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Autore: aniretacs    19/12/2015    3 recensioni
"L’unica cosa che non sarei mai stata in grado di dimenticare erano quelle magnetiche sfere color zaffiro ghiacciato che, anche le galassie più lontane, non potevano far altro che sognare di avere tra i loro astri più splendenti.
Pianeti di oceani blu, che il mio amico aveva intrappolato nei suoi occhi.
Quegli occhi sarebbero per sempre rimasti incisi nella mie mente.
Un ricordo che non sarebbe mai sbiadito...a differenza della sua vista."
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’unica cosa che non sarei mai stata in grado di dimenticare erano quelle magnetiche sfere color zaffiro ghiacciato che, anche le galassie più lontane, non potevano far altro che sognare di avere tra i loro astri più splendenti. Gli anelli di colore vibrante intorno ai due punti neri come una notte senza stelle, costituivano una perfetta unione in grado di suscitare un non so che di disturbante irresistibilità. Pianeti di oceani blu, che il mio amico aveva intrappolato nei suoi occhi. Quegli occhi sarebbero per sempre rimasti incisi nella mia mente. Un ricordo che non sarebbe mai sbiadito. A differenza della sua vista.

Dapprima, lentamente, le correnti oceaniche si calmarono e le ore di luce, di quei mondi nei suoi occhi, diventarono sempre più corte. I colori vibranti si dissolsero in pastelli, come se tutta la luce delle galassie improvvisamente fosse aspirata via dal loro interno.
Infine, e tutto in una volta (o almeno così sembrò), i mari si prosciugarono e il sole non poté più essere visto. I pastelli si trasformarono in pietra, e le galassie scomparvero, lasciando dietro di loro quasi alcuna traccia della loro precedente presenza. Luke Hemmings, il ragazzo con l’intero universo negli occhi, aveva perso totalmente la vista all’età di 10 anni.
E’ stato difficile per lui. Ad essere sinceri, è stato come vivere un inferno.
Nonostante fosse sempre stato a conoscenza della possibilità, in un incerto futuro, di perdere la vista, mai immaginò che sarebbe accaduto all’età di 10 anni. Era un evento che si sperava non dovesse mai sopraggiungere.
Per alcuni anni la vista si abbassò piuttosto velocemente e, vedere un bambino di 8 anni cominciare ad avere difficoltà a giocare al parco con gli amici e smettere di comportarsi da bambino instancabile e irrefrenabile… è stato probabilmente la fase più devastante di questa meschina malattia. Ma io sono sempre stata lì. Un’irremovibile ancora nel bel mezzo di quell’ immenso oceano in secca.

Siamo cresciuti insieme, io e Luke. I nostri genitori erano legati da una grande amicizia, erano sempre insieme. Lui è nato tre mesi prima di me. Ma già qualche secondo dopo che, io, sono nata, lui era lì. Eravamo praticamente un’ unica cosa. Paghi uno e prendi due. I, cosiddetti, pigiama party di una notte, si trasformarono in “uno-dei-due-che-si-fermava-a-dormire-a casa-dell’altro-per-tre-notti-consecutive”; fino a che metà della mia camera divenne, praticamente, la sua, e viceversa.

La situazione peggiorò quando la sua vista iniziò ad seriamente ad aggravarsi. Non era tranquillo nei momenti in cui non potevo essere al suo fianco. Ero l’unica persona di cui si fidasse e la cui presenza lo rassicurasse. Non ero più solo la sua ancora, ormai ero diventata i suoi occhi.
Così, le tre notti a settimana diventarono cinque, finché, alla fine, al primo anno di liceo, mi trasferì direttamente a casa Hemmings. Avevo una camera tutta per me, anche se 9 notti su 10 le passavo in quella di Luke, perché aveva disperato bisogno di me, o perché finivamo per addormentarci nel disperato tentativo di studiare per i compiti in classe. Libri, sia in Breil che in inglese, sparsi su tutta la superficie del letto; penne e matite improvvisamente sotto i nostri corpi, conficcate sotto le costole; fino a che, nel bel mezzo del sonno, calciai tutto giù dal letto.

