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Autore: Andy Black    24/12/2015    2 recensioni
Come ogni anno, la shot di Natale è un preludio per la long di primavera. L'anno prossimo scriverò The Sinful's Recall, terza parte della Winter Trilogy e parte fondamentale per la serie Courage che sto portando avanti con tanto sacrificio, sperando sia apprezzato. Beh, questa è una delle due storie che anticipano la long, l'altra l'ho pubblicata l'anno scorso e vedono l'apporto di N alla nuova storia. Una sorto di prologo del prologo. Del prologo, ecco.
Ma non dobbiamo parlare di questo, qui. Questa storia è per gli affezionati del Natale e delle mie storie, per chi mi segue dal giorno uno.
Buon Natale e buone feste.
Genere: Commedia, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon Courage'
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L’odore del Natale.
È strano. Cioè, il Natale non ha un odore vero e proprio, poiché l’odore proviene soltanto da qualcosa che di materiale, di tangibile.
Il Natale non si tocca, non si porta appresso in una busta. Il Natale è un concetto.
Una festività, che impone diverse convenzione sociali.
Ma Zack, fin da bambino, ne sentiva l’odore nell’aria. Sì, era il freddo, e l’odore della natura che lo circondava, unita a quello della legna che bruciava nei camini delle case.
Di tanto in tanto s’aggiungeva anche quello delle pietanze che fuoriusciva dalle abitazioni.
Primaluce non era cambiata molto, in quei tre anni: era rimasto un paesino calmo e tranquillo, con diverse villette a schiera, con giardino ben curato e recinto fatto di assi di legno.
Nevicava, e lui stava stretto nel suo giubbino, con le mani in tasca e la testa ben alta, a vedere i fiocchi poggiarglisi sul naso.
Crescere è una cosa strana, le ambizioni, gli obiettivi cambiano. Mutano, come anche le necessità.
C’è meno voglia di sperimentare, certo, si pensa alle cose importanti.
Zack, al secolo Zackary Recket, era stato uno dei più forti Campioni della Lega di Adamanta, qualche anno prima.
Sì, perché tutto ciò che era successo, con l’apocalisse creata da Arceus ed il resto, lo avevano scosso, disordinato la sua bacheca delle priorità.
In più aveva fatto entrare nella sua vita una ragazza, che era diventata una donna accanto a lui.
Il buio era sceso rapidamente, del resto era pieno inverno, e quel Natale, come ogni altro Natale, aveva tardato nell’acquistare i regali.
Quindi, aiutato dal suo Arcanine, che portava diverse buste stringendo i manici tra i denti, il giovane s’apprestava a ritornare a casa, dopo gli acquisti fatti.
A Rachel aveva comprato un orologio molto bello, che lei stessa era rimasta a fissare qualche giorno prima, quando, durante una passeggiata disinteressata, quella s’era fermata davanti ad una vetrina, al centro della piazza.
Continuava a nevicare, i suoi piedi affondavano nel manto bianco, soffice e delicato.
Odiava il freddo, difatti non s’aspettava quel repentino cambio alle temperature; non s’aspettava neppure di dover camminare nella neve, effettivamente, ma era quasi arrivato e non era un tipo che si faceva quel tipo di problemi.
Casa sua, o meglio, casa di Rachel, era poco più avanti. Era la casa dove la ragazza era cresciuta, assieme a Ryan. Con l’andare avanti del tempo, quest’ultimo s’era trasferito, lasciando a Rachel ed al suo fidanzato l’onere di rimettere a posto i danni fatti dai terremoti, per poi consentire loro di andarci a vivere.
E l’avevano fatto. Certo, c’era voluto un po’ ma alla fine la casa era perfetta; avevano il caminetto, una bella sala da pranzo ed una grossa finestra che dava sul giardino.
Rachel, poi, aveva dei gusti meravigliosi in fatto d’arredamento.
Sospirò, ricordava il suo viso, molto più delicato ed acceso di com’era quello che lo aspettava a casa. Certo, era ancora una ragazzina, solo diciotto anni.
Le cose erano cambiate, la sua pelle si stava inspessendo, il suo corpo pure, il suo sguardo era quello d’una ragazza già pronta e matura, con più consapevolezze e responsabilità di quanto s’aspettasse qualsiasi ventunenne.
Sì, aveva anche trovato un lavoro, lei, all’interno di una piccola bottega, e si allenavano tutti i giorni con i Pokémon, nell’eventualità che qualcosa di poco gradevole succedesse; insomma, lei faceva pur sempre parte della discendenza di Prima, l’oracolo di Arceus.
Già, oracolo, prima che diventasse cristallo a sua volta, per gli sviluppi della vicenda.
