Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: MarshaSalerno    22/12/2015    0 recensioni
Una leggenda popolare giapponese, originata da una storia cinese, narra che ogni uomo e ogni donna viene al mondo con un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra (la versione originale cinese narra che il filo è legato alle caviglie); questo filo unisce indissolubilmente due anime gemelle, due amanti, due persone destinate a vivere insieme, non importa la distanza, non importa l’età, la classe sociale o altro, è un filo che lega due anime per sempre, anche se queste dovessero separarsi. Il problema è che essendo molto lungo il filo spesso si aggroviglia e crea intrecci strani e nodi che creano difficoltà alle due anime destinate a congiungersi; ogni groviglio che verrà sciolto sarà il superamento di un ostacolo nella relazione, ogni nodo che verrà districato servirà a rafforzare il legame.
Mi chiamo Esmeralda, sono una ragazza di venticinque anni. Vorrei raccontarvi la storia della mia adolescenza, in particolare di un episodio. Come primo obiettivo vorrei spiegarvi cos'è l'adolescenza. [...]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi chiamo Esmeralda, sono una ragazza di venticinque anni. Vorrei raccontarvi la storia della mia adolescenza, in particolare di un episodio. Come primo obiettivo vorrei spiegarvi cos'è l'adolescenza. A mio parere l'adolescenza non è solo una fascia d'età che poi si conclude, no: per me è qualcosa di più. Durante l'adolescenza una persona scopre un lato di sé che senza essa non emergerebbe. Nel corso dell'adolescenza ti innamori - possibilmente l'amore non è ricambiato, ma intanto ti innamori. Innamorarsi è una sensazione stupenda, cambi totalmente la tua personalità. Capisci che sei veramente innamorato/a quando senti dentro te un calore immenso, quando ti si illuminano gli occhi al solo pensiero di vederlo, quando ti tremano le gambe mentre lo abbracci, quando ti senti percorrere lungo il corpo un brivido, ma non di freddo... Un brivido d'amore. Ecco cosa significa per me “innamorarsi”. Ho provato una sola volta nella mia vita questa sensazione. Avevo quindici anni, l'ho provata grazie ad un ragazzo di diciassette anni, di nome Albert, un ragazzo alto più o meno un metro e ottanta, dai capelli biondo cenere e dagli occhi cerulei. Quando lo vidi per la prima volta sentii quel brivido che mi sormontò il corpo. Ci incontrammo a scuola, quell'edificio che tutti odiano ma che dobbiamo ringraziare d'esistere per vari motivi -quasi ovvi-. Ricordo ancora quel giorno, erano le otto del mattino di una giornata abbastanza cupa a causa del maltempo. Dieci minuti prima che suonasse la campanella i nostri sguardi si incrociarono e lui venne incontro a me. Mi salutò e mi chiese se andasse tutto bene e con ironia mi chiese se sentissi freddo, dato che ero “imbottita” di vestiti, sciarpe e cappelli. Io, con una voce timidissima e quasi sorridendo, gli risposi. Dopo pochi minuti suonò la campanella e andammo nelle nostre rispettive aule. Per tutto il corso della giornata non feci altro che pensare al suo sguardo, i professori mi rimproverarono svariate volte, dato che continuavo a fissare il vuoto, pensandolo e quindi non stavo attenta alle lezioni. Alle undici suonò la campanella della ricreazione e mi scaraventai subito nel corridoio, in cerca di lui. Aspettai per più di cinque minuti, ferma al centro del corridoio in attesa d'incontrare il suo sguardo, ma nulla, lui non c'era. Pensando che aspettarlo fosse inutile, me ne andai dalle mie amiche per cercare di distrarmi un po'. Al finire della ricreazione lo vidi passare dalla mia aula, ma purtroppo non ebbi molto tempo a disposizione per andarlo a salutare. Al termine delle lezioni (alle due, circa), c'era già mio padre davanti scuola ad aspettarmi, quindi non potevo né cercarlo né parlargli. Tornando a casa avevo lo stomaco chiuso, non riuscivo neanche a mangiare, me ne andai a letto per riposare un po’, perché ero troppo giù di morale. Mi ricordo che quel pomeriggio non sognai nulla e al risveglio mi sentivo sempre triste, il mio umore non era cambiato né in meglio né in peggio. Verso le quattro andai a fare i compiti, non riuscendo però a concentrarmi, quindi lasciai andare tutto. Alle sette andai in palestra per distrarmi un po’, e per fortuna ci riuscii. Tornai a casa, andai a fare la doccia e dopo andai a cenare. Durante la cena i miei genitori mi fecero molte domande su questo cambio improvviso d'umore ed io non sapendo cosa rispondere, cercai una scusa, dicendo loro che ero solo stanca e che avevo bisogno di riposare. Per fortuna ci credettero e non mi chiesero più niente a riguardo. Il giorno seguente cercai di farmi bella: mi truccai con un filo di matita