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Autore: Dragon gio    25/12/2015    2 recensioni
Scritta per un Prompt Natalizio;
È Natale, a Londra nevica e non accadeva da anni. John trascina con forza Sherlock per strada per trascorrere una tipica giornata natalizia.
Ovviamente, Johnlock. ♥
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non tutti i regali si scartano (Johnlock Prompt)
Prompt richiesto da: Mizu
Richiesta: È Natale, a Londra nevica e non accadeva da anni. John trascina con forza Sherlock per strada per trascorrere una tipica giornata natalizia. Comico / fluff / Johnlock.

Non tutti i regali si scartano


Quando quella mattina di dicembre John Watson si alzò dal letto, più precisamente il ventitré, pensò che sarebbe stata una bella giornata. Normalmente non gli capitava di essere così di buon umore sotto le feste natalizie, ma quest’anno aveva una ragione più che valida per essere felice. Erano quattro mesi che lui e Sherlock si erano fidanzati ufficialmente, scioccando amici e conoscenti, signora Hudson a parte. Per lei era scontato che loro due fossero una coppia, fin dal primo giorno che li aveva visti assieme.
John si fece una doccia con tutta calma, concedendosi il lusso di rimanere più a lungo sotto l’acqua; non doveva lavorare. Aveva voluto prendersi una settimana di ferie per potersi rilassare, magari passando del tempo in intimità con Sherlock.
Finito di lavarsi tornò placido in camera da letto per vestirsi e, solo allora, si rese conto del mutamento avvenuto all'esterno. Si affacciò alla finestra per godersi meglio l’insolita visione di Londra ricoperta di neve. Prima, mezzo addormentato com'era, non ci aveva fatto assolutamente caso.
Le strade, i marciapiedi, le case, perfino le persone parevano aver assunto il medesimo colore asettico della candida neve. Una simile bufera Londra non la vedeva da anni, stando ai notiziari. La sera prima aveva già iniziato a fioccare, ma mai si pensava che ne sarebbe scesa così tanta in una sola notte.
Era davvero uno spettacolo meraviglioso che suscitò in John un genuino sorriso fanciullesco. Dopo brevi attimi in contemplazione, il dottore scese al piano di sotto per preparasi la colazione. Sherlock era già sveglio, anzi, a giudicare dalle profonde occhiaie non aveva affatto dormito. Di nuovo.
- Buongiorno, Sherlock! –
- ‘Giorno – replicò atono l’uomo dai riccioli neri senza nemmeno voltarsi verso il proprio fidanzato.
Sherlock pareva non curarsi minimamente del raro spettacolo che si stava manifestando fuori dal loro appartamento. Se ne stava seduto in poltrona, ginocchia al petto e sguardo perso nel vuoto. John conosceva bene quella particolare espressione accigliata: noia. Sherlock si stava annoiando a morte, e questo comportava un significativo aumento del suo malumore latente. Il dottore aveva imparato, a proprie spese, che in quei frangenti era meglio lasciarlo bollire nel suo brodo in totale solitudine. Al detective erano sgraditi pure i gesti affettuosi che erano soliti scambiarsi la mattina appena svegli, come un bacio o una carezza dietro la nuca.
John non lo disturbò, si recò in cucina silenzioso e si preparò un'abbondante tazza di tè Earl Grey, che decise di bere davanti alla finestra per poter godersi meglio la nevicata.
Come un bimbo, si era incantato davanti ai vetri appannati, guardando con occhi pieni di meraviglia i soffici fiocchi che danzavano cullati dal vento, ma si ridestò tutt'a un tratto quando avvertì un'odiosa sensazione pizzicargli la base della nuca. John corrugò la fronte e si voltò alla sua destra, trovandosi di fronte Sherlock che lo squadrava da capo a piedi incuriosito.
- Che c’è, Sherlock? –
- Veramente stavo per domandartelo io! Sei rimasto in piedi davanti alla finestra per venti minuti senza dire una parola. –
- È così strano? –
- Appena sveglio magari, ma dopo che hai fatto colazione sei più reattivo! Quindi sì, è strano che tu non sia seduto al tavolo a leggere il tuo giornale e a lamentarti della politica. –
John non avrebbe dovuto stupirsi, però era sempre sorpreso dal fatto che il detective l'osservasse pure quando lui era convinto del contrario. Con calma, si diresse verso il lavandino per svuotare quel che rimaneva del suo tè. Lavò con cura la tazza e poi tornò in camera sua per finire di vestirsi, ignorando le lamentele di Sherlock su quanto freddo facesse in casa nonostante il riscaldamento fosse al massimo.
Pochi minuti dopo, John era tornato in sala e, dagli abiti che indossava, Sherlock trasse immediatamente le sue argute deduzioni. T-shirt, e sopra di essa la camicia di flanella e un maglione di lana pesante, pantaloni di velluto, calzettoni spessi, e scarponi da montagna. Probabilmente sarebbe stato fuori per parecchie ore, forse l’intera giornata. Pensò che questo non fosse un suo problema, lui di certo non avrebbe messo fuori il naso con quel gelo, con la neve, e i mocciosi rumorosi che giocavano per strada. Per carità.
- Sherlock, vestiti! –
- Perché?! Non abbiamo casi! Non c’è motivo di uscire! – brontolò animatamente il detective rigirandosi sul divano e stringendosi nella sua vestaglia di seta. – Se devi lavorare, va'! Anche se avevo capito che ti eri preso dei giorni di ferie. –
- No, infatti non devo lavorare. Volevo fare il giro dei negozi per scegliere i regali di Natale. –
- E quindi? –
Il dottore lasciò calare un pesante silenzio di proposito; non poteva credere che Sherlock fosse così stupido. No, in realtà poteva, ma a John piaceva pensare che ogni dannata volta fingesse di proposito solo per poterlo esasperare.
Incrociò le braccia al petto mostrando la sua espressione più penetrante, sperando magari che facesse venire un po’ di sale in zucca al suo improbabile fidanzato.
- Che c’è? – sbottò ancora Sherlock.
- Mi farebbe piacere scegliere i regali per i nostri amici assieme al mio ragazzo! –
- Non essere ridicolo! Ho già preso il tuo regalo, quindi non devo uscire! –
A John non dispiaceva essere messo al primo posto nella sua “classifica delle persone più importanti”, però era ugualmente seccato dal suo comportamento.
- Sherlock... –
- John, se vuoi che venga con te perché soffriresti di solitudine, almeno abbi il coraggio di ammetterlo! –
- Io non... non dire sciocchezze! –
Punto sul vivo, John riportò le braccia lungo i fianchi, mentre sentiva le guance scioccamente avvampare.
- Perché altrimenti vorresti che ti accompagni a celebrare questo ridicolo rito dei regali di Natale?! –
- Scusa, ma se lo trovi così ridicolo perché mai ti sei disturbato a comperarmi un regalo?! –
- Perché so quanto tu tieni a certe banalità, ed io non voglio rinunciare al sesso con te! –
- Cosa?! –
- Il sesso con te John, è molto appagante, perciò non voglio perdere questo privilegio! – Sherlock era saltato giù dal divano e si apprestava a combinare qualche esperimento dei suoi in cucina, seguito a ruota da John che aveva ormai assunto in faccia ogni possibile tonalità di rosso.
- Non so se sentirmi onorato, oppure incazzarmi! –
- Io mi sentirei onorato, non capita spesso che faccia dei complimenti a qualcuno. –
- Questo è vero... comunque ora tu ti vesti e vieni con me. –
- No. –
- Sherlock... –
- No! –
- E va bene! Allora scordati il sesso per i prossimi tre mesi! –
Sherlock ghignò portandosi le mani sotto il mento, mostrando il suo impeccabile sorrisetto compiaciuto.
Oh, John, tu non puoi stare senza fare sesso per più di una settimana di fila senza saltarmi addosso come un animale in calore. –
- Non è vero! –
Lo sguardo eloquente che il detective gli rivolse come risposta, fu piuttosto imbarazzante per John.
- Posso resistere. – La convinzione con cui aveva espresso questa menzogna era poco attendibile. E Sherlock ovviamente gongolava.
- D’accordo! Sai cosa ti dico? Lascia perdere! Rimani qui a marcire fra i tuoi esperimenti! Farò tutto da solo! – John percorse a grandi falcate il salotto fino a raggiungere l’attaccapanni da cui prelevò con furia il suo giaccone. Con altrettanta rabbia indossò un berretto di lana e la sciarpa, prima di avviarsi verso le scale a passo veloce.
Come un falco, Sherlock seguì i movimenti di John fino in strada, non perdendolo di vista un solo attimo. Lo vide affondare goffamente i piedi nella neve fresca che, ad occhio e croce, doveva aver raggiunto ormai dieci centimetri buoni d'altezza.
Rimase alla finestra fino a quando John non sparì totalmente dalla sua visuale. Il detective si mordicchiò per un istante le labbra carnose, combattuto se cedere e accontentare quel bietolone del suo uomo, o ignorarlo.
Appena dieci minuti dopo, ricevette un sms. Il mittente era John.
Se ti dicessi che davanti al nostro supermercato hanno trovato un cadavere? JW
Sherlock sorrise mentre digitava velocemente una risposta.
Ti direi che oggi non farai la spesa. SH
Ovviamente, nemmeno John ci mise molto a rispondere.
Muovi quel culo e raggiungimi! Sembra un caso interessante. JW
Il consulente investigativo non poteva resistere ad un caso, non dopo settimane d'inattività. Si stava annoiando da morire, e di uscire a fare compere con John non se ne parlava proprio. Però, un caso da risolvere a soli due giorni da Natale... come poteva rinunciarvi?
 
