Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: arangirl    24/12/2015    1 recensioni
*ATTENZIONE SPOILER per chi non ha letto "La Danza dei Draghi"*
Un AU/What if? in cui Arya Stark ha passato la sua adolescenza allenandosi nelle arti dell'assassinio nella Casa del Bianco e del Nero, diventando una delle migliori assassine in tutta Essos. Ormai la ragazza è diventata una spietata macchina da guerra, senza sentimenti e con pochi ricordi del doloroso passato e della sua famiglia. Ma all'improvviso un nuovo e inaspettato incarico sconvolge il suo mondo, catapultandola di nuovo in un universo che aveva a lungo dimenticato, facendo nascere nel suo cuore di nuovo dei sentimenti, facendole desiderare di tornare indietro.
Premetto che questo è il mio primo tentativo di ff, perciò non so cosa ne uscirà. La storia mi ronza in testa da un po', e prevedo che ci saranno parecchi capitoli! Consigli e commenti sono assolutamente bene accetti!
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Arya Stark, Brienne di Tarth, Daenerys Targaryen, Jaime Lannister
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Brienne guardò con orrore la sinuosa figura del drago precipitare, ricoperta di fiamme, oltre le mura della Fortezza Rossa. Il suo cuore perse un battito e per un momento la sua visuale si oscurò: era morta, pensò con una lucidità terribile; aveva fallito ancora. Aveva deluso Renly, Catelyn Stark, e ora sua figlia. Come ogni volta, la vita della sua signora le era sfuggita dalle dita senza che lei potesse farci nulla, troppo lontana perché potesse salvarla, per poter fare qualcosa al riguardo.
 
 
Il dolore s’impossessò di lei con una fitta terribile, svuotandole la mente; cadde in ginocchio nel mezzo del campo di battaglia, lasciandosi sfuggire un gemito pieno di disperazione. La spada che teneva ancora stretta in mano provocò un terribile clangore quando la lasciò cadere a terra; uno degli uomini davanti a lei, dall’ammaccata armatura porpora non si lasciò sfuggire l’occasione, e le fu addosso in un attimo. Brienne lo vide appena attraverso gli occhi socchiusi, affranta da un dolore insopportabile che le opprimeva il petto. Una parte di lei si preparò al colpo, al dolore, ma quello non arrivò; quando alzò nuovamente lo sguardo la gola dell’uomo era tranciata di netto, e Nymeria si stava bagnando le fauci con il suo sangue.
Brienne la guadò sbalordita e dopo qualche attimo la lupa ricambiò lo sguardo, fissandola con quella che Brienne riconobbe come determinazione quasi umana. La grossa metalupa si avvicinò e le toccò con delicatezza incredibile la fronte con il muso bagnato di sangue, per poi voltarsi verso la Fortezza. In un primo momento Brienne non fu sicura di ciò che la lupa le voleva dire, ma quando la vide incamminarsi tra i cadaveri verso la Fortezza non ebbe più dubbi. “E’ ancora viva.” Nymeria si girò a guardarla, grattando con le grosse unghie la terra sotto di lei, impaziente. Brienne raccolse la spada e si rimise in piedi, certa ormai che Arya fosse ancora viva, da qualche parte nella Fortezza Rossa “Avanti uomini, andiamo a salvare la nostra regina!” Gli uomini intorno a lei risposero con un grido e Brienne iniziò a correre dietro la metalupa.
 
 
La Fortezza era ancora lontana, e Brienne era consapevole che il tempo non giocava dalla sua parte. Se Nymeria sentiva la presenza di Arya, di sicuro la ragazza era viva, ma perché? Perché non ucciderla subito, continuava a pensare l’alta donna bionda mentre si faceva largo nei vicoli della città, annientando all’istante chiunque si muovesse contro di lei. Presto il braccio avrebbe cominciato a farsi pesante, complici la spada e la massiccia armatura, e non poteva permettersi di essere stanca  quando stava per arrivare da Arya. Perciò cercava di dosare ogni colpo, ogni movimento, per sacrificare meno energia possibile. Attorno a lei la luna si rifletteva sul sangue versato, creando pozze di luce oscura, riflettendo il pallido bagliore sui cadaveri, rendendoli ancora più bianchi di quanto già non fossero. Più si avvicinavano al centro della città più il numero di uomini si faceva  grande, un vero e proprio esercito disseminato nelle piccole vie, quasi come un formicaio brulicante di vita… o di morte. Non c’era un ordine di battaglia, uno schieramento, intorno a lei regnava il caos, mentre nella sua mente c’era un unico obiettivo: raggiungere Arya.
 
