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Autore: FRAMAR    12/12/2015    24 recensioni
Samuele e Gloria sono ormai separati da anni. I loro figli Alessandro quattordici anni e Nichy dodici anni, hanno organizzato le feste da passare tutti insieme in Montagna. Ne combineranno di tutti i colori...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Siamo prossimi al Natale e così  voglio raccontare di un Natale che non potrò mai dimenticare. E’ stato il più importante della mia vita.

“Mamma quest’anno per Natale vorremmo un regalo speciale”, comunicò Alessandro, mio fratello maggiore, che all’epoca aveva quattordici anni, con una strana espressione da angioletto.
Già mia madre si stava immaginando l’ennesimo gioco elettronico, quando intervenni io, Nicola, detto Nichy, all’epoca dodicenne: “Per noi è importante, ma a te non costerà assolutamente nulla”.

Quando noi figli ci mettevamo d’accordo nel chiedere qualcosa, sapevamo essere davvero insistenti. Quella volta, però. c’era qualcosa di diverso dal solito. E il suo intuito di mamma le diceva che doveva stare all’erta.

“Natale è la festa della famiglia”, continuò Alex serissimo, “quindi anche noi per una volta, vorremmo trascorrerlo tutti insieme”.

“Tutti insieme in che senso”, chiese allarmata.

“Noi due , tu e papa”, esclamai.

“Siamo stanchi di scegliere con chi stare e di dividerci”, aggiunse Alex. Per un attimo mamma accusò il colpo e stette zitta, poi decise di fare chiarezza.

“Ragazzi, papà e io ci siamo separati quando eravate ancora piccoli, quindi voi il Natale tutti insieme ve lo ricordate appena…”

Per quanta poca stima avesse del suo ex marito, era pur sempre nostro padre e non lo aveva mai criticato davanti a noi. Anzi, da separati avevano trovato il modo di avere rapporti civili, mentre quando vivevamo insieme era un litigio continuo.

“Io mi ricordo che quando avevo quattro anni siamo stati in montagna e papà ci ha portato sulla neve con il bob”, raccontai. “Poi quando siamo tornati tu ci avevi preparato la cioccolata calda e l’abbiamo bevuta tutti insieme. Che bello era stato…”

Mamma sospirò, chiedendosi come avremmo fatto noi a trasformare una convivenza burrascosa com’era stata la loro in una specie di idillio.

Tra papà e mamma fu un vero e proprio colpo di fulmine. Si conobbero durante una vacanza e dopo tre mesi erano già marito e moglie. Lui era vulcanico e divertente e mamma innamorata pazza. Purtroppo la convivenza mise subito in luce le troppe fragilità del loro rapporto. Mio padre era simpatico ma completamente inaffidabile. Mia madre rimase incinta quasi subito, ma non per questo lui rinunciò a uscire con i suoi amici e a spendere un sacco di soldi in computer e giochi elettronici, la sua passione. Mamma sperava che diventando padre maturasse, ma non fu così. Quando nacque Alessandro era sempre lei a occuparsi di mio fratello. Papà si limitava a giocarci quando ne aveva voglia, evitando con cura le incombenze più faticose. Mamma passava interminabili serate sola in casa con il piccolo che piangeva per le coliche, mentre suo marito era fuori per motivo di lavoro, ai quali lei credeva poco. Poi scoprì di essere di nuovo incinta. Con un bambino piccolo di cui occuparsi e un altro in arrivo, dovette rifiutare le supplenze che le erano state proposte ed era un po’ giù di morale. In più era disperata all’idea di doversi occupare di due bambini che avrebbero avuto solo diciotto mesi di differenza. Papà invece, sembrava contento di allargare la famiglia. Così mamma gli diede una seconda chance e sperò per l’ennesima volta che maturasse. Durante quella seconda gravidanza, in effetti, papà fu molto tenero con lei e cercò di starle vicino e di condividere ansie e preoccupazioni.

