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Autore: Itsamess    27/12/2015    1 recensioni
Un'improvvisata lezione di botanica vichinga per (b)romance più controversa nella storia della Scandinavia:
"È come il vischio il legame che li unisce, perché nonostante non abbia niente a cui aggrapparsi riesce a durare nel tempo. Anche se lui e Ragnar appartengono a culture opposte, anche se molti disapprovano la loro amicizia, anche se uno è un prete quasi vegetariano e l’altro un vichingo decisamente carnivoro – si completano a vicenda"
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Athelstan, Ragnar Lothbrok
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nulla di incompleto



L’aria sospesa sopra alla radura è immobile e silenziosa, come se temesse di distrarre il cacciatore in un momento tanto fondamentale:
La mira – la linea ideale che unisce l’arma al bersaglio.
Un millimetro più a destra o più in alto e mancherà la preda, anche se da quella distanza è praticamente impossibile. Il cerbiatto continua a brucare sereno la rada erba che sbuca dal suolo gelato, senza avere il minimo sospetto che di lì a qualche istante morirà, senza aver fatto nulla per meritarlo.
Invano dunque ho conservato puro il mio cuore e ho lavato nell'innocenza le mie mani
Le labbra di Ragnar sfiorano appena il legno della cocca ed Athelstan si ferma ad osservare smarrito un gesto tanto intimo nei confronti di un oggetto inanimato, per poi convincersi che non vuole davvero sapere perché l’amico stia baciando una freccia. Che sia un’usanza vichinga o un rituale venatorio per propiziarsi una buona battuta di caccia, questi interrogativi rischiano quasi distrarlo dal piano.
Quasi.
Ragnar prende un profondo respiro e sorride, perché la preda è completamente ignara della sua presenza e questo gli permette di avere abbastanza tempo da mirare dritto alla testa, così da non rovinarne le carni più del dovuto. Si prepara a scoccare il dardo. Le sue dita allentano la presa intorno alla freccia e-
 
Athelstan starnutisce.
Spaventato da quel rumore improvviso, il cerbiatto sparisce rapidamente fra gli alberi prima che Ragnar possa colpirlo. Deve fare appello a tutta la sua buona volontà per non strangolare l’amico seduta stante.
Lo ha fatto apposta. È già la quarta volta quella mattina che fa scappare il loro pranzo, non importa se si tratta di uno scoiattolo, una cerva o una poiana: Athelstan li risparmia tutti. La compassione è sempre stata il suo più grande punto debole.
Se lo sentiva che era una pessima idea quella di portarlo a caccia, eppure davanti agli occhi imploranti dell’amico non aveva proprio saputo dire di no.
Stupido.
«Se dipendesse da te l’intero villaggio morirebbe di fame» brontola, più arrabbiato con se stesso che con l’altro. Si rialza da terra, ripone nella faretra la freccia inutilizzata e resta per un attimo ad osservare divertito Athelstan che cerca di scrollarsi di dosso le ultime foglie secche che gli sono rimaste attaccate alla veste.
Lui e la sua fissa per la pulizia.
Il moro alza finalmente lo sguardo su di lui «Oppure adotterebbe una dieta vegetariana- Non dovremmo cibarci della sofferenza degli altri animali»
Ragnar alza gli occhi al cielo.
È una battaglia persa con lui.
«Per oggi faremo a modo tuo. Bacche e nocciole. Vediamo se almeno queste riesci a raccoglierle senza avvertirle del nostro arrivo»
 
Camminano in silenzio per un tempo indefinito, continuando a guardarsi intorno alla ricerca di qualcosa di commestibile tra tutto quel fogliame gelato, eppure la foresta sembra voler offrire loro solo un migliaio di rami secchi e ben poche bacche.
Ragnar non glielo sta facendo pesare e continua a procedere a passi sempre più stanchi, in silenzio, eppure Athelstan sa che è colpa sua: è vero, ha sabotato quella battuta di caccia dall’inizio alla fine, in parte per salvare quei poveri animali innocenti, in parte perché è troppo divertente l’espressione esasperata dell’amico ogni volta un qualche imprevisto rovina il loro appostamento.  Una volta ha finto di tossire, un’altra è inciampato, un’altra è scivolato… del resto tutti nel villaggio conoscono la sua incredibile goffaggine, non fanno altro che prenderlo in giro! Eppure Ragnar lo difende sempre, anche quando è oggettivamente indifendibile… Come la sera che ha rovesciato per terra un intero vassoio di funghetti allucinogeni, subito divorati dal famelico cane di Auslaug; o quella volta che tentando di raschiare la corteccia da un ciocco di legno ha rischiato di rimetterci un pollice, prontamente medicato da Thorun…
Il Signore ha posto i solitari in famiglie
Athelstan istintivamente accarezza il bracciale che Ragnar gli ha donato come segno di appartenenza alla comunità e si domanda se non è destino che resti per sempre.
Un pensiero del genere lo aveva talvolta sfiorato, ma fino a quel momento era stato abbastanza forte da reprimerlo, ripentendosi che presto sarebbe tutto finito e sarebbe potuto tornare a casa.
Eppure più se lo ripeteva, più si rendeva conto di essere già a casa.
 