- Finalmente! Ma quanto ci hai messo a vestirti?! – tuonò inviperito John non appena vide Sherlock che avanzava verso di lui con una flemma esasperante. Aveva forse paura di scivolare sulla neve fresca?
Il dottore lo affiancò e assieme s'incamminarono verso l’ingresso del supermercato.
- Prima dovevo finire il mio esperimento. –
- Come no... -
- Allora, dov'è il morto? –
John condusse il compagno ove il cadavere era stato ritrovato. Una piccola folla di gente si era già radunata per sbirciare, mentre la polizia stava tentando di tenerla a bada. A causa del periodo natalizio, non avrebbero potuto avvalersi dei “migliori” agenti di Scotland Yard. Persone relativamente in gamba come Lestrade erano già in vacanza, probabilmente fuori Londra, e sicuramente l'ispettore aveva spento il cellulare, o l'aveva lasciato a casa chiuso in qualche cassetto.
Perciò, l’ispettore che Sherlock avrebbe dovuto sopportare, era l’insignificante Bert. Taylor Bert, un omuncolo sovrappeso che doveva aver appena divorziato a giudicare dal segno che aveva sull'anulare sinistro. Stava cercando di prendere appunti, ma era così goffo e sgraziato che il taccuino gli cadde di mano un paio di volte affondando nella neve. Gli occhiali che portava, per miopi, avevano le lenti opache, segno che erano molto datate. Il respiro corto dell’uomo non era dovuto solo alla prosperosa pancia, doveva essere pure asmatico. Ogni volta che si chinava era come se avesse appena corso i cento metri ad ostacoli.
- Magnifico – sbottò Sherlock. John si voltò verso lui non capendo il motivo della sua espressione amareggiata.
- No, un momento, prego! – esclamò concitato Bert avvicinandosi a John e Sherlock. – Non potete rimanere qui, questa è la scena di un crimine! –
- Ovvio, che sia la scena di un crimine, per questo sono qui. – replicò piatto Sherlock iniziando ad analizzare la vittima.
- Ma... – balbettò sconcertato l’ispettore Taylor. John gli mise una sulla spalla, rassicurandolo. Non appena gli spiegò chi fosse l’uomo chino sul cadavere, Bert si fece prendere dall’euforia.
- Oh! Ma allora è proprio lui! Sherlock Holmes! E lei deve essere il Dottor Watson! –
- Sì, precisamente. –
- È un vero onore avervi qui! Sono un fan del suo blog, lo leggo sempre! Ogni tanto commento anche, sa?! Il mio nick è Luposolitario79! –
- Ah, sì, credo di avere presente. –
Mentre il povero John si sorbiva gli sproloqui di Bert, Sherlock analizzava la vittima riversa di schiena sul marciapiede innevato.
Uomo, non più di trentacinque anni, in salute, probabilmente frequentava una palestra. Gli occhi di Sherlock guizzavano veloci da un dettaglio all’altro. I vestiti non erano umidi, il corpo ancora caldo; era morto da poco, ucciso altrove. Si era trascinato da solo fino a lì. I segni sulla neve indicavano una sola serie di impronte. Aveva percorso qualche passo per poi crollare a terra esanime davanti al supermercato. Contusioni sul corpo, parecchie, difficile capire quale fosse stato il colpo fatale. Il naso era rotto, il braccio destro livido, le costole al tatto apparivano spezzate in vari punti. Probabilmente, una di esse aveva perforato un polmone. Era stato percosso con violenza, ma lui aveva resistito; evidentemente il suo assalitore era fisicamente più forte di lui. La vittima non era molto alta, un metro e sessantanove circa, come John. Aggredito alle spalle, ma non in quel punto. Troppa gente. Un vicolo, tracce di fango sugli stivali.
Sherlock si voltò, osservò la strada facendo appello alla sua mappa mentale, e focalizzò il punto in cui presumibilmente era stato attaccato l’uomo. In quella strada c’erano esattamente cinque cassonetti dell’immondizia, e a terra la sporcizia era abbondante più che altrove. La neve doveva essere certamente molto sporca lì.
Senza dire niente, il detective scattò in piedi e si diresse verso Chagford Street a grandi falcate. John ebbe la scusa per liberarsi di Bert e gli corse dietro.
- Accidenti, quel Bert ha una chiacchiera notevole! – borbottò John alle spalle di Sherlock.
- È solo un uomo infelice che da quando è stato mollato dalla moglie non ha nessuno con cui parlare se non due gatti siamesi! –
Il dottore stava per domandargli come diavolo facesse a sapere certi dettagli privati, ma poi si rese conto di quanto sciocco sarebbe apparso. Lui era Sherlock Holmes, l’unico al mondo in grado di leggere la tua intera esistenza solo osservando come eri vestito.
Scosse la testa un paio di volte sospirando. – Allora? Hai scoperto qualcosa? –
- Qui è dove è stato sorpreso, hanno lottato, ma l’aggressore ha avuto la meglio. –
- Non è una via molto frequentata questa, pensi ad una rapina? –
- Sì. Non aveva portafogli, cellulare, o quant'altro nelle sue tasche – sbottò seccato Sherlock tornando in strada. – Una semplice rapina, John! Perché mai mi hai disturbato per un caso simile?! Non vale nemmeno mezzo cerotto! –
- Credevo fosse più complicato. Comunque non mi sembra affatto che tu lo abbia già risolto. Non sai ancora chi sia stato ad assassinare quel poveretto. –
Sherlock assottigliò gli occhi, con quello sguardo saccente e adombrato da un velo di rancore che non annunciava nulla di buono.
- L’ho già risolto, per questo sono così scocciato! – Diede le spalle a John senza dargli il tempo di controbattere. Tornò dall’incapace ispettore Taylor Bert e gli fece un resoconto dettagliato di chi fosse il rapinatore omicida.
Lui non finiva più di ringraziarlo, aumentando, se possibile, il senso di disgusto in Sherlock per aver preso parte ad un caso così banale. Dopo averlo liquidato, tirò John per un braccio; voleva sparire da quel luogo il prima possibile.
- Andiamo. –
- Sherlock, senti, già che sei qui, perché non mi accompagni a far compere? –
Il detective si fermò di colpo, John quasi ruzzolò in avanti per il contraccolpo. – Allora?! –
- Fammi pensare... no! –
- Sherlock! – John ci pensò un momento; c’era una carta che poteva giocarsi per convincerlo a restare, però l’idea non gli piaceva molto. Se c’era una cosa che aveva capito di Sherlock Holmes, era che al mondo c’erano solo due cose che destavano il suo interesse: un caso intrigante e fare sesso con lui. Ma il detective, che era il contrario della normalità, a letto aveva preferenze alquanto particolari, e nei quattro mesi trascorsi, John non aveva ancora trovato il coraggio di indugiare in certi giochi erotici che gli aveva proposto il compagno.
Si passò una mano sul viso, preoccupato. Sherlock si stava allontanando velocemente, così decise di raggiungerlo. Con una breve corsa gli fu nuovamente accanto e, con un leggero fiatone, gli disse: – Hai presente quella cosa che non voglio mai fare a letto? –
- Mh. –
- Be', se tu oggi mi aiuti con i regali, stasera ti prometto che lo farò. –
Sherlock non smise di camminare, però girò il viso verso John. Le labbra piegate appena in un sorrisetto malizioso. – Oh, sul serio? Non è che poi ti rimangi la parola? –
- No, te lo giuro. Farò... quella cosa. La farò, sono serio. –
La bocca di Sherlock schioccò entusiasta, regalando un enorme sorriso soddisfatto a John. Girò agilmente su se stesso e imboccò la strada alla sua sinistra.
- Cosa fai? –
- Chiamo un taxi! Dobbiamo andare al Westfield Stratford City! –
Come sempre, Sherlock aveva intuito quale sarebbe stato il centro commerciale scelto da John per acquistare i regali di Natale.
- È un sì, allora? –
- Mi pare ovvio! – Il detective muoveva frenetico la testa a destra e a sinistra. – Ma non ci sono taxi, oggi?! –
- Sherlock, guarda in che stato sono le strade! È una giornata nera per loro! Inoltre, anche se lo prendessimo, ci metteremmo una vita per arrivare in centro! –
- Ma come facciamo ad andarci? La metropolitana sarà satura, e poi odio i mezzi pubblici, lo sai! –
- Semplice, useremo quella cosa che tutti noi possediamo: le gambe! –
- Che cosa?! A piedi?! – ringhiò indispettito il detective. Il solo pensiero di camminare nella neve, con quel gelo assurdo, non lo esaltava per niente.
- Suvvia, non fare il bambino! Ti farà bene muoverti un po’! –
- Noioso. –
John ridacchiò. Non vi era niente di più adorabile e ridicolo del broncio di Sherlock. Cercò la mano del consulente investigativo, la strinse forte e intrecciò le dita con le sue. Nonostante i guanti, poteva percepire il calore che emanavano le loro pelli a contatto.
- John, così la gente parlerà – gli sussurrò lascivo all’orecchio, trattenendosi dal desiderio di mordicchiarglielo.
- E tu lasciali parlare. – Si sporse alzando il volto verso Sherlock, e gli donò un piccolo bacio a stampo sulle labbra, godendosi la genuina reazione sorpresa del compagno.
- Che c’è? –
- Non l’hai mai fatto. Cioè, in pubblico, dico! –
- Be', cosa vuoi che ti dica? Evidentemente mi sento a mio agio con te. E non m'importa di che cosa possano pensare gli altri di noi. –
Un lampo attraversò lo sguardo di Sherlock, un misto di emozioni, quali orgoglio e un'insana gioia che lo colpirono dritto al cuore come una scarica elettrica. Era una sensazione piacevole.
 
