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Autore: Angela Smith    10/12/2015    1 recensioni
[“Qual è l’amor vero? Quello che muore o quello che uccide?”
Giovanni Verga]
"Se vuoi giocare Page Lincoln, giochiamo"
La ragazza sorrise maliziosamente distendendo nuovamente le gambe e toccando il pavimento freddo con i piedi.
Si strinse maggiormente nel maglione caldo che stava indossando e studiò l’espressione di Sherlock.
Quegli occhi… stava forse cercando di ipnotizzarla? Incantarla? Perché sembrava che stesse facendo proprio quello, con un attento ed elaborato gioco di sguardi.
"Che gioco proporresti, Sherlock Holmes?"
Il pronunciare il nome dell’uno e dell’altra suonava come un avvertimento, come qualcosa che preannunciasse l’inizio di una battaglia.
"Saresti la mia compagna di giochi?"
"Solo perché sono sicura di vincere"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo due corretto

Buon dieci di dicembre a tutti! Natale è sempre più vicino ed il mio cuore è sempre più colmo di gioia. Quanto amo il periodo natalizio! Le decorazioni per le strade, le spese folli per i negozi in cerca dei regali, il clima freddo, la cioccolata calda... manca solamente la neve, ecco, far nevicare sarebbe meraviglioso, sarebbe davvero la ciliegina sulla torta. La cosa curiosa, che però succede ogni anno a Natale, è il sentire l'arrivo del periodo natalizio fin dagli inizi di novembre, per poi vederlo improvvisamente scemare all'avvicinarsi del 25. Ma forse sono l'unica a cui succede.
Sento lo spirito natalizio crescere in me sempre più bello e sempre più dolce, fino a che, nel momento in cui dovrei davvero sentirlo, è già finito ed al suo posto è rimasta solo la disperazione. Mi piacerebbe davvero sentire le vostre teorie in merito.
Coooomunque, ecco qui il secondo capitolo! Ve l'avevo detto di non fidarvi di me, sapevo che non sarei riuscita a rispettare la scadenza. Sono passati davvero molti... troppi giorni da quando ho pubblicato il primo capitolo (alla faccia dei 6 giorni) e chiedo davvero venia per essermi presa così tanto tempo.
In questo capitolo nuovi personaggi vengono introdotti e tutto viene spiegato un po' meglio, per la gioia di grandi e piccini. Coloro che hanno letto anche altre mie storie, sanno che l'html rappresenta il mio acerrimo nemico e che ci litigo una volta sì e l'altra pure, quindi, molto probabilmente, deciderà di non pubblicarmi l'immagine che ho intenzione di inserire nel testo. Quindi, se in uno specifico punto della narrazione doveste ritrovarvi confusi, sappiate che è perché manca l'immagine. Io comunque ci provo, poi si vedrà. Buona lettura a tutti :)

