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Autore: Ilghiacciomidomina    24/12/2015    1 recensioni
Eravamo giovani. Ci sentivamo padroni del mondo. Non è che ce lo sentivamo, lo eravamo. Il mondo era nostro. Era nostro ogni passo, ogni millimetro d’asfalto, tutte le pareti che toccavamo, i gradini che salivamo e le panchine su cui ci sedevamo. (...)Noi lottiamo per l’irrazionale, per tutto ciò che è fuori dall’ordinario. (...) Ero tanto coraggiosa, tanto ribelle. Eppure, mi bastava lui per andare fuori fase. Un nome. Chris.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Eravamo giovani. Ci sentivamo padroni del mondo. Non è che ce lo sentivamo, lo eravamo. Il mondo era nostro. Era nostro ogni passo, ogni millimetro d’asfalto, tutte le pareti che toccavamo, i gradini che salivamo e le panchine su cui ci sedevamo. Chris e io eravamo in piedi, uno di fronte all’altro. Era tanto che non lo guardavo negli occhi. Quest’ultimo periodo l’ho evitato come meglio potevo. Era un male per me ed io lo ero per lui. Ma si sa che l’essere umano è attratto da cose difficili. Non ci piacciono le cose facili, sono capaci tutti. Noi lottiamo per l’irrazionale, per tutto ciò che è fuori dall’ordinario. Per questo mi ero fatta fare un piercing al naso che a momenti a mia madre prende un colpo. Alcuni dicono che nei posti di lavoro, i giovani con tatuaggi visibili, non vengono assunti. Allora mi sono fatta tatuare una chiave di violino proprio sul polso. Ricordo il dolore come fosse ieri. Bruciava. Avevo paura che le mie vene avessero potuto prendere a fuoco da un momento all’altro. Chris continuava a fissarmi negli occhi. Io li chiusi. Ero tanto coraggiosa, tanto ribelle. Eppure, mi bastava lui per andare fuori fase. Un nome. Chris.
Io e Chris non stavamo insieme. Non più. Insomma, è una storia complicata di cui non mi va di parlare. Eravamo due perfetti cretini. Nel vero senso della parola. Avevamo 18 anni e ci comportavamo come se ne avessimo 12. Io e Chris abbiamo fatto le peggiori pazzie. Ma come siamo arrivati a questo?
 
Erano le 8.30 e la metro non si decideva a passare. Ormai non sarei riuscita ad entrare neanche in seconda ora, quindi tanto valeva tornarmene a casa. Risalii le scale della metro e improvvisamente mi venne un’idea. Era un periodo in cui non andavamo d’accordo. Io e me stessa, intendo. Così, avevo deciso: mi sarei dedicata una mezza giornata. Sei ore, solo per me. Entrai in un bar dalle pareti bianche. Fortuna che c’era un piccolo albero di Natale e tanti decori natalizi a colorarlo, se no immaginate che tristezza? Comunque, mi diressi alla cassa e ordinai un cappuccino e un cornetto. Il cassiere/barista mi disse che potevo accomodarmi e che mi avrebbe servita al tavolo. E così feci. Mi sedetti in un tavolino un po’ appartato. Ah, dimenticavo. Una delle regole per quelle sei ore era di non usare il telefono se non per emergenze. Così guardai l’ora e lo riposai nella borsa. Accavallai le gambe e mi iniziai a guardare intorno. Chiunque dentro quel bar aveva in mano almeno una busta regalo. Attaraverso i vetri sporchi vidi gente che si soffermava davanti alle vetrine per poi entrare o andarsene sconsolata. Avevo sempre amato il Natale ma diciamo che quest’ultimo periodo, l’atmosfera del Natale non la sentivo proprio. Mi sentivo vuota, sola, avevo sempre freddo. Avevo delle amiche fantastiche, per carità. Loro volevano bene a me e io a loro. Avevo una famiglia che mi voleva bene e a cui io volevo bene. Ma mi mancava quel tassello che completava il puzzle. Mi mancava l’amore. Lo negavo a me stessa. Odiavo dover dire di aver bisogno di qualcosa o di qualcuno. Ma lo era, era così. E io non potevo farci niente perché se l’amore lo cerchi, lui si nasconde. E a me non piace giocare a nascondino. Mentre fissavo una busta della Kiko, il barista mi porta il mio cappuccino col cornetto e io sorrido ringraziandolo. Non appena si spostò, un ragazzo dietro di lui mi sorrise. Io non ricambiai il sorriso. Ho sviluppato un senso di odio per i miei coetanei maschi e da un po’ di tempo non ero più la stessa. Abbassai lo sguardo sul mio cappuccino e iniziai a versare un po’ di zucchero ma ne lasciai scivolare troppo.
-Cazzo.
Notai che ora il ragazzo stava ridendo. E lo notai nel vero senso della parola. Era biondo e i suoi occhi facevano invidia al cielo. Erano più chiari. E più belli. Ma non mi soffermai a guardarlo, anzi. Distolsi immediatamente lo sguardo. Mi stava infastidendo. D’altro canto, era sempre così. Ogni volta che intorno c’era qualche ragazzo carino, mi innervosivo. Lasciai perdere il cappuccino e diedi un morso al cornetto. Il ragazzo si avvicinò al mio tavolo.
-E’ libera?- mi chiese indicando una sedia del mio tavolo. Mi limitai ad annuire e lo vidi sedersi al mio tavolo ed incrociare le braccia su di esso. Inarcai un sopracciglio confusa e deglutii il primo pezzo di cornetto. Bevvi un sorso di cappuccino. Magari se lo avessi evitato se ne sarebbe andato. Ma non era così che doveva andare. Eravamo a colazione io e me stessa. E lui era un terzo incomodo. Decisi che se ne sarebbe dovuto andare.
-Scusa? – sbottai infine.
-Cosa?
- No, dico, hai intenzione di restare a guardarmi o te ne vai?
- Ho intenzione di restare a guardarti.
Avvampai. Sentii le guance prendere fuoco e diventare quasi più rosse degli addobbi del negozio. Non sapevo che fare. Non mi andava di lasciare lì cornetto e cappuccino. Così decisi che lo avrei ignorato finchè non avrei finito il cappuccino ed il cornetto lo avrei mangiato strada facendo. Bevvi velocemente il cappuccino deglutendo rumorosamente e, quando posai la tazza, lui era ancora lì.
- Sei sporca qui. – mi disse divertito, indicando il punto delle labbra in cui ero sporca. Mi imbarazzai ancora di più e sfregai il tovagliolino levando via anche il rossetto.
-Ancora? – domandai preoccupata.
-Se vuoi te lo tolgo io. – ammiccò lui con sguardo malizioso. Io gli porsi ingenuamente il tovagliolino e lui si alzò dal tavolo per poi avvicinarsi a me. Si chinò su di me e fece per togliermi lo sporco quando posò le labbra sulle mie. Sgranai gli occhi e istintivamente gli lanciai un ceffone sul viso. Afferrai la borsa ed uscii di fretta dal bar. Se quella giornata era cominciata male, sapevo che sarebbe finita anche peggio. Improvvisamente mi resi conto che avevo dimenticato il cornetto al bar. Pazienza, non sarei tornata a riprenderlo sapendo che ci sarebbe potuto essere quel tipo.
 
   
 
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