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Autore: allegretto    24/12/2015    2 recensioni
Ci vuole un incidente per far sì che tutti si rendano conto di quanto seriamente Jensen stia male. Ma come possono Jared, la famiglia Ackles e i suoi amici aiutarlo, quando lo stesso Jensen rifiuta ogni tipo di aiuto esterno? L'unico modo che essi conoscano, anche a costo di perdere per sempre la stima e l'affetto di questa persona!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Sedici

 

Quello che odiava di più Jensen di quell'intero mese appena passato nella clinica, erano i lunghi periodi di silenzio o di meditazione imposti dal suo terapeuta durante le sedute di gruppo. I pazienti dovevano stare seduti a terra con le gambe incrociate nella semioscurità, tenere gli occhi chiusi e cercare la pace interiore. Poi ascoltavano una voce suadente che li conduceva in un mondo fatto di luce e fantasia, dove dovevano immaginarsi una scena idilliaca e rilassare così ogni parte del loro corpo.

Jensen si metteva in posizione come gli altri, e fin lì tutto bene, ma dietro le palpebre abbassate pensava a come dovesse essere la trama di Supernatural senza Dean e cosa avrebbe detto ai produttori il giorno in cui avrebbe potuto parlare con loro.

I primi giorni erano stati devastanti: i rigidi orari, le regole di comportamento, la gentilezza melliflua del personale e i rimbrotti paternalistici dei medici lo avevano portato al limite della rottura. La lotta del suo corpo privato dall'alcol rendeva il tutto ancora più complicato.

Sapeva perfettamente che era un atteggiamento sbagliato in quanto rimediava solo un aumento delle dosi dei psicofarmaci somministrati ma non poteva farci nulla. Era ancora troppo arrabbiato e l'astinenza iniziava a dargli il tormento.

Di quel periodo ricordava poco: una confusione di uomini in divisa bianca, stanze enormi dove la voce rimbombava e un'atmosfera piena di schemi di pensiero: cosa dire, cosa fare e dove andare. Lui abituato ad agire di sua spontanea volontà, era la punizione peggiore. Sentiva sempre un senso di orribile ansietà come quando arrivava tardi a un appuntamento. Tutta la sua vita era stata una rigida sequela di regole morali e comportamentali. Si era illuso che andare via da casa potesse davvero spianargli la strada al suo volere. Ben presto si era reso conto che si era liberato dal rigido controllo della madre, per cadere nelle grinfie dei produttori. Dalla padella alla brace!

Comunque gli unici momenti in cui era veramente felice lì in clinica era quando poteva leggere. La biblioteca era ben fornita e aveva trovato molti best-seller a cui non aveva potuto dedicare la giusta attenzione. Il trascorrere del tempo leggendo, gli impediva di pensare al passato e a recriminare su quello che avrebbe dovuto o potuto fare ma che non aveva avuto la volontà di modificare.

Poi la rabbia verso la sua famiglia era scemata ed era stata accantonata in un angolino del suo cervello. La terapia del 'dieci passi' seguita dall'Associazione degli Alcolisti Anonimi' aveva iniziato a fargli vedere come era la vita di quanti gli stavano intorno e gli volevano bene. Sentire anche le storie degli altri lo stavano aiutando a comprendere che tutto sommato era lui a essere quello fortunato. Ammettere davanti a dei perfetti sconosciuti che lui era un alcolizzato era stata dura ma dopo averlo fatto, si era sentito meglio. Come se si fosse tolto un peso. Lui beveva perché non poteva alterare la sua vita. Non aveva avuto il coraggio di farlo e ora ne pagava le conseguenze.

Quando aveva riferito ciò al suo terapeuta, questi gli aveva detto che era sulla retta via, ma lui non si sentiva su quella strada. Proprio per niente.

L'unico impedimento al miglioramento definitivo però era legato a una sola parola: Jared!