La lunga camminata si concluse quando dinanzi a loro si palesò l’ingresso del Westfield Stratford City. John era estremamente felice di essere giunto a destinazione, dato che per tutto il tragitto aveva dovuto sopportare un'interminabile sequela di lamentele da parte di Sherlock. Era arrivato al limite. Lo avrebbe ucciso seppellendolo nella neve se non si fosse zittito per almeno cinque minuti.
Non appena entrarono, Sherlock si scrollò dalle spalle la neve che si era accumulata sul suo cappotto. Lo stesse fece John, e quando si voltò e vide che le guance del moro si erano tinte di un rosa vivace, non nascose un risolino divertito.
- Perché ridi? –
- Niente, davvero! – John gli indicò il viso continuando a ridacchiare. – Sei assurdamente buffo! Devo scattarti una foto! –
- Non meno ridicolo del tuo naso, John! –
- Come? Che cos'ha il mio naso?! – chiese allarmato il medico. Si avvicinò ad una vetrina e si specchiò. In effetti Sherlock non aveva tutti i torti. Il suo naso somigliava a quello di Rudolf la renna tanto era rosso, e con i capelli spettinati e sparati in ogni direzione a causa del suo berretto, aveva proprio un'aria da ebete.
John udì chiaramente il click di una macchina fotografica. Indignato, si voltò verso Sherlock.
- Ehi! –
- Foto ricordo. – E il detective mise via il cellulare prima che John potesse metterci mano e cancellare l’imbarazzante fotografia. – Allora, in quale negozio dobbiamo andare per primo? –
- Ah, sì, dunque... – John rifletté un momento prima di rispondere con sicurezza. – Uno di abbigliamento. –
- Bene, tanto uno vale l’altro per me. Si dia inizio al tour noia! –
- Non essere sempre così negativo! Magari ti diverti, che ne sai! –
- Certo, come no. –
Sherlock ammirava l’ottimismo di John, ma non per questo si sentiva in obbligo di condividerlo.
L’indomani sarebbe stata la Vigilia, quindi non era strano che quel luogo infausto straripasse di persone. C’erano code infinite davanti ad alcuni negozi, gente che litigava animatamente per potersi accaparrare l’ultimo orrendo maglioncino di cashmere, famiglie stressate con appresso bambini urlanti e scontenti di trovarsi in mezzo all’umana accozzaglia caotica. E tutto per cosa? Il Natale. Solo per soddisfare l’ennesima festività consumistica volta solo ad obbligare le persone a farsi regali a vicenda, perché se non lo facevi “eri una brutta persona”. Quante stronzate. Sherlock non si era mai abbassato a tanto. Lui aveva sempre provato totale indifferenza per il Natale, per non dire noia mortale, anche se da quando conosceva John, aveva avuto modo di passare dei Natali decisamente movimentati.
In ogni caso, l’unica ragione per la quale aveva perso un'intera preziosa e insostituibile giornata della sua esistenza a cercare un regalo, era perché amava troppo John Watson. Amava l’idea di lui che adorava il Natale, con tutto quello che ne conseguiva.
La sua eccellente memoria aveva catalogato tutti quegli oggetti per cui John aveva espresso interesse nell’arco dell’ultimo anno.
L’ottanta per cento riguardava accessori di prima utilità: cibo, igiene personale e vestiti. Tutti articoli facilmente reperibile dal dottore stesso, così aveva scartato questa grossa fetta di percentuale.
Il quindici per cento erano materiali utili per il loro lavoro, ma quello stolto di Lestrade aveva provveduto a batterlo sul tempo. Aveva acquistato una pistola nuova, semi automatica, molto efficiente e sicuramente migliore del “ferro vecchio” che si portava appresso John. Sherlock non si era opposto all’inusuale dono quando Lestrade gli aveva fatto notare che con la vita che conducevano, sempre appesa ad un filo, era essenziale per non dire logico, che almeno uno dei due girasse con una buona arma.
Gli rimaneva dunque un ultimo, prezioso, cinque per cento. Il regalo non doveva essere qualcosa di banale e nemmeno di futile. La scelta era stata ponderata e analizzata con cura. Ecco perché aveva infine optato per un raro libro di medicina dei primi del novecento.
Sei mesi prima, lui e John avevano lavorato ad un caso che li aveva condotti nella biblioteca privata di un ricco industriale. Avevano dovuto cercare un'eredità nascosta in uno di quei tomi preziosi, così si erano ritrovati a rovistare ovunque, a dover aprire ogni libro. Quando a John era capitato quel particolare volume, lo sguardo gli si era illuminato.
Sherlock lo aveva osservato di sottecchi per tutta l’ora e un quarto in cui John aveva studiato meticoloso quel libro. Girava con cura le pagine, facendo attenzione a non rovinarlo o sporcarlo con le sue dita sudate. Lesse alcuni capitoli con un'espressione attenta e concentrata, rapita, poteva affermare Sherlock. Dovette avvicinarsi e dargli un colpetto sulla spalla prima che John si accorgesse di quanto tempo era passato.
Inoltre, Sherlock aveva trovato quello che cercavano almeno due ore prima, ma non aveva voluto disturbarlo.
Rientrando a casa, John non aveva fatto altro che decantare le qualità di quel libro. Di quanto fosse affascinante, di come le descrizioni mediche, per quanto datate, fossero interessanti, dell’accuratezza con cui i disegni di anatomia umana fossero riportati fin nei minimi dettagli. Sherlock poté giurare che John fosse rimasto in estasi da contemplazione davanti a quel libro, e gli aveva visto passare sul viso una chiara nota di tristezza quando lo aveva avvisato che il loro compito lì era finito.
Sebbene appartenesse ad una collezione privata, Sherlock non si era fatto problemi a contrattare con il proprietario. Gli era bastato minacciarlo di rivelare alla moglie la sua relazione extraconiugale con la giovane e voluttuosa Rachel. Questo dettaglio gli aveva anche permesso di poter pretendere un considerevole sconto sul prezzo del libro – non che i soldi fossero un problema per lui. Desiderava unicamente poter rivedere il sorriso felice di John mentre stringeva fra le mani quell’antico libro.
- Sherlock, muoviti! –
La voce di John fece uscire il consulente investigativo dal suo Palazzo Mentale, nel quale si era rifugiato perdendosi nei ricordi del giorno in cui aveva acquistato il raffinato regalo per il suo amato.
Inspirò innervosito; poteva ben prevedere come avrebbero trascorso le ore successive.
John iniziò a trascinarlo per negozi, obbligandolo perfino a scegliere se prendere questo o quell'altro insulso ninnolo da donare agli amici. I livelli di irritazione crebbero in Sherlock, progredendo più rapidamente di quanto non avesse immaginato. Ad ogni domanda di John: “Meglio questo blu, o quest'altro rosso?”, “Ti ricordi che taglia porta Molly?”, sentiva morire un pezzetto del suo cervello.
Ad un certo punto non ne poté più, e seccato, gridò: – John! Ora basta! Non hai preso abbastanza roba?! – Gli occhi di ghiaccio spalancati, dritti in quelli più scuri del compagno.
- Ma ho preso solo due regali! –
- E non bastano?! Sono ore che giriamo a vuoto! –
- Sono passati solo trenta minuti! –
- Fa lo stesso! È come se fossero trascorse tre ore per il sottoscritto! Sono in agonia! – Con un tonfo secco, si lasciò cadere su una panchina; gambe accavallate con molta platealità, braccia incrociate sotto il petto, e sul viso la sua espressione più seccata di sempre.
John dovette far ricorso a degli esercizi di respirazione per non esplodere di rabbia e insultarlo davanti all’intero creato.
- Sherlock, facciamo così – disse John mantenendo un tono pacato. – Tu mi aspetti qui, mentre io finisco il giro dei negozi, ok? –
- No. Andiamo a casa, mi sto annoiando. –
- Fai il bravo, su! Vatti a prendere qualcosa da bere! – John gli prese una mano e gli ficcò nel palmo dei soldi, sorridendo beffardo. – E non importunare la gente! –
Sherlock ritrasse il braccio incazzato come non mai. Ma ora John non aveva tempo per stare dietro ai suoi capricci. Se non provvedeva a fare gli ultimi acquisti di Natale, non ne avrebbe più avuto l'occasione.
Si allontanò e proseguì il suo giro. La meta successiva era la profumeria, voleva prendere un'acqua di colonia per la signora Hudson. Era appena entrato e stava discutendo con la commessa, quando il suo cellulare vibrò.
Si scusò con la giovane e si appartò un momento per leggere l’sms che aveva appena ricevuto.
Ladro omicida del supermercato! Torna subito indietro! SH
John boccheggiò. Ma cosa accidenti gli era saltato in mente di avvisare Sherlock del ritrovamento di un cadavere davanti al loro supermercato? Lui nemmeno doveva fare la spesa, era passato di lì per caso. Schizzò fuori dal negozio ritornando dove aveva lasciato Sherlock, che era in piedi, e fissava un punto preciso tra la folla.
- Che succede?! –
- Guarda, eccolo lì. – Fingendo di indicare il maestoso albero del centro commerciale, Sherlock puntò il braccio verso un uomo. – Sulla cinquantina, capelli neri, maglione infeltrito, giaccone beige di seconda mano e pantaloni scuri – ci tenne a precisare, nel caso John non fosse riuscito a localizzarlo immediatamente.
- Sì, lo vedo. –
- È il ladro omicida di stamattina. Quel Taylor è l’esempio lampante della totale incapacità di Scotland Yard. Come può non averlo ancora arrestato dopo che gli ho fornito una precisa descrizione del soggetto?! –
- Siamo sotto le feste, forse gli agenti scarseggiano. E dimentichi che questa nevicata ha paralizzato tutte le auto. –
- Non ci sono scuse per l’incompetenza, John! Quell’uomo è un assassino! –
John sospirò pesantemente, già si pentiva di cosa stava per dire: – E suppongo tocchi a noi due acciuffarlo, dico bene? –
- Ovvio. Tu ed io soli contro il mondo intero, ricordi? –
- Già – confermò John con un sorriso sghembo.
Convennero che per il momento fosse più saggio pedinarlo. C'era troppa gente nei paraggi, e se l'uomo si fosse innervosito, e fosse stato un tipo violento, poteva prendersela con degli innocenti. Tuttavia, non rimase a lungo a girare per il centro commerciale. Dopo circa quindici minuti imboccò l’uscita. Sherlock e John gli andarono dietro.
 
