Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: Bookmaker    24/12/2015    4 recensioni
[Dal testo]
Homura si guardò intorno, scostando lievemente le tendine del gazebo per spiare i passanti. Nel parco cittadino coperto di neve, bambine dai volti di bambola correvano spensieratamente in uno sguaiato turbinio di risate, avvolte in abiti bianchi e neri dalle strane fantasie. Parevano ignorarla, ma di tanto in tanto le rivolgevano sguardi sfacciati e odiosi; poi tornavano a giocare con aria indifferente, come se il minuscolo gazebo nero e viola non ci fosse, come se Homura stessa non esistesse.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Homucifer, Homura Akemi, Sayaka Miki | Coppie: Homura/Madoka
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Buon Natale, Homura Akemi
 
Faceva molto freddo, quella mattina. Una lieve coltre di neve aveva ammantato Mitakihara, imbiancando i tetti e le strade della città, e solo poche persone passeggiavano per il centro sfidando il clima insolitamente pungente.
Homura si guardò intorno, scostando lievemente le tendine del gazebo per spiare i passanti. Nel parco cittadino coperto di neve, bambine dai volti di bambola correvano spensieratamente in uno sguaiato turbinio di risate, avvolte in abiti bianchi e neri dalle strane fantasie. Parevano ignorarla, ma di tanto in tanto le rivolgevano sguardi sfacciati e odiosi; poi tornavano a giocare con aria indifferente, come se il minuscolo gazebo nero e viola non ci fosse, come se Homura stessa non esistesse.
La ragazza prese il calice di cristallo posto sul tavolino dinanzi a lei, sollevandolo all’altezza dei suoi occhi e agitandolo delicatamente. Rimase per pochi secondi ad osservare il movimento vorticoso del liquido violaceo in esso contenuto, scrutata a sua volta dal riflesso dei propri occhi nel cristallo.
Homura si portò il calice alle labbra, deglutendo un sorso del suo contenuto. Una sensazione di infinita dolcezza la pervase: era il sapore del miele, il calore del camino acceso, l’ebbrezza di un bacio.
Subito dopo, tuttavia, subentrò il dolore. L’angoscia le invase lo stomaco, simile a una miriade di minuscoli aghi, e ogni residuo di quel gradevole senso di appagamento scomparve. In tutto ciò, tuttavia, l’espressione di Homura rimase imperturbabile.
La ragazza depose il calice, tornando a osservare con indolenza la folla che si muoveva senza scopo intorno a lei. Tutte quelle persone, tutte quelle facce, tutti quegli occhi le sembravano vuoti e privi di significato. Che senso aveva, tutta quell’eccitazione?
Le bambine avevano formato un piccolo capannello attorno a un mendicante con un grammofono. Ascoltavano assorte la melodia che fuoriusciva dallo strumento, uno stonato susseguirsi di crepitii e gemiti. L’uomo continuava a girare meccanicamente la manovella del vecchio e logoro oggetto, la testa celata sotto un cappuccio sdrucito. Sembrava quasi che non si rendesse conto di ciò che stava facendo, ipnotizzato dalla sua stessa musica. Le bambine, intorno a lui, lo fissavano intente, le bocche digrignate nella parodia grottesca di un sorriso. Che senso aveva, tutta quella gioia?
– Che senso ha, – mormorò Homura, – se io non posso provarla?
– Come, scusa?
Homura voltò la testa per guardare alle proprie spalle. Sayaka Miki era lì, audace e combattiva nei suoi pesanti abiti invernali, un’espressione carica di sfida dipinta sul volto. Homura si lasciò sfuggire un sorriso maligno, sollevandosi dalla sedia e dirigendosi verso la ragazza dai capelli azzurri.
– Sayaka Miki… che piacere vederti.
– Vorrei poter dire lo stesso, – ribatté Sayaka in tono sprezzante.
Homura sostenne lo sguardo della ragazza, il volto deformato in un sottile ghigno. – Sei venuta a combattere? – chiese, inclinando leggermente la testa. La gemma dell’orecchino appeso al suo orecchio sinistro ricadde sulla sua spalla, tintinnando insensibilmente e producendo un barlume di luce violacea. – Eppure ti ho già detto che ci attireremo la sua antipatia, in questo modo.
– Infatti non sono qui per combattere, – disse l’altra, aggiustandosi la sciarpa bianca e turchese intorno al collo. – Volevo solo darti questo.
Sayaka estrasse un piccolo oggetto dalla tasca del cappotto beige, gettandolo a Homura in modo che lei lo prendesse. La ragazza dai capelli corvini lo osservò per qualche istante: era un pacchetto grande quanto una piccola scatola di biscotti, accuratamente avvolto in un incarto rosso e ornato da un fiocco dorato.
– Di che si tratta?
Sayaka si voltò con una piroetta, mettendo le mani dietro la schiena e allontanandosi da lei di qualche passo. – Perché non lo scopri tu stessa?