 
Respirò profondamente quando vide un altro soldato farsi avanti, alzò la spada e gli tranciò di netto il braccio destro prima che potesse anche solo avvicinarsi a lei. “Oh donzella, questo potevi risparmiartelo.” Brienne si girò di scatto, alzando la spada, ma mentre si muoveva verso la nuova minaccia, la sua mente aveva già capito tutto ciò che c’era da capire. Jaime Lannister la guardava sorridendo, nella mano sinistra una spada dorata e sporca di sangue. “Speravo davvero di non doverti incontrare qui..” Brienne lo fissò cercando di restare impassibile “Questa è la via più breve per la Fortezza Rossa. Sapevi che sarei venuta.” Jaime rise “Mi conosci meglio di me stesso… L’ultima volta che siamo stati qui insieme, te la ricordi?”
 
 
Brienne se la ricordava perfettamente, come se fosse successo il giorno prima. Avevano percorso quella strada insieme, feriti nell’orgoglio e nell’animo, lei con la paura di non rivedere mai più la luce del sole, lui con quella di mostrarsi nuovamente alla sua famiglia così com’era, calvo, monco e distrutto. “Quando ti ho riportato ad Approdo del Re.” Jaime annuì, avvicinandosi a lei leggermente “Davvero un bel viaggio… forse dovremmo rifarlo qualche volta.” Brienne si chiese per un attimo se tutto quel sarcasmo non fosse altro che un modo per trovare il coraggio di fare quello che entrambi sapevano avrebbe dovuto fare: ucciderla. “Jaime… Lasciami passare.”
 
 
Il sorriso di Jaime si spense e lui si limitò a fissarla “Sai che non posso farlo.” Brienne alzò la spada “Sappiamo entrambi che non puoi battermi con la sinistra Jaime. Non costringermi a farti del male.” “Ti ho salvato la vita due volte Brienne… Abbiamo visto orrori... che nessuno tranne noi può capire.  E’ davvero così importante questa ragazza per te?” Brienne non abbassò lo sguardo nemmeno per un attimo “E la tua famiglia Jaime? Dov’era tua sorella quando avevi bisogno di lei? E tuo padre? Tu non devi nulla a nessuno di loro… Smetti di combattere per chi non si è mai battuto per te.”
 
 
Jaime rimase in silenzio a quel punto, il clamore della battaglia che infuriava intorno a loro dimenticato, limitandosi a fissare Brienne “Mi resta solo questo Brienne, il mio nome. Se volto le spalle alla mia famiglia, non sarò più niente.” Brienne respirò profondamente “E Arya Stark è la mia ultima occasione per recuperare l’onore.”  Jaime spalancò la bocca a quel punto, come se volesse dire qualcosa, ma infine si limitò ad alzare la spada “E così sia allora. Per quel che vale Brienne… in un'altra vita avrei potuto amarti.”
 
 
Brienne esitò solo un secondo prima di iniziare il duello, facendo scontrare le loro lame con un rumore assordante. Il colpo si propagò con forza lungo tutto il suo braccio, facendola tremare in modo incontrollabile. Si allontanò dal suo avversario, senza mai staccare gli occhi dal suo sguardo. Non era la prima volta che le loro spade s’incrociarono, e per quanta abilità avesse perso Jaime nel perdere la mano destra, Brienne sapeva che non era un nemico da sottovalutare. Le sue parole rimbombavano nella mente di lei come avevano fatto ore prima i tamburi di guerra, e la sua mente cercava di scappare dalla realtà del cruento scontro, riportandola ai ricordi che condivideva con l’uomo davanti a lei. Renly era stato il suo amore, lady Catelyn un porto sicuro, Arya la sua possibilità di riscatto… ma cos’era Jaime Lannister per lei?
 