Angela Smith




Capitolo due




"Baker Street, che posto incantevole", pensò ironicamente Samantha mentre sfogliava il suo fascicolo.
L’incontro della sera precedente si era concluso in modo tanto originale quanto era cominciato. Ricordava veramente poche cose, un po’ a causa del grande rilascio di adrenalina che aveva offuscato parte dei suoi ricordi, e in parte perché improvvisamente si era sentita cadere, ritrovandosi a terra, accucciata ai piedi del consulente criminale.
Solo la mattina seguente, a mente fresca, aveva avuto modo di capire cosa le fosse successo e il trovare un minuscolo foro nella cialda del caffè che la sera prima aveva utilizzato, confermò la sua ipotesi.
Oh, quanto bene la conosceva Moriarty.
Aveva fatto finta di non ricordare quello stupido e apparentemente inutile particolare su di lei, mentre era quello che gli aveva permesso di farla franca non lasciandole nemmeno la possibilità di ribattere.
Il tè. Lui sapeva che lei non lo avrebbe preso, per questo aveva avvelenato il caffè. Probabilmente aveva iniettato una piccola quantità di qualche sostanza soporifera nella cialda per mezzo di una siringa, ed il rumore che aveva sentito Samantha -e che l’aveva spinta ad andare in cucina a controllare- era stato quello dell’anta del mobile che si richiudeva. Si era inoltre fatto un tè per spingerla inconsciamente a fare altrettanto, sapendo però che lei avrebbe optato per il caffè, odiando il sapore dell’altra bevanda. E tutto questo lui aveva potuto farlo perché la conosceva e lei non poteva fare nulla contro questo. Doveva assolutamente ricordarsi però di buttare tutte le altre cialde, probabilmente anch'esse piene di quella strana sostanza.
Moriarty e lei erano stati colleghi per molti anni e a causa di questa vicinanza lui aveva potuto apprendere più cose su Samantha di quante forse non ne conoscesse lei stessa. Moriarty era un uomo brillante: malvagio, crudele ed un assassino a sangue freddo, certo, ma brillante e questo Samantha lo sapeva bene. Era inoltre conscia del fatto che non avrebbe potuto rifiutarsi di fare quello che lui le aveva “chiesto” la sera prima, sarebbe stato solo inutile opporsi, un inutile spreco di energie, energie che le sarebbero servite per ben altro. Inoltre quella minaccia non faceva che ritornarle in mente: “dicono che perdere i genitori tempri e faccia diventare più saggi…”.
Samantha bevve un altro sorso del suo cappuccino, rovesciandone un po’ sul tavolo nel riappoggiarlo. “Ti piacerebbe provare?”. Chiuse istintivamente gli occhi come una bambina spaventata fa quando pensa di aver visto un’ombra minacciosa apparire sul muro della sua cameretta: si rannicchia sotto la coperta e così pensa di essere al sicuro, di essere protetta da tutti i mali del mondo. Così Samantha faceva lo stesso, chiudeva gli occhi e si rintanava nei suoi pensieri, nella sua mente, che ormai aveva assunto l’aspetto di una vera e propria casa: lì, tenuti in perfetto ordine, giacevano i suoi ricordi e le sue emozioni e solo in quel luogo ormai riusciva a sentirsi al sicuro, protetta. Ma quella bambina ancora non sapeva che rintanarsi sotto le coperte, astratte o non che fossero, non avrebbe cambiato la realtà ed esse non avrebbero fatto fuggire l’ombra che si stagliava minacciosa sul muro della sua cameretta e che sembrava ingrandirsi sempre di più.
Riaprì gli occhi di scatto guardandosi intorno e facendo un profondo respiro, per poi ritornare a posare il suo sguardo sul fascicolo e sfogliarlo nervosamente.
Ormai l’aveva quasi imparato a memoria a furia di leggerlo e rileggerlo.
Era dalle sette di quella mattina che lo aveva tra le mani chiedendosi quale fosse il vero punto della faccenda. Che cosa aveva in mente Moriarty? E poi, cosa c’entrava Irene Adler con tutto ciò? Perché sarebbe dovuta essere interessata a tutta quella faccenda?
Mentre stava lì seduta al tavolo di quel bar vicino a Baker Street, si era trovata a pensare al fatto che non avesse mai visto La Donna di persona. Ovviamente aveva sentito parlare di lei e delle sue… doti, ma non aveva mai avuto il piacere di conoscerla durante la sua carriera di criminale. Che termine volgare “criminale”, più volte si era sorpresa a pensarlo. In fondo era un po’anche lei una consulente criminale, perché escludere completamente quell’aspetto del suo mestiere alludendo solo alla parte più brutale?
Si costrinse a scacciare questi pensieri dalla sua mente. Non erano più affari suoi quelli, se ne era lavata le mani due anni prima ed il fatto che Moriarty fosse ripiombato prepotentemente nella sua vita non avrebbe fatto la benché minima differenza.
Aveva solo paura che quello in cui stava per essere coinvolta fosse qualcosa di più che una semplice vendetta e, forse, non aveva tutti i torti.
Appoggiò il fascicolo sul tavolo per estrarre dalla sua borsa un cellulare, un cellulare che però non era il suo. L’aveva trovato la mattina stessa sulla scrivania della sua camera da letto, appoggiato sopra il fascicolo che ora giaceva sul tavolino di quel bar. Se lo rigirò tra le mani, valutandone il peso e cercando di scorgere qualche dettaglio che poteva esserle sfuggito, ma non ebbe fortuna.
Era nuovo ed avvolto in una cover rosa che Samantha aveva cominciato ad odiare da subito. Si decise ad accenderlo. Probabilmente era con quello che Moriarty o uno dei suoi scagnozzi si sarebbe messo in contatto con lei. Come a conferma di quello che aveva appena pensato, arrivò un messaggio, segnalato da un fastidioso accenno di violino, due stridenti note alquanto inquietanti. Non esitò a leggerlo immediatamente.

