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Autore: FatSalad    12/12/2015    4 recensioni
Giulia ha 17 anni ed è in tutto e per tutto ciò che si potrebbe definire “normale”. Tutto tranne la sua eccessiva timidezza, che le impedisce di farsi molte amicizie tra i coetanei, anche se dentro di sé sente il desiderio di essere apprezzata e amata per quello che è.
Grazie a Spartaco, suo fratello, che ha tante qualità da sembrare la reincarnazione di un qualche eroe dei fumetti ed è tutto ciò che si potrebbe definire “extra-ordinario”, Giulia farà la conoscenza di Nathan.
Giulia e Nathan si parlano regolarmente ormai da diverso tempo. Scherzano, flirtano, si confidano... ma sempre tramite sms. Come mai lui la evita sempre quando si incrociano faccia a faccia nei corridoi del liceo? Prima o poi il mistero dovrà venire a galla, perché Giulia da quel ragazzo dall'aria malinconica e sfuggente è sempre stata inspiegabilmente attratta.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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Capitolo 4 – Gli Uccelli

 

Lo spettacolo che le si parava dinanzi era dei più affascinanti che avesse mai visto: un airone, un nobile airone bianco era davanti a lei. Lo osservò da quella distanza, cercando di non fare rumore per non farlo scappare. L'airone alzò una zampa, Giulia seguì il movimento con lo sguardo, trattenne il fiato quando pensò che l'animale stesse per spiccare il volo, la zampa sospesa a mezz'aria, prima di tornare a posarsi delicatamente al suolo. Ripetè il gesto con lievi tump tump, forse quelle zampe artigliate pesavano troppo, impedendo alle gambe lunghe e affusolate di librarsi in aria? L'airone scosse la testa in un gesto elegante, le piume si mossero al vento, ma no! Non era un airone, era una cicogna! Era un messaggero di buone notizie, di vita, di bellezza.

«Ti sei incantata? Che guardavi?» le chiese Lilla.

«Oh, nulla, mi... mi piacciono le scarpe di Selene.» Rispose Giulia un po' esitante.

Wow! Come faceva quella ragazza a camminare in modo tanto leggiadro su quei trampoli dal tacco a spillo e dal plateau così accentuato da sembrare pericolosamente pesanti? Si guardò i piedi, valutando i suoi otto centimetri di tacco, che le erano sembrati già una conquista. Il tacco non era a spillo, eppure le sembrava di patire le pene dell'inferno ad ogni passo. Perchè per Selene la Divina sembrava un piacere muoversi con quei cosi ai piedi? Perchè Selene si muoveva con l'eleganza di un airone, mentre lei poteva essere scambiata al massimo per un tacchino? Che mondo ingiusto!

Non erano ancora entrate nel locale e le scarpe la stavano già tormentando, il vestitino che le aveva prestato Lilla era fin troppo scollato per i suoi gusti e la faceva sentire a disagio, si controllava il petto ogni tre per due dondolandosi da un piede all'altro cercando di allontanare il dolore, con il collo incassato tra le spalle per contrastare il freddo di fine Novembre. Selene invece era un'altra storia. Indossava un tubino bianco che avrebbe donato solo a lei e ad un manichino e sembrava sospesa in aria mentre camminava, anzi, sembrava che stesse già ballando. Nemmeno un filo di pelle d'oca denunciava che la ragazza sentisse freddo, ma d'altra parte come poteva soffrire i capricci del tempo una creatura divina?

Giulia si chiese come aveva fatto a farsi convincere ad andare a ballare.

Ah, già, non si era fatta convicere, si ricordava bene la faccia sbigottita che aveva assunto Lilla quando, dopo le sue inefficaci insistenze, si era sentita dire in un sussurro, senza preavviso «Se venissi anche io, sabato?».

