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Autore: Kia85    25/12/2015    4 recensioni
Se John e Paul litigano, come farli riappacificare?
Ringo un'idea ce l'ha...
Buon Natale!!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon Natale a tutti <3

 

Babbo Natale segreto

 

 

Che lavorare con John Lennon e Paul McCartney fosse maledettamente difficile, Ringo lo sapeva ormai fin troppo bene.

Era da un paio di anni che era entrato a far parte dei Beatles, eppure non aveva impiegato molto tempo prima di capire che, sebbene in molti aspetti del loro carattere e nel modo di lavorare fossero l’uno l’opposto dell’altro, per certi versi quei due erano molto simili. Ritchie era convinto che neanche loro se ne fossero accorti, troppo presi da quel binomio ormai conosciuto in tutto il mondo come Lennon/McCartney. Solo qualcuno che avesse avuto modo di osservarli dall’esterno, senza un vero coinvolgimento emotivo, avrebbe potuto notarlo, e lui aveva notato eccome.

Ecco perché non si sorprendeva mai quando i suoi due amici litigavano per motivi futili. La maggior parte delle discussioni nasceva dal fatto che entrambi reagissero allo stesso modo e si accendessero subito, come due vere teste calde.

E sebbene facessero sempre pace, Ringo non gradiva quando questi litigi arrivavano dal nulla. Soprattutto sotto Natale. Non era lo spirito giusto. Era perfettamente consapevole che tra la sua recente operazione, la promozione di Beatles for sale e i preparativi del nuovo spettacolo di Natale fossero tutti molto nervosi, ma dannazione, era pur sempre Natale!

C’era qualcosa nell’aria festiva che rendeva tutti più buoni. Era una banalità, ma Ringo lo avvertiva davvero questo cambiamento. Lo avvertiva su di sé, e non voleva che i suoi amici soffrissero per uno stupidissimo litigio. Dal canto suo, lui soffriva quando percepiva quelle tensioni nel gruppo, non solo perché il lavoro poteva risentirne, ma perché prima di essere Beatles, loro erano amici.

Ma John e Paul erano così presi dal loro litigio che avevano ignorato tutto questo e tutti loro, e ora si tenevano il muso da circa una settimana. E per i loro standard era davvero tantissimo.

No, Ringo doveva fare qualcosa per porre rimedio. C’era troppo in ballo per poter continuare con questa situazione stressante. Fortunatamente per lui, George era dello stesso parere e decise di aiutarlo in qualunque cosa avesse in mente per far riappacificare i due testoni.

L’idea era molto semplice. Si trattava di organizzare un “Babbo Natale segreto”: invece di farsi regali a vicenda, ognuno di loro avrebbe estratto a sorte un nome tra tutti e quattro e avrebbe dovuto concentrarsi per fargli un regalo appropriato. Solo che la sorte (che in questo caso era guidata dalla mano furba di Ringo) avrebbe deciso di assegnare Paul a John e John a Paul.

Sì, il piano era perfetto.

Sicuramente dovendosi sforzare per decidere il regalo, i due si sarebbero avvicinati e avrebbero fatto pace.

L’iniziativa era stata accettata senza particolare entusiasmo dai due diretti interessati, forse perché non immaginavano minimamente che sarebbe stato tutto pilotato. Pertanto a due settimane dal Natale avvenne l’estrazione.

George aveva proposto di mettere in un sacchetto quattro bigliettini, metà dei quali riportavano il nome di John e l’altra metà quello di Paul. Lui e Ringo invece si sarebbero scambiati il regalo di comune accordo.

“Vediamo di sbrigarci, però, ho un appuntamento con Jane.” sbottò Paul, sistemando il suo basso.

“Non sia mai che Miss Perfettina arrivi con due secondi di ritardo.” lo prese in giro John, senza neanche guardarlo negli occhi.

Paul appoggiò il basso a terra con più forza di quanta avesse voluto, e si voltò a guardarlo furente, “A chi hai detto Miss Perfettina?”

“A te!”

“Prova a ripeterlo se hai coraggio.”

“Ok, Miss Perf-”

“Va bene, ora basta voi due guastafeste.” intervenne subito Ringo a calmare gli animi in subbuglio, “Per punizione estrarrete alla fine.”