 

Da: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:02

Trovato qualcosa di interessante?

JM

 

Samantha alzò gli occhi al cielo e riprese in mano quello stupidissimo fascicolo. Interessante? Oh, quel fascicolo era tutto meno che interessante. Lo odiava, odiava dover seguire delle istruzioni ed odiava essere comandata a bacchetta.


File di Samantha Brooks di età 27, nazionalità inglese

La vita al 221B di Baker Street


Se sei entrata in possesso di questo file, vuol dire che hai accettato i termini e le condizioni dell'accordo. Non appena avrai letto questo documento esso dovrà essere distrutto.
Dovrai memorizzare i dati necessari e tenere bene a mente le informazioni che ti verranno fornite. Allegato alla presente troverai un cellulare che dovrai utilizzare per riferire i dati raccolti. Potrai usare solo ed esclusivamente il mezzo di comunicazione fornito, essendo protetto da numerose password di sistema che impediranno a qualsiasi hacker di attingere alla memoria interna. Ti sarà fornita un'identità fittizia ed una storia di copertura.
A questi aspetti è già stato provveduto.
Di seguito sono elencati il tuo nuovo nome e tutti i dettagli riguardanti la nuova identità che dovrai assumere.

Nome: Page Lincoln

Età: 27 anni

Data di nascita: 3 febbraio 1988

Impiego: disoccupata

Padre: Josh Lincoln

Madre: Elizabeth White

Stato sentimentale: single

[...]



Samantha staccò per un istante gli occhi dal fascicolo. Non riusciva ancora a capire perché fosse così rilevante specificare il suo stato sentimentale, cioè diamine, Moriarty esattamente cosa si aspettava che facesse? Avrebbe dovuto sedurre Sherlock Holmes? Al solo pensiero le scappò da ridere. Da quanto aveva sentito dire, sembrava che fosse un tipo molto improbabile e, a quanto pareva, i giornali si divertivano a sbizzarrirsi sulle più strampalate teorie a proposito della relazione “molto più che platonica” tra il detective ed il suo assistente John Watson. Anche a questo pensiero non poté trattenersi dal ridere divertita.
Di malavoglia ritornò a concentrarsi su quel maledetto fascicolo.

 

[...] Oltre alle informazioni di base che le sono appena state fornite, nel corso della sua permanenza al 221B di Baker Street le verranno inviati ulteriori aggiornamenti sugli atteggiamenti da tenere in presenza e non del sig. Sherlock Holmes. Nelle pagine che seguono è stata stilata una lista delle principali abitudini del soggetto e parte delle sue peculiarità caratteriali, anche se solo parziale perché si ritiene che l'incaricata della missione debba rimanere principalmente all'oscuro di maggior parte delle informazioni relative al soggetto.



Samantha alzò nuovamente gli occhi al cielo. Ecco un’altra cosa che odiava di quel fascicolo: il fatto che non sapesse a cosa stesse andando incontro. Inoltre, anche se diceva ci fossero informazioni relative a Sherlock Holmes, quel fascicolo ne era oscenamente sprovvisto. In realtà non era estremamente lungo, c’erano solamente le informazioni essenziali e in fin dei conti non la vincolava nemmeno tanto… nel senso che la lasciava abbastanza libera di comportarsi normalmente, senza dover assumere una diversa identità caratteriale. Beh… ovviamente fino ad un certo punto, non doveva certamente mandare a monte la copertura mettendosi troppo a nudo. La cosa però che la incuriosiva maggiormente era stata la frase, inserita in quelle poche pagine, che era stata scelta per descrivere il detective. C’era solamente scritto:

 

 

Sherlock Holmes:

I geni sono i più felici tra i mortali, perché quello che amano fare di più è proprio quello che devono fare.

 

Samantha l’aveva letta e riletta più volte quella frase ed ogni volta che la rileggeva acquistava un significato differente. Sapeva che voleva dire molto di più di quello che lasciasse ad intendere, anche se sinceramente non avrebbe saputo dire esattamente cosa, ma era certa che prima o poi tutto le sarebbe stato più chiaro.
Si era appena rilassata, cercando di finire il suo cappuccino ormai freddo, quando la suoneria del suo nuovo cellulare la fece sobbalzare.
Prese dalla tasca l’ormai odiato oggetto e si accinse a leggere il nuovo messaggio.