Dopo la mia nascita, però, la loro vita diventò ancora più caotica. Lui usciva la mattina per andare al lavoro e quando rientrava alla sera lei era talmente stanca ed esasperata che gli piazzava me in braccio e andava a sdraiarsi un po’. Lui continuava a ripeterle che aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse durante il giorno, a costo di accettare un sostegno economico dai suoi genitori, decisamente benestanti, ma mamma insisteva nel volersela cavare da sola. Così, il poco tempo che trascorrevano insieme era davvero avvelenato da incomprensioni e litigi.

Nemmeno quel Natale trascorso nella casa di montagna del nonno che ora ricordavamo con tanta nostalgia, fece eccezione. Nonostante tutto, mamma continuava ad amare il marito. E quando scoprì inequivocabili tracce di rossetto sulla sua camicia, il mondo le crollò addosso. Papà non provò a negare, disse che era stato un momento di debolezza, che amava solo lei, ma che negli ultimi tempi gli sembrava che non le andasse bene niente di lui, perché lo criticava per ogni cosa che faceva.

La scongiurò di perdonarlo, promettendole che non sarebbe accaduto mai più ma non si lasciò impietosire e lo cacciò di casa. Qualche anno dopo papà le chiese il divorzio perché sembrava volesse sposare la sua fidanzata del momento, l’ennesima, ma poi si lasciarono. Mamma, nel frattempo, entrò in ruolo come insegnante di inglese. Dal punto di vista sentimentale, non ebbe più storie serie, perché la sua priorità furono sempre i figli. E poi scoprì che in fondo non stava male sola.

Non ha mai rinnegato certe scelte e adesso che noi figli siamo diventati grandicelli può dedicare del tempo ai suoi interessi e concedersi qualche breve viaggio quando noi siamo con il papà. Lui invece, negli ultimi anni ha collezionato una serie di fidanzate giovani e avvenenti, ma nessuna è riuscita a conquistarlo definitivamente. Tra loro, ora, i rapporti sono abbastanza buoni: lui è un padre presente e responsabile, ma il ricordo del fallimento del loro matrimonio le fa ancora male e così quando viene a prendere noi figli, cerca sempre qualche scusa per eclissarsi o al massimo scambiare due parole di circostanza.

Non che provi ancora qualcosa per lui, sia chiaro, ma preferisce considerarlo un capitolo chiuso della sua vita. Per questo motivo, la richiesta di Alex e mia l’hanno messa in imbarazzo.

“Dai mamma, non ti stiamo chiedendo la luna! Vogliamo solo passare un Natale normale”, insistemmo.

“Papà dice che a lui andrebbe bene…” aggiunse Alessandro. Questa frase le fece drizzare le antenne.

“Vostro padre è d’accordo?”, chiese allarmata. “Non ditemi che l’idea è stata sua!”

“No, mamma, l’idea è stata nostra”, dissi io, “però lui l’ha accettata senza fare storie e ha detto che potresti venire anche nella casa in montagna dei nonni. Invece tu risponderai di no, lo sappiamo già”. Detto ciò, io me ne andai, seguito da Alessandro.

“Povera me è iniziata l’adolescenza”, gridò sconfortata.

Il fatto è che mamma non aveva voglia di trascorrere il Natale con papà. Quell’anno era previsto che noi ragazzi passassimo le feste con il padre e lei era tranquilla perché sapeva che in montagna abbiamo parecchi amici e ci saremmo divertiti. Anzi aveva pensato di concedersi tre o quattro giorni sulla neve con un paio di colleghe. Tuttavia, vedere noi figli così amareggiati e arrabbiati mandò in crisi i suoi programmi. La speranza che il nostro malumore passasse presto si rivelò illusorio.

Alessandro ed io continuammo ad essere imbronciati a perorare la nostra richiesta. Alla fine cedette. Meglio passare un paio di giorni (perché per Santo Stefano voleva tornare a casa) sotto lo stesso tetto con l’ex marito che rovinare il rapporto con noi figli.

