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Autore: Kaleido_illusion    28/12/2015    1 recensioni
Benvenuti a Cardia-Y 311, una città stato post apocalittica.
Tra edifici crollati, piogge acide e severe leggi, si intrecciano le vicende di due giovani di realtà completamente diversi: lei, April, una ragazza disillusa e sospettosa con un caratterino da vendere, vive nei Sobborghi lottando ogni giorno per sopravvivere; lui, Nagìl, un curioso ragazzo privileggiato del Centro, che stufo dei favoreggiamenti riservatigli decide in un attimo di ribellione di visitare quei luoghi che la cupola di vetro gli impedisce di raggiungere. Il caso vorrà che i dui si incontrino e da quel momento in poi le loro vite cambino drasticamente ...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 9

 

 

 

 

Mi trovo molto probabilmente in quella che deve essere camera sua. È troppo ordinata, per essere la stanza di un ragazzo, con il letto impeccabilmente rifatto e nessun vestito in giro. Non posso fare a meno di compararla a quella di Kid o J.J. che, a confronto, sembrano un accampamento di profughi con tutti gli oggetti sparsi a casaccio. Questa decisamente non ha oggetti o suppellettili inutili, è una noia da guardare ma, proprio perché non vi è nulla di superfluo, devo stare attenta che il proprietario non voglia fregarmi come la sua amichetta. Osservo il mobilio con sospetto e decido di controllare addirittura sotto il materasso e la scrivania, mentre con un occhio tengo sotto controllo quello pseudo-essere umano. 
<< Che problemi hai? >> mi domanda furioso una volta che, finito di ispezionare ogni centimetro della stanza, decido di passare al bagno attiguo. << Ma
da piccola non giocavi con le bambole? Oppure ti divertivi a fare la spia?>> sbotta tirandomi per un braccio per farmi uscire dal locale e sbattere violentemente la porta.
<< Non mi sono mai piaciute le bambole, come le principesse. Fanno una brutta fine dopo il matrimonio con il principe, sempre se lo sposano!>> rispondo divincolandomi e guardando la sua mano come se volessi morderla al pari di un cane rabbioso. Non gli ho mica detto che non doveva toccarmi?!
<< Infatti, guarda come sei diventata! Che infanzia deviata…>> annuncia sarcastico.
<< Cosa?! Ah ma bene sentite chi parla, sua infanzia felice! Immagino che Lei l’abbia vissuta meglio della sottoscritta, mi corregga se sbaglio>> lo canzono in cagnesco.
Proprio un essere come lui osa giudicarmi?!
<< Non credo siano affari tuoi>> ribatte secco, mentre s’irrigidisce in tutto il corpo, abbandonando la posizione rilassata.
<< Ma davvero?! Ascoltami bene signorino dei miei stivali, non sono qui per perdere ancora tempo con uno come te e con cui, per giunta, non voglio nemmeno avere a che fare!>> sbraito, scaraventando sul suo letto, insieme alla finta consegna, il palmare che avevo nella borsa. << Ora siamo pari! Non ti devo più nulla>>
<< Quindi l’avevi tu?>> mi ferma adirato e stupefatto, adocchiando l’aggeggio elettronico.
<< No! Ora firma questo dannato foglio. Mi sono stufata!>> sbraito perdendo le staffe per essere passata per la ladra di turno, e sventolandogli la ricevuta sotto il naso, che è il mio unico lasciapassare legale per lasciare quell’inferno.
<< No>> replica secco.
<< Come prego?!>> riesco a dire, vincendo la rabbia e lo sconcerto.
<< Ho detto di no>> ripete calmissimo.
È troppo sicuro di sé; questo mi fa pensare che aveva già in mente un piano quando ha deciso di portarmi qui. Sono stata raggirata, non posso crederci!!
