Capitolo
9
Mi
trovo molto probabilmente in
quella che deve essere camera sua. È troppo ordinata, per
essere la stanza di
un ragazzo, con il letto impeccabilmente rifatto e nessun vestito in
giro. Non
posso fare a meno di compararla a quella di Kid o J.J. che, a
confronto, sembrano
un accampamento di profughi con tutti gli oggetti sparsi a casaccio.
Questa decisamente
non ha oggetti o suppellettili inutili, è una noia da
guardare ma, proprio
perché non vi è nulla di superfluo, devo stare
attenta che il proprietario non
voglia fregarmi come la sua amichetta. Osservo il mobilio con sospetto
e decido
di controllare addirittura sotto il materasso e la scrivania, mentre
con un
occhio tengo sotto controllo quello pseudo-essere umano.
<< Che problemi hai? >>
mi domanda furioso una volta che, finito di ispezionare ogni centimetro
della
stanza, decido di passare al bagno attiguo. << Ma da
piccola non giocavi con le bambole? Oppure
ti divertivi a fare la spia?>> sbotta tirandomi per
un braccio per farmi uscire dal locale e sbattere violentemente la
porta.
<< Non mi sono mai piaciute le bambole, come le
principesse.
Fanno una brutta fine dopo il matrimonio con il principe, sempre se lo
sposano!>> rispondo divincolandomi e guardando la sua
mano come se
volessi morderla al pari di un cane rabbioso. Non gli ho mica detto che
non
doveva toccarmi?!
<< Infatti, guarda come sei
diventata! Che infanzia deviata…>> annuncia
sarcastico.
<< Cosa?! Ah ma bene sentite
chi parla, sua infanzia felice! Immagino che Lei l’abbia
vissuta meglio della
sottoscritta, mi corregga se sbaglio>> lo canzono in
cagnesco.
Proprio un essere come lui osa
giudicarmi?!
<< Non credo siano affari
tuoi>> ribatte secco, mentre s’irrigidisce in
tutto il corpo,
abbandonando la posizione rilassata.
<< Ma davvero?! Ascoltami
bene signorino dei miei stivali, non sono qui per perdere ancora tempo
con uno
come te e con cui, per giunta, non voglio nemmeno avere a che
fare!>>
sbraito, scaraventando sul suo letto, insieme alla finta consegna, il
palmare
che avevo nella borsa. << Ora siamo pari! Non ti devo
più nulla>>
<< Quindi l’avevi
tu?>> mi ferma adirato e stupefatto, adocchiando
l’aggeggio elettronico.
<< No! Ora firma questo
dannato foglio. Mi sono stufata!>> sbraito perdendo le
staffe per essere
passata per la ladra di turno, e sventolandogli la ricevuta sotto il
naso, che
è il mio unico lasciapassare legale per lasciare
quell’inferno.
<< No>> replica
secco.
<< Come prego?!>> riesco
a dire, vincendo la rabbia e lo sconcerto.
<< Ho detto di no>>
ripete calmissimo.
È troppo sicuro di sé; questo mi
fa pensare che aveva già in mente un piano quando ha deciso
di portarmi qui. Sono
stata raggirata, non posso crederci!!
<< Senti tu, chi ti credi
di essere?! >> mi infurio, adesso che sono consapevole
delle sue reali
intenzioni, ovvero tenermi lì; e non esito a prenderlo per
il bavero della
divisa inamidata, costringendolo ad indietreggiare fino allo stipite
dove fino
a poco prima se ne stava tranquillo e spavaldo. Mi sento usata e non ne
sono
per niente contenta! E se anche la sua risposta non dovesse piacermi,
gli
regalo un occhio nero come volevo fare da qualche tempo.
Sfortunatamente non
potrò punire tutti i Centriani, ma almeno questo che non
vuole saperne di
levarsi dai piedi, lo concio per le feste, perché ne ho
viste troppe oggi per
poterlo graziare.
<< Non credo proprio. Sono
uno importante da queste parti. Perciò se vuoi andartene in
sicurezza, dovrai
ascoltarmi di nuovo finché non avrò una tua
risposta; e fino ad allora
rimarremo qui a costo di impiegarci ore, chiaro?!