Il freddo pungente attraversò con ferocia le membra di entrambi non appena misero il naso fuori dal centro commerciale. Non potendo però perdersi a lungo nell’esaminare quanto il gelo potesse danneggiarli e quanta neve fosse scesa nel frattempo, s'incamminarono accodandosi al rapinatore.
L’uomo si guardava intorno di tanto in tanto con aria guardinga; era agitato. Il braccio destro tremava impercettibilmente, notò Sherlock. Evidentemente un ricordino del povero diavolo che aveva ammazzato ore prima.
Camminarono e camminarono, pian piano le ore scivolarono via e il buio calò su di loro.
La situazione precipitò quando si resero conto che l’uomo stava puntando un'ignara coppia di anziani. I due stavano passeggiando sereni, avanzando lentamente verso il loro carnefice. John fu il primo a notare una lama spuntare dal giaccone dell'assassino.
- Sherlock! –
- Sì, ho visto! Io faccio il giro e gli taglio la strada. Tu prendilo alle spalle, bloccagli ogni via di fuga! –
- Va bene! –
Così fecero; Sherlock corse a più non posso fra le viuzze laterali, sebbene la coltre di soffice neve ne limitasse i movimenti. Saltò come un gatto inferocito sulla strada principale, piombando proprio davanti alla coppia di anziani che per poco non cacciò un urlo disumano per lo spavento.
Quando Sherlock si girò, poté notare gli occhi carichi di odio del loro assassino. Era un uomo disperato, sicuramente rubava per mantenere la famiglia. L’omicidio non era preventivato, ma era sicuramente disposto a sopportare tale peso se il gioco ne valeva la candela. Il coltello che sfoggiava era nuovo, appena acquistato in uno dei negozi del centro commerciale, con molta probabilità. La lama era lucente e perfettamente pulita.
Non ci fu esitazione da parte del detective, gli si avventò addosso con una furia inarrestabile.
- Sherlock!!! – John assistette impotente alla scena.
Quell’uomo corpulento stava tentando di sfregiare Sherlock in volto, e ci sarebbe anche potuto riuscire senza problemi.
L'istinto da soldato prese il sopravvento in John.
Impegnato com'era l'assassino a cercare di uccidere Sherlock, non si era accorto della presenza del medico, il quale riuscì a sorprenderlo afferrandolo per le spalle. Lo voltò e, con tutta la forza che possedeva, lo colpì un paio di volte con dei pugni in faccia. L’uomo barcollò all'indietro, ma non cadde, nonostante il naso gli sanguinasse copiosamente. Tentò di colpire John, ma lui lo disarmò con facilità.
Aveva però sottovalutato il fattore adrenalina.
Ciò che successe, lo lasciò senza fiato. Un secondo prima, aveva fatto cadere lontano da lui la lama del suo aggressore, un attimo dopo, una massa indefinita di carne e muscoli lo aveva investito come un carro armato. Era atterrato di schiena, colpito duramente all’addome e alle costole. Fortunatamente, la neve aveva attutito di molto il colpo ricevuto.
Rimase stordito per una manciata di secondi, e quando riuscì a sollevarsi sui gomiti poté scorgere Sherlock che proseguiva imperterrito l’epica scazzottata.
L'uomo era un osso duro. Sherlock ci mise quasi sei minuti prima di riuscire a metterlo finalmente KO.
Esausto, scivolò in ginocchio, ansimando forte. John gli fu immediatamente vicino constatando l’entità dei danni fisici subiti: labbro spaccato, contusione alla tempia, livido sotto l’occhio sinistro, nocche sbucciate e sporche di sangue, sicuramente parecchi lividi sul torace.
- Sei stato fortunato. –
- Lo so. – Il detective era ferito, ma non gli importava, come si affrettò a palesare un momento dopo. – John, tu stai bene? –
Una mano si posò con fare protettivo sulla guancia del medico, e lui gli sorrise grato di rimando.
– Sì, sto bene, non temere. –
Il sollievo si fece strada negli occhi color ghiaccio di Sherlock. – Bene. Torniamo a casa? –
- No, un momento! Dobbiamo chiamare la polizia! –
- Già fatto. I due vecchietti l’hanno chiamata non meno di dieci minuti fa, e a meno che tu non voglia passare il resto della nottata in centrale a rilasciare una deposizione, consiglio di battere in ritirata. –
- Ma dobbiamo spiegare chi è quell’uomo! –
- John, rilassati. Sanno già ogni cosa. –
- E come è possibile?! –
- Ho mandato un sms a Taylor Bort. –
- Bert, il suo nome è Bert! – John non volle nemmeno sapere come faceva Sherlock ad avere il numero di cellulare dell’ispettore conosciuto in giornata. Preferì rimanere nell’ignoranza. La sua idea di sparire prima dell’arrivo della polizia però, gli piacque molto.
- Forza, andiamo! – esclamò aiutando Sherlock a rimettersi in piedi. In lontananza si potevano già udire le sirene della polizia. I due si scambiarono uno sguardo complice, e poi presero a correre, tenendosi per mano.
 