 
Lo Sterminatore di Re che si era gettato nella fossa dell’orso per salvarla, che aveva perso la sua mano salvandola dallo stupro, che le aveva donato la sua spada, affidando a lei il suo onore… Brienne l’aveva odiato, disprezzato, ma quei sentimenti si erano tramutati in rispetto e fiducia nel corso delle loro avventure insieme; che cosa rappresentava ora per lei? Ripensò agli anni che aveva passato in isolamento, sconfitta nel corpo e nell’animo dopo che per l’ultima volta si erano visti, davanti al cadavere finalmente senza vita di Lady Catelyn. Con una fitta di rimpianto Brienne capì che avrebbe dovuto seguirlo quel giorno, e soffocò con un gemito la marea di sentimenti che provava in quel momento, che la imploravano di abbandonare la lotta. Il suo cuore poteva pensarla diversamente, ma Brienne aveva vincolato la sua anima all’onore e la lealtà verso Arya Stark, e tutto il resto non aveva importanza.
 
 
“E questo ti sembra combattere, donzella? Il tempo non deve essere stato generoso con te!” la spada di Jaime le calò impetuosa sul braccio, lasciandole una sottile e dolorosa ferita, da cui iniziò subito a sgorgare sangue. Lui si fermò per guardarla negli occhi, e le sorrise, quasi sprezzante “So di non essere più un campione, ma potresti almeno concentrarti nel nostro duello. Quali pensieri possono valere più della tua vita?” Brienne alzò la spada più velocemente che poteva, cercando di ignorare la fitta che le fece tremare il braccio; il colpo per poco non mise fine alla vita di Jaime, che riuscì a pararlo all’ultimo, con la spada insanguinata. Solo in quel momento Brienne si accorse che molti uomini intorno a loro avevano smesso di lottare per guardarli duellare, ma la cosa non le fece né caldo né freddo; le loro spade erano ancora unite, e loro due si guardavano faccia a faccia, vicini come mai prima di allora “Penso che in un'altra vita avrei potuto farlo anche io.” Si concesse solo qualche attimo per vedere la sorpresa espandersi dagli occhi di Jaime, poi ruotando su se stessa si liberò di Jaime con uno strattone che lo scaraventò a terra.
 
 
Brienne respirò per un attimo, libera dal fardello dell’incontro e si rese conto di quanto si sentisse sfinita; mai in vita sua aveva combattuto tanto, così strenuamente. Jaime si rialzò con quello che a Brienne ricordò veramente il ruggito di un leone, e ricominciarono a danzare con il clangore delle spade, in una danza così unica che Brienne capì in quell’attimo di vivere il momento più intimo della sua vita con Jaime. Erano stati nudi, insieme in una vasca quella che sembrava una vita fa; eppure nemmeno quello poteva eguagliare lo scontro di quel momento, in cui entrambi sembravano aver messo a nudo la propria anima. “Se devo morire adesso” pensò Brienne con limpida chiarezza “Non avrò nessun rimpianto.”
 
 
Ma alla fine fu la mancanza della mano destra di Jaime a determinare l’esito dello scontro, come lui aveva capito fin dall’inizio. La possibilità di sfidare Jaime Lannister ad armi pari le era stata negata molto tempo prima. Dopo l’ennesimo rumoroso scontro tra lame, la mano sinistra di Jaime sembrò non riuscire più a sostenere il peso della spada, e con un altro pesante colpo Brienne la fece cadere a terra, puntando poi la lama alla gola dell’uomo. Jaime alzò lo sguardo verde smeraldo verso di lei, ignorando il sangue che gli stava uscendo copioso da una ferita alla nuca; doveva essere stata lei a ferirlo così, eppure non se lo ricordava “Avanti Brienne” disse il suo nome con estrema dolcezza, come Brienne non l’aveva mai sentito pronunciare se non da suo padre “Alla fine, sono felice che sia tu.”
 
 
 
 
Poche volte nella sua vita Daenerys aveva provato una sensazione di puro terrore come nel momento in cui vide il drago dorato cadere dal cielo, infrangersi come un uragano nella Fortezza Rossa, trascinando con se il suo cavaliere. La sua mente la riportò indietro nel tempo quando, molti anni prima, aveva visto il suo Khal cadere da cavallo. Drogo non era ancora morto, ma nel suo cuore lei aveva capito che per lui era finita. Il pensiero del corpo di Arya, rotto e spezzato, ricoperto di sangue come quello di Drogo si era ricoperto della sabbia del deserto la lasciò senza fiato, e quando finalmente riprese a respirare, un gemito di dolore le uscì dalle labbra.
 