Paul lo guardò, sconcertato, “E che punizione sarebbe questa?”

“Lo è per me, quindi ora tacete e procediamo.”

Ringo estrasse per primo. C’era il rischio che lui e George estraessero entrambi lo stesso nome, o John o Paul. Perciò avevano escogitato un metodo per cercare di evitare questa situazione che avrebbe compromesso tutto.

Se Ringo avesse estratto John, avrebbe detto di aver estratto il proprio nome e avrebbe fatto finta di estrarre una seconda volta così George sapeva di dover estrarre per forza Paul. Al contrario se Ringo avesse estratto Paul, George sapeva di dover lasciare un John nel sacchetto.

Fortunatamente il caso sembrò dar loro una mano e dopo il loro turno, nel sacchetto erano rimasti un John e un Paul.

Quando Paul pescò e sbirciò il nome sul biglietto alzò un sopracciglio sorpreso.

John invece fu completamente impassibile, come se non gli facesse né caldo né freddo sapere di essere il “Babbo Natale segreto” di Paul, ma Ringo era sicuro che dentro stesse fremendo di eccitazione. Il giovane chitarrista era molto bravo a fare i regali, era sempre molto originale e sicuramente avrebbe pensato a qualcosa di speciale per Paul, soprattutto perché avrebbero dovuto far pace.

Ognuno ora aveva avuto il suo “Babbo Natale segreto”, per cui il lavoro di Ringo e George poteva dirsi concluso.

Adesso toccava solo a John e Paul.

****

John rigirava tra le dita il biglietto che aveva estratto e continuava a leggere e rileggere quel nome scritto con una grafia un po’ disordinata.

Paul.

Proprio Paul doveva estrarre?

Non sapeva bene cosa provare, da una parte si sentiva felice di essere il suo Babbo Natale segreto, ma dall’altro… era maledettamente nervoso. Cosa avrebbe potuto regalargli? Insomma, aveva così tante idee in testa e neanche una che gli andasse a genio. Sapeva di sentirsi così per colpa del loro litigio di qualche giorno prima, che gli faceva vedere tutto così nero.

Tutto così inappropriato.

Tutto così-

“Ancora imbambolato con quel biglietto, John?”

John sussultò visibilmente, quando Paul sopraggiunse da dietro così inaspettatamente. Si voltò a fissarlo, e scorse sul viso di Paul un piccolo sorriso divertito e sfacciato che il ragazzo cercò subito di nascondere.

“Ancora a dire stronzate con quella bella bocca, Paul?”

“John…” iniziò a rimproverarlo Paul.

“Sì sì, ho capito.” esclamò John, alzando le mani in segno di resa, “Siamo a Natale e siamo tutti più buoni e io non devo dire parolacce.”

Paul non rispose e si limitò a guardarlo, come se fosse combattuto tra l’ignorarlo e rispondergli con un’altra battuta. Alla fine evidentemente decise di ignorarlo, perché gli rivolse un accenno di sorriso.

“Allora cosa pensi di quest’idea di Ritchie?”

“Penso che sia così maledettamente da lui. Tu?”

“Se devo essere sincero, penso che sia stupida, tutta questa storia del farsi regali tra di noi.” rispose sinceramente Paul, infilando le mani in tasca, “Voglio dire, che cosa possiamo desiderare che ancora non abbiamo? Soldi, fama, donne? Abbiamo tutto, John, e lo abbiamo l’uno grazie all’altro. Che senso ha farsi i regali?”

“Mm… capisco, della serie ‘ci bastiamo a vicenda’?”

 Paul annuì, divertito, “Qualcosa del genere. E dimmi, sei soddisfatto del nome estratto?”

“Sì, direi di sì. E tu?”

“Sì.” rispose Paul, sorridendo con una punta di malizia, “Molto.”

I suoi occhi brillarono per un istante, con quel luccichio irresistibile che faceva tremare le gambe di John ogni fottutissima volta. Dio, poteva un paio di occhi far cedere le gambe di qualcuno? Assurdo, era assurdo per John, eppure sembrava proprio così.