<< Senti tu, chi ti credi di essere?! >> mi infurio, adesso che sono consapevole delle sue reali intenzioni, ovvero tenermi lì; e non esito a prenderlo per il bavero della divisa inamidata, costringendolo ad indietreggiare fino allo stipite dove fino a poco prima se ne stava tranquillo e spavaldo. Mi sento usata e non ne sono per niente contenta! E se anche la sua risposta non dovesse piacermi, gli regalo un occhio nero come volevo fare da qualche tempo. Sfortunatamente non potrò punire tutti i Centriani, ma almeno questo che non vuole saperne di levarsi dai piedi, lo concio per le feste, perché ne ho viste troppe oggi per poterlo graziare.
<< Non credo proprio. Sono uno importante da queste parti. Perciò se vuoi andartene in sicurezza, dovrai ascoltarmi di nuovo finché non avrò una tua risposta; e fino ad allora rimarremo qui a costo di impiegarci ore, chiaro?! Altrimenti… prego. Di la c’è la porta, ma ti assicuro che i Funzionari che incontrerai là fuori, non ti daranno un caloroso benvenuto come il sottoscritto. Anzi saranno più che contenti di darti un biglietto solo andata per le prigioni, se non ci sarò io a confermare la versione dei fatti. Perciò che vuoi fare? A te la scelta.>> predica, strattonando il polso che stringeva la stoffa attorno alla sua gola e liberandosi della presa.
<< Brutto figlio di …>> le parole mi muoiono in gola soffocate dallo sdegno nel sentire il ricatto celato nel suo discorso, ed il naso mi si torce in una smorfia di ribrezzo. Mi ha incastrata, che bastardo!
<< Non puoi farlo!>> sibilo, tentando di contrattaccare, sentendomi però come un leone in gabbia. Adesso davvero non ho nessun’altra scelta se non quella di rimanere inchiodata lì. Mi sono fatta infinocchiare da un damerino imbellettato, che imbecille sono stata e mi detesto perché in fondo dovevo aspettarmelo.
<< Oh, certo che posso>> scandisce serio con un luccichio ferino negli occhi.
Oggi è sicuramente troppo arrogante rispetto all’incontro di qualche giorno fa. Sono tutti bravi a fingersi dispiaciuti e commuoversi davanti a dei bambini orfani ma, quando non li hai davanti agli occhi tutti i giorni, è fin troppo facile cambiare opinione e ignorare i fatti. Come si dice, lontano dagli occhi lontano dal cuore. La collera mi istiga fino all’inverosimile a restituirgli le botte che non ha ricevuto quel giorno nei Sobborghi, anche perché un’altra persona, oltre a Kid, è riuscita a mettermi con le spalle al muro. Questo non me lo perdonerò mai, soprattutto se si tratta di qualcuno della peggior feccia che ci sia e che odio di più al mondo. Purtroppo mentre, finalmente sto per assecondare il mio stato d’animo ed infatti ho già pronto un bel pugno da assestargli sul suo bel faccino, veniamo interrotti da Ed che si ferma appena fuori dalla porta, e attende inquieto il momento per parlare.
Dannazione! Faccio scivolare il braccio piegato lungo il fianco. Davvero non mi farei problemi a pestarlo seduta stante, ma gli occhi del signore appena arrivato mi mettono soggezione e allo stesso tempo mi sono in qualche modo familiari.
<< Dimmi Ed>> interviene il tipo, ma vedendo l’espressione corrucciata dell’uomo che mi osserva, si affretta a continuare << Non ti preoccupare non è successo nulla, dimmi pure>>.
<< Signore è rientrato il segretario di suo padre. Adesso è nello studio del Padrone e penso che a momenti verrà a chiamarla>> spiega l’uomo soppesandomi con lo sguardo.
“ Padrone?” penso sbigottita dalle innumerevoli possibilità che ciò può implicare. Sento appena l’imprecazione del tipo che ancora mi stringe saldamente il polso, che subito vengo strattonata e trascinata nella stanza lontano dalla porta. Il ragazzo arraffa precipitosamente il palmare e la scatola sulle coperte, e ci dirigiamo a rotta di collo attraverso l’ennesima porta di quella camera: si tratta di un armadio, almeno credo, ma è talmente largo e capiente che potrebbe benissimo essere una stanza a sé. Mi lascia andare solo quando è sicuro di aver appoggiato le cose sul tavolo lucido al centro dello spazio.