 
Non si accorse di star scivolando a terra finché le forti mani di Jorah non la strinsero sulle braccia, impedendole di cadere al suolo “Mia regina…” Daenerys non riusciva a distogliere lo sguardo dalla torre lontana, ipnotizzata dalla disperazione che sentiva dentro. Jorah le afferrò il mento, costringendola a guardarlo con una forza che non aveva mai usato prima con lei “Daenerys guardami. Non è il momento per farsi prendere dal panico. Arya potrebbe essere ancora viva.” Dany scosse la testa “Devo andare da lei… Devo andare da Rhaegal.” Jorah non lasciò la presa “E’ troppo pericoloso.” Un grido tagliò l’aria come una lama affilata, e Dany si girò nuovamente verso la città, guardando il drago dorato alzarsi nuovamente in volo, sempre più in alto mentre si dirigeva vero il loro accampamento. Il sollievo che provò nel vedere il suo drago ancora vivo non riuscì a lenire il timore che sentiva nel cuore. Non avrebbe mai dovuto permettere ad Arya di lasciarla di nuovo.
 
 
Il drago coprì in velocità la distanza che lo separava da loro, ma quando finalmente scese a terra, a Daenerys bastò un’occhiata per capire quando dovesse essere debole. L’ala destra del drago portava segni di bruciatura, e l’animale respirava pesantemente, incespicando nelle sue stesse zampe mentre cercava di stabilizzarsi a terra. Dany non osò avvicinarsi troppo al drago ferito, ma sapeva che le sue ferite non erano troppo gravi. “Il fuoco deve essersi spento in volo.” commentò Jorah dietro di lei, facendola tornare alla realtà. Si girò di scatto, sperando che il suo volto riuscisse a mostrare più la risolutezza che la paura che in quel momento provava “Io devo andare. Hanno bisogno di un drago, hanno bisogno di me.”
 
 
Jorah deglutì visibilmente, cercando le parole più adatte per dissuadere la sua regina “Mia signora… hanno l’alto fuoco. Non appena vi avvicinerete vi attaccheranno con le catapulte.” Daenerys non si diede per vinta “Jorah, non abbiamo altra scelta. Questo è il momento, dobbiamo vincere adesso.” L’uomo esitò solo per un momento prima di abbassare lo sguardo “Almeno permettetemi di venire con voi.” Daenerys annuì, lo sguardo sollevato al pensiero di avere qualcuno di così fidato accanto a se “E’ ancora viva Jorah. Lo so, lo sento.” Jorah pregò gli dei che fosse vero.
 
 
 
 
Arya rimase per un attimo senza fiato nel vedere davanti a sé la causa unica e sola di tutto ciò che le era accaduto nella vita, il motivo per cui si trovava lì, il motivo di quella guerra che da anni dilaniava il continente. Il Trono di Spade era ancora più impressionante di quanto non si ricordasse; quando era una bambina le era sembrato magnifico, imponente mentre Re Robert vi sedeva sopra con la sua non indifferente mole, un simbolo di potere e grandezza. In quel momento, mentre solo l’ombra delle torce illuminava la grande sala e il riflesso delle fiamme si muoveva cangiante sulle lame ancora affilate del trono, l’unica sensazione che Arya provò fu una silenziosa e spettrale desolazione. Era per quel pezzo di ferro che tanto sangue era stato versato?
 
 
Sembrò che Cersei riuscisse a capire il suo pensiero, perché un sorriso beffardo le comparve sul volto “L’ho sempre trovato di cattivo gusto.” Arya la guardò con diffidenza, ma la donna continuò a sorridere “Non temere piccola Stark. Se ti volessi morta, avresti già la gola tagliata da un pezzo.” Arya si strofinò i polsi, fissando Cersei con aperto disprezzo; l’aveva odiata dal momento in cui aveva decretato l’ingiusta morte di Lady, e dal quel momento non aveva mai smesso. “Lasciateci sole.” Disse la regina girandosi verso il trono, incurante del soldato che face un passo verso di lei “Mia regina, non è sicuro…” Cersei si girò solo per un attimo, fulminandolo con lo sguardo “Credete che non mi possa difendere contro una ragazzina disarmata? Esegui i miei ordini senza discutere, capitano.”
 
