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Autore: Kisshou    07/03/2009    6 recensioni
“Eccomi, padre. Avete chiesto di me?”
Lo sguardo severo di Denethor fiammeggiò su di lui.
“Sì, Faramir. Mi è giunta voce di una battaglia qui vicina. Voglio che tu vi prenda parte.”
Il giovane uomo abbassò lo sguardo limpido.
“Non posso, padre. Ho un’altra missione da portare a termine.”
“Quale missione è più importante del sacrificio per la tua patria?”
Faramir non rispose.
“Vattene, figlio sciagurato! Sei il disonore della casata dei sovrintendenti di Gondor!
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Denethor
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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È la prima fict che scrivo sul Signore degli Anelli. Devo confessare che non ho letto i libri, sebbene i film mi siano piaciuti molto. Mi impegnerò a farlo al più presto, perché è una storia che sta divenendo leggenda.

Questa fanfiction parla del mio personaggio preferito: Denethor II.

Gliel’ho voluta dedicare perché secondo me è un personaggio affascinante. Inizialmente si presenta come un sovrintendente severo e senza morali, un padre non degno di questo nome ecc.

Però, infondo, si rende davvero conto di ciò che significa l’amore verso un figlio.

Molti lo disprezzano, secondo me invece è un personaggio ammirevole.

Ma adesso smetto di annoiarvi con i miei sproloqui.

Spero vi piaccia.

 

 

 

 

La voce del Corno

 

 

 

La memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé.


(O.Wilde)

 

 

 

 

 

Il ruscello scorreva canticchiante.

Le sue acque cristalline risuonavano liete negli alberi dorati dall’autunno.

Qualche folata di vento li derubava delle foglie dorate, e le donava alle acque singhiozzanti del ruscello.

Lontano, cantava un usignolo.

Denethor II, figlio di Ecthelion II, sovrintendente e custode del trono di Gondor,  si muoveva lento tra la vegetazione morente.

Non sapeva perché si trovava lì…

 

 

 

“Mi benedica, padre. Sto partendo.”

“Addio, Boromir, figlio ed erede. Possa la tua spada

luccicare nel sole e nello sguardo dei tuoi nemici”

 

 

I suoi passi erano silenziosi e precisi, i suoi occhi velati fissavano il paesaggio.

Il mormorare leggero degli alberi, il chiacchiericcio delle acque, lo scalpitare degli zoccoli di un cavallo che pascolava, in lontananza. Udiva questi suoni come se fosse la prima volte che usciva all’aperto.

Era la prima volta  che usciva, da quando si era spenta la sua amata Finduilas. Se esisteva una dannazione, l’aveva trovata.

 

 

 

 

“Faramir, quand’è che anche tu tenterai un’impresa per il tuo signore?”

“Presto, padre. Non appena se ne presenterà l’occasione.”

“Tuo fratello è partito da tempo,e non ha ancora fatto ritorno.”

“Già… non ancora”

 

 

 

Perché non udiva il grido del corno? Perché non sentiva la sua voce profonda e monotona? Troppo tempo era trascorso. Troppo perfino per lui.

E suo figlio, Boromir, era sparito. Chissà quando avrebbe fatto ritorno, chissà quando Denethor avrebbe potuto nuovamente gloriarlo per il suo immane coraggio.

 

 

 

La figura si mosse davanti a lui.

“Eccomi, padre. Avete chiesto di me?”

Lo sguardo severo di Denethor fiammeggiò su di lui.

“Sì, Faramir. Mi è giunta voce di una battaglia qui vicina. Voglio che tu vi prenda parte.”

Il giovane uomo abbassò lo sguardo limpido.

“Non posso, padre. Ho un’altra missione da portare a termine.”

“Quale missione è più importante del sacrificio per la tua patria?”

Faramir non rispose.

“Vattene, figlio sciagurato! Sei il disonore della casata dei sovrintendenti di Gondor!”

 

 

 

 

il ruscello continuava a cantare. Denethor si fermò in sua prossimità, specchiandosi nelle acque limpide, e pensando che un giorno non molto tardo tutto ciò sarebbe stato fumo e ceneri.

Lui stesso sarebbe stato fumo e ceneri. Ma se prima avesse potuto, solo per un istante, riabbracciare suo figlio, sentire il suo corno chiamare dall’Est.

 

 

 

“Io attendo, e mio figlio non fa ritorno. È impossibile,

non accetto che gli sia accaduto qualcosa. Egli è mio erede, e un valido guerriero.

Devo ancora pazientare, egli farà ritorno da me, vittorioso.”  

 

 

 

 

Poi, infine, lo vide.

Cavalcava le acque, leggero, come una piccola imbarcazione.

Era impossibile non riconoscerlo: un corno candido. Tornava ora a lui, che si chinò e lo raccolse.

Lo strinse dolcemente tra le mani, ripassando con le dita il profilo liscio e scivoloso.

Era spezzato, il corno. Mai più avrebbe cantato. Nessun suono avrebbe più emesso, né stridulo né lamentoso.

 

 

 

“Mi dovrei forse rassegnare? È forse destino che mio figlio non faccia ritorno?

No, io mai potrò accettarlo. Mai…”

 

 

 

 

 

Restò a lungo a fissare quel corno. Non riuscì a rammentare altre lacrime, prima di allora, neppure alla morte di sua moglie.

Ecco, si era spento l’erede di Gondor.

Denethor strinse il corno più forte il corno, mentre le lacrime del rancore e della sconfitta gli solcavano traditrice le guance.

Era spirato l’erede di Gondor.

Ma suo figlio aveva fatto ritorno.

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

Ecco qua. Spero vi sia piaciuta. In qualunque caso, lasciatemi un commento, per favore.

 

Sasori

  
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