Gemetti quando sentì qualcosa scorrermi lungo il viso. Ancora assonnata, alzai una mano e colpì pigramente il petto di Luke, sapendo che era lui il colpevole.
«Voglio dormire» borbottai già pronta per cadere nuovamente nel sonno. Le sue dita scorsero lentamente lungo il mio naso, finché non raggiunsero la fine. A quel punto, diede un improvviso colpetto alla punta del mio naso, con tanto di effetto sonoro.
Con un gemito finale, aprì gli occhi e mi tirai su’ a sedere. Sul letto c’era il caos più totale. I libri erano sotto i piedi di Luke, e gli opuscoli delle varie università che stavo consultando la sera prima erano scomparse tra le coperte. Inchiostro letteralmente spalmato su un mio braccio, come conseguenza del fatto di essermi addormentata sopra di una penna gel aperta. Sbadigliai e stiracchiai le braccia, prima di farle ricadere su del biondo al mio fianco.
«Scommetto che sei bellissima in questo momento!» Mormorò Luke ridacchiando ai miei gemiti assonnati. Le sue dita giocano irrefrenabili con l’orlo della coperta. In risposta sbuffai scuotendo la testa e ridendo imbarazzata:
«Ovvio...che NO! Sarò sincera: Sei fortunato a non potermi vedermi in questo momento, Hemmings.» dico, concentrando tutte le mie forze per uscire fuori dal confortevole calore del letto ed alzarmi, tentando di scrollarmi di dosso la stanchezza dal corpo ancora dormiente.
Raggiungo lo specchio, per niente sorpresa di vedere il mio trucco di ieri completamente sbaffato e i capelli sparati in tutte le direzioni. Luke mormorò qualcosa, più diretto a se stesso che a me così, non dico nulla, e limitando la mia concentrazione alla figura riflessa dallo specchio. Mi tiro su i capelli in uno chignon disordinato e rimuovo qualsiasi traccia di trucco dal volto, per poi tornare a sedere sul letto accanto al mio amico di una vita.

«Come sono i miei occhi ora?» chiese Luke ad alta voce. La sua domanda indugiò e riecheggiò nella stanza, rendendo l’aria pesante.
«Uh..» borbottai voltandomi verso di lui. Le rotelle nella mia mente vorticavano all’impazzata nel tentativo di scoprire da quale pulpito venisse questa richiesta, in modo da eradicare, sul nascere, qualsiasi malsano pensiero che turbasse il ragazzo.
Lui era rivolto verso di me, il suo lip-ring (che io stessa ho fatto in modo che sapesse gli sedesse bene) delicatamente stretto tra i denti.
«Dai…» mormorò, frustrato dalla mia reazione. Anzi, dalla mia Non-Reazione. Odiava quando improvvisamente cadevo nel silenzio totale in seguito alle domande che più lo tormentavano.
Lentamente, mi posizionai in modo da sedermi sopra le sue lunghe gambe; le mie intorno ai suoi fianchi. Delicatamente presi il suo viso tra le mani, volgendolo in modo che riuscissi a guardare nei sui occhi dalla perfetta angolazione. La sua barba graffiò impercettibilmente sui miei palmi. Lasciai un leggero sospiro scivolare fuori dalle mie labbra perché, …diamine! Quel ragazzo aveva ancora gli occhi più belli che avessi mai visto.

Quando perse la vista, mi ritrovai sempre a fissare il suo naso, o un punto indistinto sui suoi zigomi...il contatto diretto con i suoi occhi, con quelle due galassie ormai spente, era qualcosa che non riuscivo più a sopportare. Così smisi di farlo. In pubblico, indossava spesso degli occhiali da sole. Diceva che era più semplice in quel modo. Ma allo stesso tempo, quello che vedevo (coprire quella bellezza ultraterrena che la natura gli aveva concesso) mi faceva venir voglia di gettare via ogni paio di occhiali che quel ragazzo possedeva. Quegli occhi suscitavano ancora quell’ irresistibilità quasi frustrante di una volta.

