Buon Natale a tutti <3
Babbo Natale segreto
Che lavorare con John Lennon e Paul McCartney fosse
maledettamente difficile, Ringo lo sapeva ormai fin troppo bene.
Era da un paio di anni che era entrato a far parte
dei Beatles, eppure non aveva impiegato molto tempo prima di capire che,
sebbene in molti aspetti del loro carattere e nel modo di lavorare fossero
l’uno l’opposto dell’altro, per certi versi quei due erano molto simili.
Ritchie era convinto che neanche loro se ne fossero accorti, troppo presi da
quel binomio ormai conosciuto in tutto il mondo come Lennon/McCartney. Solo
qualcuno che avesse avuto modo di osservarli dall’esterno, senza un vero
coinvolgimento emotivo, avrebbe potuto notarlo, e lui aveva notato eccome.
Ecco perché non si sorprendeva mai quando i suoi due
amici litigavano per motivi futili. La maggior parte delle discussioni nasceva
dal fatto che entrambi reagissero allo stesso modo e si accendessero subito,
come due vere teste calde.
E sebbene facessero sempre pace, Ringo non gradiva
quando questi litigi arrivavano dal nulla. Soprattutto sotto Natale. Non era lo
spirito giusto. Era perfettamente consapevole che tra la sua recente
operazione, la promozione di Beatles for
sale e i preparativi del nuovo spettacolo di Natale fossero tutti molto
nervosi, ma dannazione, era pur sempre Natale!
C’era qualcosa nell’aria festiva che rendeva tutti
più buoni. Era una banalità, ma Ringo lo avvertiva davvero questo cambiamento.
Lo avvertiva su di sé, e non voleva che i suoi amici soffrissero per uno
stupidissimo litigio. Dal canto suo, lui soffriva quando percepiva quelle
tensioni nel gruppo, non solo perché il lavoro poteva risentirne, ma perché
prima di essere Beatles, loro erano amici.
Ma John e Paul erano così presi dal loro litigio che
avevano ignorato tutto questo e tutti loro, e ora si tenevano il muso da circa
una settimana. E per i loro standard era davvero tantissimo.
No, Ringo doveva fare qualcosa per porre rimedio.
C’era troppo in ballo per poter continuare con questa situazione stressante.
Fortunatamente per lui, George era dello stesso parere e decise di aiutarlo in
qualunque cosa avesse in mente per far riappacificare i due testoni.
L’idea era molto semplice. Si trattava di
organizzare un “Babbo Natale segreto”: invece di farsi regali a vicenda, ognuno
di loro avrebbe estratto a sorte un nome tra tutti e quattro e avrebbe dovuto
concentrarsi per fargli un regalo appropriato. Solo che la sorte (che in questo
caso era guidata dalla mano furba di Ringo) avrebbe deciso di assegnare Paul a
John e John a Paul.
Sì, il piano era perfetto.
Sicuramente dovendosi sforzare per decidere il
regalo, i due si sarebbero avvicinati e avrebbero fatto pace.
L’iniziativa era stata accettata senza particolare
entusiasmo dai due diretti interessati, forse perché non immaginavano minimamente
che sarebbe stato tutto pilotato. Pertanto a due settimane dal Natale avvenne
l’estrazione.
George aveva proposto di mettere in un sacchetto
quattro bigliettini, metà dei quali riportavano il nome di John e l’altra metà
quello di Paul. Lui e Ringo invece si sarebbero scambiati il regalo di comune
accordo.
“Vediamo di sbrigarci, però, ho un appuntamento con
Jane.” sbottò Paul, sistemando il suo basso.
“Non sia mai che Miss Perfettina arrivi con due
secondi di ritardo.” lo prese in giro John, senza neanche guardarlo negli
occhi.
Paul appoggiò il basso a terra con più forza di
quanta avesse voluto, e si voltò a guardarlo furente, “A chi hai detto Miss
Perfettina?”
“A te!”
“Prova a ripeterlo se hai coraggio.”
“Ok, Miss Perf-”
“Va bene, ora basta voi due guastafeste.” intervenne
subito Ringo a calmare gli animi in subbuglio, “Per punizione estrarrete alla
fine.”
Paul lo guardò, sconcertato, “E che punizione
sarebbe questa?”