“Evviva” esclamammo in coro, quando comunicò che sarebbe venuta anche lei con noi. Eravamo talmente felici che ci proponemmo persino per aiutarla nelle faccende di casa. “Mamma, perché non ti tagli i capelli?, disse a un certo punto Alessandro.

“Secondo me staresti bene”. Lo guardò stupita. “In effetti sono anni che li portò legati in una coda…!”

Decise di dare ascolto a noi figli, prendendo appuntamento con la parrucchiera per il giorno prima della partenza. Quando uscì dal salone, quasi non la riconoscevamo. Il suo castano naturale era schiarito dai colpi di sole e un taglio più corto e scalato valorizzavano i lineamenti del viso. Devo dire che era più attraente e mi chiedevo perché in questi anni non gli sia mai venuto. Io e Alessandro eravamo entusiasti ma non ci bastava.

“Perché non ti metti mai la gonna mamma?”, le chiesi, osservando i suoi soliti jeans. “Quando eravamo piccoli li indossavi”.

“Allora avevo trent’anni ragazzi miei…”.

“Che c’entra? Hai ancora delle belle gambe”, commentò Alessandro.

“Ma guarda un po’!” trattenne a stento una risata.

“Mamma, ieri tornando da scuola abbiamo visto un vestito bellissimo in una vetrina”, intervenni.

“Ma che sta succedendo?”

Tanto abbiamo fatto che riuscimmo a trascinarla davanti a quel negozio. Ancora una volta si lasciò convincere. Entrammo, provò l’abito e… lo comprò.

Così, con un taglio di capelli diverso e un nuovo abito in valigia partimmo per la casa di montagna di papà.

Quando arrivammo alla mamma venne un tuffo al cuore. Vedendo il tetto dello chalet e gli abeti intorno coperti di neve le tornò in mente il primo Natale che aveva passato quì con papà. Erano sposati da pochi mesi e lei aspettava Alessandro. Era stato un momento magico e irripetibile che aveva reso ancora più amari gli anni successivi, carichi di incomprensioni e di litigi. Mamma si pentì di aver accettato questo invito, ma ormai era tardi. Papà ci accolse cordiale e sorridente. Abbracciò noi ragazzi e salutò la mamma. Io e Alessandro eravamo felici ed entusiasti e già progettammo di andare a sciare l’indomani mattina, mentre la mamma si sentiva sempre più a disagio. Non c’è la faceva proprio a essere moglie moderna ed emancipata, disposta a passare le Feste con il suo ex come se fosse un vecchio amico. Comunque era inutile starci a pensare, ormai era lì. Salimmo nelle camere a portare i bagagli e quando scendemmo sentimmo una voce femminile proveniente dalla cucina.

“Perché non vuoi che dorma con te? Non capisco”, diceva la voce femminile…

“E’ una questione di rispetto per i miei figli”, rispose papà.

Di fronte a noi c’era una ragazza sui trent’anni, inguainata in una minigonna di pelle e stivali neri. Prima ancora di chiederci chi fosse, ci domandammo se non avesse freddo, così poco vestita in alta montagna. Papà era visibilmente imbarazzato.

“Gloria, questa è Valeria, una mia amica”, La presentò alla mamma. “Un’amica speciale”, affermò con voce sicura ridendo.

“E sono amica di questi due favolosi ragazzi, vero? Erano così contenti quando ho detto che sarei venuta anch’io…” aggiunse, rivolgendosi a me e Alessandro.

Dire che mamma era inviperita è poco. Che papà pretendesse di passare il Natale sia con lei, ex moglie, che con la nuova compagna era decisamente troppo per lei. E che dire di noi, suoi figli, traditori?

“Voi due… Andiamo a fare un giretto fuori”, così lasciammo soli papà e la sua amica speciale. Indossammo le giacche a vento e ci trascinò nel cortile. “Cos’è questa storia, ragazzi?” chiese furente. “Prima mi pregate di passare il Natale con vostro padre come una vera famiglia e poi mi ritrovo qui la sua nuova amica. Dove pensate di essere, in una soap-opera?”