Un lieve sorriso si formò sulle mie labbra, e iniziai a parlare dolcemente: «”Bellissimi” basta come risposta?» Questo fece una uscire una leggera risata imbarazzata dalle labbra dischiuse del ragazzo, mentre scuoteva il capo in segno di dissenso. Mi morsi il labbro inferiore. Un’abitudine, probabilmente, presa dal biondo. Presi un profondo sospiro d’aria e preparandomi a continuare.
«Sono come il ritratto di una galassia dipinta in scala di grigi. In bianco e nero. Come delle maestose onde oceaniche fatte di pietra…» Sentì Luke mancare un respiro. Mollai la presa sul suo viso lasciando le mie mani cadere sulle sue spalle. «Hanno perso gran parte del loro colore…ma, non hanno perso la loro profondità. La loro magnificenza. Invece di essere del blu delle onde che si infrangono nell’oceano, i tuoi occhi sono due labirinti di pietra: una volta dentro, è letteralmente, possibile perdercisi dentro.»
Il ragazzo sembrò meditare attentamente alle parole appena pronunciate dalle mie labbra. In silenzio. Un silenzio tanto profondo da farmi iniziare a dubitare della mia scelta di lasciar parlare la sincerità del mio cuore. Ma ogni mia precedente preoccupazione svanì nel momento in cui Luke avvolse le sue braccia intorno alla mia vita e stringendomi in un abbraccio tirandomi il più possibile a se’. Le mie braccia automaticamente al suo collo. Le mie dita tra i grovigli dei suoi biondi capelli.

Il ragazzo stava facendo del suo meglio per tenersi dentro tutte le domande. Quelle domande che ha tentato di evitare nei precedenti 8 anni, in aggiunta alle nuove domande, che stavano cominciando a formarsi all’interno del suo cuore. Tutte insieme, queste, stavano improvvisamente tentando di forzare la loro uscita dalla sua bocca. Si morse il labbro inferiore, quasi per contrastare questa forza che non riusciva a controllare, fino a che non ce la fece più.
«Come sei adesso?» sussurrò Luke, temendo la tua reazione. Si sciolse leggermente dall’abbraccio, facendo cadere le mie mani alla base del suo collo. Istintivamente intrecciai le dita tra loro, come per bloccare ciò che era rimasto dell’abbraccio, per paura che altra distanza si insediasse tra i due corpi. Le sue mani si fermarono sui miei fianchi. I miei occhi per sempre smarriti nei suoi.
«Voglio dire,» riprese il ragazzo «Mi ricordo solo di te a 10 anni, e… beh, sì, sono curioso di sapere come sei ora, a 18 anni.» Un lieve e nostalgico sorriso prese il sopravvento sul mio volto, mentre una serie di ricordi condivisi con il mio amico si fecero largo nella mia mente. Tutte le lotte di popcorn e le gare a chi mangiava più patatine; tutte le sbucciature ai ginocchi; i compiti di matematica non fatti perché, ovviamente, giocare, chiacchierare o procrastinare in qualsiasi altro modo, era molto più importante. Luke strinse leggermente la sua presa sui miei fianchi, facendomi rinvenire dai miei pensieri.
«Beh, tu cosa ti ricordi?» gli chiesi con voce tremante. Il ragazzo non mi ha mai descritta prima, e mai avrei pensato che lo avrebbe fatto ora. Passò ansiosamente la lingua sulle sue labbra prima di parlare.
«Ricordo il colore delle tue labbra. Erano di questo pallido rosa confetto…quasi come lo zucchero filato.» ridacchiai al paragone. Ovvio, che facesse riferimento a dei dolci. Stiamo parlando di Luke Hemmings, signori! «E ricordo come i tuoi capelli ti cadevano sempre sul viso. Ed erano sempre annodati.» continuò ridendo «E mi costringevi a spazzolarteli».
Scoppiai a ridere incontrollatamente gettando la testa all’indietro.
«Se tu avessi i miei capelli, non vorresti neanche tu dover passare intere giornate a pettinarteli!» Risposi. L’acuta risatina divertita di Luke, mi spinse a rivolgere nuovamente lo sguardo verso di lui, ammirando il suo sorriso.
«Ricordo come ti si illuminavano gli occhi ogni volta che sentivi la parola pizza. E il modo in cui correvi tra i vari giochi nel parco. Ma… i tuoi occhi si illuminano ancora allo stesso modo? Corri ancora allo stesso modo? I tuoi capelli sono ancora sempre annodati?» Le parole del mio amico scivolarono via irrefrenabili lasciando dietro di se una traccia di malinconica sofferenza, e facendo nuovamente calare il silenzio nella stanza.