Ricordava tutto il procedimento strano che era avvenuto, tutto ciò che gli era stato spiegato da Rachel ed Alma, oltre che da Prima e Timoteo quando erano stati nel passato, dopo aver salvato l’ambaradan: Arceus poteva essere evocato soltanto nella circostanza in cui l’oracolo designato (Precedentemente era stato localizzato in Prima, di Nuovaluce quando quel paese si chiamava ancora così) entrava in contatto con il cristallo della luce.
Dopo mille vicissitudini, per proteggere Arceus, tutte le figlie di Prima sarebbero diventate contemporaneamente oracolo e cristallo, in modo da non mettere più in pericolo la divinità.
E questa cosa era continuata fino ai tempi odierni.
Quindi s’indovini chi era l’oracolo negli anni ’00? Zack rideva amaramente, perché con tutte le donne di cui poteva innamorarsi aveva scelto proprio la più problematica del mondo.
Rachel Livingstone, un cognome tutto un programma. Anche se non era il suo vero cognome, lei aveva deciso di tenere quello dello zio.
Poter tenere sott’occhio le cose sarebbe stato migliore, sotto ogni punto di vista e quindi Rachel era braccata giorno e notte dai suoi amici, sperando sempre di riuscire a fronteggiare l’eventuale minaccia di qualche facinoroso.
Quindi sì, Zack era diventato iperprotettivo come una madre di alligatore, da quando i due avevano stabilito che ioxte=noi; da quando le cose stavano progredendo.
In ogni caso non era semplice essere il fidanzato dell’oracolobarracristallo perché la concezione di quanto fosse importante quella donna per l’intera umanità era come una mano che ti stringeva il cuore ogni notte.
Lei, così piccola e fragile, la sua Rachel, con il sorriso silenzioso e la battuta sarcastica, aveva dentro di sé il potere più grosso che una donna di ventun’anni avesse potuto contenere nel petto.
Perché lei non lo sapeva, ma Zack lo immaginava il cuore della ragazza, che brillava di luce propria, rischiarando quella persona limpida anche dall’interno.
Si grattò il mento, qualche fiocco di neve era rimasto impigliato nella barba; aveva deciso di farsela crescere, come i modelli di Abercrombie e qualcosa che aveva visto in televisione.
Forse aveva preso anche un regalo, a Ryan, da Abercrombie e qualcosa, quel giorno.
Ma non ricordava. Certo era che proprio Ryan aveva privato le spalle di Zack da un peso insostenibile, che era quello del titolo di Campione di Adamanta.
Lui era stato in grado di sconfiggerlo, e meritava di stare in cima alla Lega Pokémon.
Era felice di vederlo prendere così seriamente la cosa, quando tornava a casa da sua moglie, Marianne, era stanco e soddisfatto.
Proprio come dovrebbe sentirsi un uomo ogni sera, dopo una lunga giornata di lavoro.
Anche Alma s’era sposata, con Thomas, il ricercatore che tanto aveva amato e che aveva ritrovato qualche anno prima, intrappolato nel Mondo Distorto in un sonno catatonico.
Quante ne aveva passate, incredibile che fosse ancora lì a poter solo pensare di raccontare tutto a qualcuno.
Casa sua era davanti a lui. Il vialetto nel giardino era stato spalato dalla neve, probabilmente era arrivato Ryan, perché soleva farlo anche a casa sua.
Zack non era abituato alla neve, a Celestopoli, quand’era bambino, non aveva mai visto fiocchi gelati scendere dal cielo. Ricordava una delle prime volte ad Adamanta, che nonostante la grande vicinanza ad una regione come Hoenn fosse incredibilmente più fredda.
Dipendeva dall’altitudine, lo sapeva, ma la neve per lui era sempre rimasta una sorpresa.
Nonostante avesse le chiavi in tasca si trovò a bussare, come faceva sempre: a lui piaceva che qualcuno lo accogliesse in casa propria, che fosse Rachel o anche i suoi ospiti, che ormai erano di casa.
Sentì dei passi e poi la porta si aprì. Un bambino dalla pelle mulatta e dagli occhi rossi come il fuoco gli sorrise.
“Ciao, zio Zack!” urlò, correndo ad abbracciarlo. Zack allungò le buste verso Arcanine che le brandì con la bocca, aggiungendole a quelle che già manteneva, quindi s’accovacciò e strinse il piccolo.
“Hey, Lenny! Come stai?!”.
“Ma quelli sono i regali di Natale?” domandò, ingenuamente.
“Ma che dici?! I regali li porta Babbo Natale! No, questa è la spesa, con le cose da mangiare buone che ho portato!”.
Lenny sorrise, entusiasta. Poi s’adombrò. “Ma Babbo Natale viene quest’anno, vero?”.
“Certo!” sorrise Zack. “E porterà tantissimi regali!”.
Il sorriso tornò sul volto del fanciullo. “Dopo giochi con me? Papà sta aiutando zia Alma con la tavola...”.
“Non ti preoccupare, a zio. Dopo giocheremo assieme. Ora fammi salutare gli altri”.
“Posso giocare con Arcanine?”.
“Sì. Non lo stressare”.
Arcanine sbadigliò, emettendo un lamento gutturale, quindi prese a scodinzolare non appena vide il ragazzo avvicinarsi a lui. Zack raccolse le buste dalla bocca del Pokémon e le piazzò sotto l’albero, speranzoso che il ragazzino non se ne accorgesse.