La battuta di caccia è solo un pretesto: il villaggio ha abbastanza riserve di carne per l’inverno e in questa stagione la maggior parte degli animali è già caduta in letargo, quindi non è davvero colpa di Athelstan se non sono riusciti a prenderne neanche uno, anche se naturalmente il suo sabotaggio non è stato d’aiuto.
La verità è che voleva passare del tempo con lui, da solo. Gli è mancato più di quanto voglia ammettere. «Cos’è che stavi dicendo prima, sul verderianesimo-»
Athelstan ride del suo neologismo e spiega «Vegetarianismo… semplicemente consiste nell’evitare di cibarsi di carne e preferire altri tipi di alimenti, come uova, latte, legumi. Alcune persone lo adottano per ragioni di salute, altri per motivi etici, altri per motivi religiosi… Per il Cristianesimo nei venerdì di Quaresima non è consentito mangiare carne, perché corrompe lo spirito-»
«E questa dieta a me corrompebbe l’umore!» lo interrompe Ragnar «Non so davvero come facessi a sopravvivere con tutte queste regole assurde»
«Sono tradizioni, devono essere rispettate»
La sua voce è ferma, eppure qualcosa nel suo tono mostra chiaramente che è lui il primo a non essere completamente convinto. Non è la prima volta che i divieti contenuti nella Bibbia lo lasciano perplesso, infatti solo qualche sera prima avevano discusso dell’opportunità o meno di avere un tatuaggio, severamente proibito ai cristiani.
Athelstan aveva percorso con l’indice le intricate geometrie disegnate a filo d’inchiostro sulla testa di Ragnar, domandandogli cosa significasse questa o quella linea. Le aveva trovate bellissime - o almeno così aveva detto- e si era chiesto come potessero essere peccato.
Ragnar non aveva saputo rispondergli. A quanto gli aveva raccontato l'amico, per la Bibbia era peccato anche mangiare crostacei, eppure l’aragosta fresca era ottima; era peccato anche giacere con un uomo, eppure baciare Athelstan quella sera sembrava l’unica cosa vera e giusta della sua vita.
«Facciamo una pausa, che ne dici?» quella di Ragnar è tecnicamente una domanda, eppure prima ancora che Athelstan possa rispondergli si è già sdraiato ai piedi della più vicina betulla, pronto a schiacciare un pisolino con lui tutte quelle ridicole fantasie sull’amico. Deve davvero smetterla di pensarci, perché non vuole rovinare il loro legame proponendogli qualcosa che è certo che l’altro rifiuterebbe. Perché rifiuterebbe, no?