<< Non ti muovere, non fiatare nemmeno finché non te lo dico io!>> irrompe, ammonendomi. Sembra una scena già vista, solo con le parti invertite e con uno scenario differente. Tuttavia non sono propensa a collaborare e sto per ribattere, così lui mi interrompe scavalcando le mie parole.
<< Casa mia, regole mie! Se non vuoi essere scoperta, faresti meglio a seguire il consiglio>>, poi mi lascia nell’oscurità, spezzata appena dalle lame di luce che filtrano dalle ante a persiana. Mi ha chiusa dentro un armadio, neanche fossi un amante!
Ancora più incavolata nera di come sono entrata, mi avvento contro l’uscio cercando di forzarlo ad aprirsi, ma il tipo lo tiene sbarrato con forza. Ha fatto appena in tempo a richiuderle sotto un mio attacco, che un uomo più giovane e in tenuta elegante rispetto a Ed, entrare a forza nella stanza da letto senza nemmeno bussare, cogliendo il ragazzo con ancora le mani sui pomelli della porta. Posso ancora vedere la sua figura dietro ai battenti della mia prigione improvvisata.
<< Signor Sunderset, il Governatore la vuole al telefono>> dichiara in tono formale e contrariato, come se quello fosse il compito più fastidioso che gli potesse capitare.
<< Arrivo subito, devo solo sistemare una cosa>> risponde.
<< Signore, mi dispiace contraddirla, ma suo padre ha detto immediatamente e non accetta una dilazione sulla tempestività della sua risposta>>.
<< Ed per favore potresti continuare tu? >> chiede gentilmente rassegnato agli eventi al nonnetto, che con un inchino accetta l’incarico, e poi i due scompaiono dalla vista chiudendo la porta.
Prima che possa anche solo muovere un muscolo, il signore di nome Ed spalanca le imposte all’improvviso, lasciandomi accecata per un attimo. Quando riprendo a vedere, lui si fa da parte lasciandomi libero il passaggio, ma non mi sposto nemmeno di un millimetro reggendo il suo sguardo indagatore.
<< Salve signorina>> esordisce allora l’uomo.
<< Salve, Ed>> replico civilmente e con il rispetto che mi hanno insegnato a portare per le persone più vecchie di me, ma allo stesso tempo, chiamandolo per nome, dichiaro che non sono stata indifferente ai discorsi che sono avvenuti in mia presenza.
<< Ed è il diminutivo affettuoso che mi ha dato il signorino, ma il mio nome completo sarebbe Edward. Mentre il suo è?>>
<< April>> rispondo monotona. Inutile mentire e poi, dato che conosco il suo, è una forma di rispetto dire la verità.
<< Nome incantevole, tra l’altro di una stagione altrettanto splendida, non trova?>> sorride appena e le rughe ai lati degli occhi, uno giallo e l’altro marrone, si tendono assottigliandone il profilo. Sembra pacifico, tipo qui vecchietti che si possono incontrare al parco e che danno da mangiare ai piccioni, solo che da noi i volatili poi finiscono arrosto di solito accalappiati dalle stesse persone che le nutrivano. Comunque non so che rispondergli e mi limito a fissarlo annuendo appena, non posso abbassare la guardia. Inoltre non so come sia fatta la primavera, purtroppo quando sono nata, le stagioni erano già irrimediabilmente cambiate e le mezze stagioni erano scomparse da tempo, perciò conosco solo il freddo intenso ed il caldo afoso. Credo che il vecchietto intuisca il motivo del mio silenzio, perché indaga attentamente il mio viso. Sembra non sappia se dirmi qualcosa o meno, tuttavia alla fine capitola.
<< Come se la passano i Sobborghi?>> mi chiede a bruciapelo abbandonando momentaneamente le formalità.