“Lo è per me, quindi ora tacete e procediamo.”
Ringo estrasse per primo. C’era il rischio che lui e
George estraessero entrambi lo stesso nome, o John o Paul. Perciò avevano
escogitato un metodo per cercare di evitare questa situazione che avrebbe
compromesso tutto.
Se Ringo avesse estratto John, avrebbe detto di aver
estratto il proprio nome e avrebbe fatto finta di estrarre una seconda volta
così George sapeva di dover estrarre per forza Paul. Al contrario se Ringo
avesse estratto Paul, George sapeva di dover lasciare un John nel sacchetto.
Fortunatamente il caso sembrò dar loro una mano e dopo
il loro turno, nel sacchetto erano rimasti un John e un Paul.
Quando Paul pescò e sbirciò il nome sul biglietto
alzò un sopracciglio sorpreso.
John invece fu completamente impassibile, come se
non gli facesse né caldo né freddo sapere di essere il “Babbo Natale segreto”
di Paul, ma Ringo era sicuro che dentro stesse fremendo di eccitazione. Il giovane
chitarrista era molto bravo a fare i regali, era sempre molto originale e
sicuramente avrebbe pensato a qualcosa di speciale per Paul, soprattutto perché
avrebbero dovuto far pace.
Ognuno ora aveva avuto il suo “Babbo Natale segreto”,
per cui il lavoro di Ringo e George poteva dirsi concluso.
Adesso toccava solo a John e Paul.
****
John rigirava tra le dita il biglietto che aveva
estratto e continuava a leggere e rileggere quel nome scritto con una grafia un
po’ disordinata.
Paul.
Proprio Paul doveva estrarre?
Non sapeva bene cosa provare, da una parte si
sentiva felice di essere il suo Babbo Natale segreto, ma dall’altro… era
maledettamente nervoso. Cosa avrebbe potuto regalargli? Insomma, aveva così
tante idee in testa e neanche una che gli andasse a genio. Sapeva di sentirsi
così per colpa del loro litigio di qualche giorno prima, che gli faceva vedere
tutto così nero.
Tutto così inappropriato.
Tutto così-
“Ancora imbambolato con quel biglietto, John?”
John sussultò visibilmente, quando Paul sopraggiunse
da dietro così inaspettatamente. Si voltò a fissarlo, e scorse sul viso di Paul
un piccolo sorriso divertito e sfacciato che il ragazzo cercò subito di
nascondere.
“Ancora a dire stronzate con quella bella bocca,
Paul?”
“John…” iniziò a rimproverarlo Paul.
“Sì sì, ho capito.” esclamò John, alzando le mani in
segno di resa, “Siamo a Natale e siamo tutti più buoni e io non devo dire
parolacce.”
Paul non rispose e si limitò a guardarlo, come se
fosse combattuto tra l’ignorarlo e rispondergli con un’altra battuta. Alla fine
evidentemente decise di ignorarlo, perché gli rivolse un accenno di sorriso.
“Allora cosa pensi di quest’idea di Ritchie?”
“Penso che sia così maledettamente da lui. Tu?”
“Se devo essere sincero, penso che sia stupida, tutta
questa storia del farsi regali tra di noi.” rispose sinceramente Paul,
infilando le mani in tasca, “Voglio dire, che cosa possiamo desiderare che
ancora non abbiamo? Soldi, fama, donne? Abbiamo tutto, John, e lo abbiamo l’uno
grazie all’altro. Che senso ha farsi i regali?”
“Mm… capisco, della serie ‘ci bastiamo a vicenda’?”
Paul annuì,
divertito, “Qualcosa del genere. E dimmi, sei soddisfatto del nome estratto?”
“Sì, direi di sì. E tu?”
“Sì.” rispose Paul, sorridendo con una punta di
malizia, “Molto.”
I suoi occhi brillarono per un istante, con quel
luccichio irresistibile che faceva tremare le gambe di John ogni fottutissima
volta. Dio, poteva un paio di occhi far cedere le gambe di qualcuno? Assurdo,
era assurdo per John, eppure sembrava proprio così.
“Chi hai estratto?” si affrettò a chiedergli per
distrarsi, “Perché se è George, ho giusto un’idea in testa da consigliarti.”