 Da: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:15

Spero tu apprezzerai il piccolo regalo che ti sto facendo. Dormi sonni tranquilli a Baker Street mia cara Sam. Se non sei ancora molto convinta di questo mio piccolo spettacolo, prendilo come un esperimento: dagli esperimenti si impara sempre qualcosa, non credi?

JM



Roteò nuovamente gli occhi, chiedendo al cielo di darle la forza di proseguire.
Strinse ansiosamente tra le mani il cellulare, mettendosi a rispondere al messaggio.

 

Destinatario: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:16

Page Lincoln? Seriamente?

 

 

Da: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:16

Non ti facevo così volubile. Vedi di concentrarti, hai un solo tentativo, cerca di non sprecarlo.

JM

 

 

Destinatario: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:17

Non mi pare di aver mai sprecato le mie occasioni, o sbaglio? Comunque, sinceramente, non ho ancora capito cosa tu voglia da Sherlock Holmes e soprattutto come io possa procurartelo.

 

 

Da: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:18

Tutto a tempo debito, di questo non devi ancora preoccuparti. Piuttosto, preoccupati delle cose serie.

JM

[Inviando immagine]

 


Destinatario: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:18

Di lui non mi preoccupo. Non mi ha mai vista in faccia, non potrebbe mai riconoscermi.

 


Da: numero nascosto

2 novembre 2015, ore 10:18

Cerca di fare una buona impressione, non vorrei dovermi sporcare le mani di altro sangue innocente. Sarebbe davvero disdicevole. Guarda alla tua destra, sorridi e per carità, con Sherlock sii te stessa.

JM



                                                                                                                                       

“Sii te stessa”? cosa intendeva dire? Moriarty non era certamente un uomo che si sarebbe perso a fare delle raccomandazioni inutili. Perché mai avrebbe dovuto essere se stessa con Sherlock Holmes?
Samantha guardò alla sua destra un po’ confusa, dal momento che non ne vedeva il motivo, ma il motivo arrivò in tutta la sua magnificenza e pomposità. Il motivo era Mycroft Holmes.
Ed era anche un gran bel motivo per sorridere come si era ritrovata a fare la ragazza, temendo addirittura di non riuscire più a smettere di farlo. Era seguito a ruota da un ometto, abbastanza basso, ma che avanzava con passo deciso stringendo i pugni. Era biondo ed aveva un’espressione evidentemente stanca. Aveva un passo quasi marziale.
“ Mi trovo forse al cospetto di un militare?” pensò Samantha mentre faceva segno con la mano ai due uomini. Solo quando egli le fu ormai a pochi passi di distanza si disse "un militare, ovviamente, sembra avercelo scritto in faccia" e realizzò che si trattasse di John Watson, il fidato collega di Sherlock Holmes.
Il sorriso stampato sulla faccia di Samantha non era dovuto alla simpatia che provava per il maggiore degli Holmes, ma al suo aver notato un cecchino appostato sul tetto dell’edificio dall'altro lato della strada.
"Meglio non fare passi falsi", si era detta.

"Miss Lincoln, suppongo. Piacere di fare la sua conoscenza, sono Mycroft Holmes"

L’uomo fece un sorriso forzato e tese la mano aperta verso quella di Samantha, che prontamente si era curata di stringere calorosamente.

"Anche per me è un piacere fare la sua conoscenza signor Holmes e… presumo che lei invece sia il signor John Watson"

L’uomo rimase un po’ interdetto, ma non esitò a stringere la mano che la ragazza gli stava educatamente porgendo.

"In persona. Piacere"

Si sedettero tutti e tre al tavolino di ferro e rimasero a fissarsi negli occhi per cinque secondi buoni. Samantha sentiva fissi su di sé gli sguardi di entrambi gli uomini: menomale che aveva provveduto a “disfarsi” di qualsiasi dettaglio che avrebbe potuto far dedurre di lei più di quanto lei non avrebbe voluto.
Aveva alterato i suoi dettagli. Si divertiva a farlo con quelli che avrebbero potuto notarlo e sapeva che Mycroft Holmes era un attento osservatore.
Amava mettere gli uomini come lui sulla pista sbagliata.

"Le dispiace se le chiedo una sigaretta, miss Lincoln?"

