Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club
Ricorda la storia  |      
Autore: LiberTea    24/12/2015    1 recensioni
"Erano passate tre settimane. Tre settimane da quando Rin era uscito di casa, tre settimane da quando non ci era più tornato, e tre settimane da quando era scivolato in quel sonno che sembrava senza fine. Su internet, aveva letto che dopo la quarta settimana c’era la concreta possibilità che non ci si risvegliasse più."
-
[MakoRin]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Makoto Tachibana, Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ecco cosa succede quando personcine masochiste chiedono a una persona altrettanto masochista di scrivere una Makorin angst. 
E dovrebbe essere un regalo di Natale, e sono anche terribilmente in ritardo a dire il vero. 
Perciò non mi dilungo oltre, ma ne approfitto per fare gli auguri alla mia babu, per la quale è nato questo piccolo concentrato di male.

-
 





 

Era una mattina limpida, quella in cui si era svegliato.
Gli avevano telefonato dall’ospedale mentre era al lavoro, e quasi gli era scivolato il cellulare dalle mani. Erano passate tre settimane. Tre settimane da quando Rin era uscito di casa, tre settimane da quando non ci era più tornato, e tre settimane da quando era scivolato in quel sonno che sembrava senza fine. Su internet, aveva letto che dopo la quarta settimana c’era la concreta possibilità che non ci si risvegliasse più.
Quindi Makoto aveva corso con tutto il fiato che aveva, come se in un certo senso si fosse risvegliato anche lui. Aveva corso per il corridoio dell’ospedale, e quasi non aveva sentito le parole del medico.
“Potrebbe avere subito dei danni”, aveva mormorato con apprensione mentre apriva la porta di quella stanzetta in cui lui era stato ormai troppe volte.
Ma stavolta Rin era sveglio. Stava seduto sul letto, mentre la luce del sole si irradiava sul candore del letto d’ospedale in un modo quasi accecante. Aveva alzato lo sguardo su di lui, e Makoto si era sentito magneticamente attratto da quello sguardo come sempre. Si era avvicinato, rendendosi conto che nonostante avesse aspettato quel momento per così tanto tempo ora non sapeva cosa dire.

«Rin», sussurrò con voce spezzata, «non sai quanto mi sei mancato. Io… io lo sapevo, sai? Che ti saresti svegliato. Tutti mi dicevano che illudermi mi faceva solo del male, ma io lo sapevo. Infatti ora sei qui, siamo qui, e andrà tutto bene. Ne sono sicuro.»

Lui lo aveva guardato per un lungo istante, con uno sguardo strano, vuoto. Aveva corrugato la fronte, aveva scosso la testa, e Makoto aveva sentito l’universo tremare attorno a lui come se fosse stato di vetro. Solo allora le parole del dottore tornarono a riecheggiare cupe nella sua testa. Potrebbe aver subito dei danni.

«Mi dispiace», sospirò, abbassando il capo, «Ma temo di non sapere chi tu sia.»

 

* * *

Rin era entrato in casa sua, in casa loro, portando il proprio borsone sulla spalla. A nulla era valsa l’insistenza di Makoto nel volerglielo portare, visto e considerato che era ancora convalescente. Ma lui era sempre stato così, voleva essere indipendente da tutto e da tutti. L’unico su cui faceva affidamento, di tanto in tanto, era proprio Makoto. O almeno, questo prima dell’incidente.

«Hai proprio una bella casa.», gli aveva detto, seguendolo in salotto come se fosse la prima volta che vi metteva piede.

In realtà ora anche Makoto faceva fatica a riconoscere quel posto. La teca vicino alla finestra, fino a qualche giorno prima custode delle medaglie e dei trofei vinti da Rin negli anni, ora era completamente vuota. Nella mensola sopra al televisore c’erano giusto un paio di fotografie incorniciate, una di Makoto insieme alla sua famiglia, l’altra una foto di gruppo scattata un paio di anni prima, a Natale, nel salotto di casa Nanase. Ma non c’era più traccia di loro due davanti all’Opera House di Syndey, in quella bella serata di fine maggio, la prima volta che Makoto era andato a trovarlo da quando Rin era partito per studiare in Australia. Non c’era più traccia della loro settimana bianca, quando Makoto era scivolato sulla neve e Rin aveva riso fortissimo per poi scivolargli addosso a sua volta. Non c’era più traccia dei compleanni, degli anniversari, della prima volta che avevano varcato la soglia di quella stessa casa insieme.
Quella era forse la prima volta che Makoto veniva colpito dritto in faccia dalla consapevolezza che quei momenti se ne erano andati per sempre. Non si trattava solo di tanti aloni tra la polvere, di una stanza che improvvisamente sembrava più vuota e fredda.
Non si era nemmeno reso conto di quel nodo che gli stringeva la gola, quando sentì Kuro che gli si strusciava contro la gamba. Il gatto alzò la testolina, guardandolo con quei penetranti occhioni gialli per qualche istante. Miagolò, e gli parve che si aspettasse una spiegazione.