“Pensa al tuo, John, perché so badare benissimo a
questo Beatle.”
“Ma-”
“Ci vediamo domani, amico.”
“A domani.”
John lo seguì, mentre si allontanava, e strinse il
biglietto tra le dita.
Era forse uno strano scherzo del destino, ma la sorte
o chi per lei gli aveva assegnato Paul per un regalo di Natale. E a differenza
di Paul, a John piaceva molto fare i regali. O comunque, gli piaceva pensare
alla persona a cui fare il regalo, cercare di capire cosa non si sarebbe mai
aspettata ma che l’avrebbe sicuramente resa felice.
Tuttavia Paul era difficile da capire. John non
sapeva spiegare bene come mai, eppure lo conosceva meglio di chiunque altro.
Avrebbe dovuto essere facilitato. E invece non era così.
Conoscerlo bene costituiva invece un limite, perché John sapeva perfettamente
come Paul avrebbe reagito a qualunque idea di John. E Paul era uno che era
sempre sincero nei suoi commenti. Se una cosa non gli piaceva, la diceva. Forse
non brutalmente come poteva capitare a John, ma comunque era onesto e John non
avrebbe mai voluto deluderlo con qualcosa di banale e scontato.
Sapeva che il litigio e tutta la tensione accumulata
in quei giorni stessero influenzando molto sulla sua fantasia, ma ignorare
tutto questo era maledettamente difficile.
Quel litigio… John ancora non riusciva a capire cosa
fosse successo, sapeva solo che più ci pensava, più andava in confusione.
Eppure avrebbe dovuto risolvere questa situazione,
poiché non sopportava che lui e Paul fossero arrabbiati l’uno con l’altro. Non
solo per il lavoro, era per la sua stessa salute psicofisica, Paul non era mai
freddo e scostante con John; al contrario era sempre dolce e disponibile ed
estroso. Fottutamente irresistibile. E ora più che mai, John sapeva che per
sorprendere Paul e sistemare le cose con lui, avrebbe dovuto capire per quale
motivo avesse fatto arrabbiare Paul.
Cosa aveva combinato stavolta John?
****
“Cosa vuoi per Natale?”
Paul lo guardò perplesso, alzando un sopracciglio,
mentre abbottonava la camicia.
Erano in una deliziosa villetta a Cavendish Avenue, molto vicino agli studi di Abbey Road.
Paul aveva da poco scoperto che era stata messa in vendita, e stava facendo un
pensierino sul comprarla. Non poteva certo stare a casa Asher per sempre, e
questa villetta faceva proprio al caso suo, in una zona tranquilla, da cui
poteva raggiungere a piedi gli studi di registrazione.
Ma prima di comprarla voleva farla vedere a John,
aveva bisogno del suo parere.
Così una volta terminato il lavoro, John e Paul
erano corsi fuori dagli studi e arrivati
a Cavendish Avenue, si erano arrampicati su per il
muretto e poi si erano intrufolati in casa.
Paul aveva portato con sé due bicchieri e una
bottiglia di squisito eggnog per inaugurare la nuova
casa con John prima che con chiunque altro, ma non aveva fatto i conti con John.
E sebbene avesse provato a resistere alle sue avances sostenendo che l’ambiente
fosse troppo spoglio e troppo freddo, alla fine aveva ceduto inesorabilmente.
Risultato: si erano ritrovati in camera da letto a
scambiarsi appassionati baci al dolce sapore di eggnog
e carezze audaci, per poi finire accoccolati l’uno tra le braccia dell’altro
coperti unicamente dai loro vestiti.
Quando il calore dei loro corpi fu sopraffatto dal
freddo della casa, avevano deciso di rivestirsi e John se n’era uscito
all’improvviso con quella domanda.
“Mi stai chiedendo davvero cosa voglio per Natale?
Ma non vale fare così, John.” rispose Paul, ridacchiando.
John era tutto intento a infilarsi i pantaloni, ma
non evitò di rifilargli uno sguardo assai scettico, “E chi lo dice?”
“Lo dico io. È di una tristezza infinita.”
“E perché mai?”
“Perché il regalo è una cosa che vuoi fare tu, non
sono io a chiedertelo. Di conseguenza devi essere tu a pensarci.” spiegò come
se fosse la cosa più banale del mondo.