 
L’uomo esitò solo un momento prima di allontanarsi, seguito dai suoi uomini. Cersei andò a sedersi sul Trono di Spade, invitando con un gesto Arya a seguirla. La ragazza camminò lentamente verso di lei, pensando a quanto fosse assurda quella situazione “Perché sono ancora viva?” La sua voce riecheggiò nella grande sala vuota e piena di fantasmi, in modo tanto tetro da farle provare i brividi; quante persone erano morte in quel luogo? C’era ancora il sangue di suo nonno a macchiare la grigia pietra su cui stava camminando?
 
 
“Perché mia cara, al contrario di quanto si possa credere di me, sono tutt’altro che una stolta.” Cersei le rivolse un sorriso pieno di veleno “E ho capito bene che non c’è speranza di vittoria contro un esercito simile, contro il fuoco dei draghi.” Arya fece alcuni passi verso il trono, rimpiangendo il peso confortante delle sue lame sui fianchi “E perché state ancora combattendo?” La donna rise “Perché gli uomini che controllano questa città sono degli stolti. Perché non sanno cosa vuol dire per una madre rischiare di perdere l’ultimo figlio che le resta.” Gli occhi verdi di Cersei brillarono alla luce delle torce quando si sollevò dallo scranno per guardarla in volto “Perché al contrario di quanto si possa credere di me, Arya Stark, i miei figli sono sempre stati tutto per me. Non vedrò Tommen morire per il suo inutile orgoglio, per quello di mio fratello o di quel cretino di un Tyrell… Ti ho portata qui per stringere un accordo, prima che sia troppo tardi.“
 
 
Arya rimase in silenzio per un attimo, poi scoppiò a ridere,una risata aspra e piena di disprezzo “E dimmi, Cersei Lannister, perché mai dovrei aiutarti a proteggere tuo figlio, quando c’è il sangue di mio padre sulle tue mani? Quando so che cosa la tua famiglia ha fatto alla mia…” La donna si alzò dal Trono, andandole incontro “Tommen non ne ha colpa. Fu Joffrey a uccidere tuo padre, e mio padre tuo fratello…” “Ma in tutto questo non c’era forse la tua ombra Cersei?  Osi negarlo? Dovrei aprire la gola a te e a tutti coloro che portano anche una sola goccia del tuo sangue, e tingere Approdo del Re del vero rosso Lannister.” La rabbia che Arya aveva tenuto celata dentro per tutti quelli anni le aveva fatto dimenticare qualsiasi timore; non era più una bambina spaventata, era una donna, una regina e una guerriera, ed era il suo turno di dirigere il gioco.
 
 
 Lei e Cersei ora erano così vicine che poteva vedere la disperazione nei suoi occhi; suo malgrado, non riuscì a non provare una punta di ammirazione per il contegno della donna.
La regina la fissò per un lungo istante prima di fare qualcosa che Arya non si sarebbe mai aspettata, le prese la mano, e ci mise dentro una daga che doveva aver tenuto nascosta per tutto quel tempo, puntandosela al petto. “E allora fallo. Uccidi me e bevi il mio sangue come farebbe la tua maledetta lupa. Ma risparmia mio figlio. Non ha colpa se non quella di essere uno stolto.” Arya strinse tra le dita l’impugnatura dell’arma, avvicinandola tanto al collo della donna davanti a lei che una goccia di sangue scivolò scura sopra la lama “Cosa ti fa credere che manterrei una promessa simile? Che dopo aver ucciso te con questa lama, non sarei pronta ad usarla per porre fine all’inutile vita della tua progenie?” Cersei non si mosse di un millimetro quando la daga le scalfì la pelle “Sei una Stark.” Si limitò a dire, e Arya le rivolse un sorriso quasi crudele “Tu non hai idea di chi io sia diventata.” E una parte di lei gioì nel vedere finalmente la paura negli occhi di Cersei.
 
 
 
 
Quando Brienne vide davanti a lei l’entrata della Fortezza Rossa per poco non cadde in ginocchio. Lei e i suoi uomini erano sfiniti, sfiancati dalla battaglia, e il portone che si ergeva davanti a lei, tetro e impenetrabile riuscì solo a farla sentire più sfinita. Arya avrebbe dovuto calare dal cielo con il suo drago, ridurre in cenere il legno e spezzare il metallo che costituivano l’unica difesa sicura rimasta al nemico. Se non prendevano la fortezza, se non prendevano il Trono, sarebbe stato tutto inutile. La battaglia infuriava ancora in tutta la città, ma se la bandiera nemica fosse scomparsa dalla sommità della Fortezza, gli uomini dei Lannister avrebbero cominciato ad arrendersi.
 