Giulia aveva firmato la propria condanna consapevolmente, irretita da un paio di occhi non verdi. Gli occhi di Nathan, aveva scoperto, erano marroni, ma molto chiari, sembravano quasi sfiorare l'ocra. Un colore davvero particolare, d'accordo, ma bastava questo per farla partire per la tangente e prendere decisioni avventate? Evidentemente sì. Questo e il fatto che per la prima volta, dopo anni di amore a distanza, Giulia fosse riuscita a fare due chiacchiere faccia a faccia con l'oggetto del desiderio. Un breve viaggio in autobus era bastato perchè Giulia gli perdonasse tutto: ogni volta che non l'aveva salutata per i corridoi della scuola; il fatto che non l'avesse presentata ai suoi amici se non come “la sorella del capitano”; il fatto che si vergognasse di lei. Si sentiva una masochista e una disperata, eppure pensava che parlare ogni tanto faccia a faccia, sentirsi tramite whatsapp, lontano dagli occhi e dalla consapevolezza di terzi, le sarebbe bastato per essere felice. Avrebbero avuto un rapporto e forse un'amicizia clandestini? Le stava bene.

«Uff... quanto ci mette ad arrivare?» disse Selene ad un tratto, distogliendo Giulia dai suoi pensieri.

«Marta ha detto che avrebbe fatto un po' di ritardo» disse Lilla giustificando l'amica.

«Lo so, il ritardo per lei è normale, il fatto è che doveva passare a prendere Emma, che però mi ha mandato un messaggio ora dicendomi che non si sente bene»

«Oh, cos'ha?» chiese Giulia.

A quel punto Selene si produsse in una serie di facce e gesti che dovevano essere d'intesa, mentre con le labbra scandiva in modo esagerato la parola “MES-TRUA-ZIO-NI”.

«Oh...» mormorò Giulia, con espressione contrita, onorata di essere stata messa a conoscenza di un tale importante segreto.

Pochi minuti dopo Marta arrivò sgambettando su dei tacchi vertiginosi e scusandosi per il ritardo, il volto visibilmente truccato la faceva somigliare ancora di più ad una bambolina di porcellana.

«Giulia, stai benissimo!» le disse con un sorriso smagliante appena la vide.

«Non mi piace ammetterlo, ma è merito mio» intervenne Lilla con finta modestia.

«Già...»

Giulia era andata a prepararsi a casa di Lilla, da dove l'amica sarebbe poi passata a prendere Selene, dal momento che Lilla e Marta erano le uniche patentate del gruppo. Aveva portato con sé un paio di pantaloni neri e una canotta bianca, ma Lilla le aveva categoricamente impedito di uscire con un abbigliamento tanto scialbo, non cedendo nemmeno alla supplica lamentosa: «Ma ho portato i tacchi!». L'amica aveva spalancato le ante del proprio armadio tirando fuori un vestito dietro l'altro con distratti «Prova questo... e anche questo», così che Giulia si era vista costretta a scegliere ciò che di più sobrio e coprente avesse individuato. Non le piaceva mostrare le proprie gambe, aveva le ginocchia storte, ma non aveva potuto rifiutarsi di indossare un vestito quando Lilla aveva minacciato di lanciarle i pantaloni dalla finestra. Abitava al quinto piano e Giulia sapeva che aveva il coraggio di mettere in pratica le minacce.

Non contenta Lilla aveva insistito per truccarla e il risultato erano stati il suo primo rossetto e due occhi così allungati dall'eyeliner da sembrarle enormi. Ad opera conclusa Giulia si sentiva bella, ma un po' a disagio, un po'... non se stessa, se possibile.

«Su, entriamo!» esortò Selene, evidentemente impaziente di cominciare a ballare. Forse cominciava a sentire un po' di fresco anche lei?

Giulia rivolse un ultimo sguardo al parcheggio.

«Aspetti qualcuno?» le chiese Marta.

«N-no, no. Andiamo!»