“Chi hai estratto?” si affrettò a chiedergli per distrarsi, “Perché se è George, ho giusto un’idea in testa da consigliarti.”

“Pensa al tuo, John, perché so badare benissimo a questo Beatle.”

“Ma-”

“Ci vediamo domani, amico.”

“A domani.”

John lo seguì, mentre si allontanava, e strinse il biglietto tra le dita.

Era forse uno strano scherzo del destino, ma la sorte o chi per lei gli aveva assegnato Paul per un regalo di Natale. E a differenza di Paul, a John piaceva molto fare i regali. O comunque, gli piaceva pensare alla persona a cui fare il regalo, cercare di capire cosa non si sarebbe mai aspettata ma che l’avrebbe sicuramente resa felice.

Tuttavia Paul era difficile da capire. John non sapeva spiegare bene come mai, eppure lo conosceva meglio di chiunque altro. Avrebbe dovuto essere facilitato. E invece non era così. Conoscerlo bene costituiva invece un limite, perché John sapeva perfettamente come Paul avrebbe reagito a qualunque idea di John. E Paul era uno che era sempre sincero nei suoi commenti. Se una cosa non gli piaceva, la diceva. Forse non brutalmente come poteva capitare a John, ma comunque era onesto e John non avrebbe mai voluto deluderlo con qualcosa di banale e scontato.

Sapeva che il litigio e tutta la tensione accumulata in quei giorni stessero influenzando molto sulla sua fantasia, ma ignorare tutto questo era maledettamente difficile.

Quel litigio… John ancora non riusciva a capire cosa fosse successo, sapeva solo che più ci pensava, più andava in confusione.

Eppure avrebbe dovuto risolvere questa situazione, poiché non sopportava che lui e Paul fossero arrabbiati l’uno con l’altro. Non solo per il lavoro, era per la sua stessa salute psicofisica, Paul non era mai freddo e scostante con John; al contrario era sempre dolce e disponibile ed estroso. Fottutamente irresistibile. E ora più che mai, John sapeva che per sorprendere Paul e sistemare le cose con lui, avrebbe dovuto capire per quale motivo avesse fatto arrabbiare Paul.

Cosa aveva combinato stavolta John?

****

“Cosa vuoi per Natale?”

Paul lo guardò perplesso, alzando un sopracciglio, mentre abbottonava la camicia.

Erano in una deliziosa villetta a Cavendish Avenue, molto vicino agli studi di Abbey Road. Paul aveva da poco scoperto che era stata messa in vendita, e stava facendo un pensierino sul comprarla. Non poteva certo stare a casa Asher per sempre, e questa villetta faceva proprio al caso suo, in una zona tranquilla, da cui poteva raggiungere a piedi gli studi di registrazione.

Ma prima di comprarla voleva farla vedere a John, aveva bisogno del suo parere.

Così una volta terminato il lavoro, John e Paul erano corsi fuori dagli studi  e arrivati a Cavendish Avenue, si erano arrampicati su per il muretto e poi si erano intrufolati in casa.

Paul aveva portato con sé due bicchieri e una bottiglia di squisito eggnog per inaugurare la nuova casa con John prima che con chiunque altro, ma non aveva fatto i conti con John. E sebbene avesse provato a resistere alle sue avances sostenendo che l’ambiente fosse troppo spoglio e troppo freddo, alla fine aveva ceduto inesorabilmente.

Risultato: si erano ritrovati in camera da letto a scambiarsi appassionati baci al dolce sapore di eggnog e carezze audaci, per poi finire accoccolati l’uno tra le braccia dell’altro coperti unicamente dai loro vestiti.

Quando il calore dei loro corpi fu sopraffatto dal freddo della casa, avevano deciso di rivestirsi e John se n’era uscito all’improvviso con quella domanda.

“Mi stai chiedendo davvero cosa voglio per Natale? Ma non vale fare così, John.” rispose Paul, ridacchiando.

John era tutto intento a infilarsi i pantaloni, ma non evitò di rifilargli uno sguardo assai scettico, “E chi lo dice?”

“Lo dico io. È di una tristezza infinita.”

“E perché mai?”