Il terapista aveva provato, dopo alcune settimane, a reintrodurre quel nome incriminato ma aveva raccolto solo scoppi d'ira, fino ad arrivare alla distruzione del suo ufficio. Jensen lo aveva pagato a caro prezzo quel gesto: era stato rinchiuso per due giorni in una stanza imbottita vestito solo da un camice aperto sulla schiena e le braccia chiuse in una specie di camicia di forza. Ma la soddisfazione di distruggere oggetti a caso e poter sfogare la sua frustrazione gli provocava ancora una certa ilarità.

Con il passare del tempo si era calmato. La privazione dall'alcol era più sopportabile e iniziava a interessarsi al mondo circostante. La terapia motivazionale del centro lo stava indirizzando verso quel lato oscuro della sua mente dove erano seppelliti i suoi sensi di colpa silenziati dal consumo smodato dell'alcol. Anche il mettersi 'nei panni' degli altri lo stava aiutando a capire cosa avevano provato i suoi genitori e amici in quel periodo. Iniziava così a sentire rimorso ripensando a quanto si fossero preoccupati i suoi, anche se erano in parte responsabili del suo tracollo.

Nell'ultima seduta la svolta. “Ho sognato Jared ieri sera”, ammette Jensen, con voce tremolante.

“Bene. Cosa hai provato?, chiede, il dottor Thompson.

“Non so. Un misto tra irritazione e affetto”, risponde il suo paziente.

“Ottimo. Ciò deve essere il percorso di guarigione”, ribatte lo psicologo, soddisfatto.

 

Il secondo mese di permanenza nella clinica per il recupero della dipendenza da droghe o alcol offre a Jensen nuove terapie occupazionali, alcune noiose come le tecniche di rilassamento, lo yoga e altre più interessanti come il giardinaggio o l'ora d'aria in giardino.

Premettendo che Jensen non distingue una rosa da una margherita, rimane il fatto che può passare due ore al giorno all'aperto. Con l'aiuto di una terapista gentile e affabile e l'appoggio di un giardiniere anziano ed esperto, Jensen inizia ad appassionarsi ai vari fiori e alle varie tecniche per curarle.

Questo migliora nettamente il suo umore e il comportamento e permette al suo nome di risalire velocemente nella lista degli ospiti più meritevoli, conquistandosi così dosi doppie di dessert e più tempo per leggere in giardino. Fanno grande mostra di sé in refettorio e nel soggiorno grandi cartelloni con su scritto la graduatoria dei nomi dei pazienti: i primi tre in paradiso, gli ultimi tre all'inferno. Puntualità, educazione, decoro personale quelli più importanti. Jensen si rende conto che molte di quelle attitudini non erano state più seguite da lui negli ultimi tempi: spesso collerico, trasandato e maleducato. Ora il suo nome campeggia su tutti questi poster.

Osservando quelli appena entrati nel centro per il loro periodo di cura, molti sono strafottenti, indolenti ed iracondi. Scontato pensare che fosse così anche lui appena arrivato. Ciò gli causa imbarazzo e vergogna. Si rende conto che provando tali sentimenti, la guarigione è vicina.

 

I trenta giorni di sobrietà vengono celebrati con una grande festa. Sembrerebbe un traguardo semplice da raggiungere ma per un alcolizzato non lo è affatto e per Jensen andare in giro con la spilletta della meta conquistata è motivo di grande orgoglio. Le occhiate di invidia di quelli appena entrati è un modo per andare avanti fino alla meta.

Non credo lo ammetterà mai, ma Jensen si sente bene con se stesso e inizia a divertirsi dopo tanto tempo.

 

Quando mi hai chiesto se avessi voluto passare il resto della mia vita con te, io ti ho risposto che ti avrei amato per sempre, nonostante tutto e tutti. Era vero e ho continuato a farlo per tutti questi anni. Ora vedendoti lì, inerme, indifeso ed ignaro del tuo dramma, ti dico che sei tutto per me e non posso immaginare la mia esistenza senza di te.