Lo guardo allibita. Cosa potrebbe importagliene del mondo la fuori se vive nell’agio? Poi rimango sbigottita nel momento in cui capisco finalmente cosa sott’intenda la domanda.
<< Lei viene da lì?>> sputo fuori dai denti ancora incredula ed il signore si limita a sorridere affabile. << Non tanto bene>> sono costretta ad ammettere sotto shock ed incapace di immaginarlo con due occhi dello stesso colore.
<< Non è cambiato molto allora>> dice malinconico.
<< Perché … perché si trova qui?>> non posso fare a meno di chiedere, vinta dalla curiosità, pensando che anche lui sia stato vittima delle stelle nere.
Come ha fatto un mio simile ad approdare nel Centro e addirittura restare alle dipendenze di gente così … spietata? Non posso capacitarmi. 
<< Un po’ per sfortuna, ma non tutte le persone sono così spietate come sembrano, e mi ritengo fortunato di lavorare tuttora per il signorino Nagìl e famiglia>>.
<< Mi scusi, non volevo essere invadente>> dico subito per rimediare alla mia sfacciataggine.
<< Non c’è problema, ormai fa parte del passato. Quindi non le dispiacerà se le faccio qualche domanda, vero?>>
Ormai ho completamente abbandonato ogni atteggiamento ostile, anche volendo, non potrei adesso che so come stanno davvero le cose. Insomma è un mio “ simile” e non posso non sentirmi in qualche modo coinvolta nelle sue vicende, perciò lo seguo fuori dall’armadio e chiacchieriamo scambiandoci impressioni e descrizioni, anzi, per lo più sono io che rispondo alle sue curiosità.
Dopo un po’ che conversiamo, gli chiedo senza accorgermene che tipi siano i proprietari di casa, non perché mi importi davvero di loro, ma perché vorrei capire come mai una persona così affabile e intelligente come Ed, si trovi qui e possa sottostare alle regole di questi mostri.
<< Vuole sapere di tutti i membri o uno in particolare?>> mi domanda scherzoso.
“ Conosci il tuo nemico” mi ripeto, riuscendo così a rispondere che mi interessa tutta la famiglia in generale perché, se non sbaglio, sono a casa del Governatore di Cardia, mica cavoli lessi, perciò meglio accumulare più informazioni possibili; potrebbero rivelarsi utili più avanti.
<< Vediamo, il capofamiglia è un uomo molto austero e devoto al suo lavoro, ma è ben consapevole di quanta gentilezza elargire ai suoi subordinati affinché lo appoggino. Sa il suo carattere rigido è dato dettato dalla carica di Governatore che ricopre. La signora è una donna molto raffinata, dai tratti esotici ed è di buon cuore con chi conquista la sua fiducia, ma sa essere terrificante se viene contraddetta o scopre di essere stata raggirata. Infine c’è il signorino Nagìl. Lui è l’unico erede e ha delle idee un po’ discordanti dal comune pensiero ed adora i dolci alle mele.>>
Non vedo come l’ultima informazione possa importarmi, comunque non ribatto e cerco di mantenere un’espressione impassibile.
<< Perché mi sta dicendo tutto questo, in fondo sono un’estranea>> mi sorprendo a dire ad alta voce, incuriosita dal mio interlocutore. Chiunque, credo, avrebbe detto la stessa cosa in una situazione simile, cerco di convincermi.
<< Perché se il signorino l’ha portata fin qui, in un certo senso si fida di lei ed io non posso essere da meno. È un ragazzo giudizioso, nonostante sia un po’ fuori dagli schemi ed ha la mia piena fiducia, nonostante alle volte debba essere messo in riga>> decreta affettuosamente l’anziano. Sembra sia effettivamente legato a questa famiglia, anche se non riesco ancora ad immaginare il perché.
<< Sembra scettica, però mi permetta di darle un consiglio che è libera di accettare o meno. Il signorino si sta impegnando molto per cambiare le cose, e non dubito che un giorno sarà un degno Governatore, perciò fossi in lei, cercherei di aiutarlo, anche se non le è simpatico perché, che lo voglia o meno lui rappresenterà il nostro futuro, o meglio il suo. Anche volendo parlare in termini opportunistici, è meglio averlo dalla sua parte che contro, non crede?>>.