«Come si chiama?», gli chiese Rin, mentre lui si chinava per prendere il micio tra le braccia.

«Kuro.»

«Che nome originale, per un gatto nero.»

«Già, non è la prima volta che me lo dici.»

Quelle parole sembrarono turbarlo. Fece vagare lo sguardo su tutta la stanza, come per cercare una risposta che chiaramente non trovò. Makoto non glielo aveva permesso.

«Eravamo molto uniti?». Non lo guardava negli occhi, mentre parlava. Sembrava a disagio, quasi in imbarazzo. Quasi come se stesse parlando con uno sconosciuto.

«In un certo senso.»

Tra di loro era di nuovo calato il silenzio, spezzato solo dalle soffici fusa di Kuro. Il gatto, dal canto suo, se ne stava accoccolato tra le braccia di Makoto, e si era messo a fissare Rin finchè il ragazzo non si era deciso ad allungare una mano su di lui. Il gatto vi spinse contro il musino, con un miagolio soddisfatto.

«All’inizio non vi sopportavate. Lo abbiamo trovato per strada, e si faceva avvicinare solo da me», spiegò Makoto, sforzandosi di sorridere come se quei ricordi non gli facessero poi così male, «Una volta ti ha graffiato il braccio, e ti sei arrabbiato tantissimo. Volevi darlo via, hai ancora la cicatrice.»

E in effetti era lì, quando Rin controllò. Un segno lungo e sottile sotto al polso, appena visibile, a cui forse non avrebbe fatto nemmeno caso. Anche Makoto lo guardò, alzando finalmente gli occhi dal pelo scuro del gatto. Si sentì improvvisamente sollevato, come se quella cicatrice fosse stata l’ultima cosa in quella casa a dargli la conferma di non essersi immaginato tutti quei momenti, tutte quelle risate, tutte quelle discussioni, tutto quel passato che, come il suo Rin, non sarebbe più tornato da lui.

«E come mai ho cambiato idea?»

Sorrise appena, scrollando le spalle in un gesto ostentatamente vago. «Per farmi contento, suppongo.»

In quel momento Kuro sembrò stancarsi delle coccole, e saltò giù dalle sue braccia trotterellando via con un ultimo vibrante miagolio.

«Sei un bravo ragazzo, Makoto Tachibana, anche se non mi ricordo di te. La tua persona speciale deve essere fortunata.»

Rin aveva pronunciato quelle parole in tono gentile, indicando con lo sguardo il cerchietto di metallo lucido che portava alla mano sinistra. Lui l’aveva istintivamente nascosta nella tasca. Fu a quel punto che al suo interno avvertì qualcosa, qualcosa che si era completamente dimenticato essere lì.

«Io vado a fare il tè, ne vuoi? Tu intanto sistema pure le tue cose. Ti ricordi come arrivare in camera?»

Il ragazzo annuì. «Primo piano, seconda porta a destra. Tranquillo, la memoria a breve termine non fa così schifo», scherzò, come faceva di solito e con il suo solito sorriso che riusciva a illuminare la stanza, prima di sparire oltre la porta. A quanto pare era un’abitudine di Rin, quella di andare e venire nella sua vita. Anche se, pensava Makoto, ormai di nuovo solo in quel salotto troppo grande e troppo vuoto, questa volta il biglietto era di sola andata. Tornò a tuffare la mano nella tasca, stringendo nel pugno l’anello che un tempo era stato al dito di Rin e che ora lui si era ripreso. Se fosse stato più coraggioso, forse avrebbe provato a ridarglielo. Forse sarebbe corso da lui, lo avrebbe stretto tra le braccia e tutto sarebbe tornato come prima. Invece non lo fece. Si guardò attorno un’ultima volta, e per un istante sperò di avere anche lui la fortuna di Rin, di dimenticare tutto quanto. E rimise l’anello nella tasca.



 

-
"It's like we never happened, was it just a lie?
If what we had was real, how could you be fine?
'Cause I'm not fine at all."
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club / Vai alla pagina dell'autore: LiberTea