 

Legge con lentezza il dottor Thompson, scandendo ogni parola come se stia recitando qualche formula magica e di sottecchi osserva il suo paziente e poi termina senza dire una parola. Si toglie gli occhiali da lettura e li appoggia sul tavolino accanto a lui assieme a un quadernetto dalla copertina colorata da un bell'arcobaleno.

Jensen è confuso. Non capisce. E' un modo diverso di iniziare il loro colloquio giornaliero. Ha instaurato con il suo terapeuta un bel rapporto. Attende con impazienza questo incontro tutte le mattine dopo colazione ma oggi è tutto diverso. Si sente agitato e disorientato.

Poi come se niente fosse, il suo terapeuta riprende la solita routine sul chiedergli come abbia dormito, cosa abbia sognato, ecc. Jensen tira un sospiro di sollievo e risponde alle domande.

Il giorno dopo stessa scena: Jensen si siede sulla poltroncina davanti al suo psicologo e quello, dopo aver inforcato gli occhiali, inizia a leggere dal suo libretto.

 

Per la maggior parte della mia vita, ho sempre avuto paura di esternare il mio vero Io e perciò ho creduto di non essere degno dell'amore di nessuno. Ma poi ho conosciuto te ed è cambiato tutto. Ho capito che se riuscivi tu a vedere del buono in me allora forse anche io potevo farlo. La verità è che in molti modi che saprai mai tu mi hai salvato. E' per questa ragione e per molte altre, prometto di esserti eternamente fedele e di onorarti finché morte non ci separi”

 

Il silenzio riempie la stanza. A Jensen batte forte il cuore e gli si è imperlata la fronte di sudore. Forse ha compreso il motivo di tutta quella pantomima ma non vuole darla vinta al suo terapeuta. Lui non implorerà di poter leggere da solo quelle pagine.

Michael sospira. Sa che sarà una battaglia lunga e difficile. Non cederà facilmente ma alla fine l'ansia di possedere quelle paginette e potersele coccolare nei momenti di malinconia, lo porterà inevitabilmente a fare il primo passo, cosciente o meno di quella scelta.

Il sabato e la domenica non ci sono sedute di terapia, per cui Jensen e Michael devono attendere due lunghe giornate prima di rivedersi. Le attività tengono il giovane occupato, anche se la domenica pomeriggio, aperta ai familiari di chi ha passato già sessanta giorni alla clinica, acuisce la sua solitudine. Quella notte dorme poco e male.

Non appena viene fatto accomodare nello studio di Michael quella mattina, Jensen si siede velocemente sulla poltrona ma si accorge che il suo terapeuta non ha nulla in mano. È occhiali, né taccuino. E infatti Michael inizia con le solite domande. Jensen risponde evasivamente con un filo di voce. La sua delusione traspare da ogni suo poro. Al termine dell'approccio terapeutico individuale, Jensen esce dallo studio particolarmente sconfortato.

Il dottor Thompson si siede alla sua scrivania con un sorrisino sornione stampato in viso. E' proprio quello che vuole da lui. Il suo atteggiamento vale più di tutte le parole contenute nei saggi di psichiatria. L'unico pericolo è che la frustrazione a Jensen non crei problemi comportamentali. Per questo avverte il personale della clinica del particolare esperimento e si augura che il ragazzo dia finalmente segno di maturità e tolleranza all'ansia. Se così sarà, la guarigione e il ritorno alla normalità sarà sempre più vicina.

Il giorno seguente Michael viene informato che il suo paziente è stato particolarmente scorbutico ma comunque entro certi limiti e non è incorso in nessuna sanzione. Decide così di premiarlo, leggendogli un altro pezzo dal misterioso libriccino.