«P-posso?» balbettò Luke spostando la mano dai miei fianchi al mio volto.
«Sì.» sussurrai in attesa che la mano del ragazzo entrasse delicatamente in contatto con il mio viso. Il mio cuore batteva tanto forte da rischiare l’implosione, mentre le sue dita sfioravano lievemente le mie guance. Nonostante lui avesse toccato il mio viso mille volte prima di allora, questa volta era diverso. Tutto era più amplificato. I nervi sotto la mia pelle pulsavano in attesa di un contatto. E una volta avvenuto, tutti i muscoli del tuo corpo si contrassero in anticipazione, come quando una stella si prepara per divenire supernova.

Il ragazzo stava torturando il suo labbro inferiore tra i denti, mentre trascinò le sue dita sulle mie labbra.
«Ancora rosa-zucchero-filato?» chiese.
«S-ssì» fu tutto ciò che riuscì a rispondere (quasi in apnea per l’eccesso di emozioni) prima che il ragazzo si mosse di nuovo.
Le sue dita lasciarono come una sensazione di formicolio sulla mia pelle, dopo che le spostava verso un'altra parte del mio viso. Il suo pollice risalì lentamente lungo il ponte del mio naso. Alzò anche l’altra mano per orientarsi meglio e con più attenzione ai dettagli, facendole scorrere delicatamente sopra le mie palpebre socchiuse, fino a raggiungere la fronte.
«Riesco a sentire la tua cicatrice», commentò, riferendosi alla cicatrice che mi lasciò lungo l’attaccatura dei capelli, per avermi lanciato un Frisbee che io, ovviamente, non riuscì ad afferrare in tempo.
«Ah, comunque grazie, per quella!» scherzai ridacchiando.
«Sai che è stato un incidente!» si lamentò il ragazzo fingendosi offeso, e facendomi ridere ancora di più.
«I tuoi capelli sono ancora dello stesso colore?» Chiese Luke tornato serio, facendo scorrere le dita tra i miei lunghi capelli, e io, limitandomi semplicemente a un «mh-mh» di assenso.
«Sono davvero lunghi ora!» osservò sorridendo «Ti ricordi di quella frangetta che portavi in 2° elementare?» Lo colpì sul petto, fingendomi offesa «Ahia!» si lamentò, il ragazzo.
«Questo argomento è off-limits! Non si parla di queste cose!» ricordai al mio amico che, intanto, stava ansimando dalle risate.
«Sei un’idiota, piantala!» borbottai scompigliandogli i capelli. Lui sorrise e annuì:
«Ma mi ami lo stesso» fece notare Luke, non riuscendo ancora a placare la sua risata.

Il mio cuore perse un battito per la scelta della parola utilizzata. Ed era tutto così vero. Non poteva neanche immaginare quanto avesse ragione. Alla fine, si calmò e il suo sorriso dissolse lentamente:
«Mi sono dimenticato qualcosa?» chiese, tornando all’argomento dell’aspetto fisico. Sogghignai scuotendo la testa:
«Non lo so. Voglio dire, ho la stessa bocca, lo stesso naso, gli stessi occhi. Però, mi riempio le sopracciglia con la matita, quindi quelle, ogni tanto, sembrano diverse.» risi di me stessa continuando a guardare Luke, «Sono sempre io, Luke.» gli ricordai portando nuovamente un braccio intorno al suo collo «Potrei non avere più quell’odiosa frangetta; potrei essere più alta; ma sono sempre io con le stesse labbra rosa-zucchero -filato e le stesse guance paffute. Sono ancora quella bambina di 10 anni…solo un po’ più alta».
Una risata sfuggì dalla sue labbra e sospirò soddisfatto.