“Perché il regalo è una cosa che vuoi fare tu, non sono io a chiedertelo. Di conseguenza devi essere tu a pensarci.” spiegò come se fosse la cosa più banale del mondo.

“Ma se mi dici cosa vuoi facciamo prima. Tu sei contento, e io risparmio tempo e fatica.”

“Non se ne parla.” esclamò Paul, infilandosi il cappotto pesante, prima di iniziare a dare una sistemata alla stanza per cancellare ogni traccia della loro presenza.

“Sei proprio un guastafeste.” commentò John, piccato, infilandosi camicia e giacca.

Paul si lasciò scappare una risata, mentre si chinava a recuperare il cappello di John lanciato in aria nell’impeto di qualche minuto prima. Lo rigirò tra le mani, spolverandolo un po’ per pulirlo.

John non mancò di notare con quanta cura le sue mani avessero raccolto il cappello e che strano desiderio vi fosse nei suoi occhi, fissi su quel semplice accessorio. Che cosa aveva di così interessante il cappello di John agli occhi di Paul?

“A pensarci bene c’è qualcosa che puoi regalarmi, sai, John?”

“No. Non ci pensare neanche.”

Paul lo guardò con due grandi occhi da cucciolo implorante, “Perché?”

“A te non donerebbe mai allo stesso modo. Ti pare?”

“Scommetti?” esclamò Paul, indossandolo.

John rise, osservandolo con un dolce divertimento negli occhi.

“Non hai abbastanza la faccia da macho, mi spiace. È un cappello da veri uomini questo.”

“Ah! Ma se molte donne lo portano uguale ora!”

“Oh e tu lo sai bene, vero principessa?” domandò John con un ghigno sardonico, “E poi le principesse non portano cappelli. Ma se proprio ci tieni posso regalarti una tiara.”

“Scherza pure, John, ma non è per indossarlo che voglio questo cappello.” ribatté Paul, togliendo il cappello e rigirandolo tra le sue mani.

“Allora perché lo vuoi?”

A questo punto John stava diventando curioso e voleva sapere a tutti i costi che cosa cazzo passasse per la testolina arruffata del suo compagno.

“Beh, è speciale, no?”

“E’ un cappello normalissimo, Paul. Non ha nulla di così speciale. Sono sicuro che se ne trovano migliaia solo a Londra.”

“Ma no, stupido.” disse Paul, dandogli una leggera pacca sul petto, “È speciale per noi,  vero?”

John batté le palpebre, perplesso, mentre tutti i nervi scattarono in modalità ‘attento a quello che dici/non dici/fai/non fai’.

“Si può sapere di che diavolo stai parlando?”

“Avanti, non farmelo dire ad alta voce, che poi mi prendi in giro dicendo che sono il solito sentimentalista del cazzo.”

“Tu sei il solito sentimentalista del caso, Paulie, ma ti giuro che non ho la minima idea di ciò che stai dicendo.”

Paul sussultò appena, e osservò John in quel suo modo tutto particolare come se lo stesse studiando, come se volesse entrare nella sua fottuta mente. E John glielo lasciò fare perché era vero, non riusciva a capire a cosa si riferisse Paul. Anche se questo significava correre il rischio di farlo arrabbiare, o peggio deluderlo. Ma per quanto John si sforzasse di ricordare non riusciva a venirne a capo.

“Stai scherzando?”

“Ho smesso di scherzare due domande fa.” lo informò John.

Paul aggrottò la fronte. La sua perplessità era rapidamente sfociata in una neanche tanto leggera irritazione, “Non puoi averlo dimenticato. È… Cazzo, John, è importante. Non puoi farmi questo.”

“Ehi, un momento, non prendertela con me, non sono io che decido cosa ricordare e cosa dimenticare. È il mio stupido cervello.”

“Ma questo… questo era… riguardava noi due, quello che c’è tra noi. Quanto abbiamo dovuto aspettare per vivere…questo? E tu arrivi e ti dimentichi qualcosa di così importante?”

Paul lo guardava con irritazione sì, ma soprattutto con delusione. E John non sopportava leggere la  delusione sul suo bel viso a forma di cuore. Lo mandava in corto circuito. Non solo perché era avvenuto proprio ciò che lui temeva di più, ma anche perché così in tilt, la rabbia prendeva facilmente il sopravvento su di lui.