Difatti rimase assieme ad Arcanine, nell’angolo davanti le scale per il piano di sopra, ad accarezzare il Pokémon.
Addomesticato Leonard, il figlio di Ryan e Marianne, s’avvicinò al tavolo; diede un bacio sulla guancia ambrata ad Alma ed una pacca sulla natica a Ryan.
“È marmo” sorrise il biondo, mentre sistemava i piatti che Alma gli passava.
Poi girò la penisola ed arrivò da Marianne; le scompigliò i capelli, ricci e crespi, che le cadevano lunghi sulle spalle.
“Cretino, non mi spettinare...” fece la donna, con tono tranquillo. “Lenny! Non salire su Arcanine! Zack, ma deve proprio giocare ogni volta con quella montagna?!”.
“Ci ho giocato anche io, con quella montagna, e sono venuto su benissimo” rispose il ragazzo.
“Avrei qualcosa da ridire...” sorrise Alma, provocando il sorriso nei presenti.
Marianne era ai fornelli, a controllare la cottura d’un soffritto e più in la, sul piano, le abili mani di Thomas sfilettavano un salmone di una decina di chili.
“Sua eminenza...” lo sfotté Zack, come ogni volta. “Buonasera”.
L’uomo non si voltò neppure. Thomas aveva un paio di spalle così ampie da sembrare una montagna. Alzò soltanto la mano, quella col coltellaccio, e rispose.
“Dottore, buonasera”.
“Ma la regina di casa dove si è cacciata?”.
Alma sorrise. “Di quale regina parli?”.
“La regina è senz’altro Rachel, ragazzi, non fatemi ripetere le cose troppe volte”.
“Comunque è di sopra” rispose ancora Alma, spostando la lunga treccia corvina alle spalle, e colpendo erroneamente Ryan. “Stai attenta con questa frusta”.
“Lavora, schiavo, che lei è incinta” fece Zack, passandogli accanto. S’avvicinò ad Arcanine e carezzò il suo pelo folto quindi salì le scale, dando un ultima occhiata al salone di casa sua.
Era tutto così... strano. Lui non si sarebbe mai aspettato una vita come quella: una casa, una donna che amava, progetti per il futuro.
Una stabilità economica.
Prima di diventare Campione, prima che i bonifici della Lega Pokémon di Adamanta gonfiassero il suo conto in banca, certe volte mangiava e pensava già al fatto che con tutta probabilità non sarebbe riuscito ad immaginare la volta successiva che avrebbe messo qualcosa sotto ai denti.
Guardò il fuoco del camino che scoppiettava ed intanto l’orchestra suonava dalla tv sul primo canale. L’albero, ben addobbato e ricco di doni ai suoi piedi, donava sprazzi di colore.
E poi c’era l’odore, l’odore di quel Natale.
Un odore strano, che non aveva mai sentito prima. Cioè, aveva sempre l’odore del Natale, ma in più c’era qualcos’altro, qualcosa che arricchiva l’aroma che finiva sulle sue sinapsi ogni anno.
E s’avvicinava, mano a mano che saliva ogni scalino, che immaginava, alla fine della rampa, dove Rachel fosse potuta essere.
Lei d’altronde sentiva i passi e lo indirizzò. “Nella stanzetta” disse, senza nemmeno che lui chiedesse.
Il giovane poggiò qualche passo sul tappeto nel corridoio ed entrò nella stanza più illuminata; lì c’era Rachel, che manteneva per le mani una bambina.
Era una bambina bellissima, dagli occhi verdi, di un verde acceso, e dai capelli corvini lunghi e lucidi.
“Papà!” sorrise la bimba, tre anni compiuti da nemmeno un mese; aveva la gioia di vivere del padre ed il cuore generoso della mamma. Rachel le spazzolava la lunga chioma, mentre il papà, inginocchiato sulla moquette davanti a lei, si prendeva l’abbraccio che gli spettava.
“Ciao, Allegra”.
“Dove sei stato?” domandò, facendo scivolare la lingua tra le finestrelle che s’erano aperte tra i suoi denti.
Zack le baciò la fronte, spostandole la frangetta, e sorrise. “Sono andato a parlare con Babbo Natale. Giù c’è Lenny”.
La bambina fece il broncio, mentre Rachel continuava a spazzolarla amorevolmente. “Io non voglio giocare con lui. Mi tira sempre i capelli e mi sporca i vestiti”.
“È il tuo cuginetto e tu devi volergli bene”.
“Io lo odio!” esclamò poi, con quella vocina così dolce da creare un controsenso automatico col significato delle sue parole. Tant’era vero che Rachel prese a ridere.
“Non odiamo nessuno, io e te... vero?” domandò sua madre alla piccola.
“Lui è cattivo!”.
Zack sospirò, sconfitto dall’ostinazione della figlia, quindi portò le mani ai fianchi. “Tutta sua madre”.
“Non credo proprio” ribatté l’altra, sorridendo. “Ha la stessa tua testa dura”.
La ragazza sorrise, col suo sguardo limpido ed annuì, non potendo dargli torto. Lui s’alzò dal tappeto e si sedette accanto alla sua fidanzata, dandole un veloce bacio carico di passione.
“Giù stanno preparando tutto. Thomas ha il coltellaccio in mano e sfiletta il salmone”.
“Alma si sta riposando?” domandò l’altra, disinteressata.
“Sta aiutando Ryan ad apparecchiare”.
“Non sta mai ferma...”.
 