“Ma se mi dici cosa vuoi facciamo prima. Tu sei
contento, e io risparmio tempo e fatica.”
“Non se ne parla.” esclamò Paul, infilandosi il
cappotto pesante, prima di iniziare a dare una sistemata alla stanza per
cancellare ogni traccia della loro presenza.
“Sei proprio un guastafeste.” commentò John,
piccato, infilandosi camicia e giacca.
Paul si lasciò scappare una risata, mentre si
chinava a recuperare il cappello di John lanciato in aria nell’impeto di
qualche minuto prima. Lo rigirò tra le mani, spolverandolo un po’ per pulirlo.
John non mancò di notare con quanta cura le sue mani
avessero raccolto il cappello e che strano desiderio vi fosse nei suoi occhi,
fissi su quel semplice accessorio. Che cosa aveva di così interessante il
cappello di John agli occhi di Paul?
“A pensarci bene c’è qualcosa che puoi regalarmi,
sai, John?”
“No. Non ci pensare neanche.”
Paul lo guardò con due grandi occhi da cucciolo
implorante, “Perché?”
“A te non donerebbe mai allo stesso modo. Ti pare?”
“Scommetti?” esclamò Paul, indossandolo.
John rise, osservandolo con un dolce divertimento
negli occhi.
“Non hai abbastanza la faccia da macho, mi spiace. È
un cappello da veri uomini questo.”
“Ah! Ma se molte donne lo portano uguale ora!”
“Oh e tu lo sai bene, vero principessa?” domandò
John con un ghigno sardonico, “E poi le principesse non portano cappelli. Ma se
proprio ci tieni posso regalarti una tiara.”
“Scherza pure, John, ma non è per indossarlo che
voglio questo cappello.” ribatté Paul, togliendo il cappello e rigirandolo tra
le sue mani.
“Allora perché lo vuoi?”
A questo punto John stava diventando curioso e
voleva sapere a tutti i costi che cosa cazzo passasse per la testolina arruffata
del suo compagno.
“Beh, è speciale, no?”
“E’ un cappello normalissimo, Paul. Non ha nulla di
così speciale. Sono sicuro che se ne trovano migliaia solo a Londra.”
“Ma no, stupido.” disse Paul, dandogli una leggera
pacca sul petto, “È speciale per noi,
vero?”
John batté le palpebre, perplesso, mentre tutti i
nervi scattarono in modalità ‘attento a
quello che dici/non dici/fai/non fai’.
“Si può sapere di che diavolo stai parlando?”
“Avanti, non farmelo dire ad alta voce, che poi mi
prendi in giro dicendo che sono il solito sentimentalista del cazzo.”
“Tu sei il
solito sentimentalista del caso, Paulie, ma ti giuro
che non ho la minima idea di ciò che stai dicendo.”
Paul sussultò appena, e osservò John in quel suo
modo tutto particolare come se lo stesse studiando, come se volesse entrare
nella sua fottuta mente. E John glielo lasciò fare perché era vero, non
riusciva a capire a cosa si riferisse Paul. Anche se questo significava correre
il rischio di farlo arrabbiare, o peggio deluderlo. Ma per quanto John si
sforzasse di ricordare non riusciva a venirne a capo.
“Stai scherzando?”
“Ho smesso di scherzare due domande fa.” lo informò
John.
Paul aggrottò la fronte. La sua perplessità era
rapidamente sfociata in una neanche tanto leggera irritazione, “Non puoi averlo
dimenticato. È… Cazzo, John, è importante. Non puoi farmi questo.”
“Ehi, un momento, non prendertela con me, non sono
io che decido cosa ricordare e cosa dimenticare. È il mio stupido cervello.”
“Ma questo… questo era… riguardava noi due, quello che
c’è tra noi. Quanto abbiamo dovuto aspettare per vivere…questo? E tu arrivi e ti dimentichi qualcosa di così importante?”
Paul lo guardava con irritazione sì, ma soprattutto
con delusione. E John non sopportava leggere la
delusione sul suo bel viso a forma di cuore. Lo mandava in corto
circuito. Non solo perché era avvenuto proprio ciò che lui temeva di più, ma
anche perché così in tilt, la rabbia prendeva facilmente il sopravvento su di
lui.