Altrimenti… prego. Di la c’è
la porta, ma ti assicuro che i Funzionari che incontrerai là
fuori, non ti
daranno un caloroso benvenuto come il sottoscritto. Anzi saranno
più che
contenti di darti un biglietto solo andata per le prigioni, se non ci
sarò io a
confermare la versione dei fatti. Perciò che vuoi fare? A te
la scelta.>>
predica, strattonando il polso che stringeva la stoffa attorno alla sua
gola e liberandosi
della presa.
<< Brutto figlio di
…>> le parole mi muoiono in gola soffocate
dallo sdegno nel sentire il
ricatto celato nel suo discorso, ed il naso mi si torce in una smorfia
di
ribrezzo. Mi ha incastrata, che bastardo!
<< Non puoi farlo!>> sibilo,
tentando di contrattaccare, sentendomi però come un leone in
gabbia. Adesso
davvero non ho nessun’altra scelta se non quella di rimanere
inchiodata lì. Mi
sono fatta infinocchiare da un damerino imbellettato, che imbecille
sono stata
e mi detesto perché in fondo dovevo aspettarmelo.
<< Oh, certo che
posso>> scandisce serio con un luccichio ferino negli
occhi.
Oggi è sicuramente troppo arrogante
rispetto all’incontro di qualche giorno fa. Sono tutti bravi
a fingersi
dispiaciuti e commuoversi davanti a dei bambini orfani ma, quando non
li hai
davanti agli occhi tutti i giorni, è fin troppo facile
cambiare opinione e
ignorare i fatti. Come si dice, lontano dagli occhi lontano dal cuore.
La
collera mi istiga fino all’inverosimile a restituirgli le
botte che non ha
ricevuto quel giorno nei Sobborghi, anche perché
un’altra persona, oltre a Kid,
è riuscita a mettermi con le spalle al muro. Questo non me
lo perdonerò mai,
soprattutto se si tratta di qualcuno della peggior feccia che ci sia e
che odio
di più al mondo. Purtroppo mentre, finalmente sto per
assecondare il mio stato
d’animo ed infatti ho già pronto un bel pugno da
assestargli sul suo bel
faccino, veniamo interrotti da Ed che si ferma appena fuori dalla
porta, e
attende inquieto il momento per parlare.
Dannazione! Faccio scivolare il
braccio piegato lungo il fianco. Davvero non mi farei problemi a
pestarlo
seduta stante, ma gli occhi del signore appena arrivato mi mettono
soggezione e
allo stesso tempo mi sono in qualche modo familiari.
<< Dimmi Ed>> interviene
il tipo, ma vedendo l’espressione corrucciata
dell’uomo che mi osserva, si
affretta a continuare << Non ti preoccupare non
è successo nulla, dimmi
pure>>.
<< Signore è rientrato il
segretario di suo padre. Adesso è nello studio del Padrone e
penso che a
momenti verrà a chiamarla>> spiega
l’uomo soppesandomi con lo sguardo.
“ Padrone?” penso sbigottita
dalle innumerevoli possibilità che ciò
può implicare. Sento appena l’imprecazione
del tipo che ancora mi stringe saldamente il polso, che subito vengo
strattonata e trascinata nella stanza lontano dalla porta. Il ragazzo
arraffa
precipitosamente il palmare e la scatola sulle coperte, e ci dirigiamo
a rotta
di collo attraverso l’ennesima porta di quella camera: si
tratta di un armadio,
almeno credo, ma è talmente largo e capiente che potrebbe
benissimo essere una
stanza a sé. Mi lascia andare solo quando è
sicuro di aver appoggiato le cose
sul tavolo lucido al centro dello spazio.
<< Non ti muovere, non
fiatare nemmeno finché non te lo dico io!>>
irrompe, ammonendomi. Sembra una
scena già vista, solo con le parti invertite e con uno
scenario differente. Tuttavia
non sono propensa a collaborare e sto per ribattere, così
lui mi interrompe
scavalcando le mie parole.