Qualche minuto dopo Rachel scese giù, col volto di chi era stato privato del sonno da troppo tempo, quindi seguirono Zack ed Allegra, l’una in braccio all’altro.
Appena scesi, la bambina, ancora dall’alto dei centimetri del padre, carezzò la testa di Arcanine, gettando un’occhiataccia a Lenny.
Alma raggiunse Zack e baciò la bambina. Zia Alma, così si faceva chiamare, era una delle persone che Allegra preferiva avere attorno. La donna le raccontava che all’interno del suo pancione c’era un bambino, o forse una bambina.
Allegra le aveva risposto che avrebbe voluto fosse una bambina, così avrebbe avuto qualcuno con cui giocare.
Nel chiacchiericcio e nella gioiosità festiva, accompagnato da una selezione di canzoni di Natale che provenivano dalla televisione, tutti si sedettero al tavolo, felici e festanti. Marianne e Thomas prepararono le porzioni, a Zack di più perché la strana regola che imponeva era che quando si mangiava da lui dovesse avere il piatto più grande degli altri, come quando da bambino si finiva per fare discorsi del tipo il pallone è mio e quindi decido io. Naturalmente con la solita vena ironica.
Ed erano tutti pronti, si fecero gli auguri prima d’infilare le forchette nel piatto e poi...
 
BOOM.
 
Boom? Come Boom?! Stiamo per cominciare a mangiare!
 
E Zack s’alzò dal tavolo, attirato dalla grossa esplosione, seguito a ruota da Ryan e Thomas. Uscirono fuori, mentre le donne cercavano di distrarre i bambini, e videro una grossa nuvola di fumo nero alzarsi diversi chilometri a sud ovest.
Direzione Timea.
Zack pensò al fatto che avrebbe dovuto stare attento alla sua famiglia. E l’avrebbe difesa, qualunque cosa sarebbe successa.
 
Bah. Buon Natale il cazzo, buon Natale...

 
Da qui in poi siete dentro casa mia:
Auguri a tutti di buone feste, anche da parte dei personaggi di Back to The Origins, che saranno ufficialmente anche nel sequel, The Sinful's Recall. Ricordate, a Natale non vi farò mai stare tranquilli, è una regola da seguire.
Questa storia può servire anche come breve riassunto della storia che vedeva i medesimi personaggi protagonisti, quindi non saprei, se siete affezionati a ciò che scrivo avrete già capito che tornerò presto a far saltare in aria cose.
Ancora auguri e buone cose.

- NDBLCK




 
   
 
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