 
Solo il pensiero di Arya rinchiusa da qualche parte dentro la tana del leone riuscì a farla restare in piedi, a pensare a come entrare in quel luogo all’apparenza inespugnabile. Frecce infuocate calavano a intermittenza dai merli sopra di loro, e i suoi uomini cadevano come foglie sotto il fuoco nemico. Con un grido fece ritirare le truppe rimaste al sicuro dai tiri nemici, ma sempre tenendo sotto controllo il portale. Senza un drago dalla loro parte, avrebbero dovuto ricorrere alla pece infiammata, e gli dei solo sapevano quanto ci sarebbe voluto per farla arrivare fino a lì, e quanto per aprire anche solo un piccolo varco. Gli sguardi degli uomini attorno a lei riflettevano il suo umore, e Nymeria accanto a lei ringhiava nervosa. “Non dobbiamo arrenderci.” Disse con una forza che sorprese anche lei, mentre con una stretta al cuore pensava a quanto aveva sacrificato per arrivare fino a quel punto. “Se entriamo nella Fortezza, tutto questo non sarà stato inutile. Tutte le morti a cui avete assistito, tutto il dolore che avete provato, il sudore e il sangue versati, non saranno stati vani. Siamo così vicini. La vittoria è dietro quelle porte, ma soprattutto la pace, la vostra casa. Resistete, fatelo per questo.”
 
 
Le grida d’incoraggiamento dei suoi uomini le scaldarono il sangue come mai prima di allora; ripensò al padre che contro tutto e tutti le aveva permesso di diventare un cavaliere, di essere se stessa, e che era morto solo e senza eredi per questo “Non ti deluderò oggi padre. Sarai fiero di avermi come figlia.”
 
 
Un boato squarciò l’aria quando un’ enorme cascata di fuoco si ribaltò sul portone della Fortezza, seguito da artigli neri come la notte. Brienne alzò lo sguardo e il suo cuore perse un battito quando vide l’enorme drago nero farsi largo con le zanne tra le scaglie di legno, e la dama bianca che lo cavalcava, gridando parole che lei non conosceva, ma che suonavano come musica per le sue orecchie stanche. Gli uomini dei Lannister si lanciavano dalle piccole finestre delle torri, palle di fuoco rovente che precipitavano a terra urlando e piangendo mentre uno dei peggiori incubi che la mente umana avesse mai partorito faceva a pezzi il loro ultimo baluardo di salvezza. Con un terribile rumore metallico, l’anta sinistra del portone crollò sulla sua stessa grata sotto il peso dell’enorme bestia, e presto non ci fu più nulla tra lui e l’interno della Fortezza.
 
 
Brienne guidò i suoi uomini verso il drago, guardando piena di gratitudine Daenerys che scivolava sinuosa dietro l’ala del drago, seguita da Jorah. Il braccio destro della regina sanguinava, probabilmente colpito da una scheggia, c’era cenere nei suoi capelli argentei, e fuoco nei suoi occhi viola. Sorrise a Brienne “Alla sala del Trono. E’ ora di finire questa guerra.”
 
 
 
 
“Io so che hai gli occhi di tuo padre, piccola Stark, e so che lui ti sta guardando in questo momento.”
Arya sapeva che Cersei lo stava dicendo solo per salvarsi per la vita, la sua e quella di Tommen, eppure non poteva negare che c’era del vero nelle sue parole. Quello era il culmine della sua vendetta. Quante notti aveva passato a fantasticare quale orribile morte avrebbe inflitto a quella donna, a quanto l’avrebbe fatta soffrire per ciò che le aveva tolto. Eppure in quel momento, guardando negli occhi quella che aveva creduto la causa di tutti i suoi mali, la rabbia svanì improvvisamente, lasciando solo una terribile stanchezza. Quanto tempo aveva sprecato inseguendo i fantasmi del suo passato? Quella donna davanti a lei non era che l’ombra della crudele regina Cersei, una donna di mezza età, la stessa che avrebbe avuto sua madre, senza più nulla per cui supplicare se non la vita del figlio.
 