“Sai cosa? Se fosse stato davvero così importante
come dici tu, allora non l’avrei
dimenticato. Probabilmente è solo una di quelle stupidissime smancerie a cui ti
attacchi perché non hai nient’altro di meglio da fare. Io ci penserei due volte
prima di-”
Ma non riuscì mai a terminare la frase perché Paul
aveva la smorfia di quando John aveva superato il limite della sua pazienza.
Paul stringeva le labbra così forte che diventavano solo una sottile linea
rosea sotto il suo naso arricciato, e le sopracciglia si corrugavano
conferendogli un’espressione che probabilmente ai più avrebbe trasmesso solo un
lieve disagio, dato che Paul non riusciva mai davvero a essere minaccioso. Ma
John, che conosceva il significato di tutto ciò, sapeva di aver esagerato.
E così Paul gli buttò il cappello addosso, prima di
andare via, senza proferire parola. John finì di sistemarsi in fretta la
camicia nei pantaloni e gli corse dietro chiamandolo per nome, ma Paul era già
sparito.
Stupido lui e stupide le sue gambe lunghe!
Sospirando, John tornò a recuperare le proprie cose.
Stavolta aveva combinato davvero un gran casino.
Cosa aveva dimenticato?
****
Paul odiava quel maledetto show di Natale. Tutti
loro lo odiavano in realtà. Era la più stupida pantomima mai messa in scena.
Non aveva senso, davvero, e Paul se ne
vergognava tantissimo. Non voleva prestarsi mai più a simili sciocchezze. Per
fortuna che almeno il giorno di Natale erano stati risparmiati dall’andare in
scena.
Ora era in corso una specie di festa tristissima sul
palcoscenico, iniziata una volta che il pubblico era uscito. Paul non era
esattamente dell’umore di partecipare. No, decisamente, si sarebbe cambiato e
struccato e poi sarebbe corso a casa per trascorrere una piacevole vigilia di
Natale a casa di Jane.
Peccato che appoggiata sulla toletta del suo
camerino vi era una busta rossa che prometteva solo di stravolgergli i piani.
Per
Paul, diceva una scritta dorata in bella vista.
Incuriosito Paul aprì subito la busta per trovare un
biglietto decisamente discutibile con un Babbo Natale tutto intento a ballare
una strana danza con una signorina molto elegante. Ridacchiò divertito dal
biglietto, prima di girarlo e trovare scritto…
“Se
il tuo Babbo Natale segreto vorrai incontrare
A
Cavendish avenue dovrai arrivare”
Paul si morse il labbro.
Dannazione, sapeva bene chi fosse il suo Babbo
Natale segreto.
John.
Lo stupido John Lennon che aveva stupidamente dimenticato qualcosa di tanto
importante per Paul, e per loro in generale.
Paul lo aveva odiato rendendosi conto di quanto poco
John avesse pensato a quel momento, mentre Paul
non faceva altro che riviverlo ogni giorno nella sua mente per cercare di
convincersi che fosse accaduto davvero.
John non meritava il suo perdono, anche se era
Natale, anche se dovevano essere tutti più buoni, soprattutto la notte della
vigilia, anche se…
Ma si trattava di John, il suo John, il suo fottuto,
maledetto, stupidissimo John Lennon. E quando John lo voleva vedere, Paul
correva. Non importava dove si trovasse, né con chi.
Paul correva. Sempre.
E anche ora raggiunse in fretta Mal, pregandolo di
portarlo a Cavendish Avenue. Il pover’uomo cercò
spiegazioni, perché proprio a Cavendish Avenue?
Ma Paul non si lasciò scappare una sola parola di ciò
che avrebbe trovato lì e lo rassicurò, dicendogli che dopo averlo lasciato, sarebbe
stato assolutamente libero. Così Mal si convinse ed entrambi salirono in
macchina.
Dio, quella casa era così maledettamente lontano
dall’Hammersmith Odeon. O forse era solo una
sensazione di Paul? Sicuramente era perché fremeva di sapere cosa gli avrebbe
regalato John. Doveva essere questo.
Poi finalmente, proprio quando meno se lo aspettava,
l’auto rallentò e si fermò.
“Dove esattamente, Paul?”
