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Autore: Destyno    19/12/2015    2 recensioni
Niente di che.
Un momento per riflettere sul legame che lega Balthazar e Kyneev.
[NON SO COSA DIRE-
TROPPO FLUFF MI FA MALE
Ah, è ambientata prima di "Sangue" ma i personaggi sono gli stessi]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Dovahkiin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di Balthazar, Kyneev e di come per sbaglio si innamorarono-'
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Insieme.

Il giovane uomo si sedette sopra la stuoia, abbandonandosi alla parete di legno dietro di lui. Incrociò le gambe, si mise comodo, e iniziò a rallentare il ritmo del suo respiro.
Nell’istante in cui chiuse gli occhi, la sua anima vibrò, forte, come sempre.
E, come sempre, l’istante prima che il suo pensiero si distaccasse dal corpo, fu consapevole di tutto ciò che lo circondava in maniera netta e precisa, quasi i suoi sensi fossero acuiti al massimo; fu consapevole del liscio tessuto pregiato che lo nascondeva allo sguardo del mondo, della punta delle sue dita gelide per il freddo perenne di Skyrim, dell’aria che gli solleticava le narici, dei profumi e degli incensi del tempio, del leggero calore del fuoco morente, alla sua sinistra, e dello scoppiettio delle sue braci, e sentì il gusto leggero del dolce che aveva mangiato solo mezz’ora prima.
E, come sempre, tutto questo finì in un istante. Il suo pensiero si espanse al di fuori del corpo, elevandosi in tutta la sua altezza, lasciandosi indietro quel piccolo, debole, sudicio involucro di carne mortale.
Si alzò oltre il soffitto del tempio, salendo sempre più in alto.
Si diresse oltre le nuvole, nel vuoto freddo dello spazio aperto. Vide le lune, e gli otto dei-pianeti che orbitavano attorno a Nirn. Ma non gli interessava, in quel momento.
Vagò silenziosamente per il Vuoto per un istante eterno. Poi scorse i Piani dell’Oblivion.
Come puro spirito, non poteva propriamente “vedere”: poteva però percepire tante fiamme di consapevolezza, alcune più grandi e potenti, e altre più piccole.
Daedra.
Individuò immediatamente la sua fiamma, e vi si lanciò contro come un bambino si lancia verso la madre e ne ricerca l’abbraccio e l’amore. Si tuffò all’interno di quella fiamma con gioia e l’altra anima lo accolse ancor più gioiosa.
Balthazar amava quei momenti, quando si metteva in contatto telepatico con Kyneev per poterlo evocare su Nirn. Per quei brevi e meravigliosi istanti, erano una cosa sola.
Non parlavano. Non nel senso comune del termine. Era una comunicazione più istintiva, primordiale, fatta di immagini e concetti, più che parole.
 
anima mia diceva Balthazar, o forse Kyneev, o forse ancora entrambi mi sei mancato tanto
anche tu rispondeva Kyneev, o Balthazar, o entrambi anche tu mi sei mancato
 
E poi più nulla. Non parlavano di quanto tempo fosse passato dall’ultima convocazione del mago, perché avrebbe implicato una separazione, una distinzione tra Kyneev e Balthazar; ed entrambi ne avrebbero sofferto. Avrebbero parlato dopo, quando sarebbero stati faccia a faccia.
Entrambi – umano e daedroth – amavano quei momenti, perché raramente a mortali e immortali era concesso di essere uniti a quel modo. Era come fare all’amore, rifletteva talvolta Balthazar, ma tra due anime disincarnate.
Rimanevano uniti, come una cosa sola, finché al mago, mortale, non cominciava a soffrire, lontano dal suo corpo. E di riflesso, soffriva il dremora, perché erano un unico essere ed entrambi desideravano stare bene.
E così incominciava l’invocazione.
 