Non poteva rivelare che l'unico motivo per cui aveva accettato di andare a ballare... non si fosse ancora fatto presente. Spartaco, in splendida forma, era arrivato una decina di minuti dopo di lei, accompagnando un paio di amici, aveva riconosciuto anche altri compagni di squadra del fratello, ma non quello che interessava a lei. Nessuna vespa turchese all'orizzonte, nessun sorriso dolce, nessun berretto di lana. A proposito, come si pettinava Nathan per uscire la sera? E come si vestiva? Giulia sghignazzò immaginando il ragazzo che ballava con i pantaloni di una tuta e la maglia con il suo numero 7 dietro.

Continuò a pensare a lui anche mentre ballava in pista, tenendo sotto controllo l'ingresso del locale. Non si stava divertendo molto, con quel pensiero fisso in mente e lo spettacolo di un airone danzante davanti agli occhi, che la faceva sentire piccola, inadeguata, ridicola, semplicemente inferiore. Selene era avvicinata continuamente da ragazzi che volevano ballare con lei, tra i quali la ragazza salutava sensualmente molti che conosceva e rifiutava quelli che non le piacevano. La scelta non le mancava. Lilla e Marta ridevano della situazione, facevano commenti urlandosi nelle orecchie e a volte coinvolgendo anche Giulia, che cercava di mostrarsi più allegra possibile.

Ad un certo punto un gruppetto di ragazzi si avvicinò a loro tre, Selene si era dileguata da qualche tempo con un ragazzo più grande. Giulia aveva notato di sfuggita i tipi con un drink in mano che parlottavano e ammiccavano nella loro direzione, adesso ne sentiva uno molto vicino alle spalle, e ne vedeva due che cercavano di avvicinarsi allo stesso modo a Giulia e Marta, probabilmente erano stati incoraggiati dalle sue amiche. Quando sentì una mano posarsi sul suo fianco si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con un biondino. Avrebbe voluto allontanarlo in malo modo, dirgli che non era interessata, ma il sorriso sornione del tipo le procurò una strana sensazione di fastidio misto a imbarazzo che le mandò il viso in fiamme. Doveva ammettere che non era niente male. Forse fu per la sorpresa, oltre al fatto che, ormai era chiaro, Nathan non sarebbe arrivato quella sera, che si limitò ad allontanarlo posandogli debolmente una mano sul petto e urlandogli all'orecchio «Non starmi appiccicato». Quello alzò le mani in segno di resa, continuando a sorridere e ballarle vicinissimo.

«Sei occupata, bellezza

Il fiato caldo del ragazzo era a pochi centimetri dal suo orecchio. Le sembrò una cosa troppo intima, Giulia ne rimase quasi stordita, non ebbe il tempo di pensare altro se non alla verità, e rispose, repentina:

«No...»

«Allora che c'è di male? Possiamo ballare, no?»

Notando la sua titubanza il biondo tentò un nuovo avvicinamento. Giulia lanciò uno sguardo alle sue amiche, come a chiedere loro aiuto o consiglio e trovò Lilla avvinghiata al tipo che la stava corteggiando poco prima, ridevano e ballavano con le facce molto vicine, Marta avvinghiata ad un ragazzo con la barba che ondeggiava sensualmente mentre pomiciavano.

«Beeene» pensò «ho afferrato il concetto. Un momento, ma quello...»

Il ragazzo che ancheggiava in modo sorprendente attaccato alle labbra di Marta era inequivocabilmente Marco, l'amico di Nathan. Perchè Nathan non era con lui?

