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Autore: Feathers    30/12/2015    3 recensioni
Castiel soffre per non poter aiutare Dean, il suo migliore amico che sta passando un periodo orribile, e si accorge di star provando qualcosa di strano nei suoi confronti. Riuscirà l'angelo ad abbattere il muro che Dean ha creato attorno a sé?
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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L'avevo tirato fuori dall'Inferno.
Era quello il compito che mi era stato assegnato.
Mi ero fatto strada fra le urla, l'orrore, il sangue, le catene... per riuscire a portarlo via da quello schifoso posto, se così può essere chiamato.
Mi era sembrato l'ordine più giusto che avessi mai eseguito, eppure, dal momento esatto in cui avevo messo la mano sulla sua spalla, lasciandoci su un'impronta quasi indelebile, mi ero sentito diverso. Avevo qualcosa che non andava.
Era come se mi avesse cambiato.
Come se mi avesse lasciato qualcosa dentro, nel profondo.
Quella pelle, quel suo calore, la sua umanità quando aveva sentito la mia vera voce per la prima volta ed era rotolato a terra fra i vetri infranti, le mani nelle orecchie.
Quei suoi strani e sfacciati modi di fare, la sua acidità che a volte si trasformava in dolcezza, e il modo in cui affrontava i demoni e gli altri mostri mi affascinavano. Avrei avuto ancora migliaia di cose da imparare sugli umani, quelle meravigliose creature di Dio delle quali Lucifero si era ingelosito.
Quando avevo conosciuto Sam e Dean Winchester avevo completamente cambiato idea su di loro, ed avevo subito stabilito un ottimo rapporto con loro.
Specie con Dean.
Noi due eravano l'uno l'esatto contrario dell'altro. Lui aveva avuto un sacco di donne, ed io ero vergine, non mi era mai capitata l'occasione di fare sesso con qualcuno, né un angelo né un umano.
Fatto sta che Dean mi aveva portato in quel locale, ma le cose non erano andate proprio come desiderava lui.
Eppure non pareva dispiaciuto della cosa, forse anche lui aveva dentro una strana sensazione da quando mi aveva conosciuto. Quel dubbio mi tormentava tutto il tempo, e continuava a farlo ora che erano passati mesi e mesi, come un peso nella mia anima angelica, un senso di colpa. Perché io ero un angelo, io non avrei dovuto pensare a certe cose. Eppure le pensavo.
Non avrei nemmeno dovuto provare attrazione per un angelo, figuriamoci per un umano, e per giunta un uomo.
E ora lo osservavo, lui stava in un angolino, su una panchina, in un parco deserto, a fissare il tramonto che scendeva sulla collina che aveva di fronte. Aveva deciso di fare un giro da solo, certamente per scaricare tutta la tensione dovuta a ciò che stava accadendo.
Peccato che non volesse aprirsi agli altri, che non volesse piangere e sfogarsi un po', perché ne aveva bisogno, e io lo avvertivo.
Sbucai fuori da un cespuglio e decisi di volare accanto a lui nella panchina.
Lui sobbalzò.
"Ciao, Dean" mormorai timido, stringendomi nervosamente l'orlo del trench.
Si voltò a guardarmi, ma distolse immediatamente lo sguardo.
Aveva gli occhi lucidi.
"Ciao Castiel. Che ci fai qui?"
Io rimasi silenzioso, un po' spiazzato dal fatto che non mi avesse rimproverato per essere spuntato all'improvviso. Era veramente a pezzi.
"Emh... volevo solo... " esitai.
Mi domandavo se fosse una mossa giusta mettergli una mano sulla spalla per rassicurarlo. L'avevo visto fare a qualche umano. Non sapevo assolutamente come comportarmi, e non sapevo se fosse dovuto al fatto che ero un angelo o a quello che stavo iniziando a provare per lui...
"Come stai, Dean?" domandai alla fine.
"Bene" disse secco, fissando a terra.
Tu non me la racconti giusta, Winchester, pensai fra me e me, scrutandolo attentamente.
