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Autore: Francine    13/12/2015    8 recensioni
La Storia siamo noi
siamo noi queste onde nel mare
questo rumore che rompe il silenzio
questo silenzio così duro da raccontare.
(Francesco De Gregori, La Storia, 1985)
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Saori Kido
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quando piovono le stelle'
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Questo silenzio così duro da raccontare




La Storia siamo noi
siamo noi queste onde nel mare
questo rumore che rompe il silenzio
questo silenzio così duro da raccontare.
(Francesco De Gregori, La Storia, 1985)

 




Avresti voluto stringere il corpo di Saga ancora per qualche istante. E invece no. Mu te lo ha tolto di dosso con dolcezza, quasi il sangue che sgorgava dal petto di Gemini potesse lordarti l’anima. E ti sei sentita persa, e ti sei sentita vuota. Stringere quella testa tra le braccia serviva a farti capire che no, non era un sogno, uno di quelli che si diradano al mattino, come la nebbia sui prati. Nossignore. Era tutto vero. La ferita non c’era più, nemmeno un graffio, neppure uno strappo sull’abito da principessa. C’erano solo la polvere e il sudore, e le lacrime di Saga sulle balze della gonna.

Non hai permesso che ti togliessero un altro figlio. Seiya. «Aspettate», hai detto – hai ordinato. E quale stupore è stato vedere l’Ofiuco –Shaina – obbedire per prima, chiedendo ad Aiolia di aiutarla ad accompagnare Marin in infermeria. Non hai potuto vedere i suoi occhi, sotto quelli inespressivi della maschera; ma qualcosa, dentro di te, ha vibrato. Te lo lascio. Ma solo per stasera, ha detto il suo cosmo, vibrando al suono del Mi. Perché ha capito che avevi bisogno di Seiya. Stasera più che mai.

Le stelle ingemmano il cielo. Milioni di milioni di mondi che danzano morendo, lassù, lontano lontano. Uno spettacolo da mozzare il fiato. La Via Lattea sembra davvero una macchia candida che si allarga sul pavimento, ruscellando per fatti suoi. I grilli cantano la loro canzone misteriosa e il vento ti increspa la pelle.
Adagiato sulle tue ginocchia, Seiya riposa, ignaro di tutto. Ignaro che Saga si sia suicidato, ignaro che tu ti stia prendendo cura di lui, ignaro che tra le tue ciglia si impiglino lacrime che non vuoi fare cadere sul suo viso graffiato.
Gli accarezzi la fronte, mentre il tuo cosmo gli tiene assieme il corpo esausto e sfinito. Il cuore batte appena. Sai che ha un edema grosso quanto una noce che preme sul cervello. E il femore destro è andato. Eppure, hai bisogno di sentirlo tra le braccia. Hai paura. Che te lo portino via. Che stavolta qualcuno tenti di rubarti Pegaso.

Così lo stringi, come farebbe qualsiasi madre con un figlio scavezzacollo, uno di quelli che attira i guai come le calamite fanno con i chiodi. Lo stringi e provi a rompere quel silenzio irreale, mentre ognuno è costretto a fronteggiare il proprio dolore. I propri lutti. E vorresti dirgli tutto. Di quando tu ti chiamavi Sasha e lui Tenma, e di prima ancora. Di Pegaso e di Athena. Del vostro legame. Del reale significato dei gesti di Aiolos e di Saga. Del reale significato di un sacrificio.
Perché gli dei non si nutrono del fumo che si leva dalle pire sacre. Loro hanno il nettare e l’ambrosia per placare la fame e la sete. Il sacrificio è un simbolo. Un gesto. Un privarsi di qualcosa di prezioso, per darlo a qualcun altro. Perché quando gli dei vedono il fumo nero levarsi dai loro templi, essi sanno.
I mortali ci onorano.
I mortali ci venerano.
I mortali ci temono.
E tu hai sacrificato i tuoi guerrieri più preziosi.
L’angelo, che in passato ti ha amato fino a morirne.
E lo stratega, che ha bruciato se stesso, pur di fare ciò che andava fatto.