“Sai cosa? Se fosse stato davvero così importante come dici tu, allora  non l’avrei dimenticato. Probabilmente è solo una di quelle stupidissime smancerie a cui ti attacchi perché non hai nient’altro di meglio da fare. Io ci penserei due volte prima di-”

Ma non riuscì mai a terminare la frase perché Paul aveva la smorfia di quando John aveva superato il limite della sua pazienza. Paul stringeva le labbra così forte che diventavano solo una sottile linea rosea sotto il suo naso arricciato, e le sopracciglia si corrugavano conferendogli un’espressione che probabilmente ai più avrebbe trasmesso solo un lieve disagio, dato che Paul non riusciva mai davvero a essere minaccioso. Ma John, che conosceva il significato di tutto ciò, sapeva di aver esagerato.

E così Paul gli buttò il cappello addosso, prima di andare via, senza proferire parola. John finì di sistemarsi in fretta la camicia nei pantaloni e gli corse dietro chiamandolo per nome, ma Paul era già sparito.

Stupido lui e stupide le sue gambe lunghe!

Sospirando, John tornò a recuperare le proprie cose. Stavolta aveva combinato davvero un gran casino.

Cosa aveva dimenticato?

****

Paul odiava quel maledetto show di Natale. Tutti loro lo odiavano in realtà. Era la più stupida pantomima mai messa in scena. Non aveva senso, davvero, e Paul se ne vergognava tantissimo. Non voleva prestarsi mai più a simili sciocchezze. Per fortuna che almeno il giorno di Natale erano stati risparmiati dall’andare in scena.

Ora era in corso una specie di festa tristissima sul palcoscenico, iniziata una volta che il pubblico era uscito. Paul non era esattamente dell’umore di partecipare. No, decisamente, si sarebbe cambiato e struccato e poi sarebbe corso a casa per trascorrere una piacevole vigilia di Natale a casa di Jane.

Peccato che appoggiata sulla toletta del suo camerino vi era una busta rossa che prometteva solo di stravolgergli i piani.

Per Paul, diceva una scritta dorata in bella vista.

Incuriosito Paul aprì subito la busta per trovare un biglietto decisamente discutibile con un Babbo Natale tutto intento a ballare una strana danza con una signorina molto elegante. Ridacchiò divertito dal biglietto, prima di girarlo e trovare scritto…

“Se il tuo Babbo Natale segreto vorrai incontrare

A Cavendish avenue dovrai arrivare”

Paul si morse il labbro.

Dannazione, sapeva bene chi fosse il suo Babbo Natale segreto.

John. Lo stupido John Lennon che aveva stupidamente dimenticato qualcosa di tanto importante per Paul, e per loro in generale.

Paul lo aveva odiato rendendosi conto di quanto poco John avesse pensato a quel momento, mentre Paul non faceva altro che riviverlo ogni giorno nella sua mente per cercare di convincersi che fosse accaduto davvero.

John non meritava il suo perdono, anche se era Natale, anche se dovevano essere tutti più buoni, soprattutto la notte della vigilia, anche se…

Ma si trattava di John, il suo John, il suo fottuto, maledetto, stupidissimo John Lennon. E quando John lo voleva vedere, Paul correva. Non importava dove si trovasse, né con chi.

Paul correva. Sempre.

E anche ora raggiunse in fretta Mal, pregandolo di portarlo a Cavendish Avenue. Il pover’uomo cercò spiegazioni, perché proprio a Cavendish Avenue?

Ma Paul non si lasciò scappare una sola parola di ciò che avrebbe trovato lì e lo rassicurò, dicendogli che dopo averlo lasciato, sarebbe stato assolutamente libero. Così Mal si convinse ed entrambi salirono in macchina.

Dio, quella casa era così maledettamente lontano dall’Hammersmith Odeon. O forse era solo una sensazione di Paul? Sicuramente era perché fremeva di sapere cosa gli avrebbe regalato John. Doveva essere questo.

Poi finalmente, proprio quando meno se lo aspettava, l’auto rallentò e si fermò.