Stavano ancora camminando per le vie di Londra, dopo una corsa che li aveva sfiancati. Le strade erano illuminate unicamente dai lampioni, e il cielo era nero come la pece sopra le loro teste. Silenzio, nessun suono riconducibile a quello di una metropoli pulsante, solo il lento arrancare nella candida neve di due uomini.
Ad un certo punto John alzò il viso. I fiocchi scendevano leggiadri depositandosi sulla sua pelle, sciogliendosi al tiepido contatto con essa. Aprì una mano e cercò di afferrarne qualcuno fra le dita, ma ovviamente erano troppo soffici e sfuggenti. Sherlock lo osservava incuriosito, tentando di dedurre cosa passasse per la testa del suo fidanzato.
Ricordi d'infanzia? Gioia? Malinconia?
- Tutto bene? – chiese. Non sempre riusciva ad indovinare cosa stesse provando John, così aveva posto cautamente tale domanda. Il compagno al suo fianco sospirò. Uno sbuffo di fumo bianco si dipanò dalle sue labbra sottili perdendosi nell’aria.
- Ormai è tardi, ed io non ho finito di fare gli acquisti natalizi. A dire il vero, ho pure dimenticato al centro commerciale gli unici che avevo comprato. –
- Puoi uscire domani. –
- Ma è la Vigilia! –
- E quindi? –
- Quindi, vorrei passarla con l’uomo che amo, e non in giro per Londra a cercare di comperare regali per gli amici! –
- Sei tu che ti sei ridotto all’ultimo minuto, non incolpare me! –
- Non ti sto incolpando! – John esalò nuovamente una considerevole boccata d’aria fredda, muovendo di scatto il naso, un suo piccolo tic nervoso. – È solo che mi secca di dovermi arrangiare con quello che ho in casa. Non mi piace fare regali a caso. E poi... –
- Sì? –
- Non sapevo cosa prenderti, così speravo che oggi, con te appresso, avrei trovato qualcosa che ti piaceva. – Voltò lo sguardo altrove, chiaramente imbarazzato e colpevole. – E invece... –
Sherlock rimase a fissarlo senza mutare espressione, poi strinse gli occhi e portò le braccia dietro le schiena.
- Ti sbagli John, il mio regalo me lo darai stasera. –
Immediatamente John scattò nella sua direzione, scioccato. Si era quasi dimenticato della promessa. C’era quella certa “cosa” che lui non voleva mai fare a letto nonostante le sollecitazioni di Sherlock, a cui alla fine aveva detto di sì.
- Oh – biascicò non riuscendo a nascondere un vistoso arrossamento delle guance.
 