Nelle sue parole colgo, però oltre al consiglio, una sfumatura di avvertimento. È solo una sensazione e comunque mi dà da pensare. Adesso, riesco a riconoscere in quella livera impeccabile, i tratti smussati ed addomesticati di un vero Outsider.
Ha appena terminato il suo discorso che il soggetto al centro delle chiacchiere entra stremato, rischiudendo nuovamente la porta e lasciandosi poi cadere sulla sedia, senza badare a noi. È trano vederlo così… umano, forse devo iniziare a prendere sul serio le parole del maggiordomo, tuttavia non posso ancora cedere. Ci sono troppe cose in ballo e da chiarire.
<< Jonah se né appena andato>> sospira, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
<< Vuole del thè signorino?>>
<< Grazie mille Ed. Porteresti portare per favore una tazza anche per la nostra ospite?>> chiede cortese ed il maggiordomo, dopo essersi inchinato, si avvia a compiere la sua mansione. Ancora non riesco a digerire il fatto che debba mostrare tanto servilismo per questo tipo, anche se mi dato ad intendere che lo fa molto più che volentieri.
<< Prego, vedo che ti sei accomodata>> sentenzia Nagìl con sarcasmo. Mi affretto ad alzarmi dal suo letto, scuotendomi i vestiti come se mi fossi appena seduta su un marciapiedi polveroso e rischiassi di beccarmi la peste. Nonostante tutto non riesco ancora a trattarlo da persona con raziocinio, figuriamoci come figura di stato. Futuro governatore? Ma non scherziamo.
<< Scusa, non era con cattiveria. Puoi sederti se vuoi… lascia stare. Torniamo al nostro discorso. Dove eravamo rimasti?>> mi chiede, sospirando.
<< Che volevo tirarti un pugno.>
> ribatto seria, strappandogli un sorriso stanco. Ehi! Non volevo essere mica simpatica. Questo ragazzo è… strano. Ha diverse sfaccettature e sfumature nascoste, come una scheggia di vetro colpita dalla luce. Ma che cavolo? Come faccio a pensare a cose simili! Le parole di Ed hanno attecchito più di quanto dovessero. Toh! Se dovessi raccontarlo a Tiberius, almeno lui sarebbe contento di sapere che sto cambiando idea.
<< Anche, ma se ti ho portata qui c’è un motivo. Vorrei sentire la tua risposta alla nostra proposta>>.
<< Non mi hai fatto nessuna domanda, non diretta, perciò non devo rispondere proprio a nulla. E soprattutto ‘ Nostro’? Chi altro sa di me e Kid?>> sentenzio allarmata facendo un passo avanti. Che qualcun altro della famiglia sappia del tunnel e tutto quanto? È troppo pericoloso, soprattutto dopo le descrizioni di Edward. Potrei essere in un mare di guai e non solo io, perciò ho fatto bene a non deporre l’ascia di guerra.
<< No ehi, tranquilla. Io e mio cugino Spike abbiamo iniziato a lavorare a questo piano e nessun altro. Per il momento non ha ancora una forma, ma ci serve il tuo aiuto per definirlo. Se dirai di sì, potremmo aiutare questa città e soprattutto i Sobborghi.>>
Il maggiordomo è ritornato, spingendo un carrellino d’argento con due tazze ed una teiera fumante. Bloccando sul nascere il mio rifiuto.
<< Grazie. Ed, per favore rimani. Vorrei che sapessi anche tu di questa cosa e poi con te nei paraggi April sembra più a suo agio.>> e cede al signore il suo posto sulla sedia, per porgermi una tazza calda ed accomodarsi sul comodino con la sua.