Bastò quell'attimo di distrazione perchè il biondo scambiasse il suo atteggiamente mutato per resa, improvvisamente Giulia sentì le sue labbra umide sul collo e si sentì come intrappolata: non voleva baciare quel ragazzo sconosciuto! Cercò subito di allontanarsi, ma per la troppa foga scivolò su qualcosa di viscido e appiccicoso, probabilmente un drink caduto per terra. Non era agilissima con addosso i tacchi alti e quel vestitino stretto. Il ragazzo non ebbe nemmno il tempo di aiutarla, le luci intermittenti della discoteca gli permisero solo di vederla con la bocca spalancata in una protesta, non vederla più e vederla di nuovo accasciata a terra. Allibito, il ragazzo cercò di avvicinarsi di nuovo per capire cosa non andasse, vedendola con la braccia strette al corpo, lo sguardo dolorante e quasi sul punto di piangere, ma non appena si avvicinò lei si dimenò in malo modo.

«No! Lasciami stare! Vattene!» continuava ad urlare lei tenendolo a distanza con un braccio.

Ignorando le sue proteste tornò ad avvicinarsi per aiutarla a rialzarsi, ma prima di sfiorarla avvertì una presa salda sulla spalla. Voltandosi avrebbe visto una figura imponente, un moro con lo sguardo fiero e vagamante minaccioso.

«I-io non le ho fatto nulla, lei...»

«Se dice no, è no.» Il tono fermo e deciso non ammetteva repliche e il ragazzo non seppe più cosa dire per difendersi. Fortunatamente il moro non sembrava intenzionato a fargli del male e spostò presto la sua attenzione verso la ragazza che aveva cercato di baciare, che aveva ancora le braccia attaccate al corpo, le sue amiche le erano accanto cercando di capire cosa fosse successo. Sembrava che tremasse.

Il ragazzo moro allontanò le due ragazze lanciando loro sguardi di rimprovero e appena lo vide Giulia lo abbracciò, nascondendo il volto contro il suo petto, dicendogli qualcosa. Facendosi strada tra i curiosi che allungavano il collo, urlando «Non c'è niente da vedere!» portò la ragazza fuori dal locale. Il biondo fu quasi sicuro di incrociarne lo sguardo, quando lei gli passò accanto, e avrebbe giurato di leggervi una scusa.

 

«Mi dispiace Spartaco, i tuoi amici...» Giulia mormorava, lo sguardo fisso sulle proprie mani posate sul grembo, i piedi liberi delle calzature infernali ora si crogiolavano al calore dell'automobile. O forse non mormorava affatto, anzi urlava, il fischio che sentiva dentro le orecchie non le permetteva di udire nemmeno la propria voce, si sentiva come in una bolla di ovatta.

«Non fa niente, c'era posto in macchina di Giova» rispose suo fratello secco.

«Mi dispiace, non era successo nulla, è solo che non lo conoscevo e...»

«Ho detto che non fa niente» con tono irritato Spartaco pose fine alla smaniosa spiegazione della sorella, pentendosi subito dopo per quella reazione. Sospirò e cercò di assumere un tono più calmo «Per la prossima volta assumiamo dei bodyguard» scherzò.

«Scemo»

«Guarda che i miei ragazzi sono forti e atletici!»

«Sono anche scemi come te?»

«O così oppure ti metti una maglietta con scritto “ALLA LARGA”»

«Perché non un campanellino da lebbrosa, allora?»

«Ancora più efficace!»

Risero entrambi, ormai calmi.

«Mi sa che è meglio se semplicemente non vado più in discoteca» mormorò poco dopo Giulia e non era sicura che suo fratello l'avesse sentita.

Poco dopo era nel suo letto a rigirarsi nelle coperte, si sentiva una stupida e non riusciva a dormire. Guardò l'orologio sul cellullare: le 2:05. Era presto per troncare una serata in discoteca, eppure con la sua maldestria era riuscita a rovinare il divertimento suo e di suo fratello. No, anzi, chi voleva prendere in giro? Lei non si stava propriamente divertendo, guardava le altre ragazze che ancheggiavano solo per attirare l'attenzione di qualcuno, l'abbigliamento ridicolo che si era ritrovata a sfoggiare, tutto quel trucco che copriva la vera Giulia. Una vibrazione interruppe i suoi malinconici pensieri. Guardò il telefonino.