Paul sentì il cuore battere forte in gola, fino ai
suoi stupidi timpani, tanto che non riuscì a sentire la domanda di Mal.
Era folle. Sentirsi in questo modo, provare questa
ingarbugliata matassa di sentimenti che lo facevano sentire come prigioniero
della più dolce delle trappole, e nello stesso tempo guidavano i suoi gesti
come un burattino, e lo guidavano verso John.
“Paul?”
“Eh, sì, sì, va bene qui, grazie, Mal.”
“Sicuro?”
“Sì, certo. Buon Natale. E grazie ancora.”
“Buon Natale anche a te, Paul.”
Paul scese velocemente dall’auto e si assicurò che Mal
ripartisse, prima di raggiungere il cancello della villetta su cui aveva messo
gli occhi.
C’era un sacchetto rosso appeso e Paul lo raccolse immediatamente. Lo aprì, scoprendo
una cravatta nera, simile a quella che indossavano loro durante i concerti. C’era
anche un’indicazione insieme alla cravatta: “Da
indossare, non come cravatta, mi raccomando, ma come benda.”
Paul si guardò intorno, provando ad adocchiare
qualche segno della presenza di John, ma non vide niente. Così infine decise di
indossare quella benedetta cravatta e la legò in modo da coprire bene gli
occhi. Poi rimase immobile e tutti gli altri sensi si affinarono, cercando di
percepire il più piccolo dei suoni o il più lieve degli odori.
Finalmente dopo quella che parve un’eternità, ci fu
un suono di passi che si avvicinarono sempre più. Paul trattenne il respiro.
L’adrenalina scorreva nelle sue vene accelerando il battito cardiaco e il suo
respiro.
E se fosse stato tutto uno scherzo?
O peggio, una trappola?
Una trappola di qualche fanatico.
Ma no. Era impossibile. Solo loro quattro erano a
conoscenza del loro piccolo gioco.
Solo John sapeva di Cavendish
avenue.
Solo John poteva prendere le mani di Paul così
delicatamente e stringerle con amore.
Paul era al sicuro ora. Non aveva alcun dubbio.
“John?”
Ma John non rispose.
“Lo so che sei tu.”
Nessuna risposta. O meglio, John non disse niente ma
iniziò a condurlo in avanti verso la villetta. E Paul obbedì docilmente.
“Era ovvio che fossi tu, sai? Nessun altro sa di
questo posto. Dovresti sentirti molto onorato.”
Ancora silenzio. Continuarono solo a camminare.
“Va bene. Non dire niente. Ho capito. Ma sappi che
ti ho scoperto. Quel biglietto orribile potevi sceglierlo solo tu. E sappi
anche che se il mio regalo sono le tue scuse, beh, non mi bastano. Insomma,
dovevi farmi un regalo come si deve. Di quelli indimenticabili. E le tue scuse
non lo sono. Mi spiace dirtelo ma è cos-”
E poi Paul non poté più parlare. No davvero. Perché
la sua bocca era troppo impegnata a baciare quella di John. Sì. Proprio quella
di John. Era inconfondibile, il suo sapore, il suo odore.
John lo stava baciando. E Paul avrebbe tanto voluto
dirgli che fosse fottutamente ingiusto da parte sua visto che Paul era bendato
e non poteva in alcun modo sottrarsi, ma… al
diavolo! Quello era il bacio migliore che avesse ricevuto nelle ultime
settimane. Nessuno, nessuno lo baciava in modo così assuefacente.
“Non stai mai zitto tu, vero, Paul?”
Paul si lasciò scappare un sospiro tremante che fece
ridere John.
“Perché ridi?”
“Perché mi fai ridere, principessa.”
“Sai, dubito che otterrai il mio perdono se continui
a prendermi in giro.”
“Ah sì? E se ti regalassi questo?”
Paul non fece in tempo ad aprire bocca, che subito
sentì qualcosa appoggiato sulla sua testa. Qualcosa che sembrava molto un… cappello?
“Era questo che volevi, giusto?”
Paul portò una mano sulla testa e trattenendo il
fiato per un istante, tastò il cappello che aveva tanto desiderato. Era proprio
lui.
Così finalmente abbassò la benda dagli occhi grandi
e brillanti per la felicità per poter vedere l’altro, e annuì con tanta foga che
John temette si fosse strappato qualche muscolo.