Homura fece per obiettare, ma alla fine scosse la testa e tornò a concentrare la propria attenzione sul pacchetto. Sciolse il fiocco, passando poi a strappare l’involucro di carta, e un tenue sfavillio si sprigionò dall’oggetto.
– È stata Mami, a impacchettarlo, – spiegò Sayaka, voltandosi un attimo e notando a sua volta quella debole luminescenza. – Ha insistito per decorarlo un po’ con la magia.
Homura non prestò particolare attenzione a quelle parole. Tutta la sua concentrazione si era raccolta sul contenuto di quel pacco.
Era un carillon. Un piccolo carillon di legno chiaro, con una chiusura a scatto e le facce decorate da sottili intarsi. La fessura per la chiave, tuttavia, non c’era.
– Aprilo, – la incitò Sayaka, come leggendole nel pensiero. Homura le rivolse un’occhiata fredda e interrogativa, cercando di leggere le sue intenzioni. Il volto di Sayaka, però, era imperscrutabile.
– E va bene, – sospirò Homura, con lo stesso tono con cui si sarebbe rivolta ad una bambina capricciosa. – Se ci tieni tanto.
Fece scorrere le dita sui piccoli ganci che chiudevano la scatola, e il coperchio si sollevò lentamente. Una minuscola ballerina in abito bianco fece capolino dall’interno del carillon, seguendo il coperchio nel suo movimento verso l’alto. Teneva una gamba sollevata, tenendosi in equilibrio con le braccia. Il suo volto era costituito da poche linee disegnate sulla porcellana che la costituiva, ma a Homura ricordò il viso di qualcuno, qualcuno che conosceva meglio di se stessa.
– Madoka…
Non appena la ragazza ebbe pronunciato questo nome, la ballerina prese a girare su se stessa con un minimo scatto iniziale. Contemporaneamente, il tamburo dorato dietro di lei cominciò a roteare, producendo una musica a malapena udibile.
Non era niente di speciale, come melodia: una semplice successione di note tintinnanti, senza una reale armonia o complessità. Tuttavia, nell’udirla, Homura avvertì una stretta al cuore, una sensazione dolorosa ma in qualche modo gradevole. Era come sentire dopo un lunghissimo tempo la voce di una persona cara, perduta per sempre ma mai dimenticata.
Un debole singulto scosse Homura, facendola tentennare. Avrebbe voluto chiudere il carillon, far finire quella sensazione di impotenza, ma al tempo stesso sentiva di non poter fare a meno della malinconia che si era impadronita di lei. Una lacrima scivolò sulla sua guancia, e poi un’altra e un’altra ancora. Homura guardò Sayaka, gli occhi colmi di lacrime e odio. Sentiva il suo sguardo fisso su di lei, tronfio della vittoria appena conseguita sul Demone che aveva lacerato la Dea.
Homura cadde in ginocchio ad occhi chiusi, il carillon stretto al petto. Odiava mostrarsi così debole, ma non le importava nulla: nulla di Sayaka Miki, nulla della folla ignara che passava senza voltarsi, nulla del monotono stridio del grammofono lontano, nulla nemmeno di se stessa. Esisteva solo quella ballerina, in quel momento, e la canzone che pareva animarla.
– Oh, andiamo. Adesso non fare così. Le altre ci rimarranno male, se dirò loro che il regalo non ti è piaciuto.
Homura aprì gli occhi. Sayaka era davanti a lei, il sorriso smargiasso che aveva fino a poco prima sostituito da un’espressione dolce. – Almeno per oggi, – disse, allungando una mano verso di lei, – possiamo anche essere amiche, no?
La ragazza rimase immobile, paralizzata dall’assurdità di quella proposta. – Cosa vuoi fare? – singhiozzò, accettando con riluttanza la mano tesa dell’avversaria. – Pensavo che intendessi distruggermi.
– Mmh… – fece Sayaka aiutandola a rialzarsi. – Veramente pensavo di invitarti a casa di Mami per mangiare con noi. Ma ehi, se preferisci rimanere da sola in mezzo al parco fai pure.
Homura fece un passo indietro. Le bambine alle sue spalle stavano ancora ridendo, ma la nenia del mendicante non si sentiva più. Solo le lievi note del carillon riempivano l’aria.
– Solo per oggi, – esclamò Homura, chiudendo il carillon mentre un’ultima lacrima le rigava il viso. – E non illuderti che io rinunci al mio proposito.
– Questo non l’ho mai detto. Coraggio, seguimi.
La ragazza dai capelli azzurri andò verso Homura, continuando a camminare oltre lei e invitandola ad andarle dietro con un cenno della mano. Homura si affrettò a raggiungerla, colta da un’improvvisa eccitazione, e quando le fu vicina si voltò a guardarla. Sayaka stava sorridendo, un sorriso rassicurante e onesto. Nell’aria, stranamente, risuonava ancora il tintinnio del carillon.
– Buon Natale, Homura Akemi.
   
 
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