- Lo so che è sabato notte e tu sei fuori e ti starai divertendo, non mi importa se non leggerai e non risponderai subito, ho solo bisogno di sfogarmi, perché sono furioso... c'è qualcosa di peggio di ritrovarsi a casa da soli di sabato sera? Mi sento intrappolato, vorrei fuggire, avrei voglia di urlare...

Era Nathan. Cos'era successo quella sera? Non indugiò e rispose.

- Qualcosa di peggio c'è: essere in una stanza circondati da decine di persone e sentirsi ugualmente soli, come se tutti gli sguardi che incroci fossero di sconosciuti.

Si pentì appena ebbe inviato il messaggio. «Uh-uh! Allegria stasera, eh?» pensò tra sé e sé. Non aveva resistito, perché le era sembrato che, seppure a distanza e in situazioni antitetiche, avessero condiviso le stesse emozioni. Era strano che Nathan le parlasse della sua rabbia e del suo malessere in generale, di solito non scendevano troppo sul personale. Forse con i recenti messaggi che gli aveva mandato aveva segnato una nuova tappa nel loro rapporto. Si affrettò comunque a scrivere un altro messaggio, prima che lo facesse lui.

- In ogni caso, tu mi hai consolato quando ne avevo bisogno, quindi... stasera sarò io il tuo Genio del Telefonino! (La tua Fata Madrina no, perché non riesco a farti andare al ballo, stasera...).

Diceva il secondo messaggio con una faccina imbarazzata.

- Hai ragione. Sapere che sei lì a leggere le mie lamentele, a rispondermi, sapere che dai loro importanza... basta questo per sentirmi meno solo. Grazie, Fatina del Telefonino.

«Tutto qua?» si chiese Giulia «Non vuole abbracci e bacini virtuali?». Era un po' delusa, ma al contempo era felice che almeno sapesse quanto era importante per lei, quanto gli stesse a cuore e... ehi, un momento! Era proprio un cuore quello che vedeva adesso? Nessun'altra parola e solo un cuoricino?

Panico.

«E adesso cosa gli rispondo?» il fischio nelle orecchie non accennava ad affievolirsi. Chiuse gli occhi e schiacciò il tasto dell'invio. «Ormai..!»

- Buonanotte

Scrisse soltanto, con un cuoricino rosso a concludere, al quale erano affidate tante altre parole che non aveva il coraggio di esprimere.

 

Giulia si mordicchiava il labbro inferiore, nervosa. Erano un paio di giorni che tentava di farsi notare il meno possibile a scuola, aveva smesso di uscire all'intervallo, non aveva nemmeno voglia di scoprire se adesso Nathan l'avrebbe salutata per i corridoi, dato che con lui ci sarebbero stati i suoi inseparabili amici Marco e Luigi e non aveva intenzione di farsi riconoscere dal barbuto, né da nessun altro fosse stato al Big Bang sabato sera. Era stata costretta a uscire dall'aula e voleva che il rischio finisse in fretta.

Con passi svelti e due euro in mano giunse davanti alla macchinetta del caffè e al distributore di merendine e si fermò pensierosa.

«Qualcosa di morbido non cioccolatoso» le aveva chiesto la professoressa di italiano, ma non aveva specificato altro, a differenza del caffè che doveva essere «espresso macchiato con tanto zucchero».

«Dà risposte alle domande della vita, se la fissi in quel modo?»

Giulia si riscosse dalla sua attenta osservazione dei prodotti disponibili, udendo una voce maschile che si avvicinava.

«Magari!» disse voltandosi. Voleva sorridere al ragazzo, ma non le fu possibile, quando incrociò gli occhi di un tipo biondo.

«Oh!» fece lui, bloccandosi a circa un metro da lei.