“Dove esattamente, Paul?”

Paul sentì il cuore battere forte in gola, fino ai suoi stupidi timpani, tanto che non riuscì a sentire la domanda di Mal.

Era folle. Sentirsi in questo modo, provare questa ingarbugliata matassa di sentimenti che lo facevano sentire come prigioniero della più dolce delle trappole, e nello stesso tempo guidavano i suoi gesti come un burattino, e lo guidavano verso John.

“Paul?”

“Eh, sì, sì, va bene qui, grazie, Mal.”

“Sicuro?”

“Sì, certo. Buon Natale. E grazie ancora.”

“Buon Natale anche a te, Paul.”

Paul scese velocemente dall’auto e si assicurò che Mal ripartisse, prima di raggiungere il cancello della villetta su cui aveva messo gli occhi.

C’era un sacchetto rosso appeso e Paul lo raccolse immediatamente. Lo aprì, scoprendo una cravatta nera, simile a quella che indossavano loro durante i concerti. C’era anche un’indicazione insieme alla cravatta: “Da indossare, non come cravatta, mi raccomando, ma come benda.”

Paul si guardò intorno, provando ad adocchiare qualche segno della presenza di John, ma non vide niente. Così infine decise di indossare quella benedetta cravatta e la legò in modo da coprire bene gli occhi. Poi rimase immobile e tutti gli altri sensi si affinarono, cercando di percepire il più piccolo dei suoni o il più lieve degli odori.

Finalmente dopo quella che parve un’eternità, ci fu un suono di passi che si avvicinarono sempre più. Paul trattenne il respiro. L’adrenalina scorreva nelle sue vene accelerando il battito cardiaco e il suo respiro.

E se fosse stato tutto uno scherzo?

O peggio, una trappola?

Una trappola di qualche fanatico.

Ma no. Era impossibile. Solo loro quattro erano a conoscenza del loro piccolo gioco.

Solo John sapeva di Cavendish avenue.

Solo John poteva prendere le mani di Paul così delicatamente e stringerle con amore.

Paul era al sicuro ora. Non aveva alcun dubbio.

“John?”

Ma John non rispose.

“Lo so che sei tu.”

Nessuna risposta. O meglio, John non disse niente ma iniziò a condurlo in avanti verso la villetta. E Paul obbedì docilmente.

“Era ovvio che fossi tu, sai? Nessun altro sa di questo posto. Dovresti sentirti molto onorato.”

Ancora silenzio. Continuarono solo a camminare.

“Va bene. Non dire niente. Ho capito. Ma sappi che ti ho scoperto. Quel biglietto orribile potevi sceglierlo solo tu. E sappi anche che se il mio regalo sono le tue scuse, beh, non mi bastano. Insomma, dovevi farmi un regalo come si deve. Di quelli indimenticabili. E le tue scuse non lo sono. Mi spiace dirtelo ma è cos-”

E poi Paul non poté più parlare. No davvero. Perché la sua bocca era troppo impegnata a baciare quella di John. Sì. Proprio quella di John. Era inconfondibile, il suo sapore, il suo odore.

John lo stava baciando. E Paul avrebbe tanto voluto dirgli che fosse fottutamente ingiusto da parte sua visto che Paul era bendato e non poteva in alcun modo sottrarsi, ma… al diavolo! Quello era il bacio migliore che avesse ricevuto nelle ultime settimane. Nessuno, nessuno lo baciava in modo così assuefacente.

“Non stai mai zitto tu, vero, Paul?”

Paul si lasciò scappare un sospiro tremante che fece ridere John.

“Perché ridi?”

“Perché mi fai ridere, principessa.”

“Sai, dubito che otterrai il mio perdono se continui a prendermi in giro.”

“Ah sì? E se ti regalassi questo?”

Paul non fece in tempo ad aprire bocca, che subito sentì qualcosa appoggiato sulla sua testa. Qualcosa che sembrava molto un… cappello?

“Era questo che volevi, giusto?”

Paul portò una mano sulla testa e trattenendo il fiato per un istante, tastò il cappello che aveva tanto desiderato. Era proprio lui.