“Bene,
allora.” continuò John, sistemando il cappello sulla testa di Paul, “Penso
ancora che doni di più a me, ma se non altro ora so perché lo vuoi.”
“Davvero? L’hai ricordato?”
John sorrise e prese ancora le mani di Paul,
cercando di non arrossire ora, mentre gli spiegava davvero cosa fosse successo.
“Paul, non l’ho mai dimenticato. Ho semplicemente
associato le due cose mentre riascoltavo A
hard day’s night. E devi sapere che non pensavo
tanto al cappello che indossavo in quel momento. Piuttosto pensavo a te, Paul,
al fatto che ti stessi baciando per la prima volta, a quanto la tua bocca
soffice fosse così perfetta sulla mia, al tuo corpo che si adattava in modo
assurdo, davvero, tra le mie braccia, a come il tuo odore mi avvolgesse, a-”
“Ehi, quante cose stavi pensando?!” lo interruppe
Paul, ridacchiando nervosamente.
Non voleva mostrare a John quanto le sue parole lo
avessero colpito, ma al diavolo, John si era esposto e si meritava decisamente
una ricompensa.
“Perché, tu no?”
“No.” rispose Paul, scuotendo il capo, “Io pensavo ‘oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo’!”
“Oh cazzo, sto
baciando il meraviglioso John Lennon, oppure oh cazzo, che schifo?”
“Finiscila di scherzare, John. Piuttosto, perché non
mi dici che cosa hai fatto a questo posto?”
Solo in quel momento Paul aveva potuto notare quanto
fosse diversa quella camera da letto dalla prima volta che vi era stato con
John. C’era una bellissima coperta di patchwork sul materasso sopra cui erano
adagiati due bicchieri e la solita bottiglia di eggnog,
e nel camino il fuoco scoppiettava dolcemente scaldando tutto l’ambiente
circostante.
“È abbastanza accogliente ora?”
“Oh sì, ma dovrei denunciarti per violazione di
proprietà privata.”
“Non puoi denunciarmi. Non è ancora tua.”
“Dipende da come ti comporterai d’ora in poi.
Intanto sappi che ti ringrazio molto per il regalo. È stato molto apprezzato.”
esclamò Paul, guardando il cappello sulla sua testa.
“Prego, mi sembrava adatto.”
“Lo è davvero.”
“In più, sono venuto qui apposta per te, impendendo
al mio Babbo Natale di trovarmi per il mio regalo. Quindi insomma, lo
considererei un doppio regalo fossi in te.”
“Ah ma per quello non c’è problema. Se ti avvicini,
ti dico dove puoi trovare il tuo regalo.”
Detto questo gli fece cenno di avvicinarsi e John
non poté davvero trattenersi di fronte a quegli occhi da camera da letto e quella bocca che sapeva solo di promesse
peccaminose.
Così si avvicinò, e non appena fu di fronte a Paul, John
lasciò che gli prendesse le braccia e le portasse sui propri fianchi, pima di
far scivolarescivolare le mani fino al suo collo,
dove si avvolsero delicatamente. John rabbrividì appena, quando Paul sfiorò la
sua guancia con le labbra nel momento in cui si sporse verso il suo orecchio.
“Chiudi gli occhi, Johnny.”
“Perché? Hai anche tu un cappello per me?”
“No. Tu chiudili e basta.”
John sospirò e annuì prima di chiudere gli occhi.
“Ora immagina di essere di nuovo sul set di A hard day’s night.
Ci sei?”
“Ci sono.”
“Immagina ancora quel giorno, quando abbiamo girato
quella scena dove…” si fermò un attimo per ridere, “Dove non hai smesso di
guardare la mia bocca.”
“Ah sì.” mormorò John, con tono trasognato, “Sì, lo
ricordo bene.”
“Ricordi quanto fosse maledettamente chiaro quello
che pensavi? Che volevi baciarmi?”
John sollevò un sopracciglio, “Solo baciarti? Forse
non mi hai guardato bene, allora.”
“Una cosa alla volta, sporcaccione che non sei
altro.”
“Senti chi parla.”