<< Casa mia, regole mie! Se
non vuoi essere scoperta, faresti meglio a seguire il
consiglio>>, poi mi
lascia nell’oscurità, spezzata appena dalle lame
di luce che filtrano dalle
ante a persiana. Mi ha chiusa dentro un armadio, neanche fossi un
amante!
Ancora più incavolata nera di
come sono entrata, mi avvento contro l’uscio cercando di
forzarlo ad aprirsi,
ma il tipo lo tiene sbarrato con forza. Ha fatto appena in tempo a
richiuderle
sotto un mio attacco, che un uomo più giovane e in tenuta
elegante rispetto a
Ed, entrare a forza nella stanza da letto senza nemmeno bussare,
cogliendo il
ragazzo con ancora le mani sui pomelli della porta. Posso ancora vedere
la sua
figura dietro ai battenti della mia prigione improvvisata.
<< Signor Sunderset, il
Governatore la vuole al telefono>> dichiara in tono
formale e
contrariato, come se quello fosse il compito più fastidioso
che gli potesse
capitare.
<< Arrivo subito, devo solo
sistemare una cosa>> risponde.
<< Signore, mi dispiace
contraddirla, ma suo padre ha detto immediatamente e non accetta una
dilazione
sulla tempestività della sua risposta>>.
<< Ed per favore potresti
continuare tu? >> chiede gentilmente rassegnato agli
eventi al nonnetto,
che con un inchino accetta l’incarico, e poi i due scompaiono
dalla vista
chiudendo la porta.
Prima che possa anche solo muovere
un muscolo, il signore di nome Ed spalanca le imposte
all’improvviso, lasciandomi
accecata per un attimo. Quando riprendo a vedere, lui si fa da parte
lasciandomi libero il passaggio, ma non mi sposto nemmeno di un
millimetro
reggendo il suo sguardo indagatore.
<< Salve signorina>>
esordisce allora l’uomo.
<< Salve, Ed>> replico
civilmente e con il rispetto che mi hanno insegnato a portare per le
persone
più vecchie di me, ma allo stesso tempo, chiamandolo per
nome, dichiaro che non
sono stata indifferente ai discorsi che sono avvenuti in mia presenza.
<< Ed è il diminutivo
affettuoso che mi ha dato il signorino, ma il mio nome completo sarebbe
Edward.
Mentre il suo è?>>
<< April>> rispondo
monotona. Inutile mentire e poi, dato che conosco il suo, è
una forma di
rispetto dire la verità.
<< Nome incantevole, tra
l’altro di una stagione altrettanto splendida, non
trova?>> sorride
appena e le rughe ai lati degli occhi, uno giallo e l’altro
marrone, si tendono
assottigliandone il profilo. Sembra pacifico, tipo qui vecchietti che
si
possono incontrare al parco e che danno da mangiare ai piccioni, solo
che da
noi i volatili poi finiscono arrosto di solito accalappiati dalle
stesse persone
che le nutrivano. Comunque non so che rispondergli e mi limito a
fissarlo
annuendo appena, non posso abbassare la guardia. Inoltre non so come
sia fatta
la primavera, purtroppo quando sono nata, le stagioni erano
già
irrimediabilmente cambiate e le mezze stagioni erano scomparse da
tempo, perciò
conosco solo il freddo intenso ed il caldo afoso. Credo che il
vecchietto
intuisca il motivo del mio silenzio, perché indaga
attentamente il mio viso.
Sembra non sappia se dirmi qualcosa o meno, tuttavia alla fine capitola.
<< Come se la passano i
Sobborghi?>> mi chiede a bruciapelo abbandonando
momentaneamente le
formalità.
Lo guardo allibita. Cosa potrebbe
importagliene del mondo la fuori se vive nell’agio? Poi
rimango sbigottita nel
momento in cui capisco finalmente cosa sott’intenda la
domanda.
<< Lei viene da lì?>>
sputo fuori dai denti ancora incredula ed il signore si limita a
sorridere
affabile. << Non tanto bene>> sono
costretta ad ammettere sotto
shock ed incapace di immaginarlo con due occhi dello stesso colore.
<< Non è cambiato molto
allora>> dice malinconico.