Io e Alessandro abbassammo gli occhi, ma mamma si sentiva offesa e presa in giro.

“Ma cosa vi è saltato in testa?”, urlò.

A quel punto l’abbracciai forte. “Mamma, tu sei sempre la migliore”, intervenne Alessandro.

“E sei cento volte più bella di Valeria, Guarda che lei non è mica una vera bionda, si tinge,” aggiunsi io, strappandole un sorriso.

Quando vogliamo io e Alessandro, sappiamo essere tenerissimi. Rientrammo in casa che era già buio, e speravamo solo che papà e Valeria avessero un minimo di discrezione e non ci costringessero ad assistere alle loro moine. A tavola la tensione si tagliava con il coltello. Valeria era fin troppo espansiva, chiacchierava a ruota libera e si sforzava di coinvolgere papà, che invece parlava a monosillabi.

“Vero Samuele, che ti diverti un sacco a uscire con i miei amici? Anche se sei il più vecchio di tutti fai ancora un sacco di conquiste…”

Si vede che era convinta di fargli un complimento, ma lui era visibilmente imbarazzato. A me veniva di sorridere, perché pensavo che in fondo dopo anni che faceva il farfallone, una donna così priva di tatto era proprio quello che si meritava. Il giorno dopo ci alzammo presto. Ci preparammo per andare a sciare.

“Aspettatemi, vengo con voi!”, esclamò Valeria, raggiungendoci al piano di sotto. Io e Alessandro ci mostrammo spazientiti e anche papà dette segni di cedimento. Lei era truccata e pettinata come se dovesse fare un provino per la televisione.

“Guarda che le piste sono piuttosto impegnative,” la mise in guardia papà. “Tu hai appena iniziato a sciare, non vorrei ti facessi male”.

“Me la caverò benissimo. Devo pur sfoggiare la mia nuova tuta da sci. Mi è costata una cifra!”

Meno male che era la viglia di Natale, perché mamma ne aveva fin sopra i capelli di stare la. Non ne poteva più di reggere la candela al suo ex e a quella specie di oca giuliva. Finalmente riuscimmo a prendere la seggiovia e quando arrivammo in cima, Valeria si rese conto che la pista era più impegnativa di quanto immaginasse.

“Te l’avevo detto. Mi raccomando, se non ti senti sicura, scendi piano, a spazzaneve,” le consigliò papà. “Io ti sto vicino, nel caso avessi bisogno di aiuto”.

“Figurati… seguo Gloria, se ce la fa lei, perché non dovrei farcela io? Disse stizzita.

Che stupida, la mamma scia da quando era bambina, mi veniva da risponderle, ma stetti zitto, che la seguisse pure… Quando arrivammo in fondo alla pista sono stato subito raggiunto da mamma e Alessandro e rimanemmo un bel po’ ad aspettare papà e Valeria. Finchè la vedemmo scendere a piedi, lentamente, urlando come un’ossessa, mentre papà le portava gli sci in spalla… Scoppiammo a ridere.

“Mi sono stufata!” Gridò quando ci raggiunse. Andrò a prendere il sole al rifugio, voi fate quello che vi pare”

Papà non tentò di trattenerla, evidentemente ne aveva abbastanza dei suoi capricci e passò la mattinata a sciare con noi. Per qualche ora quasi dimenticò che con la mamma non stavano più insieme da tanti anni. Alessandro ed io eravamo felici e spensierati come non mai. Sembravamo una normale famiglia che si divertiva sulle piste da sci”. Ma come tutti i sogni, anche quello ebbe una breve durata. Valeria ci raggiunse dopo qualche ora, più arrabbiata che mai, con il viso rosso come un gambero e si lamentava perché le bruciava.

“Avresti potuto mettere la crema protettiva, il sole picchia forte in montagna,” le ricordò la mamma.

