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Autore: Suzerain    17/12/2015    0 recensioni
L’odore permane su una pelle in più punti arrossata, percorsa, là mentre nel cielo splendeva la luna, da morbidi polpastrelli che con sapienza v’imprimevano il loro marchio; è il salino profumo del mare della Danimarca, è la sensazione d’essere in balia dell’acqua al pari d’uno scoglio sul quale costantemente e senza preavviso s’infrangono le onde. E’ impresso su di lui tanto quanto su quelle lenzuola – quelle che con le dita della mano si ritrova a sfiorare di lì a pochi istanti; sono calde, ancora.
~[Post!serie] [Adult!RyoAki]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Warmth (Calore).
Autrice: Suzerain
Fandom: Shokugeki no Souma (
食戟のソーマ)
Pairing: Ryou/Akira.
Personaggi: Ryou Kurokiba, Akira Hayama.
Desclaimer: I personaggi di Shokugeki no Souma non mi appartengono, e sono sotto il copyright di Yuto Tsukuda (storia) e Shun Saeki (disegni). L'icon utilizzata è di mia proprietà; le citazioni appartengono a due differenti canzoni di Simon Curtis. 
Ambientazione: Post!serie e, dunque, non specificata all'interno della stessa.
Note dell'autrice : Ho letto una frase che mi ispirava ed avevo voglia di scrivere su questi due da un po' (essendo il mio OTP della serie), ragion per cui ho scelto di cogliere la palla al balzo dicendomi che, in fin dei conti, non c'era niente di male nel fare un tentativo. 
Ho scelto di narrare di un ipotetico post!serie perché molto più semplice da gestire come primo esperimento e perché, detto in tutta onestà, mi andava un po' di fluff, sempre che con questi due sia possibile parlare di tenerezza di qualunque tipo. Ammetto che l'aver scritto la prima fanfiction slash del fandom italiano mi riempie un po' d'orgoglio (cosa).


 


Attraverso una finestra aperta, in maniera quasi del tutto impercettibile, la brezza del mattino s’insinua in una camera che dai raggi del Sole è appena stata baciata. Le bianche pareti paiono brillare sotto la carezza di quella tenue luce che delle nuvole la barriera attraversa; passerebbe inosservata agli occhi d’una qualunque persona, troppo mite perché si possa anche soltanto contemplare il rimirarla. E’ un tocco morbido, che si accompagna a un’aria fresca che a poco a poco si diffonde sostituendo la compagna che di quella stanza era sin a quel momento stata regina, sovrana e testimone d’una notte marcata dal suono di tremuli respiri.
Diviene, sebbene per un istante fine a se stesso e ironicamente celato allo sguardo di chi di quelle pareti è padrone, al pari d’un gioiello prezioso, gemma che inevitabilmente attira di un estraneo lo sguardo; irradia un bagliore proprio, elegante nella semplicità che lo caratterizza – come se, nonostante tutto, gli sia impossibile dimenticare quelli che sono stati i propri natali.

Lentezza è ciò che marca il movimento di Hayama, quel placido scostare il braccio sinistro fino a coprirsi gli occhi là, nell’attimo in cui un fascio di luce, osando maggiormente rispetto ai propri fratelli, va a sfiorare quel volto che del sonno ancora porta i residui.
Il materasso morbido accoglie il suo corpo con disinteressata gentilezza, concedendogli l’abbraccio di lenzuola candide anch’esse e che fasciano la pelle del colore dell’ambra in un modo che appare distratto – è quasi fosse un caso, il trovarsi a contatto con i muscoli rilassati e fornire loro riparo dalle temperature fresche che caratterizzano l’autunno lì a Tokyo e che, di quelle mura, avevano reclamato il possesso soltanto pochi attimi prima, trasportando con sé l’acre odore di pioggia.
I capelli del colore dell’argento gli solleticano la guancia e la base del collo, privi d’una propria forma; sembrano tentare il più possibile di sfuggire alle regole che in genere gli impone, approfittando d’una temporanea libertà per creare sul volto serafico strani e fastidiosi giochi di figure - lo portano a tentare, in un gesto istintivo e non premeditato, di allontanarli e costringerli ancora una volta all’ubbidienza. Tremulo è il sospiro che abbandona le labbra piene mentre del dio del sonno l’incantesimo si dissolve completamente, e i sensi di rimando si acuiscono; flemma è la mano che si sposta verso l’altro lato del materasso, strappato d’improvviso al tepore che le coperte offrono anche l’altro braccio – brividi lo percorrono quasi nell’immediato, come se le sue stesse carni obiettassero per quel gesto tanto avventato. Ma non presta attenzione a quelle proteste, Akira, infinitesimali reazioni di cui non accetta il non avere il controllo.
Schiocca la lingua contro il palato, un suono di breve durata ma che va a infrangere il velo di silenzio.
« Avresti almeno potuto chiudere la finestra. » È ciò che dice, nell’attimo in cui ai brillanti smeraldi è permesso venire a contatto con la luce del giorno.