agli occhi e un po’ di mascara, poi indossai dei vestiti un po’ più eleganti ed altrettanto le scarpe. Sistemai i miei capelli e uscii di casa. Questa volta arrivai a scuola prima, così se l'avessi incontrato di nuovo avrei avuto più tempo a disposizione. Aspettai quasi venti minuti il suo arrivo, ma ancora nessuna traccia di lui. Per tutta la giornata a scuola non si vide. Il giorno seguente sempre la stessa situazione. Questa situazione si protrasse per più di una settimana. Dopo -appunto- vari giorni, lo rincontrai. Era il 14 febbraio del 1997, il giorno di San Valentino. Fu una giornata indimenticabile per i motivi che adesso spiegherò: mi incontrò a ricreazione. Appena mi vide mi abbracciò fortissimo e mi chiese scusa per non essersi fatto vedere per vari giorni, io, felicissima, gli dissi che non si doveva scusare e che doveva stare tranquillo. Alla fine della scuola mio padre non era ancora arrivato e Albert mi fece compagnia. Parlammo per una mezz'oretta di varie cose e dopo aver parlato mi fece chiudere gli occhi e mi baciò. In quel momento non capii più nulla, posò per più volte le sue labbra carnose sulle mie, mi sentivo in paradiso. Fu il mio primo bacio, sentivo le farfalle nello stomaco, avevo paura di non saper baciare. Alla fine del bacio mi abbracciò e se ne andò. Nello stesso momento arrivò mio padre e vedendomi con un sorrisone mi chiese spiegazioni, io non potendogli raccontare dell'accaduto, gli inventai una seconda scusa, dicendogli di aver preso un buon voto in storia. Tornando a casa e seguendo la mia routine giornaliera mi accorsi che il sapore delle sue labbra non andava via dalle mie. Dopo cena mi misi a letto e non riuscii a dormire, lo pensavo in continuazione, non riuscivo a non pensare a quanto fosse stato bello il bacio, per l'appunto il mio primo bacio. Il giorno seguente stemmo insieme, ed ancora una volta le sue labbra si posarono dolcemente sulle mie. Un mese dopo, esattamente il 15 marzo, davanti le scalinate della scuola mi chiese se volessi essere la sua ragazza. In quel momento rimasi immobile, non sapevo che rispondere. L'unica cosa che feci fu scaraventarmi addosso a lui e abbracciarlo fortissimo, comunque sia era palese e scontata la mia risposta, quindi mi afferrò per i fianchi, mi baciò e sussurrò di amarmi. Finalmente mi sentivo felice, so che si dice che a 15 anni non si può amare veramente, ma io ho provato una sensazione dentro di me davvero inspiegabile, una sensazione che solo se si è innamorati si prova. La nostra storia andò avanti per due anni, ovviamente una storia piena di incomprensioni e altri elementi che in una coppia emergono sempre, prima o poi. D'altronde, non è sempre tutto rose e fiori. Il primo fu un anno aureo, il secondo anno incominciarono ad esserci profondi battibecchi tra noi due. Arrivammo anche a prenderci una pausa, durata più o meno un mese e mezzo. Dopo la pausa il nostro rapporto peggiorò sempre di più e il 18 giugno 1999 ci lasciammo. Una data bruttissima da ricordare, in quegli anni avevo passato la mia vita in un modo stupendo, ero veramente felice di avere un ragazzo come lui al mio fianco. Dopo Albert ebbi un secondo rapporto con un ragazzo di nome Stefano. Stare con Stefano era bellissimo, ma non potevo fare a meno di pensare ad Albert, così dopo 3 mesi dal nostro fidanzamento decisi d'interrompere lì quella relazione. Io e Stefano siamo tuttora amici e mi ha aiutato moltissimo nel corso della mia vita. Molto tempo dopo, mi trovavo nella zona della mia scuola, stavo leggendo un libro e sbadatamente mi scontrai con un ragazzo. Appena alzai la testa per chiedere scusa a questa persona, mi bloccai immediatamente, era Albert. Appena mi vide, mi salutò subito e mi invitò ad andare a prendere un caffè ed -ovviamente- a fare una chiacchierata. Alla fine di quella chiacchierata mi invitò ad uscire la sera, io accettai. Mi portò in un ristorante magnifico. Dopo aver concluso la serata, Albert mi riaccompagnò a casa dandomi un bigliettino: c'era scritto il suo nuovo numero di telefono. Da quel giorno io e Albert non ci siamo più separati. Il 28 settembre 2003 ci sposammo e nel 2004 abbiamo avuto un bambino di nome Carl. La nostra vita adesso è al completo e felice. Adesso vorrei completare questo “racconto” con una citazione di Albert Camus, in cui egli afferma: “Se dovessi scrivere un libro di morale, vorrei che fosse di cento pagine. Novantanove di esse dovrebbero essere bianche, sull'ultima pagina poi scriverei: conosco solo una legge, quella dell'amore.


***

NOTE: Questa è la mia prima "storia", ho soltanto quindici anni ed ho provato a scrivere qualcosa con il cuore. Spero che vi piaccia, a presto!

MS.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MarshaSalerno