Appoggiò la sua fronte contro la mia e avvolse le sue braccia, nuovamente, intorno alla mia vita.«Grazie per essere i miei occhi.» sussurrò Luke, la sua voce quieta e colma di affetto. Il mio cuore si gonfiò di gioia, tanto che gli stampai un bacio sulla sua guancia:
«Grazie a te che me lo permetti».
Le mani del ragazzo, improvvisamente ma allo stesso tempo più dolcemente che mai, afferrarono tra loro il mio volto. Il suo pollice accarezzava lentamente la mia guancia, facendo andare in escandescenza ogni singolo centimetro della mia pelle da lui toccata. Guardai la sua mano che avrebbe voluto rimanere sulla mia guancia per sempre pur di non interrompere quel dolce contatto. E mi persi completamente nel suo tocco, con occhi chiusi, godendomi quella tenera sensazione.
Improvvisamente il suo pollice arrestò il suo delicato movimento, fermandosi al lato della mia bocca. Spalancai gli occhi.

Luke si stava lentamente avvicinando a me, mentre io iniziai a sporgermi verso di lui incantata dai suoi occhi che mi attiravano ancora di più verso quel ragazzo, che era già da tempo il mio intero universo. Diede due leggeri colpetti all’angolo della mia bocca, richiedendo la mia attenzione:
«Posso?» chiese, le sua labbra sfiorando le mie mentre parlava.
«Ti prego…» sussurrai prima che le sue labbra si unissero finalmente con le mie. Il braccio, intorno ai miei fianchi, mi stringeva ancora di più al suo corpo. Le mie dita si dimenavano tra i suoi capelli. Mise tutto se stesso in quel bacio, con l’intenzione di mostrarmi tutta la gratitudine che provava, per mostrarmi TUTTO ciò che provava…anche se già conoscevo il sentimento. Era lo stesso che provavo anche io. Nient’altro che amore.

Alla fine mi tirai indietro e poggiai la fronte sulla sua, ansimando. Le sue labbra più gonfie del normale, che sicuramente rispecchiavano le mie. Feci un gran sorriso e ridacchiai ancora non in grado di credere a questa enorme gioia e felicità che rischiava di fare esplodere il mio cuore.
«Cosa c’è di divertente?» chiese, sembrando leggermente nervoso e preoccupato.
«A un certo punto stavi per baciare il mio naso» feci notare, riprendendo a ridacchiare scherzosamente, ma più felice che mai.
«Beh, sai com’è… non riesco a vedere dove sto puntando» brontolò il ragazzo, facendomi ridere ancora più forte.
«Lo so, lo so.» commentai, lasciando di proposito un bacio sulla punta del suo naso. Un enorme sorriso comparve sul suo volto. Fece scorrere le sue mani lungo i miei fianchi, afferrandomi e spostando entrambi, in modo che lui torreggiasse sopra di me, appoggiato sui gomiti, al fianco del mio volto.
«Beh, se la cosa ti ha infastidito così tanto…» si interruppe, lasciando, di proposito, baci su tutto il tuo viso, mentre io non riuscivo a contenere le mia gioiosa risata. «…credo che dovremmo esercitarci tutto il giorno». Disse Luke ricollegando le sue labbra alle mie.
E mentre la giornata progredì, il ragazzo imparò ogni centimetro del mio corpo. Ed io il suo.

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Salve gente, Avverto che potrebbero esserci diversi errori di battitura... chiedo umilmente perdono. Entro domani saranno tutti corretti, giuro! Un bacione ;)

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