Normalmente, un’evocazione richiede poco tempo. Il mago entra in contatto con un dremora (o una simile creatura proveniente dall’Oblivion), lo lega ai termini del vincolo e lo strappa al piano infernale per portarlo sul Nirn, il tutto mantenendo rigidamente separati il proprio pensiero da quello della creatura.
Quasi sempre l’evocato è però riluttante a giungere nel Mundus per essere trattato come uno schiavo; e il mago deve fare appello a tutta la sua forza di volontà per trascinarlo nel mondo mortale attraverso il Vuoto, comportandosi così come un pescatore che cerca di tirare sulla sua barca un pesce, ostinato o meno che sia: uno strattone, asettico e brutale, ed il daedroth si ritrova su Nirn, costretto ad obbedire agli ordini dell’evocatore.
Kyneev e Balthazar non facevano così. C’era stato un tempo, ovviamente, in cui il giovane bretone usava lo stesso identico metodo, ma era stato per poco tempo, ed entrambi avevano preferito dimenticarsene.
Adesso, invece, Balthazar – o era Kyneev? – guidava l’altro verso il suo corpo, e Kyneev – o Balthazar? – lo assecondava, lentamente. Se avessero avuto un corpo, in quel frangente, si sarebbero presi per mano e si sarebbero incamminati assieme.
Ma non l’avevano. E le loro anime erano riunite in un abbraccio, ed erano una fiamma sola, un’unica anima, un unico essere.
E l’unica ed indivisibile fiamma che era loro scaldava tiepidamente il Vuoto che separava Kyneev da Balthazar. Talvolta, il mago temeva che Sithis si potesse adirare. Loro sostavano più a lungo dei normali maghi nel suo regno.
Ma il Vuoto non agì mai. Forse perché Mara li proteggeva, o forse perché era incuriosito, o forse ancora perché perfino lui, il Signore del Terrore, aveva conosciuto l’amore, una volta.
 
«Angelo mio» sussurrò la voce dell’elfa scura, quando riemersero dalla trance «Grazie»
«Di cosa, Dynia?» sorrise timidamente Balthazar, stringendo la mano nuda del dremora accanto a lui.
«Di avermi mostrato… tutto» mormorò la sacerdotessa di Mara «Erano passati tanti anni dall’ultima volta che avevo visto un amore così bello come il vostro»
Kyneev si agitò sulla panca, a disagio. Non era abituato a parlare con le persone, fatta eccezione per Balthazar. Era più facile ucciderli, aveva imparato, più che imparare a conoscere i mortali.
«Ci lusinghi, Dynia» ridacchiò il mago, con le guance pallide e scarne che si tingevano di un tenue porpora «Non siamo poi così speciali»
«Oh, ma lo siete invece. Come qualsiasi amore» gli occhi le brillavano, e sorrise a Balthazar «Tu lo sai. Mi hai aiutato a compiere il volere di Mara. Hai visto come l’amore possa legare due anime, come un legame del genere possa superare tutto. Anche la morte»
A quella parola entrambi si rabbuiarono, e si scambiarono uno sguardo preoccupato. Kyneev aveva ancora la sua armatura, fatta eccezione per i guanti, abbandonati in un angolo, e Balthazar aveva indosso solo una tunica nera ed un paio di stivali.
Oh, come sarebbe stato facile strapparglieli di dosso, esporre all’aria il suo petto nudo e conficcare le unghie adunche nella sua tenera carne.
C’era stato un  tempo in cui l’avrebbe fatto, in cui avrebbe ucciso solamente per il gusto di sentire il sangue scorrere tra le sue dita e vedere la luce degli occhi svanire.
C’era stato un tempo in cui l’aveva fatto: più di un incauto mago era perito sulla lama della sua spada; pure, quei tempi ormai erano andati, e non sarebbero tornati. Mai più.
 
C’era stato un tempo, in cui i suoi compagni l’avrebbero chiamato debole, per questo legame che lo univa a Balthazar. Ora capiva che si sbagliavano.
Non sarebbe mai stato debole, finché sarebbe stato con quel piccolo mago mingherlino, che si dimenticava gli appunti delle sue ricerche nei posti più impensabili, sempre con la testa tra le nuvole o il naso immerso in un libro, che arrossiva per un nonnulla e che lo rimproverava mentre ricuciva le sue ferite con la magia.
Non sarebbero mai stati deboli, finché sarebbero rimasti insieme.

Ecco-
Credo che questa sia la cagata più fluffosa che abbia mai scritto in tutta la mia vita-
Probabilmente è anche venuto uno schifo, yuppi
Boh, non so che dirvi
Cioè, i personaggi sono gli stessi di "Sangue." e Kyneev è ovviamente il nome del dremora che ho nominato di striscio lì (all'epoca il nome non l'avevo ancora deciso)
Ah, ed è ambientato molto prima di quella OS, ma probabilmente dopo la campagna principale.
Devo anche scrivere qualcos'altro per auto-contraddirmi perché in "Sangue." ho scritto una cagata-

Vabbè
Finiamola con gli scleri a casaccio.
Adieu-
Destyno.

 
   
 
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