Finalmente, dopo quasi due ore, rientrarono al 221B, esausti, bagnati, e infreddoliti. Avevano appena messo piede nell’appartamento, che John prese in mano la situazione.
- Per prima cosa ci facciamo un bagno caldo, altrimenti domani ci sveglieremo con trentanove di febbre. –
- Non essere ridicolo, John! Non siamo mica donnette dalla costituzione fragile! –
- Hai ragione. Ma devo ricordarti che uno di noi due, che mangia un giorno sì e quattro no, è maggiormente esposto ai virus influenzali? –
Sherlock ci pensò un attimo. Il suo ragionamento era logico, ovviamente, tuttavia lui non si ammalava mai. Al contrario di John. Non perché si coprisse poco o troppo, ma perché, lavorando in un ambulatorio medico, era esposto a germi e batteri più di chiunque altro.
Al di là di certi discorsi, a Sherlock non dispiaceva affatto l’idea di immergersi nell’acqua bollente con John per rilassare i muscoli intorpiditi dal freddo.
- Ok, riempi la vasca che arrivo! –
- Bene. –
 
John controllò la temperatura dell’acqua: era perfetta, calda al punto giusto per donare sollievo alle loro membra stanche, ma non troppo da ustionarli.
Preparò il bagno a dovere, aggiungendo sali profumati nell’acqua, e posando accappatoi e asciugamani strategicamente vicini al bordo della vasca. Pensò anche di accendere qualche candela, ma il pensiero gli parve talmente sciocco che la depennò subito dalla sua mente. A Sherlock non piacevano certi sentimentalismi. Non che fosse un tipo “non romantico”, semplicemente era romanticamente diverso dal resto del genere umano, come ogni lato del suo carattere in fondo. Lui era speciale e unico al di là di ogni ragionevole dubbio.
La porta del bagno si spalancò tutt'a un tratto, e Sherlock fece il suo ingresso già privato di tutti i vestiti. John deglutì rumorosamente per lo stupore; non che gli dispiacesse tale incantevole visione, sia chiaro.
- Non sei ancora pronto? – Lo sguardo di Sherlock si posò severo sul compagno, ancora rigorosamente coperto dagli abiti.
- Un momento! –
Ci mise esattamente sessanta secondi per liberarsi di ogni indumento, per la gioia sublime di Sherlock. Adorava stuzzicare il suo partner, fargli venire l’acquolina in bocca per poi sottrarsi a lui. Dio, quanto gli piaceva giocare con John. Non si annoiava mai con lui, questo era certo.
Si immersero entrambi nella vasca, prima Sherlock e poi John. Non ricordavano di aver mai fatto il bagno assieme, e difatti i primi problemi tecnici si palesarono: la mancanza di spazio vitale, per esempio.
Le gambe di Sherlock erano dannatamente lunghe, lui da solo occupava l’intera vasca. John dovette pigiarsi dal lato opposto al suo, le gambe strette al petto, ritrovandosi così le ginocchia sotto al mento. Si trovava in una posa scomoda e ridicola.
- Sherlock, non potresti spostarsi un po’? –
- La vasca è troppo piccola, John! –
- Grazie, Capitan Ovvio! Ma se tu tiri su le gambe, io posso allargarmi un pochino! –
Sherlock sbuffò roteando le pupille al soffitto, ma fece ugualmente come gli era stato chiesto. John non aveva guadagnato molto spazio, ma almeno ora non si sentiva pressato come una sardina sotto sale.
Entrambi tentarono di lasciarsi cullare dal dolce tepore dell’acqua calda, per quanto la scomoda posizione glielo concedesse.
John lasciò cadere indietro il capo, posando delicatamente la nuca sul bordo in ceramica bagnato. Chiuse gli occhi, concedendosi un attimo di riposo dopo quella folle giornata. Sherlock non parlava, osservava e basta. Amava rimanere zitto a guardare cosa facesse John, quando non aveva niente di più entusiasmante da fare, ovviamente.
Nonostante l’infinita giornata però, non si sentiva particolarmente stanco. Fremeva per ricevere il suo “regalo” da John, e ciò gli bastava per tenere alta l'attenzione, ignorando il proprio corpo che supplicava un po’ di sano riposo.
Mosse piano una gamba, spostando il suo piede sull’addome di John, procurandogli un fastidioso solletico.
- Sherlock – bisbigliò il medico senza nemmeno aprire gli occhi, ma l’ammonimento non sortì il suo effetto. Il compagno dispettoso ripeté il gesto. John stavolta non si lamentò, così Sherlock pensò di poter arrogarsi il diritto di proseguire indisturbato. Le dita affusolate del suo piede si abbassarono andando a solleticare la peluria del pube. Osservò le reazioni di John: aveva contratto i muscoli dello stomaco per un istante, come colto da un brivido.
Quando il piede si accomodò andando a solleticare direttamente il pene, John si risvegliò spalancando gli occhi. Colpì l’acqua con una mano e schizzò copiosamente Sherlock. Lui non se lo aspettava, così subì l’attacco senza reagire.
Ed ora erano lì, che si guardavano con espressioni cariche di tensione sessuale, e con un mezzo sorriso sul viso. John fu il primo a cedere, lui cedeva sempre per primo, e si sporse in avanti per baciare Sherlock. Non un semplice bacio a stampo, un vero bacio con la lingua. Esplorò per lunghi secondi la bocca del suo uomo, finendo con il leccare avidamente il labbro inferiore, ancora rosso a causa del vistoso taglio che si era procurato nella scazzottata.
Sherlock volle ricambiare a dovere, così si chinò spingendosi verso John, intrappolandolo nel suo angolo di vasca. Lo baciò con foga, divorandolo letteralmente. Le mani iniziarono a scorrere sulla sua pelle bagnata, il collo, le spalle virili, le braccia toniche... Si concessero una pausa solo per riprendere fiato, ansanti uno contro l’altro, con la sensazione che l’acqua stesse diventando ancora più calda.
Il consulente investigativo riprese il suo feroce assalto puntando alla gola di John, gustando con cura ogni tratto di pelle, lasciando dei piccoli morsi sulla carne. A Sherlock piaceva mordere. Un gemito strozzato da parte di John fece eco nella stanza, permettendo all’ego del detective di crescere a dismisura. Si avvinghiò a lui, desiderando ardentemente possederlo lì nella vasca da bagno senza ulteriori indugi.
- Sher... lock... aspetta! – biascicò John allontanando il detective che pareva famelico. – Non qui, mi sto spaccando la schiena! –
Il povero John era realmente nella peggiore delle posizioni. Inoltre, se fosse scivolato ancora verso il basso, sarebbe finito sott’acqua, e non sarebbe stato molto pratico imitare un sub mentre avrebbero cercato di fare sesso.
- Camera da letto, ora. – Le parole di Sherlock furono pronunciate con voce bassa e roca, quasi ringhiava tanto era eccitato. Schizzò letteralmente fuori dal bagno afferrando un asciugamano che legò in vita.
John dovette attendere un attimo prima di trovare la forza per uscire da lì, fra la schiena dolorante e l’erezione pulsante in mezzo alle gambe.
 