<< Perché … perché si
trova
qui?>> non posso fare a meno di chiedere, vinta dalla
curiosità, pensando
che anche lui sia stato vittima delle stelle nere.
Come ha fatto un mio simile ad
approdare nel Centro e addirittura restare alle dipendenze di gente
così …
spietata? Non posso capacitarmi.
<< Un po’ per sfortuna, ma
non tutte le persone sono così spietate come sembrano, e mi
ritengo fortunato
di lavorare tuttora per il signorino Nagìl e
famiglia>>.
<< Mi scusi, non volevo
essere invadente>> dico subito per rimediare alla mia
sfacciataggine.
<< Non c’è problema, ormai
fa parte del passato. Quindi non le dispiacerà se le faccio
qualche domanda,
vero?>>
Ormai ho completamente
abbandonato ogni atteggiamento ostile, anche volendo, non potrei adesso
che so
come stanno davvero le cose. Insomma è un mio “
simile” e non posso non
sentirmi in qualche modo coinvolta nelle sue vicende, perciò
lo seguo fuori
dall’armadio e chiacchieriamo scambiandoci impressioni e
descrizioni, anzi, per
lo più sono io che rispondo alle sue curiosità.
Dopo un po’ che conversiamo, gli
chiedo senza accorgermene che tipi siano i proprietari di casa, non
perché mi
importi davvero di loro, ma perché vorrei capire come mai
una persona così
affabile e intelligente come Ed, si trovi qui e possa sottostare alle
regole di
questi mostri.
<< Vuole sapere di tutti i membri
o uno in particolare?>> mi domanda scherzoso.
“ Conosci il tuo nemico” mi
ripeto, riuscendo così a rispondere che mi interessa tutta
la famiglia in
generale perché, se non sbaglio, sono a casa del Governatore
di Cardia, mica
cavoli lessi, perciò meglio accumulare più
informazioni possibili; potrebbero
rivelarsi utili più avanti.
<< Vediamo, il capofamiglia
è un uomo molto austero e devoto al suo lavoro, ma
è ben consapevole di quanta
gentilezza elargire ai suoi subordinati affinché lo
appoggino. Sa il suo
carattere rigido è dato dettato dalla carica di Governatore
che ricopre. La
signora è una donna molto raffinata, dai tratti esotici ed
è di buon cuore con
chi conquista la sua fiducia, ma sa essere terrificante se viene
contraddetta o
scopre di essere stata raggirata. Infine c’è il
signorino Nagìl. Lui è l’unico
erede e ha delle idee un po’ discordanti dal comune pensiero
ed adora i dolci
alle mele.>>
Non vedo come l’ultima
informazione possa importarmi, comunque non ribatto e cerco di
mantenere un’espressione
impassibile.
<< Perché mi sta dicendo
tutto questo, in fondo sono un’estranea>> mi
sorprendo a dire ad alta
voce, incuriosita dal mio interlocutore. Chiunque, credo, avrebbe detto
la
stessa cosa in una situazione simile, cerco di convincermi.
<< Perché se il signorino l’ha
portata fin qui, in un certo senso si fida di lei ed io non posso
essere da
meno. È un ragazzo giudizioso, nonostante sia un
po’ fuori dagli schemi ed ha
la mia piena fiducia, nonostante alle volte debba essere messo in
riga>>
decreta affettuosamente l’anziano. Sembra sia effettivamente
legato a questa
famiglia, anche se non riesco ancora ad immaginare il perché.
<< Sembra scettica, però mi
permetta di darle un consiglio che è libera di accettare o
meno. Il signorino
si sta impegnando molto per cambiare le cose, e non dubito che un
giorno sarà
un degno Governatore, perciò fossi in lei, cercherei di
aiutarlo, anche se non
le è simpatico perché, che lo voglia o meno lui
rappresenterà il nostro futuro,
o meglio il suo. Anche volendo parlare in termini opportunistici,
è meglio
averlo dalla sua parte che contro, non crede?>>.
Nelle sue parole colgo, però
oltre al consiglio, una sfumatura di avvertimento. È solo
una sensazione e
comunque mi dà da pensare. Adesso, riesco a riconoscere in
quella livera
impeccabile, i tratti smussati ed addomesticati di un vero Outsider.