Giulia farfugliò qualcosa prima di sussurrare uno «Scusa» appena udibile, fissandosi i piedi. Il ragazzo parve pietrificato per un minuto, poi lo sentì muoversi e vide un braccio passarle davanti. Alzando lo sguardo seguì i movimenti del ragazzo che attendeva con indifferenza che scendesse la merendina selezionata. Sembrava un tipo a posto ora che lo vedeva alla luce del sole, con un golf blu al posto dell'elegante camicia e senza tutto quel gel a tenergli i capelli in un ciuffo ridicolo.

«Qualcosa di morbido non cioccolatoso» disse in un soffio, prendendo coraggio da non sapeva dove.

«Mh? Ah, questa è la Pini.» disse subito dopo ripredendosi dallo stupore e digitando un numero alla macchinetta. Giulia inserì i soldi e attese.

«Dici che questa roba le piace?» chiese tenendo gli occhi fissi sulla focaccina che si stava muovendo rumorosametne. Aveva paura di guardare il biondo negli occhi e contemporaneamente si vergognava per il proprio comportamento e desiderava chiedere scusa.

«No, è allergica»

«Cosa?!» gridò inorridita guardando finalmente il ragazzo.

«Ah, ora mi guardi negli occhi!» disse il ragazzo con quel suo sorriso ambiguo.

Giulia sentì l'imbarazzo salirle alle guance e abbassò la sguardo farfugliando qualcosa. Il biondo andò davanti alla macchinetta del caffè con aria indifferente e selezionò qualcosa.

«40 centesimi»

«Cos-..?»

«Espresso macchiato con tanto zucchero: 40 centesimi»

«Oh...» Giulia si avvicinò per inserire i soldi richiesti «Grazie.»

Il ragazzo se ne stava andando con un mugolio di intesa, ma Giulia non si sentiva l'animo in pace e raccogliendo tutto il suo coraggio insieme al caffè gli corse dietro mentre stava salendo i primi scalini.

«Ehi!»

Il biondo si girò con aria interrogativa.

«Scusa-per-sabato-grazie-per-prima» snocciolò tutto d'un fiato. Lui la guardò con un sorrisetto divertito. «E... piacere, mi chiamo Giulia.» Concluse allungando la mano destra, spostando caffè e focaccia nella sinistra.

«Prego-niente-ma-potevi-dirmi-che-avevi-il-ragazzo-Andrea» rispose lui stringendole la mano con presa decisa, senza togliersi di dosso il sorriso.

«Non ho il ragazzo e non si chiama Andrea!»

«Ma io sì»

«Ah...» disse Giulia sempre più imbarazzata, gli occhi fissi su quelli castani di Andrea. «Tu hai il ragazzo?».

«Cos-..?» disse con sguardo smarrito prima di scoppiare a ridere.

Lo aveva spiazzato.

 

«Spartaco è mio fratello»

«Ma dai!» esclamò Andrea alzando le sopracciglia incredulo. I due stavano salendo le scale uno di fianco all'altra, lui masticava beatamente la barretta di cioccolato che aveva appena acquistato.

«Non fare quella faccia, lo so: non ci somigliamo e no, non sono “famosa” come lui e non gioco a calcio»

«Non volevo offenderti, bellezza. Né ora né sabato» aggiunse serio dopo una pausa.

«Non è colpa tua, davvero, è che io...»

«Esci da una storia recente?»

Giulia sbuffò prima di dire con tono scherzoso: «È che la mamma mi ha detto di non fidarmi degli sconosciuti»

«Bene, Giulia, quindi adesso che ci conosciamo posso provarci con te?» disse lui.

Eccolo, stava di nuovo usando quel suo sorriso che la faceva arrossire e la mandava in confusione!

«Eh? Cosa? No! Io...» blaterò.

«Perché no?»

«Perché... guardami!» disse indicando se stessa, la faccia praticamente priva di trucco e la felpona oversize che la copriva fin quasi a metà coscia «Non sono quella che potevo sembrare sabato, non sono bella e popolare come Spartaco.»