Poco dopo, raggiunse Sherlock nella sua camera; era la più ampia, e il letto era decisamente più comodo. Lui già l’attendeva, impaziente. – Ricordi la promessa che mi hai fatto stamattina? –
- Sì, certo. –
Il ghigno di Sherlock si allargò visibilmente non appena estrasse da un cassetto del comodino un paio di manette in acciaio.
- Dove le hai prese?! –
- Le ho rubate a Lestrade tre settimane fa! – Con nonchalance le posizionò sul materasso, spingendole verso John. – Sai cosa fare. –
Il biondo sbatté ignaro le palpebre una, due, tre volte, prima di trovare la forza di rispondere. – Sei davvero sicuro? E poi, perché proprio con manette vere? Non possiamo usare quelle giocattolo? –
- No. Quelle sono ridicole. Io voglio realismo! Voglio provare la sensazione dell’acciaio attorno ai miei polsi! –
- Ti farai male, Sherlock! –
- È quello che spero. – Con un movimento secco si liberò dall’asciugamano. Poi, scivolando sul piumino, si coricò sul lato destro. Allungò le braccia posizionandole vicino la spalliera del letto, sopra la propria testa. Negli occhi lo sguardo di chi attendeva solo di poter giocare.
- Sto aspettando. –
John inspirò così forte da farsi male alla gola. Ma come diavolo gli era saltato in mente di fare una promessa simile? Fra tutti i giochi erotici al mondo, proprio questo voleva Sherlock? Sul serio?
Voglio che mi leghi i polsi con le manette. Voglio che tu mi prenda con violenza, sii brutale. Voglio realismo, non trattenerti. Devi essere feroce.
Queste erano state le sue esatte parole. John si era sempre rifiutato, l’ultima cosa che voleva era fargli del male. Per lui, fare l’amore, significava soprattutto dolcezza e passione. Ma il dolore no, non gli piaceva l’idea di doverlo infliggere alla persona che amava.
Titubante prese le manette, le guardò intensamente, poi si rivolse a Sherlock. – Te lo chiedo ancora. Sei sicuro? –
- Sono sicuro, John! – replicò lui con decisione. – Sono adulto e consenziente, mi piace il dolore e voglio che sia tu a procurarmelo! –
- Sono stato un soldato, Sherlock. Se perdo il controllo, potrei farti male seriamente. –
- Oh, John, spero con tutto il cuore che tu perda ogni inibizione. –
Il medico non poteva più tirarsi indietro, lo aveva addirittura giurato. E poi si disse, per sentirsi meno in colpa, che era stato Sherlock a desiderarlo. Se al suo fidanzato piaceva il dolore, allora glielo avrebbe concesso entro certi limiti.
Legò con cura Sherlock assicurandosi, prima di chiudere le manette, che la chiave per poterlo liberare fosse a portata di mano. Ammirò l’insolita immagine di Sherlock nudo, legato al loro letto, prima di deglutire un po’ di saliva. Ok, era fottutamente sexy.
John si liberò dell’accappatoio che ancora indossava e lo gettò ai piedi del letto, non curandosi di dove fosse atterrato sul pavimento. Si fece più vicino a Sherlock, sedendosi accanto a lui. Fece scorrere una mano sulla sua guancia, poi salì e andò a sfiorargli l’occhio nero, ora gonfio. Premette appena attorno all’area contusa, e Sherlock si mordicchiò lascivo le labbra.
- Ti piace? – chiese John con voce neutra.
- Non sai fare di meglio?! –
Le dita di John scattarono verso i riccioli neri, intrappolando alcune ciocche nella sua morsa. – Vuoi che diventi cattivo? – Li strattonò con forza, obbligando Sherlock a reclinare la testa all’indietro. – Sarò molto cattivo... –
Quelle semplici tre parole sussurrate al suo orecchio, fecero venire dei brividi d'eccitazione a Sherlock. Oh, Dio, sì, era proprio questo che voleva: John che lo baciava con irruenza totale non preoccupandosi di lasciare dei segni evidenti sulla sua pelle d’avorio, John che non temeva di poter ferire i suoi polsi sfregando la carne con violenza contro l’acciaio, John che lo violava con forza senza avvisarlo, procurandogli un inaspettato senso di folle piacere misto a dolore, e un orgasmo talmente forte da lasciarlo senza respiro.
Non poteva pensare ad un regalo di Natale più bello.
L’evento ebbe un effetto piuttosto rinvigorente anche in John, facendolo sentire orgoglioso di aver portato ad un simile livello di appagamento un uomo come Sherlock, nonostante, per arrivarci, avesse dovuto procurargli contusioni e lividi oltre a quelli che già sfoggiava per via della lotta avuta con il ladro omicida.
Era ancora sopra di lui, a cavalcioni, le mani premute con forza contro le sue spalle. E Sherlock tremava; non aveva mai provato tanto godimento nel mero atto sessuale, John ne era sicuro. Il suo sguardo si posò sulle manette, e si rese conto che la pelle era sfregiata e tagliata sotto l’acciaio. Sherlock colse immediatamente i pensieri di John.
- L’ho voluto io. –
Il dottore non rispose. Si spostò da lui e afferrò lesto la chiave per liberarlo, con il respiro ancora mozzato dopo essere venuto, ma non gli importava. In quel momento contava solo medicare le ferite causate da quelle dannate manette.
- Aspetta qui – scandì seriamente John, impedendo al compagno di alzarsi. Sparì dalla stanza dopo aver indossato i pantaloni del pigiama, non i suoi, ma quelli di Sherlock, dato che aveva dimenticato i propri abiti in bagno, e in un attimo fece ritorno con la cassetta del pronto soccorso, immancabile e indispensabile oggetto in casa Holmes/Watson.
Sherlock sospirò afflitto. Non comprendeva perché John sentisse sempre lo spasmodico desiderio di curare ogni sua ferita. Gli disinfettava pure i graffi più lievi, sgridandolo perché doveva stare più attento. A volte avere un dottore in casa era una tale seccatura!
- Fai il bravo! – John prese Sherlock per un braccio e lo tirò a sé. Con cura maniacale esaminò le piccole ferite sui polsi, decidendo poi di passarci sopra del cotone sterile. Fu incredibilmente delicato, più del dovuto. Quando ebbe finito di pulire il sangue, vi posò sopra le proprie labbra, baciando le lesioni con dolcezza.
Sherlock rimase affascinato da quel gesto. Era come se gli stesse facendo delle umili scuse per avergli fatto del male, anche se era stato lui stesso a chiederglielo. Si mise a sedere e abbracciò John.
- Grazie – sussurrò piano nascondendo il viso nella sua spalla.
Dopo qualche istante, anche John ricambiò, e non si oppose minimamente quando Sherlock lo fece coricare accanto a sé. Si stese al suo fianco circondandogli la vita con un braccio, tenendolo così vicino da poter percepire il respiro caldo di John sul proprio petto.
- Credevo non ti piacessero le coccole, Sherlock... -
- È vero, le detesto. Ma ho avuto quello che volevo, perciò ora tocca a te. –
John ci pensò un attimo, e ponderò con attenzione le parole appena pronunciate da Sherlock prima di esclamare: – Ok, ho capito. Che cosa vuoi in cambio di questa gentile concessione? –
- Nulla. –
- Sherlock... – Lo conosceva troppo bene; farsi coccolare da lui significava dover pagare un prezzo ogni volta.
Il detective decise che era più saggio confidargli immediatamente i suoi desideri.
- Se potessimo evitare di uscire di casa per i prossimi tre giorni, sarei decisamente più felice. A meno che non si presenti un caso, e per caso intendo qualcosa di veramente interessante. –
- Mh. E poi, che altro? –
- Possiamo lasciar perdere tutta questa faccenda del Natale? L’ho sempre trovato così inutile! Soprattutto non sopporto di avere intorno gente tutta felice, vestita da idiota, che si scambia insulsi regali! –
- Non temere per questo. Non avremo regali da scambiare con nessuno, dato che non ho potuto comperare nulla oggi! –
- Ottimo. Niente odiosa festicciola quest’anno! Finalmente una buona notizia! –
John sollevò il viso quel tanto che bastava per guardare Sherlock negli occhi, con un certo disappunto nello sguardo.
- Tu mi farai impazzire, lo sai? –
- Be', John, mi spiace dovertelo dire, ma non sei mai stato tanto normale. –
- E perché, scusa?! –
- Hai scelto uno come me come tuo fidanzato, direi che non sono l’unico sociopatico in questa stanza. Simili, richiamano altri simili, non lo sapevi? –
- Ho una gran voglia di tornare ad essere cattivo... –  Una mano slittò maliziosa dalla schiena di Sherlock fino alle sue natiche, pizzicandogli una chiappa.
- No, non me la sento di fare un secondo round. –
- Sei stanco? – John era sinceramente sorpreso. Di solito Sherlock non si tirava mai indietro quando c’era la possibilità di fare sesso più di una volta nell’arco della stessa notte.
- Forse. –
Non c’era nulla di strano nella sua reazione, in realtà. Non dormiva decentemente da almeno una settimana, e avevano passato l’intera giornata a camminare al freddo e nella neve. Come se non bastasse, non avevano mangiato nulla, e rientrati a casa avevano consumato le ultime energie dedicandole al sesso. Perfino uno come Sherlock Holmes sarebbe stato stravolto dopo tutto questo.
- Vieni qui... -
John posò le mani con delicatezza sul viso di Sherlock, donandogli un paio di baci sulla fronte. Poi lo avvolse in un abbraccio, facendogli poggiare la testa nell’incavo della sua spalla. Sherlock invece, passò un braccio attorno alla vita del compagno, stringendolo possessivamente a sé, mentre l’altro braccio si spostò per permettere alla mano di John di passare le dita fra i capelli corvini dell’amante. Non ci volle alcun sforzo al detective perché egli stesso si aggrappasse al corpo di John trovando una posizione comoda.
Sherlock odiava cedere a certi gesti delicati, lui non era capace di fornire alcun tipo di carezza gentile o coccola. Ecco perché questo ruolo era di esclusiva competenza di John. Non voleva coccolare, ma non gli dispiaceva venir vezzeggiato amabilmente dal suo John, specialmente dopo dell’ottimo sesso.
- Ti amo... - mormorò piano, la voce impastata dal sonno.
- Anch'io, John... -
Si addormentarono poco dopo, stretti uno all’altro, mentre fuori imperversava una tempesta di neve.
 