“Ricordi che poi ci siamo ritrovati in camerino, solo
io e te? Ricordi che non c’è stato bisogno di dire nulla perché tu avevi già
detto tutto con quello sguardo? Anche se avevo avuto paura fino a quel momento
di ciò che provavo per te?”
John sorrise di sbieco, “Sono bravo a guardare io.”
“E sai…” disse
Paul, facendo strofinare
lievemente i loro nasi, “Io amerò per sempre il tuo primo bacio, ma sai… era il primo. Era tutto incasinato, tutto nuovo
e troppo meraviglioso per capire davvero ciò che stava succedendo. Allora John,
dato che sono io il tuo Babbo Natale segreto, vorrei che accettassi il mio
regalo per te.”
“E cos’è?”
Paul sorrise, mentre il cuore scalpitava felice nel
suo petto, e lui lo maledisse. Sarebbe stato ore così con John, tra le sue
braccia. Il suo cuore non avrebbe mai retto tutto questo sforzo se avesse
continuato a battere in quel modo. Se doveva morire di crepacuore, tanto valeva
morire sulla bocca di John.
Senza pensarci un istante di più Paul lo baciò,
stringendosi a lui così tanto che la punta del suo naso fu schiacciata nella
morbida guancia di John, lo stesso che avvolse possessivamente le braccia
intorno ai suoi fianchi, quasi a volergli impedire di scappare ancora.
Poi quando Paul sentì le gambe prossime al cedimento
si allontanò da John, e notando i suoi occhi aperti, gli sorrise.
“Ti regalo il nostro secondo primo bacio.”
John riaprì gli occhi, rivolgendogli uno sguardo
colpevole e al contempo affettuoso, “Così non lo dimenticherò mai più, vero?”
“Così non lo dimenticherai più. Decisamente. I miei
baci sono indimenticabili.” lo assicurò Paul.
John alzò gli occhi al cielo, sospirando rassegnato,
“Ecco, lo sapevo che alla fine era solo una questione di ego smisurato di
McCartney.”
“Non è vero.”
“Sì e sai che ti dico? Ora pretendo anche la mia
seconda prima volta.”
E Paul stava per ribattere che il regalo era solo un
bacio, quando John lo spinse con un mano sul petto, facendolo cadere sul
materasso dietro di lui.
Il minuto dopo gli fu sopra, tutto intento a
stringerlo e strofinare il naso freddo contro il suo collo.
“Ricordami di ringraziare Ringo per aver organizzato
questa roba.” esclamò contro la pelle calda di Paul.
Il ragazzo sotto di lui rise e si divincolò per il
solletico, ma lo strinse tra le sue braccia.
“Smettila di pensare a lui ora. Sei o non sei il mio Babbo Natale segreto?”
John annuì, mentre con un ringhio gli mordeva il
lobo dell’orecchio.
“Oh oh oh.”
Note
dell’autrice: tantissimi auguri a tutti, first of all.
Era da un sacco che non pubblicavo una slash. *me piange* Ma per Natale dovevo fare qualcosa
assolutamente. Al che ho pensato all’iniziativa del Babbo Natale segreto e mi
sembrava carina per i Beatles. In questo caso è Ringo la shipper
a fare tutto. Sant’uomo lui, ma l’avete notato come guarda John e Paul? E’ una fangirl peggio di noi. xD
Come si capisce dal testo, la storia è ambientata
nel dicembre 1964, durante Another Beatles
Christmas show che i Beatles odiavano. La storia del cappello è un po’
inventata dal fatto che non mi sembra di aver visto John con quello stesso
identico cappello negli anni successivi. E poi cosa dovevo dire… ah sì, l’eggnog è una sorta di zabaione. L’ho scoperto anni e anni
fa in una fanfiction e mi sembrava carino inserirlo
qui, a contribuire all’atmosfera natalizia.
Questo è quanto. Ora, un grazie speciale a Chiara,
Paola e Claudia per la loro amicizia e il loro incoraggiamento.
E un grazie quanto una casa, con dentro John e Paul
che si fanno tante coccole ad Anya, che ha corretto e fatto tanto per questa
storia, che ho avuto il piacere di rivedere due giorni fa, e che fa sempre
tanto tanto tanto per me. Davvero un grazie col cuore. <3
A presto, spero.
E ancora auguri.
kia85