 
Arya era stata un’assassina, un mostro senza sentimenti, e non voleva più esserlo. Allontanò di qualche centimetro la lama dal collo della regina. Ucciderla non le avrebbe portato la pace che tanto aveva cercato, ma solo più sangue sulle sue mani. Non aveva bisogno della sua vita per andare avanti, l’aveva già fatto.
“Basta sangue, basta morte.” Gli occhi di Cersei si dilatarono per la sorpresa. “Tu e la tua famiglia sarete risparmiati, hai la mia parola. Ordina ai tuoi uomini di arrendersi.” Mosse la mano per togliere la lama, e in quel momento sentì aprirsi la porta dietro di loro.
 
 
 
 
Tommen non era mai stato coraggioso, ne era ben consapevole. All’età di diciotto anni i suoi passatempi preferiti erano mangiare dolci e guardare recitare il giullare di corte. Sapeva anche di non essere particolarmente intelligente, eppure si era sempre ritenuto un uomo fortunato.
Aveva una moglie bellissima e dolce, un bambino sano e una madre che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Questo lo sapeva, e di tutto il resto poco gli importava. Aveva provato a interessarsi al governo del regno, ma quando aveva capito che c’erano altri migliori di lui per quel ruolo, aveva lasciato il posto a loro molto volentieri.
 
 
Aveva vissuto in pace in quel suo piccolo mondo perfetto finché non era scoppiata quella maledetta guerra, che aveva rovinato tutto. D’un tratto la gente si aspettava da lui decisioni importanti, pareri intelligenti, conoscenze che lui non aveva mai posseduto. E soprattutto, gli si chiedeva di combattere. Di mostrarsi coraggioso, in prima linea con le sue truppe.
Sua moglie l’aveva supplicato di scendere in battaglia per tenere alto l’animo dei soldati, ma lui non si era nemmeno avvicinato al campo di battaglia, anche se sapeva che le cose non si stavano mettendo per niente bene per il suo esercito. In quel momento l’unica cosa che provava era terrore, terrore assoluto.
 
 
Eppure aveva deciso di armarsi, un ultimo, disperato tentativo di proteggere la sua famiglia, così era corso nelle sue stanze, a brandire l’unica arma con la quale si era esercitato ancora anni prima, la balestra preferita di suo fratello. Aveva invidiato suo fratello per la sua sicurezza, per il modo con cui usava le armi e aveva cercato, invano, di imitarlo. La balestra si faceva sempre più pesante tra le sue mani mentre correva nei corridoi che si affacciavano sulla sala del trono, diretto nelle stanze della moglie.
 
 
Fu allora che vide la madre, immobile davanti al Trono su cui lui si era seduto così poco in tutti i suoi anni di regno. Davanti a lei, un coltello puntato alla sua gola, stava una ragazza magra e dall’aspetto risoluto che riconobbe dalle descrizioni dei suoi messaggeri come Arya Stark. L’aveva incontrata una volta quando ancora era un bambino, ma la persona che in quel momento minacciava la vita di sua madre era completamente diversa dalla bambina scontrosa che si ricordava di aver visto nel cortile di Grande Inverno anni prima.
Senza far rumore, appoggiò la balestra al balcone davanti a lui, incoccando una delle poche frecce che era riuscito a trovare. Prendendo la mira, vide che la ragazza e sua madre stavano parlando tra di loro, ma dovevano sussurrare, perché lui non riuscì a capire nemmeno una parola. Le mani gli tremavano, grosse gocce di sudore gli scendevano lungo la fronte e la sua bocca era più secca della sabbia di Dorne. Non riusciva a prendere la mira, non riusciva a stare fermo. Quando alla fine vide la mano della ragazza muovere la lama sul collo della madre, chiuse gli occhi e schiacciò il grilletto.
 
 
 
 
Quando Brienne spalancò la porta che portava alla Sala del Trono, per poco Daenerys non corse dentro; quello era il momento che aveva aspettato da tutta la vita.
Davanti a lei vide Arya girarsi verso di loro, e quando i loro occhi s’incontrarono la ragazza le sorrise così piena di gioia che per un momento dimenticò la battaglia, il trono, tutto il resto.
Così ci mise qualche attimo a capire perché il sorriso di Arya si fosse trasformato in una smorfia di dolore, qualche secondo lungo e interminabile per vedere il dardo sporgerle dal petto.
 