Samantha sorrise compiaciuta e fu ancora più compiaciuta di rispondere un "temo di non poterla accontentare perché, vede, io non fumo"

L’espressione dell’uomo non sembrò cambiare di un millimetro: si sistemò sulla sedia accarezzando il manico del suo ombrello e ritornò a puntare i suoi occhi su quelli della ragazza.

"Non deve sentirsi in imbarazzo, non ho la tendenza a giudicare i fumatori e non solo perché sono uno di essi"

"Non mentivo quando le dicevo che non fumo"

"Le sue labbra invece dicono tutt’altro"

"Mycroft…"

Disse John intromettendosi, avendo paura di assistere ad una scena a cui fin troppe volte aveva assistito. Sapeva che Mycroft stava per vomitare un fiume di parole davanti a quella ragazza che il medico, erroneamente, considerava ingenua, e non era certamente quello il motivo per cui erano venuti lì, non per dimostrare le capacità deduttive di Mycroft.

"Credo che sia meglio arrivare al punto"

Aggiunse poi, sperando di aver acquietato le acque. Si rivolse a Samantha.

"Perché vede signorina, abbiamo considerato la sua proposta e…"

Lei però non lo stava ascoltando e non aveva smesso neanche per un secondo di fissare gli occhi glaciali di Mycroft Holmes.

"Perché? Cosa dicono le mie labbra, signor Holmes?"

John sospirò e appoggiò il gomito del braccio sul tavolino, così che la sua mano potesse sorreggergli la testa che aveva abbandonato stancamente.
Che quello che doveva accadere accadesse per l’amor del cielo, perché si era stufato di fare da balia ai fratelli Holmes. Mycroft avrebbe parlato, la ragazza sarebbe rimasta a bocca aperta ed avrebbe confermato tutte le deduzioni dell’uomo, al che avrebbe lanciato qualche insulto o qualche complimento o se ne sarebbe semplicemente andata e non avrebbe più accettato di condividere l’appartamento.
Così si mise comodo ed aspettò l’inevitabile.

"Sono curiosa, parli"

Mycroft non si fece certo pregare.

"Oh, ma è molto semplice miss Lincoln. Vede, le sue labbra sono molto secche, ma il punto in cui lo sono maggiormente è al centro del labbro superiore, dove vi è un piccolo foro che non fa combaciare perfettamente il labbro superiore con quello inferiore. Una piccola imperfezione dovuta al fatto di tenere in bocca la sigaretta. E deve fumare anche da abbastanza tempo, perché il buco è abbastanza visibile. Inoltre i suoi abiti sanno di fumo e deve per forza essere il fumo della sua sigaretta perché questo tavolo non è abbastanza vicino agli altri da averle permesso di ricevere il potenziale odore acre della sigaretta di un altro cliente. Poi, non per essere troppo ovvio, ma su questo tavolo è presente un portacenere e si vede chiaramente che in esso c’è una sigaretta fumata da poco, che, tra parentesi, deve per forza essere sua e non di un cliente precedente"

Mycroft annusò il tabacco contenuto nel portacenere.

"Direi… mezz’ora… no, tre quarti d’ora fa ne ha fumata una e per sbaglio ha fatto finire un po’ di cenere sulla manica del suo giubbotto. Ha provato a pulirlo con la mano destra, dal momento che lei è mancina e quindi tiene la sigaretta con la mano con cui scrive, cioè la sinistra, ovvio, ma evidentemente con scarsi successi. Come posso dire che lei è mancina? Beh, il manico della sua tazza è rivolto verso sinistra, inoltre ha un cerotto sul dito medio della sua mano sinistra, callo della scrittura, probabilmente ieri sera o questa mattina si è messa a scrivere ed esso ha cominciato a dolerle. Lei è una scrittrice? Non mi sorprenderebbe. Ama scrivere a mano e non al computer visto il callo. Quindi deve sicuramente avere un pacchetto di sigarette nella sua tasca destra del giubbotto, ne intravedo la forma"

Samantha rimase in silenzio per qualche secondo, si toccò la manica della giacca in questione, guardando prima John Watson, che la guardava con compassione, e poi Mycroft Holmes. Finse smarrimento finché non disse "meraviglioso, davvero fantastico"

John fu sollevato dall'udire quelle parole: evidentemente era più una tipa da complimenti che da insulti.
Forse, in fondo, avevano trovato la perfetta coinquilina per Sherlock.