Nonostante John non fosse esattamente d’accordo, le richieste di Sherlock sull’evitare di invitare amici e parenti a casa per Natale, vennero rispettate. Non per sua volontà, almeno non del tutto, ma a causa dell’enorme quantità di neve che venne giù in due giorni. La città era totalmente congestionata, muoversi per andare da qualunque parte era pura follia. Ma questo non impedì a John di preparare un pranzo con i fiocchi, di addobbare a dovere l’appartamento con festoni, vischio appeso ovunque, e quant'altro.
Per quanto reticente, nemmeno Sherlock rifiutò alcune pietanze del menù scelto da John. Sapeva che in fondo era il suo modo di ringraziarlo per lo splendido regalo che gli aveva fatto.
 
La notte della Vigilia, Sherlock comparve in salotto con il suo pacco regalo, e un lampo di gioia attraversò gli occhi di John. Quando lo scartò, per lo stupore spalancò scioccamente la bocca, guardando prima l’antico volume di medicina e poi il detective. John lo abbracciò così forte da fargli male, e sì, assolutamente sì, Sherlock aveva fatto più che bene a perdere un'intera giornata per riuscire ad avere quel libro. Ne era valsa la pena se poteva ammirare la felicità dipinta sul viso di John Watson. Il suo amato John, che faceva sempre ammattire in mille modi diversi ogni giorno, ma che nonostante questo, gli era sempre rimasto accanto.
Era proprio vero che non tutti i regali si scartano.

END



Buon Natale a tutti!! Spero che stiate passando bene questa giornata, intenti ad aprire regali o pronti per sedervi a tavola a banchettare con i vostri cari! ♥ Questa è la seconda fiction che scrivo per il fandom di Sherlock e, confesso, ci sto prendendo gusto! XD Amo sempre di più la Johnlock come coppia e le idee fioccano nella mia mente, quindi spero di riuscire a scrivere ancora per tanto tempo su loro due (non prima di aver ultimato una certa long crossover a cui tengo moltissimo...)!

Come sempre devo ringraziare TANTISSIMO la mia fantastica Beta Reader di fiducia J_Ari , che mi ha aiutato e consigliato a dovere per poter migliorare la mia storiella semi Natalizia! XD Come avrete notato sono andata un pelino fuori tema, doveva essere solo "fluff" stando alle richeste del Prompt, ma ho finito con l'inserire scene piccanti e quanto altro, va bé, è Natale dai chiudiamo un occhio, anzi due! XDD

Commenti, consigli e critiche costruttive saranno sempre ben accettati, grazie!

E vi ricordo il fantastico forum Sherlocked , oasi e paradiso per le fan di Sherlock, gestito da J_Ari e la sua socia Mizu! Fateci un salto, mi raccomando, vi aspettiamo a braccia aperte!

Giò
25/12/2015
  
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