Così finalmente abbassò la benda dagli occhi grandi e brillanti per la felicità per poter vedere l’altro, e annuì con tanta foga che John temette si fosse strappato qualche muscolo.

 “Bene, allora.” continuò John, sistemando il cappello sulla testa di Paul, “Penso ancora che doni di più a me, ma se non altro ora so perché lo vuoi.”

“Davvero? L’hai ricordato?”

John sorrise e prese ancora le mani di Paul, cercando di non arrossire ora, mentre gli spiegava davvero cosa fosse successo.

“Paul, non l’ho mai dimenticato. Ho semplicemente associato le due cose mentre riascoltavo A hard day’s night. E devi sapere che non pensavo tanto al cappello che indossavo in quel momento. Piuttosto pensavo a te, Paul, al fatto che ti stessi baciando per la prima volta, a quanto la tua bocca soffice fosse così perfetta sulla mia, al tuo corpo che si adattava in modo assurdo, davvero, tra le mie braccia, a come il tuo odore mi avvolgesse, a-”

“Ehi, quante cose stavi pensando?!” lo interruppe Paul, ridacchiando nervosamente.

Non voleva mostrare a John quanto le sue parole lo avessero colpito, ma al diavolo, John si era esposto e si meritava decisamente una ricompensa.

“Perché, tu no?”

“No.” rispose Paul, scuotendo il capo, “Io pensavo ‘oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo’!”

Oh cazzo, sto baciando il meraviglioso John Lennon, oppure oh cazzo, che schifo?”

“Finiscila di scherzare, John. Piuttosto, perché non mi dici che cosa hai fatto a questo posto?”

Solo in quel momento Paul aveva potuto notare quanto fosse diversa quella camera da letto dalla prima volta che vi era stato con John. C’era una bellissima coperta di patchwork sul materasso sopra cui erano adagiati due bicchieri e la solita bottiglia di eggnog, e nel camino il fuoco scoppiettava dolcemente scaldando tutto l’ambiente circostante.

“È abbastanza accogliente ora?”

“Oh sì, ma dovrei denunciarti per violazione di proprietà privata.”

“Non puoi denunciarmi. Non è ancora tua.”

“Dipende da come ti comporterai d’ora in poi. Intanto sappi che ti ringrazio molto per il regalo. È stato molto apprezzato.” esclamò Paul, guardando il cappello sulla sua testa.

“Prego, mi sembrava adatto.”

“Lo è davvero.”

“In più, sono venuto qui apposta per te, impendendo al mio Babbo Natale di trovarmi per il mio regalo. Quindi insomma, lo considererei un doppio regalo fossi in te.”

“Ah ma per quello non c’è problema. Se ti avvicini, ti dico dove puoi trovare il tuo regalo.”

Detto questo gli fece cenno di avvicinarsi e John non poté davvero trattenersi di fronte a quegli occhi da camera da letto e quella bocca che sapeva solo di promesse peccaminose.

Così si avvicinò, e non appena fu di fronte a Paul, John lasciò che gli prendesse le braccia e le portasse sui propri fianchi, pima di far scivolarescivolare le mani fino al suo collo, dove si avvolsero delicatamente. John rabbrividì appena, quando Paul sfiorò la sua guancia con le labbra nel momento in cui si sporse verso il suo orecchio.

“Chiudi gli occhi, Johnny.”

“Perché? Hai anche tu un cappello per me?”

“No. Tu chiudili e basta.”

John sospirò e annuì prima di chiudere gli occhi.

“Ora immagina di essere di nuovo sul set di A hard day’s night. Ci sei?”

“Ci sono.”

“Immagina ancora quel giorno, quando abbiamo girato quella scena dove…” si fermò un attimo per ridere, “Dove non hai smesso di guardare la mia bocca.”

“Ah sì.” mormorò John, con tono trasognato, “Sì, lo ricordo bene.”

“Ricordi quanto fosse maledettamente chiaro quello che pensavi? Che volevi baciarmi?”

John sollevò un sopracciglio, “Solo baciarti? Forse non mi hai guardato bene, allora.”

“Una cosa alla volta, sporcaccione che non sei altro.”

“Senti chi parla.”