Si poggia contro la testiera, tremiti che nuovamente si susseguono nell’istante in cui il gelido legno sfiora la schiena nuda e la morbida stoffa scivola mesta, come se d’improvviso si ritenesse indegna di sfiorare un corpo che sa non appartenergli.
L’odore permane su una pelle in più punti arrossata, percorsa, là mentre nel cielo splendeva la luna, da morbidi polpastrelli che con sapienza v’imprimevano il loro marchio; è il salino profumo del mare della Danimarca, è la sensazione d’essere in balia dell’acqua al pari d’uno scoglio sul quale costantemente e senza preavviso s’infrangono le onde. E’ impresso su di lui tanto quanto su quelle lenzuola – quelle che con le dita della mano si ritrova a sfiorare di lì a pochi istanti; sono calde, ancora.
Sorride.

 
                                                                                                          “I have to say that this is something unexpected”
                                                            “What are you waiting for? Let out your inner animals and celebrate with me

 


Lo percepisce con chiarezza, Ryou, il suono prodotto dei passi altrui, per quanto gli stessi siano talmente silenziosi da passare inosservati; non ha necessità d’impegnarsi per farlo, sin troppo abituato, a partire dall’infanzia, a scindere del luogo che lo circonda quei dettagli che a qualunque altra persona apparirebbero di mera rilevanza.
Non si volta nella sua direzione, gli occhi carmini fissi sulla tazza distrattamente poggiata sul tavolo dinanzi al quale siede e vuota a metà; solo sul fondo permane una piccola traccia del liquido scuro che conteneva – quel caffè dal sapore amaro e l’odore inebriante, che nella cucina dell’altro si è diffuso senza incontrare ostacoli d’alcun tipo. Ne inspira il profumo, sulla lingua ancora la sua consistenza; ancora attorcigliato al manico è l’indice, prova che, contrariamente a quanto accaduto al suo compagno, Morfeo non ha ancora del tutto reciso il controllo sulla sua persona.
Le dita di Akira gli sfiorano la pelle senza preavviso, percorrendo con fare sapiente i contorni del tatuaggio che sulla spalla destra troneggia; è un movimento che non cela la malizia di cui è intriso, e che causa delle labbra una piega lieve, ma marcata di quello stesso sentimento.
« Non mi piace » comincia lui, « svegliarmi da solo. »
Potrebbero trascorrere anni, ma più d’ogni altro Kurokiba è consapevole di quante implicazioni vi siano in una frase che, come quella, finge d’essere innocente indossando una maschera di semplicità. Ed è quella, forse, la ragione per cui la tazzina si ritrova abbandonata a se stessa, e la sua mano va ad afferrare il polso di lui, un modo di fare fluido ma privo di qualsivoglia tipo di riguardo.
« Forse » ed è lunga la pausa che prende, « posso farmi perdonare. »
E, visto il modo in cui scosta la sedia e la bocca va a poggiarsi su quella di lui sporcando sin dal primo istante un contatto che sulle labbra di molti veste d’innocenza, non è necessario interrogarsi o meno sulla veridicità delle sue parole.
 
 







 
   
 
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