“Tu sai sempre tutto, giusto?” replicò sgarbata, sbraitando che voleva tornare a casa.

Papà perse in un attimo tutta l’allegria di poco prima e si vide benissimo che non sapeva come comportarsi.

“Vai pure con lei, io resto ancora un po’ con i ragazzi,” gli suggerì mamma. “Poi passiamo noi dal negozio di gastronomia a prendere i piatti che abbiamo prenotato per la cena”

La sera la mamma era così stanca che non aveva neppure voglia di prepararsi, voleva infilarsi i soliti jeans e un maglione, ma noi figli la obbligammo a indossare l’abito nuovo. Devo ammettere le stava bene, anche se non era abituata a vestirsi in modo così elegante. Mentre scendeva le scale, notai l’occhiata di ammirazione che le rivolse papà.

“Sei splendida, Gloria!” si complimentò lui.

“Oh, in rosso come il Gabibbo”, fu invece il commento di Valeria.

Mamma non reagì, Valeria forse voleva soltanto essere spiritosa, ma le riuscì… Lei indossava una minigonna dorata, poco più grande, di una cintura. Mamma aiutò papà a portare i piatti a tavola. La cena non era delle più piacevoli. Mamma cercò di fare conversazione con noi ragazzi, mentre Valeria e papà si guardavano in cagnesco. La vita è proprio strana. Doveva essere mamma quella a disagio e invece sembrava che la sua presenza stava mandando in crisi Valeria.

La mattina dopo Valeria scese le scale furiosa come non mai. Aveva i capelli crespi e la pelle del viso arrossato.

“Qualcuno ha fatto sparire la mia trousse da trucco,” urlò con rabbia. “Sei stata tu, Gloria”.

“Io? E perché mai avrei dovuto fare una cosa simile?

“Per impedirmi di truccarmi, perché sei invidiosa, non sopporti che io sia più giovane e bella di te. Pensi che io non abbia capito che sei venuta qui solo per cercare di riprenderti il tuo ex?”. Mamma diventò rossa nel viso.

“Non è affatto vero. E non so nulla dei tuoi trucchi” disse, decisamente irritata.

“Sei patetica” “Basta Valeria”, la interruppe papà. “Sei tu patetica ad accusare Gloria in questo modo. Adesso fai le valigie e te ne vai”.

“Che cosa? Prima mi inviti e poi mi mandi via?”

“Veramente sei stata tu a insistere per trascorrere il Natale qui,” le ricordò papà. “Sono contento che sei venuta, perché almeno ho capito che tra noi due non potrà mai esserci nulla”.

Non ci potevo credere. Non avevo mai visto papà così determinato. Che fosse davvero cambiato? Anche mamma pensò la stessa cosa. Valeria se ne tornò in camera e mezz’ora dopo ricomparve pesantemente truccata, come suo solito. E con i capelli di nuovo lisci come l’olio.

“Ho ritrovato la trousse, era sotto il letto”, ammise. “Ma so bene che sei stata tu a nasconderla”, insisté, passando accanto a mamma.

Detto questo se ne andò. La sua partenza repentina ricordò qualcosa a mamma… Tutto questo le ricordava qualcosa… Ma certo, quel vecchio film che aveva visto alla televisione con noi un paio di settimane fa. Una commedia americana degli anni sessanta, intitolata: “Il cow boy con il velo da sposa”. La storia raccontava di due gemelle, separate da piccolissime, perché dopo il divorzio dei genitori una rimasta con il padre e l’altra con la madre. Si incontrarono per caso ad un campeggio e scoprirono di essere sorelle. A quel punto, decisero di fare di tutto per riunire mamma e papà. Inoltre, le ragazze organizzarono una serie di scherzi alla nuova fidanzata del padre, inducendola a fuggire a gambe levate. Mia madre quella sera era stupita nel vedere noi, i suoi figli, molto interessati al film, visto che in genere noi amavano solo Harry Potter e la fantascienza. Improvvisamente mamma ci guardò male e disse:

“Ragazzi, non è che tutto questo è opera vostra?”