«Ragnar» lo sveglia dolcemente, toccandogli la spalla «Ragnar»
«Spero che tu mi stia svegliando per un buon motivo… hai trovato qualcosa da mangiare che non urti i tuoi sentimenti?»
Athelstan sorride della smorfia quasi disgustata con cui Ragnar pronuncia l’ultima parola – lui ha sempre considerato le emozioni come punti deboli, come parti del corpo lasciate libere dall’armatura – e si chiede se è  per questo che l’amico sembri sempre così invincibile, non mostrando mai quello che prova. Lo osserva sollevarsi faticosamente sui gomiti ed appoggiarsi al tronco dell’albero.
Il moro solleva lo sguardo e gli indica cosa ha appena scoperto esclamando «Credo di sì, guarda lassù!»
Il cespuglio inspiegabilmente cresce su uno dei rami principali della betulla e sembra quasi un gigantesco nido verde chiaro rischiarato qua e là da punti di luce bianco-argentei. Athelstan spera con tutto il cuore che siano bacche commestibili, così che Ragnar gli perdoni il sabotaggio di qualche ora prima.
«Dici che possiamo mangiarle?»
«Oh potere possiamo, solo che poi moriremmo avvelenati e l’idea non mi attira particolarmente»
Il sorriso di Athelstan scompare di colpo, sostituito un’espressione visibilmente delusa.
«Dici davvero? È velenosa?»
«Davvero non hai mai visto questa pianta? È il vischio, sacro a Freya»
Il moro scuote la testa.
«Mai sentito»
E non è una novità, per lui: ha trascorso così tanti anni chiuso nel monastero da essersi perso a lungo il contatto con il mondo reale, quello al di fuori delle mura. Ogni passeggiata con Ragnar è la scoperta di suoni, colori e luci che non aveva mai immaginato potessero esistere. Come nel caso del Tramonto Danese, il primo caso di proibizione dell’arancione nella storia della meteorologia: in Norvegia il sole non tramonta mai, forse perché non sorge mai davvero.
Il cielo passa semplicemente dal nero pece della notte al grigio chiaro dell’alba, dal bianco intenso del mezzogiorno al viola cupo della sera, per poi rituffarsi nuovamente nel nero.
Niente arancione, mai - solo sfumature di colori freddi, li stessi che vede ora negli occhi ancora assonnati di Ragnar, che sono tanto chiari che gli sembra quasi possibile sbirciare direttamente nella sua anima, azzurra anch’essa.
«Secondo la leggenda, alla nascita di Balder fu predetto a Freya che suo figlio sarebbe stato ucciso dal suo stesso fratello, il perfido Loki. Così la dea per salvarlo fece giurare a tutte le piante, a tutti gli animali e ai quattro elementi - Fuoco, Aria, Terra e Acqua - che avrebbero sempre protetto Balder… ma c’era una pianta che Freya non aveva considerato: il vischio»
Ragnar gli indica il cespuglio sopra alle loro teste, testimone silenzioso della storia di cui è protagonista.
«Vedi, non cresce né sopra né sotto la terra, perché è senza radici. È una pianta speciale, tramite fra il suolo ed il cielo, quasi-»
«-un compromesso fra due diversi mondi » Athelstan sussurra questa frase guardandolo dritto negli occhi, sperando che capisca che non si sta più riferendo alla pianta, ma a loro due. È come il vischio il legame che li unisce, perché nonostante non abbia niente a cui aggrapparsi  riesce a durare nel tempo. Anche se lui e Ragnar appartengono a culture opposte, anche se molti disapprovano la loro amicizia, anche se uno è un prete quasi vegetariano e l’altro un vichingo decisamente carnivoro – si completano a vicenda.
Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all'altra, Egli non ha fatto nulla d'incompleto.
 
Ragnar non può immaginare la natura dei pensieri dell’altro, altrimenti forse smetterebbe di raccontare la leggenda sulla nascita del vischio e impiegherebbe il tempo in un modo più piacevole per entrambi. Non sapendo leggere nella mente come il Veggente continua imperterrito narrare la storia «Loki intrecciò dei rami di vischio per creare una freccia in grado di uccidere Balder. E devo dire che sfortunatamente il suo piano riuscì. Suo fratello cadde trafitto da quel dardo così mortale»
«Ma è una storia orribile-»
«Perché non è ancora finita… Freya, prostrata dal dolore, pianse disperata sul corpo del figlio. Le sue lacrime, a contatto con la freccia di vischio, si trasformarono in bacche argentee che riportarono in vita Balder. Così Freya, colma di felicità, ringraziò chiunque passasse sotto ad un cespuglio di vischio con un bacio che assicurava la sua protezione eterna. Da qui è nata la tradizione, ogni volta che si passa sotto un albero su cui cresce il vischio di…»
Ragnar prende un profondo respiro: non è sicuro di voler finire la storia, anzi forse è stato un errore perfino iniziarla. Sedersi sotto quella maledetta betulla, andare a caccia, innamorarsi di Athelstan… la lista degli errori poteva proseguire a ritroso anche all’infinito.
«Che cosa?» gli domanda il moro davanti a quella lunga esitazione
«Niente» si scrolla lui nelle spalle «Baciarsi, ecco»
Athelstan si blocca. Apre la bocca per ribattere ma non ne esce alcun suono. Deve essere davvero troppo per lui. Ragnar sente una punta di rimorso per non aver saputo tacere, o quantomeno inventarsi una fine diversa per la leggenda, dato che questa sembra davvero turbare l’amico, quindi tenta di fare un passo indietro e chiarisce «Non è una scusa per baciarti, esiste veramente questa tradizione, puoi chiedere a Rollo-»
Athelstan lo zittisce con un bacio.
Le tradizioni vanno rispettate, dopotutto.
  
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