Ha appena terminato il suo discorso
che il soggetto al centro delle chiacchiere entra stremato,
rischiudendo
nuovamente la porta e lasciandosi poi cadere sulla sedia, senza badare
a noi. È
trano vederlo così… umano, forse devo iniziare a
prendere sul serio le parole
del maggiordomo, tuttavia non posso ancora cedere. Ci sono troppe cose
in ballo
e da chiarire.
<< Jonah se né appena
andato>> sospira, senza rivolgersi a nessuno in
particolare.
<< Vuole del thè signorino?>>
<< Grazie mille Ed.
Porteresti portare per favore una tazza anche per la nostra
ospite?>> chiede
cortese ed il maggiordomo, dopo essersi inchinato, si avvia a compiere
la sua
mansione. Ancora non riesco a digerire il fatto che debba mostrare
tanto
servilismo per questo tipo, anche se mi dato ad intendere che lo fa
molto più
che volentieri.
<< Prego, vedo che ti sei
accomodata>> sentenzia Nagìl con sarcasmo. Mi
affretto ad alzarmi dal suo
letto, scuotendomi i vestiti come se mi fossi appena seduta su un
marciapiedi
polveroso e rischiassi di beccarmi la peste. Nonostante tutto non
riesco ancora
a trattarlo da persona con raziocinio, figuriamoci come figura di
stato. Futuro
governatore? Ma non scherziamo.
<< Scusa, non era con
cattiveria. Puoi sederti se vuoi… lascia stare. Torniamo al
nostro discorso.
Dove eravamo rimasti?>> mi chiede, sospirando.
<< Che volevo tirarti un
pugno.>>
ribatto seria, strappandogli un sorriso stanco. Ehi! Non volevo essere
mica
simpatica. Questo ragazzo è… strano. Ha diverse
sfaccettature e sfumature
nascoste, come una scheggia di vetro colpita dalla luce. Ma che cavolo?
Come
faccio a pensare a cose simili! Le parole di Ed hanno attecchito
più di quanto
dovessero. Toh! Se dovessi raccontarlo a Tiberius, almeno lui sarebbe
contento
di sapere che sto cambiando idea.
<<
Anche, ma se ti ho
portata qui c’è un motivo. Vorrei sentire la tua
risposta alla nostra
proposta>>.
<< Non
mi hai fatto nessuna
domanda, non diretta, perciò non devo rispondere proprio a
nulla. E soprattutto
‘ Nostro’? Chi altro sa di me e
Kid?>> sentenzio allarmata facendo un
passo avanti. Che qualcun altro della famiglia sappia del tunnel e
tutto quanto?
È troppo pericoloso, soprattutto dopo le descrizioni di
Edward. Potrei essere
in un mare di guai e non solo io, perciò ho fatto bene a non
deporre l’ascia di
guerra.
<< No
ehi, tranquilla. Io e
mio cugino Spike abbiamo iniziato a lavorare a questo piano e nessun
altro. Per
il momento non ha ancora una forma, ma ci serve il tuo aiuto per
definirlo. Se
dirai di sì, potremmo aiutare questa città e
soprattutto i Sobborghi.>>
Il maggiordomo
è ritornato,
spingendo un carrellino d’argento con due tazze ed una teiera
fumante. Bloccando
sul nascere il mio rifiuto.
<<
Grazie. Ed, per favore
rimani. Vorrei che sapessi anche tu di questa cosa e poi con te nei
paraggi
April sembra più a suo agio.>> e cede al
signore il suo posto sulla
sedia, per porgermi una tazza calda ed accomodarsi sul comodino con la
sua.