«Spartaco, Spartaco, Spartaco...» la interruppe Andrea con aria annoiata e gli occhi al cielo «Senti, bellezza, non te ne offendere, ma io ho solo finto di sapere chi fosse tuo fratello. Ti avevo notata a scuola già prima di sabato e ho chiesto a un amico se ti conoscesse, anche lui mi ha risposto “la sorella di Spartaco”, ma mi dispiace deludervi: non seguo il calcio, men che meno la squadra della scuola e onestamente non mi interessa quanto sia “bello e popolare” tuo fratello, perché... non ha esattamente i connotati giusti per essere il mio tipo. Mi spiego?»

Giulia era rimasta qualche passo indietro con il petto in subbuglio e non certo per gli scalini saliti.

«Io mi fermo qui.»

«Mh? Ah, sì.» fece Giulia riscuotendosi dal suo stato di trance «Grazie ancora.» aggiunse piano ed era ovvio che non si riferisse più alla focaccina per la Pini.

Quando suonò la campanella dell'intervallo Giulia decise di salutare il suo amante (Termosifone, Termos per gli amici) e accompagnare Lilla, perché se proprio Andrea non si sentiva umiliato, scandalizzato e arrabbiato per la sua scenata in discoteca, chi avrebbe dovuto esserlo?

In ogni caso era arrivato il momento di fregarsene di ciò che pensava o avrebbe pensato la gente di lei! Uscì dall'aula a testa alta e con l'umore rigenerato.

«Lilla, mi dispiace per il vestito, non ne ho trovato nessuno simile...»

«Dai, lascia perdere, ti ho già detto che non fa niente!»

«Perché, che cazzo è successo?» chiese Emma appena le reggiunse insieme alle altre, poichè non aveva assistito alla secena in discoteca.

«Ehm...» fece Giulia imbarazzatissima fissandosi i lacci delle scarpe.

«Niente, è solo che Giulia è scivolata sabato e ha lasciato uno strappetto sul vestito che le avevo prestato»

«Eh, che cazzo vuoi che sia uno strappetto? E poi sai quanti altri vestiti c'ha la troietta!»

«Sì, beh, uno “strappetto” che arriva fino alle mutande...» pensò Giulia, tornando con la mente a quei minuti in cui era rimasta a sedere come un'allocca sul pavimento del locale senza sapere come fare ad alzarsi e coprire tutta quella pelle che si affacciava dallo strappo. Fortuna che era intervenuto Spartaco a coprirla con il proprio corpo.

In quel momento passò Andrea e Giulia fu la prima a salutarlo con un sorriso.

«Andava bene, bellezza?» chiese lui, senza specificare altro e a Giulia sembrò che volesse volutamente lasciare un po' di mistero, come a dire che si trattava di un qualcosa che conoscevano solo loro due.

«Benissimo!» rispose lei con un sorriso prima di superarlo.

«Porco cazzo! Conosci anche Colombo? Dimmelo subito se è un tuo cugino o parente lontano.» sbottò Emma un secondo dopo.

«Chi?»

«Andrea Colombo, il figo assurdo della 4a B!»

«Ah, bhè... a quanto pare... lo conosco»

«Tutte le fortune a lei, oh! Anzi, tutti gli uccelli..!» esclamò la Sboccata rivolta alle altre tre, senza far caso ai loro sguardi sbigottiti. Dopo tutto, nessuno le aveva detto che sabato Giulia era scivolata nel tentativo di allontanarsi proprio dal figo assurdo della 4a B.

 

Il mio angolino:
_____________

In via del tutto eccezionale (???) il prossimo aggiornamento sarà di lunedì anziché sabato, pazientaaaaate! :)
Ho rimaneggiato e corretto così tante volte questo capitolo, è stato un lungo parto...
Se siete ancora lì... Grazie! Mi raccomando: non abbiate paura a lasciare critiche e recensioni!
A presto,
FatSalad

   
 
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