"Miss Lincoln, mi duole essere stato magari un po’ brusco, le mie deduzioni a volte sono un po’ troppo, ecco… invadenti"

"Oh, non si preoccupi, non mi sono per niente offesa e non mi sento a disagio"

"Ne sono fe…"

"Sarebbero state ancora più incredibili le sue deduzioni, se ne avesse azzeccata almeno una"

Mycroft si fermò di colpo, la mascella mezza aperta a metà di una frase e la mano appesa a mezz’ aria, fermata nel bel mezzo di un discorso. Anche John Watson sembrò risvegliarsi dal suo stato di stanchezza e sgranò gli occhi.

"Oh, non intendevo dire nulla di sconveniente, signori"

Samantha fece finta di niente, mantenendo un atteggiamento disinvolto, anche se dentro di sé sembrava stesse per scoppiare un incendio e si sentiva così viva.

"Non capisco cosa intenda, signorina"

"Esattamente quello che ho detto. È stata solo una serie di equivoci a portarvi all’erronea convinzione a cui siete giunto e cioè che io sia avvezza  a quel fumo mortale"

"Non ci sono altre spiegazioni"

La mascella di Mycroft si irrigidì all’istante, strinse ancora più nel pugno il manico del suo ombrello nero rigorosamente chiuso ed alzò irriverentemente un sopracciglio. Espirò e si ridiede un contegno, mentre il suo compagno non smetteva di fissare allibito quella ragazza dai capelli biondi che aveva appena osato contraddire un Holmes. Avrebbe cancellato tutti i suoi impegni per vedere come sarebbe andata a finire.

"Vede signor Holmes, non sempre ciò che sembra ovvio è la risoluzione al problema, anzi, solitamente, sono le cose più improbabili a rendere un problema degno di essere risolto"

"Temo di non seguirla"

"Lei non ha nemmeno considerato l’idea che potessi essere venuta in questo bar accompagnata. Ha subito cominciato a dedurre ciò che vedeva, senza però pensare all’altra faccia della medaglia. Perché vede, le cose hanno questo brutto vizio di poter essere viste da diverse prospettive e a volte è davvero tediante, lo devo ammettere"

"Accompagnata?"

"Esattamente"

"Scusate, sono io a non seguirvi adesso"

Intervenne Watson più confuso che mai, ma ormai abituato a quella sensazione.

"Quando sono arrivata in questo bar, circa alle 9:15, ho deciso di chiamare una mia amica che abita nei dintorni per venire a farmi un po’ di compagnia, sapete, mi sentivo terribilmente sola"

Samantha si godette lo spettacolo dei due uomini che la fissavano a bocca aperta, ansiosi di venire messi a conoscenza del seguito della sua storia.

"Così è arrivata verso le 9:30 e dopo aver parlato un po’, mi ha chiesto il permesso di fumare una sigaretta, anche se sa che non amo particolarmente l’odore del fumo"

"Questo spiega l’odore di fumo sui suoi vestiti, ma il resto?"

"Con calma, ci sto arrivando. Così poi, mentre ci stavamo salutando, un po’ di cenere della sua sigaretta mi è caduta sulla giacca, ma ho deciso di ignorare l’accaduto per non farla sentire a disagio. Dunque quando se n’è andata ho provato a toglierla, ma come vede, essendo una giacca bianca, non è stato un tentativo molto riuscito"

"Ma non è possibile che lei si sia pulita la manica destra con la mano destra!

"Ovviamente mi sono tolta la giacca per farlo. Comunque, dove ero rimasta? Ah, sì. Così ho continuato a bere il mio caffè in santa pace finché non siete arrivati voi"

"Quindi lei mi vuol far credere di non essere mancina?"

"Non glielo voglio far credere, può constatarlo lei stesso"

Samantha sfilò una penna dalla sua borsa e cominciò a scrivere con la mano destra su una salvietta di carta. La sua scrittura era impeccabile.

"Potrebbe essere ambidestra"

"Le dimostrerò che anche questa sua deduzione è sbagliata"

Prese nuovamente in mano la penna e se la passò nella mano sinistra. Era evidente che non avesse la dimestichezza necessaria per scrivere con quella mano e la sua scrittura irregolare e frammentata lo confermò.

"Vede?"