Annuso distratta l’aroma che sale in volute sinuose dalla ciotolina di porcellana, di sicuro il miscuglio di foglioline è molto più fine e costoso di quello che abbiamo a casa, decreto cercando di concentrarmi sulle proprietà olfattive, tuttavia non riesco ad apprezzarne la qualità. Ho troppi pensieri per la testa, osservando queste strane dinamiche sociali che mi si parano difronte: un “nobile” che tratta come suo pari un maggiordomo adottato dai Sobborghi. Il mondo sta andando alla rovescia o ho la botta in testa mi ha rincretinita? Che devo fare? Sono certa di odiare questa gentaglia, ma dovrei concedergli di spiegarsi o no? Tiberius di sicuro mi direbbe di provarci, Kid pure, mia zia non so e di dirglielo non se ne parla nemmeno, mi chiuderebbe in casa per i prossimi mille anni, mentre i mie genitori...
 E comunque, visto che mi offrono una possibilità per migliorare il mio mondo, non dovrei mettere da parte il mio orgoglio e il mio egoismo a favore di un bene collettivo? Se rifiutassi, potrei tornare alla vita di sempre e tenere le persone a cui tengo al sicuro ( anche se credo che Kid non me lo permetterebbe mai), ma se davvero potessimo fare la differenza… e poi non ero io quella che si lamentava dell’arrendevolezza con cui la mia gente accetta le leggi?
Gli occhi bicromatici e artificiali del signor Edward, mi soppesano significativamente. “ Lui, chi sa che direbbe se potesse fare una scelta” mi ritrovo a esaminare, ma infondo la risposta la conosco già. Non dovrei fare qualcosa anche per lui e per tutti quelli nella sua stessa condizione? Mi sento come se le sorti dell’intera umanità dipendessero da me, però io non ho grandi poteri da cui attingere aiuto. Dannazione!
<< Devo conoscere prima questo Spike e accertarmi che sia un tipo affidabile, poi vi dirò quel che penso>> cerco di prendere tempo per trovare una risoluzione al tumulto di sentimenti che si agita nel petto. Tanto anche volendo rispondere di no, non mi lasceranno andare così facilmente con una risposta negativa.
Vedo il rampollo trasalire e quasi strozzarsi con il liquido brunastro, alla parola “affidabile”, ma non commenta e si limita a dire che è giusto, afferrando una cornetta e componendo riluttante un numero.
<< Spike, sono io. Devi venire immediatamente, ho bisogno di una mano per il discorso di chiusura. Lo so ma è urgente! No. Sta zitto e muovi il culo>> scandisce guardandomi e poi riattacca. << Arriverà tra poco. Intanto hai delle domande o non so qualcosa che vuoi dirmi?>>.
Mi coglie di sorpresa, mentre studio i biscottini posati sul carrello. Ci penso su, alla fine ho un’unica domanda.
<< Perché io?>>
<< Come?>> sembra stupito.
<< Tra tanti perché io?>> ripeto stizzita.
<< A dire la verità non c’è un motivo preciso. Sei sta la prima ad aiutarci e poi credo anche per quello che avete costruito nel rifugio>> espone alla fine dopo averci pensato un po’ su.
<< Comunque non è stata una mia idea aiutarti, dovresti ringraziare Kid. E visto che sei stato sincero, volevo esserlo anch’io>> gli dico, pur sapendo che le mie parole sono un’arma a doppio taglio: volevo essere sincera, ma gli ho fatto capire anche che non mi fido ancora abbastanza di loro da prestagli il mio aiuto. Vedo con la coda dell’occhio il maggiordomo sorridere impercettibilmente dietro i suoi baffetti ben curati. Se non altro credo di essergli almeno un po’ simpatica.
<< Ah … comunque credo di doverti ringraziare almeno per il fatto di avermi ascoltato. E mi dispiace ancora per quelli>> dice indicando con il mento i punti che ho coperto alla meglio con la frangetta. Involontariamente le sopracciglia mi schizzano verso l’alto, incredule.
Ma a che gioco sta giocando?  Non posso fare a meno di pensare che abbia qualche problema di comprendonio oppure è scemo. Non gli rispondo e torno silenziosamente a studiare il liquido che fluttua nella tazzina. Non credo che lo berrò.

   
 
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