 

Non dubitai mai dell'impressione che avevo avuto la prima volta che ci siamo conosciuti. Amavo quasi tutto di te. La gentilezza, l'intelligenza, la generosità, il modo in cui tenevi in considerazione le mie opinioni e ti interessavi a quello che pensavo, dicevo e facevo. Il modo in cui, quando avevo un problema, di sederti accanto a me, mettendomi una mano sul ginocchio, spronandomi a parlarne, senza cercare di risolverlo per me, mi dava una sicurezza mai avuta prima. Amavo la passione che tu nutrivi per il nostro lavoro ed ero convinto che, se al mondo c'è una giustizia, un giorno tu avresti ottenuto grandi risultati.

 

Michael alza lo sguardo verso il suo paziente. Gli occhi di Jensen sono inondati di lacrime. Vorrebbe parlare ma ha la bocca e la gola privi di saliva.

“Te ne leggerò un altro pezzo domani. Va bene?”, esclama Michael, alzandosi in piedi.

Jensen annuisce, incapace di parlare. Vorrebbe chiedere la conferma dei suoi dubbi al suo terapeuta ma non osa chiarirlo. Vorrebbe dire mettere a nudo tutte le sue difese, ammettere quanto sia stato stupido e quanto si sia sbagliato. E' ancora molto duro compiere questo passo!

Il giorni si susseguono tra un pagina del libretto e una seduta normale. La lettura dal libercolo lasciano Jensen malinconico e triste...

Ormai si avvicina sempre di più la domenica in cui riceverà la visita dei suoi genitori e Jensen avverte una serie di sentimenti, di cui alcuni in contrasto. Ansia, trepidazione, paura, speranza: cercare il perdono e ottenerlo sono gli aspetti più ansiogeni per il giovane nell'attesa snervante della domenica.

Dopo le attività di svago serale, un torneo a Monopoli, Jensen torna in camera sua. La stanza occupata solo da lui, è stata un lusso nei primi tempi, quando non voleva parlare con nessuno e quando provava imbarazzo per gli effetti devastanti della sua astinenza, ma ora vorrebbe dividerla con qualcuno con cui chiacchierare, condividere ansie e paure. Lo si può fare durante la terapia di gruppo durante il giorno ma le ore notturne, a volte, sono lunghe e tediose. Dovrà avere pazienza. Ancora trenta giorni e quella tortura finirà!

Appena varcata la soglia, il suo sguardo cade sul suo comodino dove giace quel quaderno che aveva visto tra le mani del suo terapeuta.

Si siede sul letto e con le mani tremolanti lo afferra. Accarezza la copertina disegnata con un colorato arcobaleno. Lo annusa ed esala un sospiro. Un sorriso accende il suo sguardo.

Lo sfoglia. E' un diario.

Riconosce subito la calligrafia di Jared e ciò gli causa un'intensa emozione. Calde e grosse lacrime solcano il suo viso, finendo sulle pagine e per evitare di sgualcirle, le asciuga con una mano prima e poi con un fazzoletto, faticosamente cercato nelle sue tasche.

Lo sfoglia con attenzione, quasi fosse una reliquia. Vede molte foto dei primi anni in cui recitavano insieme nella serie Supernatural e altre lungo quegli anni così intensi, a volte entusiasmanti e altri drammatici, fino ad arrivare a quell'ospedale a Dallas.

I sonniferi non gli danno il tempo di approfondire quello che c'è scritto, si addormenta con il suo libercolo appoggiato sul torace, sul suo cuore, gonfio di speranza, malinconia e struggimento. Per la prima volta dopo tanto tempo sente che il futuro non è così buio come negli ultimi tempi!

 

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Angolo di Allegretto

 

Questo ultimo anno è stato molto complicato per me ma ho sempre avuto il pensiero di ritornare a scrivere e aggiornare questa storia che tanto vi era piaciuta e sono lieta di essere riuscita a farlo. Entro il 31 dicembre pubblicherò gli ultimi due capitoli. Ringrazio quanti hanno continuato a leggere questo racconto e spero possa piacervi il finale. Auguri di Buone Feste a tutti voi!

 

 

  
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