"Allora come spiega il cerotto sul dito medio della sua mano sinistra? Non può che essere un callo della scrittura"

"Mi dispiace doverla deludere, ma mi sono solamente scottata con il caffè questa mattina. Era nel suo bricco e, non so come mai, mi è scivolato e mi sono scottata"

"Ma perché mai il manico della sua tazza è rivolto verso sinistra se lei è destrorsa?"

"Amo bere il caffè con la mano sinistra"

A quella risposta la faccia di Mycroft Holmes, da distesa, si riempì di grinze e di rughe d’espressione. "Ridicolo" pensò.

"Ma le labbra! Le sue sono labbra da fumatrice!"

"Anche per le mie labbra c’è stato un piccolo incidente con il caffè questa mattina e per questo motivo sono rimaste in questo stato… speravo che non fosse così visibile"

John Watson avrebbe giurato di aver visto Mycroft boccheggiare. Era immobile, i suoi occhi ancora fissi su quelli della ragazza, sembrava non battere nemmeno le palpebre.

"Ah, un’ultima cosa: odio scrivere a mano, ma adoro la tastiera del mio computer e, no, non sono una scrittrice, ahimè!"

Samantha, dall’alto del suo sadismo, cominciò a scusarsi in modo finto e calcolato, godendosi quel momento come ne aveva goduti pochi nella sua vita. Come colpo finale si era riservata di prelevare dalla tasca destra del suo giubbotto un pacchetto di gomme americane, che aveva dato a Mycroft  l’impressione di essere un pacchetto di sigarette, e lo esibì con fare innocente. Ci fu un breve silenzio.

"L’indirizzo è il 221B di Baker Street, vero?"

Aggiunse la ragazza.

"S..sì, è q…quello"

Riuscì a balbettare John, ancora visibilmente sconcertato.

"A domani mattina, allora"

La ragazza si alzò dalla sedia e lasciò dei soldi sul tavolo, seguiti da una lauta mancia.

"Amo i bar, non trovate che siano così graziosi?"

E detto questo si congedò, uscendo dal giardinetto del locale per scendere giù in strada.
Quando fu certa di essere abbastanza lontana, scoppiò in una fragorosa risata.
Non si divertiva così tanto da molti anni e sperava che quel divertimento non si interrompesse così presto.

"E' stato…fantastico"

Disse John Watson non appena la ragazza ebbe lasciato il locale.

"Si tenga le sue espressioni di stupore per lei, dottor Watson"

"Non ci posso credere, Mycroft Holmes... zittito da una ragazzina"

"Mi pare che nemmeno lei sia rimasto tanto indifferente davanti ai discorsi della ragazza, o sbaglio?"

"Io, fino a prova contraria, non mi chiamo Mycroft Holmes"

"Grazie al cielo, aggiungerei"

John non dette peso alle parole dell’uomo, perché sapeva che egli era stato punto sul vivo.

"Ho solamente sottovalutato la situazione, può succedere"

Detto questo, prese in mano l’ombrello e si incamminò verso l’uscita, seguito da John.

"Non sappiamo niente su quella ragazza e domani si presenterà a Baker Street convinta di poter condividere l’appartamento"

"E così sarà nei fatti, dottore"

A quelle parole sul volto di John si formò un’espressione di incredulità.

"Non credo sia una buona idea, non sappiamo niente di lei e non le abbiamo potuto nemmeno parlare di Sherlock… insomma, non possiamo certo dire che sia un dettaglio da ignorare"

"Domani, quando si presenterà all’appartamento, non esitate a concludere l’affare"

E con questo, Mycroft salì sull’auto nera che si era fermata a pochi centimetri dai due uomini, lasciando John sul marciapiede della via affollata, solo, con i suoi pensieri.
Perché mai Mycroft si era impuntato così tanto? Perché voleva che quella ragazza, che lo aveva quasi umiliato solo qualche minuto prima, condividesse l’appartamento con suo fratello minore? Il medico decise di non pensarci. Aveva molte altre cose di cui curarsi dopo la morte di Magnussen.






Angolo autrice ritardataria: e così si conclude anche il secondo capitolo, sperando che vi sia piaciuto e che non abbiate intenzione di linciarmi. Spero mi facciate sapere che ne pensate con una piccola recensione (che sono sempre più che gradite). Nel frattempo vi auguro un buon fine settimana. A presto! 
  
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