"Non mi pare" sussurrai, avvicinandomi un po' a lui. Ma lui si allontanò di poco e si alzò.
Maledizione, forse non avrei dovuto.
"Lasciami solo in pace, Castiel" disse lui. Io strinsi gli occhi, ancora seduto lì.
"Tu non sei in pace, Dean" mormorai.
Lui rimase immobile, dandomi le spalle, le braccia conserte.
Mi alzai.
"Con me puoi parlare" dissi piano, sperando di suonare convincente.
"No... "
"Perché no?"
"Non ho alcun bisogno di parlare, ma grazie lo stesso, Cass... " rispose, atono. Io feci due passi incerti e, con fare un po' impacciato, gli sfiorai la scapola con la mano. Lo sentii irrigidirsi ancora di più a quel contatto.
"Io lo sento, quello che provi, Dean"
"Tu non senti proprio niente" mormorò lui, con tono poco fermo.
Feci un altro passo, e il suo corpo aderì con quello del mio tramite.
"Scusami tanto Castiel, ma preferisco stare da solo per adesso" disse lui freddamente.
Era una mia impressione o aveva la voce rotta? Accidenti al suo orgoglio. Stava malissimo e non voleva ammetterlo, era preoccupato per suo fratello e avvertiva il peso di essere il vero tramite di Michele che gli gravava sulle spalle. Non era un semplice peso. Era un enorme macigno.
Esitando, lo abbracciai da dietro, provando un'ondata di affetto e tenerezza nei suoi confronti. E in un certo senso anche ammirazione, perché nonostante dentro avesse un uragano riusciva a tenerlo lì, in fondo a quel cuore infranto.
Lo sentii respirare pesantemente, sotto il mio abbraccio timido.
"Hai bisogno di farti un bel pianto... Dean" dissi.
Lui deglutì.
"Io non piango, stupido angelo" rispose lui, tentando di sembrare scherzoso.
"Nemmeno davanti a me?" chiesi innocentemente.
"No... lascia stare" mi disse.
"Non voglio lasciare stare, voglio che tu stia bene"
Mi morsi le labbra, mentre ciò che avevo appena detto mi rimbombava in testa. Era la verità. Ancora ne disconoscevo la ragione vera e propria, ma dal momento stesso in cui lo avevo sfiorato la prima volta, avevo solo desiderato che fosse felice.
"Perché ti importa di me?" mi chiese lui, voltandosi appena a guardarmi. Ma si girò subito, in imbarazzo evidente, ritrovandosi con le labbra pericolosamente vicine alle mie.
"P-perché non dovrebbe importarmene?" balbettai.
Lui sospirò. Ma non disse nulla.
Lentamente, mi strinse appena la mano. In quell'abbraccio mi sentii davvero felice dopo tanti anni, anzi millenni in cui non avevo avuto idea di cosa fossero le emozioni. E nonostante quelle che provavo per lui mi spaventassero un po', quando ero in sua presenza non riuscivo a resistere.
Lo presi delicatamente per le spalle e lo girai verso di me, mentre lui cercava di respingermi, guardandosi intorno con aria visibilmente preoccupata.
Poi smise e ci ritrovammo uno di fronte all'altro. Sentivo il suo cuore esplodergli in petto mentre fissava a terra.
Io gli alzai il mento con due dita, e gli poggiai le labbra sulla fronte, per pochi istanti.
Probabilmente quello che avrei detto dopo avrebbe rovinato il nostro rapporto, l'unica cosa che non avrei mai voluto perdere. Eppure quelle parole, quei suoni che per loro umani significavano tutto mi uscirono fuori dalle labbra.
"Io ti amo, Dean... "
Lui mi fissò esterrefatto, gli occhi verdi gonfi a causa del fiume di lacrime che tratteneva da una vita.
Lui ovviamente non disse nulla, e forse non l'avrebbe mai ammesso, ma io, essendo un angelo, avvertii la sua anima gridare "Anche io"

-Always Keep Fighting-
   
 
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