Noi due ci scambiammo uno sguardo complice.

“Dite la verità,” proseguì. “mi avete fatto venire qui nella speranza che mi riconciliassi con papà e avete nascosto la trousse a Valeria… Mi avete consigliato perfino di tagliarmi i capelli, come l’attrice che interpreta quel film che abbiamo visto insieme…”

Alessandro ed io divenimmo rossi come peperoni. Il nostro atteggiamento diceva chiaramente che aveva colto nel segno.

“Noi usciamo un momento, torniamo presto”, dicemmo insieme andandocene di corsa. Appena usciti dalla stanza ci nascondemmo dietro la porta per ascoltare. Che mascalzoni! Così mamma e papà si ritrovarono soli. Il mio cuore iniziò a battere a mille. Tra di loro non poteva più esserci nulla, perché non volevano soffrire di nuovo. Gli occhi di papà rimasero fissi su di lei. La mamma lo stava guardando.

“Che cosa speravano di ottenere, i nostri figli? La vita non è un film” mise in chiaro. “Se i genitori si lasciano, non bastano certo le trovate di due ragazzini a rimetterli insieme, no?”

“Ne sei proprio sicura?” le chiese papà avvicinandosi.

“Sicura … di che cosa”

“Che due persone come noi non possano scoprire di amarsi ancora,” continuò, accarezzandole una guancia. Il contatto con la sua mano provocarono in lei un brivido, ma non voleva cedere. In questi anni era riuscita a ritrovare la serenità e di papà non ci si poteva fidare.

“Ti sei fatto trovare qui con un’altra” gli ricordò.

“E’ stata Valeria a insistere per venire… Senti Gloria, mi sono comportato come uno stupido quando eravamo sposati. E in questi anni ho collezionato una fidanzata dopo l’altra sperando di dimenticarti, perché in verità non ho mai smesso di amarti. Però credevo che non mi avresti mai perdonato, invece in questo due giorni ho capito che forse c’è ancora una possibilità per noi due…”.

“Ci abbiamo già provato una volta ed è andata male. Perché rischiare di nuovo?” gli chiese, in un ultimo, disperato tentativo di negare ciò che sentiva.

“Perché io sono cambiato. Perché abbiamo due figli meravigliosi che desiderano vederci tornare insieme. E soprattutto perché io ti amo da impazzire. Gloria. Non ti sembrano tutte buone ragioni?”

“Ottime ragioni, direi,” ammise mamma, accogliendolo tra le sue braccia. Chiuse gli occhi, abbandonandosi felice ai suoi baci.

“Anch’io ti amo”, disse mamma. “Samuele per nulla la mondo rinuncerei a te”. E non poteva essere occasione migliore del Natale per riunire la nostra famiglia.

Il rumore della porta che si apriva annunciava che noi eravamo arrivati. E li trovammo abbracciati e facendo finta di non sapere nulla, sgranammo gli occhi.

“Non siete ansiosi di scartare i vostri regali di Natale?”, chiese papà per vincere l’imbarazzo.

“Il regalo più bello siete voi due insieme”, mormorai con le lacrime agli occhi.

Anche Alessandro aveva gli occhi lucidi. E allora papà e mamma spalancarono le loro braccia e ci accolsero in mezzo a loro.

Quello fu davvero il Natale più bello della nostra vita e facemmo il possibile perché tutto quello durasse per sempre. Io e Alex ci guardammo sorridendo. Il merito era stato tutto nostro.

Sono passati ormai sette anni da allora. La nostra famiglia è unita più che mai e ci vogliono bene e hanno sempre rispettato i nostri sentimenti.

Ora che io vivo con Mattia e Alessandro convive con Arianna, ricordiamo sempre quel meraviglioso Natale.





Dedicato alla famiglia che non ho avuto la gioia di avere.
   
 
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