parlato un po’, mi ha chiesto il permesso di
fumare una sigaretta, anche se sa che non amo particolarmente l’odore del fumo"
"Questo
spiega l’odore di fumo sui suoi vestiti, ma il resto?"
"Con
calma, ci sto arrivando. Così poi, mentre ci stavamo salutando, un po’ di
cenere della sua sigaretta mi è caduta sulla giacca, ma ho deciso di ignorare
l’accaduto per non farla sentire a disagio. Dunque quando se n’è andata ho
provato a toglierla, ma come vede, essendo una giacca bianca, non è stato un
tentativo molto riuscito"
"Ma non
è possibile che lei si sia pulita la manica destra con la mano destra!
"Ovviamente
mi sono tolta la giacca per farlo. Comunque, dove ero rimasta? Ah, sì. Così ho
continuato a bere il mio caffè in santa pace finché non siete arrivati
voi"
"Quindi
lei mi vuol far credere di non essere mancina?"
"Non
glielo voglio far credere, può constatarlo lei stesso"
Samantha
sfilò una penna dalla sua borsa e cominciò a scrivere con la mano destra su una
salvietta di carta. La sua scrittura era impeccabile.
"Potrebbe
essere ambidestra"
"Le
dimostrerò che anche questa sua deduzione è sbagliata"
Prese
nuovamente in mano la penna e se la passò nella mano sinistra. Era evidente che
non avesse la dimestichezza necessaria per scrivere con quella mano e la sua
scrittura irregolare e frammentata lo confermò.
"Vede?"
"Allora
come spiega il cerotto sul dito medio della sua mano sinistra? Non può che
essere un callo della scrittura"
"Mi
dispiace doverla deludere, ma mi sono solamente scottata con il caffè questa
mattina. Era nel suo bricco e, non so come mai, mi è scivolato e mi sono
scottata"
"Ma
perché mai il manico della sua tazza è rivolto verso sinistra se lei è
destrorsa?"
"Amo
bere il caffè con la mano sinistra"
A quella
risposta la faccia di Mycroft Holmes, da distesa, si riempì di grinze e di
rughe d’espressione. "Ridicolo" pensò.
"Ma le
labbra! Le sue sono labbra da fumatrice!"
"Anche
per le mie labbra c’è stato un piccolo incidente con il caffè questa mattina e
per questo motivo sono rimaste in questo stato… speravo che non fosse così
visibile"
John Watson
avrebbe giurato di aver visto Mycroft boccheggiare. Era immobile, i suoi occhi
ancora fissi su quelli della ragazza, sembrava non battere nemmeno le palpebre.
"Ah,
un’ultima cosa: odio scrivere a mano, ma adoro la tastiera del mio computer e,
no, non sono una scrittrice, ahimè!"
Samantha,
dall’alto del suo sadismo, cominciò a scusarsi in modo finto e calcolato,
godendosi quel momento come ne aveva goduti pochi nella sua vita. Come colpo
finale si era riservata di prelevare dalla tasca destra del suo giubbotto un
pacchetto di gomme americane, che aveva dato a Mycroft l’impressione di
essere un pacchetto di sigarette, e lo esibì con fare innocente. Ci fu un breve
silenzio.
"L’indirizzo
è il 221B di Baker Street, vero?"
Aggiunse la
ragazza.
"S..sì,
è q…quello"
Riuscì a
balbettare John, ancora visibilmente sconcertato.
"A domani
mattina, allora"
La ragazza
si alzò dalla sedia e lasciò dei soldi sul tavolo, seguiti da una lauta mancia.
"Amo i
bar, non trovate che siano così graziosi?"
E detto
questo si congedò, uscendo dal giardinetto del locale per scendere giù in
strada.
Quando fu certa di essere abbastanza lontana, scoppiò in una fragorosa risata.
Non si divertiva così tanto da molti anni e sperava che quel divertimento non
si interrompesse così presto.
"E'
stato…fantastico"
Disse John
Watson non appena la ragazza ebbe lasciato il locale.
"Si
tenga le sue espressioni di stupore per lei, dottor Watson"
"Non ci
posso credere, Mycroft Holmes... zittito da una ragazzina"
"Mi
pare che nemmeno lei sia rimasto tanto indifferente davanti ai discorsi della
ragazza, o sbaglio?"
"Io,
fino a prova contraria, non mi chiamo Mycroft Holmes"
"Grazie
al cielo, aggiungerei"
John non
dette peso alle parole dell’uomo, perché sapeva che egli era stato punto sul
vivo.
"Ho
solamente sottovalutato la situazione, può succedere"
Detto
questo, prese in mano l’ombrello e si incamminò verso l’uscita, seguito da
John.
"Non
sappiamo niente su quella ragazza e domani si presenterà a Baker Street
convinta di poter condividere l’appartamento"
"E così
sarà nei fatti, dottore"
A quelle
parole sul volto di John si formò un’espressione di incredulità.
"Non
credo sia una buona idea, non sappiamo niente di lei e non le abbiamo potuto
nemmeno parlare di Sherlock… insomma, non possiamo certo dire che sia un
dettaglio da ignorare"
"Domani,
quando si presenterà all’appartamento, non esitate a concludere l’affare"
E con
questo, Mycroft salì sull’auto nera che si era fermata a pochi centimetri dai
due uomini, lasciando John sul marciapiede della via affollata, solo, con i
suoi pensieri.
Perché mai Mycroft si era impuntato così tanto? Perché voleva che quella
ragazza, che lo aveva quasi umiliato solo qualche minuto prima, condividesse
l’appartamento con suo fratello minore? Il medico decise di non pensarci. Aveva
molte altre cose di cui curarsi dopo la morte di Magnussen.