Ogni regno, ogni fondazione, ogni inizio va celebrato con rito. Per ingraziarsi gli dei. Per ribadire loro che i mortali non sono pericolosi. E cosa può offrire una divinità ai propri simili e a se stessa se non le pedine più importanti del proprio arsenale?
Avresti potuto salvare Aiolos espandendo il tuo cosmo.
Avresti potuto fermare i pugni di Saga.
Invece hai scelto di osservare. Hai scelto di sacrificarli, ancora una volta, prima del tempo.
Perche?, ti chiederebbe Seiya, con la perplessità a colorargli gli occhi. Un caldo marrone, simile al…
Terra di Siena Bruciato.
Lo mormori sovrappensiero, accarezzandogli la fronte, scostandogli i capelli dalla ferita che ha smesso di sanguinare. Ha le ciglia lunghe, Seiya. Lunghe e scure. Un ragazzino indisponente. Questo hai pensato quando lo hai visto, quando vi siete incrociati per la prima volta. I detrattori sono ammiratori segreti, diceva il nonno, e a quel pensiero le labbra si arricciano in un sorriso.
Seiya non capirebbe. Ti direbbe che no, non si è mai costretti, che c’è sempre un’altra strada, un altro modo, un’altra via.
Ma tu sai che questo non è sempre vero. Non per gli dei, almeno. Tyche pretende. Tyche ottiene. Tyche è l’unica in grado di farvi chinare il capo. Tyche sa.
E anche tu sai che a volte è bene cambiare le regole e piegarle ai propri fini. Ma sempre di un passo. Uno solo, uno e basta; altrimenti perderesti te stessa. Stavolta per davvero.


Vorresti liberarti il cuore. Toglierti quel peso che ti incurva le spallucce da uccellino e vederlo librare nell’aria della notte ateniese. Chissà, magari ti farebbe meno paura. Magari dargli dei contorni lo farebbe apparire reale. E quindi gestibile.
I mostri fanno più paura quando non li vedi.
Te l’ha detto Seiya, ricordi?
Sembra sia passato un secolo, eppure era meno di ventiquattro ore fa.
Sospiri, ché non ce la fai a confidare quel tuo segreto a Seiya. Sacrificherai te stessa, stavolta. Come hanno fatto più a Nord e come hanno fatto i Nubiani. Funzionerà. Deve funzionare. Non siete poi così diversi. E vorresti dirglielo. Lo sa il Cielo se vorresti! Ma quando ci provi, e abbassi lo sguardo sul volto di Pegaso, il fiato ti si congela in gola. Perché in questa notte che passa, tra stelle e cuori distratti, quelle parole assumerebbero tutt’altro significato. Una promessa. Un giuramento. Qualcosa che dovresti portare a termine, prima o poi. E nel cuore di Athena – nel cuore di Saori – speri ancora di non essere costretta a quel passo, a quella boccata di acqua e sale.

Sarai con me?, gli chiedi, tenendolo tra le braccia. Perché stasera sei tu ad aver bisogno di lui. Ad aver bisogno di un’ancora a cui aggrapparti, quando arriverà l’onda e proverà a trascinare via tutto, i tuoi guerrieri, il Santuario, te.
Ma per stanotte, stanotte soltanto, vuoi tornare ad essere una ragazza normale. Saori. Che mentre i grilli cantano e Seiya dorme, osserva il cielo ingemmato di stelle, perdendosi nella sua immensità.

 

Non sono morta, né sono diventata un vampiro o uno zombie ( e semmai dovesse accadere, acchiappate il primo chierico disponibile, lui saprà cosa fare). Ma a volte è difficile rimettersi a camminare, figuriamoci correre. Così, svuotata e stanca, vi lascio questo momento. Saori e Seiya, dopo quella mattanza che è stata la battaglia al Santuario, tra le stelle, la luna e il silenzio assordante che si porta dietro una battaglia.
Consideratelo il mio regalo per Santa Lucia. I mandarini sono nel sacco, tranquilli!
 
   
 
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