Annuso distratta
l’aroma che sale
in volute sinuose dalla ciotolina di porcellana, di sicuro il miscuglio
di
foglioline è molto più fine e costoso di quello
che abbiamo a casa, decreto cercando
di concentrarmi sulle proprietà olfattive, tuttavia non
riesco ad apprezzarne
la qualità. Ho troppi pensieri per la testa, osservando
queste strane dinamiche
sociali che mi si parano difronte: un “nobile” che
tratta come suo pari un
maggiordomo adottato dai Sobborghi. Il mondo sta andando alla rovescia
o ho la
botta in testa mi ha rincretinita? Che devo fare? Sono certa di odiare
questa
gentaglia, ma dovrei concedergli di spiegarsi o no? Tiberius di sicuro
mi
direbbe di provarci, Kid pure, mia zia non so e di dirglielo non se ne
parla
nemmeno, mi chiuderebbe in casa per i prossimi mille anni, mentre i mie
genitori...
E comunque,
visto che mi offrono una
possibilità per migliorare il mio mondo, non dovrei mettere
da parte il mio
orgoglio e il mio egoismo a favore di un bene collettivo? Se
rifiutassi, potrei
tornare alla vita di sempre e tenere le persone a cui tengo al sicuro (
anche
se credo che Kid non me lo permetterebbe mai), ma se davvero potessimo
fare la
differenza… e poi non ero io quella che si lamentava
dell’arrendevolezza con
cui la mia gente accetta le leggi?
Gli occhi bicromatici
e
artificiali del signor Edward, mi soppesano significativamente.
“ Lui, chi sa che
direbbe se potesse fare una scelta” mi ritrovo a esaminare,
ma infondo la
risposta la conosco già. Non dovrei fare qualcosa anche per
lui e per tutti
quelli nella sua stessa condizione? Mi sento come se le sorti
dell’intera
umanità dipendessero da me, però io non ho grandi
poteri da cui attingere aiuto.
Dannazione!
<< Devo
conoscere prima
questo Spike e accertarmi che sia un tipo affidabile, poi vi
dirò quel che
penso>> cerco di prendere tempo per trovare una
risoluzione al tumulto di
sentimenti che si agita nel petto. Tanto anche volendo rispondere di
no, non mi
lasceranno andare così facilmente con una risposta negativa.
Vedo il rampollo
trasalire e
quasi strozzarsi con il liquido brunastro, alla parola
“affidabile”, ma non
commenta e si limita a dire che è giusto, afferrando una
cornetta e componendo riluttante
un numero.
<<
Spike, sono io. Devi
venire immediatamente, ho bisogno di una mano per il discorso di
chiusura. Lo
so ma è urgente! No. Sta zitto e muovi il
culo>> scandisce guardandomi e poi
riattacca. << Arriverà tra poco. Intanto hai
delle domande o non so
qualcosa che vuoi dirmi?>>.
Mi coglie di sorpresa,
mentre
studio i biscottini posati sul carrello. Ci penso su, alla fine ho
un’unica
domanda.
<<
Perché io?>>
<<
Come?>> sembra
stupito.
<< Tra
tanti perché
io?>> ripeto stizzita.
<< A
dire la verità non c’è
un motivo preciso. Sei sta la prima ad aiutarci e poi credo anche per
quello
che avete costruito nel rifugio>> espone alla fine dopo
averci pensato un
po’ su.
<<
Comunque non è stata una
mia idea aiutarti, dovresti ringraziare Kid. E visto che sei stato
sincero,
volevo esserlo anch’io>> gli dico, pur sapendo
che le mie parole sono
un’arma a doppio taglio: volevo essere sincera, ma gli ho
fatto capire anche
che non mi fido ancora abbastanza di loro da prestagli il mio aiuto.
Vedo con
la coda dell’occhio il maggiordomo sorridere
impercettibilmente dietro i suoi
baffetti ben curati. Se non altro credo di essergli almeno un
po’ simpatica.
<< Ah
… comunque credo di
doverti ringraziare almeno per il fatto di avermi ascoltato. E mi
dispiace
ancora per quelli>> dice indicando con il mento i punti
che ho coperto
alla meglio con la frangetta. Involontariamente le sopracciglia mi
schizzano
verso l’alto, incredule.
Ma a che gioco sta
giocando? Non posso fare a meno di pensare che abbia
qualche problema di comprendonio oppure è scemo. Non gli
rispondo e torno
silenziosamente a studiare il liquido che fluttua nella tazzina. Non
credo che
lo berrò.