 
Mentre il grido di Brienne le riempiva le orecchie rimase immobile, incapace di fare altro se non guardare il corpo di Arya accasciarsi a terra, sorretto dalla bionda donna dietro di lei, che guardava la ragazza con lo sguardo pieno di terrore.
Un attimo dopo stava già correndo verso di lei, le braccia tese, pronte a prendere in braccio Arya, la sua Arya che sembrava così fragile e pallida, pronta a spezzarsi.
Arya alzò lo sguardo mentre Daenerys si gettava in ginocchio sul duro pavimento accanto a lei, gli occhi pieni di sorpresa, mentre il sangue le colava lungo l’armatura, a formare una pozzanghera scura su cui si rifletteva la luce delle fiaccole che illuminavano la sala.
 
 
Daenerys le prese il viso fra le mani, stringendola a se “Andrà tutto bene Arya, sono qui.” La ragazza cercò di parlare, ma dalle sue labbra uscì solo un fiotto di sangue, seguito da una tosse roca. Daenerys sentì attutita la voce di Jorah “Il dardo deve averle perforato il polmone.” Un altro colpo di tosse, il sangue di Arya colò tra le mani di Daenerys come le lacrime che si sentiva colare in viso. Non poteva essere vero. Doveva essere un incubo. “Chiama qualcuno.” Urlo con una voce isterica che non le apparteneva, guardando Jorah con disperazione “Chiama Melisandre. Falla venire qui.” Nymeria si era avvicinata a loro, posando il grosso capo sulle gambe immobili della sua padrona, guardandola con un dolore quasi umano.
 
 
Dietro di lei, Brienne aveva sguainato la spada e incombeva imperiosa su Cersei Lannister, le mani sollevate come unica difesa contro l’enorme arma della bionda guerriera. “No!” Arya cercò di alzarsi, ma ricadde all’indietro, mentre altra tosse spargeva piccole gocce del suo sangue nell’aria “Non toccarla… lei… e la sua famiglia. Ho promesso.” Brienne guardò confusa la sua signora, ma abbassò l’arma, inginocchiandosi accanto ad Arya, prendendole la mano. Arya la strinse e tentò di sorridere, un sorriso rosso e terribile “Brienne… grazie... di tutto. Proteggi… il Nord e Dae… Daenerys per me.” “Arya, no.” Daenerys riuscì a dire solo quello mentre sentiva la presa di Arya sulla sua mano farsi sempre più debole. Brienne piangeva in silenzio davanti a lei, ma Daenerys aveva occhi solo per Arya.
 
 
Le strinse ancora il viso fra le mani, e si chinò a baciare le labbra piene di sangue di Arya, incurante del sapore metallico che le lasciò addosso “Non puoi lasciarmi Arya, non puoi. Io ti amo.” Arya alzò la mano e le accarezzò i capelli in un gesto terribilmente lento e doloroso “Mi dispiace… per tutto il tempo che abbiamo perso.” Arya tossì ancora nel pronunciare quelle parole che Daenerys riusciva a capire a stento, il volto a qualche centimetro da quello di Arya “Tu, tu sei stata la luce… della mia vita.” “No… Arya resisti ti prego, andrà tutto bene. Ci sono ancora così tante cose che dobbiamo fare… così tante cose. Non lasciarmi ti prego.”
 
 
Arya chiuse gli occhi, e il suo volto si contorse per un attimo in preda al dolore “Perdonami, amore mio… Io… io sarei rimasta con te... per semp..” Daenerys chiuse gli occhi mentre la sentiva la mano di Arya caderle lungo il volto e un unico terribile lamento le uscì dalle labbra mentre la ragazza esalava il suo ultimo respiro.
 
 
Fuori, la battaglia per Approdo del Re si era quasi conclusa. Gli unici suoni che ancora rimbombavano nella sala del trono erano i lamenti inconsolabili della metalupa e il pianto della regina dei draghi. 





Note: Lo so che a Natale dovremmo essere tutti più buoni, non odiatemi troppo! Siamo quasi alla fine, il prossimo capitolo sarà l'ultimo di questa storia, che va avanti ormai da tantissimo! Sto cercando di sistemare i primi capitoli perché mi rendo conto anche io che in questo tempo il mio modo di scrivere è cambiato parecchio. Dunque, spero di non metterci troppo a concludere, i miei tempi di scrittura sono sempre eterni, lo so, ma finirò prima o poi! Grazie a chi ancora segue la storia, fatemi sapere come vi è sembrato questo ultimo capitolo! Buon Natale e buone feste a tutti! 
  
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