“Ricordi che poi ci siamo ritrovati in camerino, solo io e te? Ricordi che non c’è stato bisogno di dire nulla perché tu avevi già detto tutto con quello sguardo? Anche se avevo avuto paura fino a quel momento di ciò che provavo per te?”

John sorrise di sbieco, “Sono bravo a guardare io.”

“E sai…” disse  Paul,  facendo strofinare lievemente i loro nasi, “Io amerò per sempre il tuo primo bacio, ma sai… era il primo. Era tutto incasinato, tutto nuovo e troppo meraviglioso per capire davvero ciò che stava succedendo. Allora John, dato che sono io il tuo Babbo Natale segreto, vorrei che accettassi il mio regalo per te.”

“E cos’è?”

Paul sorrise, mentre il cuore scalpitava felice nel suo petto, e lui lo maledisse. Sarebbe stato ore così con John, tra le sue braccia. Il suo cuore non avrebbe mai retto tutto questo sforzo se avesse continuato a battere in quel modo. Se doveva morire di crepacuore, tanto valeva morire sulla bocca di John.

Senza pensarci un istante di più Paul lo baciò, stringendosi a lui così tanto che la punta del suo naso fu schiacciata nella morbida guancia di John, lo stesso che avvolse possessivamente le braccia intorno ai suoi fianchi, quasi a volergli impedire di scappare ancora.

Poi quando Paul sentì le gambe prossime al cedimento si allontanò da John, e notando i suoi occhi aperti, gli sorrise.

“Ti regalo il nostro secondo primo bacio.”

John riaprì gli occhi, rivolgendogli uno sguardo colpevole e al contempo affettuoso, “Così non lo dimenticherò mai più, vero?”

“Così non lo dimenticherai più. Decisamente. I miei baci sono indimenticabili.” lo assicurò Paul.

John alzò gli occhi al cielo, sospirando rassegnato, “Ecco, lo sapevo che alla fine era solo una questione di ego smisurato di McCartney.”

“Non è vero.”

“Sì e sai che ti dico? Ora pretendo anche la mia seconda prima volta.”

E Paul stava per ribattere che il regalo era solo un bacio, quando John lo spinse con un mano sul petto, facendolo cadere sul materasso dietro di lui.

Il minuto dopo gli fu sopra, tutto intento a stringerlo e strofinare il naso freddo contro il suo collo.

“Ricordami di ringraziare Ringo per aver organizzato questa roba.” esclamò contro la pelle calda di Paul.

Il ragazzo sotto di lui rise e si divincolò per il solletico, ma lo strinse tra le sue braccia.

“Smettila di pensare a lui ora. Sei o non sei il mio Babbo Natale segreto?”

John annuì, mentre con un ringhio gli mordeva il lobo dell’orecchio.

Oh oh oh.”

 

Note dell’autrice: tantissimi auguri a tutti, first of all.

Era da un sacco che non pubblicavo una slash. *me piange* Ma per Natale dovevo fare qualcosa assolutamente. Al che ho pensato all’iniziativa del Babbo Natale segreto e mi sembrava carina per i Beatles. In questo caso è Ringo la shipper a fare tutto. Sant’uomo lui, ma l’avete notato come guarda John e Paul? E’ una fangirl peggio di noi. xD

Come si capisce dal testo, la storia è ambientata nel dicembre 1964, durante Another Beatles Christmas show che i Beatles odiavano. La storia del cappello è un po’ inventata dal fatto che non mi sembra di aver visto John con quello stesso identico cappello negli anni successivi. E poi cosa dovevo dire… ah sì, l’eggnog è una sorta di zabaione. L’ho scoperto anni e anni fa in una fanfiction e mi sembrava carino inserirlo qui, a contribuire all’atmosfera natalizia.

Questo è quanto. Ora, un grazie speciale a Chiara, Paola e Claudia per la loro amicizia e il loro incoraggiamento.

E un grazie quanto una casa, con dentro John e Paul che si fanno tante coccole ad Anya, che ha corretto e fatto tanto per questa storia, che ho avuto il piacere di rivedere due giorni fa, e che fa sempre tanto tanto tanto per me. Davvero un grazie col cuore. <3

A presto, spero.

E ancora auguri.

kia85

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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