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Autore: The Phantomatic Enemy    10/03/2009    1 recensioni
Un complotto si delinea all'orizzonte. Un complotto dai contorni confusi destinato a gettare nell'oscurità la sopravvivenza della razza umana. Uno scenario terribile i cui elementi iniziano a muovere ignaramente le prime mosse. L'Ultima Guerra è appena iniziata.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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(FMP) The End Has Begun.Chapter 000
Endwar | The End Has Begun

[Reaction Lag Time: Zero]
Chapter. 000




<< Test 1-051 iniziato. Stiamo registrando i dati. Strigon 1, richiedo indici di operatività. >>

<< Sistemi di propulsione operativi al 90%. Lambda Driver attivo al 38%, in progressivo aumento. Nessun altro dato degno di nota. >>

<< Ottimo. Strigon 1, avvia test. Ingaggia il nemico. >>

<< Roger. Attivo la modalità 1-b. Processo di carica dell'EMSC attivato. Sequenza ENSI attivata. >>

<< Non metterci troppo, Strigon 1. Ho sonno e non ho intenzione di aspettare te che cazzeggi per tutta la notte per andare a dormire. >>

<< Metterci troppo? Hah. Connesso e pronto ad operare, Nimbus. >>


Sarajevo, BiH | Day 00, HRS 0030


Il fumo nero e denso si levava alto dalle rovine di quella che un tempo si sarebbe potuta definire una città fiorente.
Sarajevo, capitale della neonata Bosnia-Herzegovina, sanguinava ancora nere nubi e fiamme dalle ferite aperte dalla violenta guerra civile conclusasi con la decomposizione della Repubblica Socialista di Juogoslavia.

Il Fronte di Liberazione Bosniaco aveva imposto temporaneamente - onde evitare disordini - il regime militare, e con esso il corpifuoco notturno: per le buie strade si aggiravano le sole truppe assegnate alla ronda notturna. Tuttavia, a dominare la notte di Sarajevo non erano i giovani partigiani che procedevano in maniera alquanto poco marziale, impugnando quasi con spavalderia l'eterogenea varietà di modelli di Kalashnikov in loro dotazione, logorati dal tempo, dalle battaglie e dalla scarsa manutenzione. Gli antiquati Rk-89 Shamrock delle Forze di Liberazione, infatti, si muovevano con passo metallico per le vie lastricate della Stari Grad, accompagnate da un rumoroso martellio meccanico e da un odore, tutt'altro che etereo, di gasolio combusto, caratteristici segni del funzionamento del loro obsoleto motore a pistoni turbodiesel. Alcuni Rk-91 e Rk-92, affidati nelle mani di operatori di più lungo corso o di maggiore abilità, dirigevano le squadriglie di pattuglia.

Solo un'ombra osava sfidare la potenza di fuoco dei chain-gun impugnati dagli Arm Slave. L'ombra di un mecha bipede che, con agilità atipica per tale tipologia di macchina, si muoveva ad ampi balzi fra i tetti più alti, senza emettere praticamente alcun suono, se non quello dei coppi frantumati dal suo peso lieve. Si trattava di un AS dalle forme spigolose, più massiccio degli XM9 in OPEVAL da parte del Pentagono o degli Zy-98 "Shadow" in mano allo SPETSNAZ nelle strutture di torace e spalla, ma più slanciato nella zona addominale e di diversa struttura del bacino, la cui anatomia avrebbe potuto consentire balzi enormi. Il braccio sinistro era privo di avambraccio e mano, sostituiti da un'enorme cannone a canna singola, di lunghezza ragguardevole. Le due unità ottiche dalla forma allungata e aggressiva, illuminate da una luce rossa, osservavano l'ambiente circostante, l'obiettivo che si muoveva come la pupilla di un occhio agitato per divorare quante più informazioni possibili, percepire ogni minaccia, ogni obiettivo. Dal fronte dell'unità cranica si diramava un'alta e sottile "pinna", un'antenna che probabilmente ricopriva buona parte delle funzioni delle apparecchiature montate nel radome di un aereo caccia.

Era una macchina pregna dell'intrinseco e misterioso fascino della morte e dei molti strumenti di cui l'uomo ha disseminato la sua storia per arrecarne, strumenti spesso dall'aspetto esteriore trascendentalmente bello, ma non per questo meno terribili. Un AS che inviava nel suo aspetto cupi presagi di sofferenza e morte, e proprio per questo attirava lo sguardo e catturava la mente dell'osservatore. E morte, quella notte, la nera arma degli Inferi avrebbe portato sulle sue prede inermi che, in  quel momento, si trovavano giusto dodici o forse quattordici metri più in basso.
Le vie dirette all'antica Baščaršija, secoli prima sede del fiorente mercato della città, sarebbero state sede di quell'iniquo scontro la cui vittoria avrebbe immancabilmente arriso all'effettivo tecnologicamente più avanzato su quel campo di battaglia, il nero predatore della notte che si apprestava a ghermire il nemico ignaro della minaccia.

L'arma bipede si diresse con appena un paio di salti verso la Baščaršija, a cutter spiegato, per atterrare appena dietro ad una squadra di otto Rk-89 armati pesantemente, disposti in formazione in una delle vie laterali, facendo notare la propria presenza con un assordante boato dato dall'impatto a terra. Frammenti di ciò che restava della già provata pavimentazione lastricata furono proiettati in aria, mentre le vetrine di alcuni negozi vicini venivano infrante dallo spostamento d'aria e dai proiettili rocciosi.

Gli operatori delle otto macchine di fabbricazione russa impressero quasi all'unisono alle proprie macchine il comando di voltarsi verso la minaccia, puntando verso di essa le mitragliatrici da AS in dotazione e preparandosi ad aprire pesantemente il fuoco contro la minaccia.
La macchina che occupava l'ultima posizione nella formazione aveva subito gravi danni alle articolazioni dei ginocchi in seguito all'impatto del nemico con il suolo e la settima, appena poco più distante dal cratere lasciato dalla sensazionale arma, era stata immediatamente trafitta da un cutter molecolare che aveva colpito direttamente l'abitacolo. Sul filo della lama scorrevano olio e sangue. L'operatore di certo non era sopravvissuto al colpo. L'olio delle giunzioni articolari non si incendiò al contatto con i comandi elettrici scoperti e con le scintille libere o con le lamiere roventi dello Shamrock solo per ragioni dettate dalle irrazionali leggi del caso.

Il comandante della squadriglia urlò in un bosniaco fortemente accentato i propri ordini alla radio, e l'intera squadra aprì il fuoco sull'AS nemico. Fu rovesciato un intero caricatore da ogni operatore prima che finalmente l'avanzata implacabile della macchina assassina si fermasse in un boato, un'esplosione che illuminò per alcuni istanti la buia e densa notte di Sarajevo. Un'esplosione che gli operatori bosniaci scoprirono tuttavia presto come proveniente da uno dei loro mezzi, il sesto AS che, nel veloce movimento di rotazione, era diventato il primo nella formazione. I rottami metallici incendiati dalle fiamme potevano far intuire che fosse stato squarciato in due metà nette nel senso della larghezza, all'altezza della zona bassa dell'ingombrante corazzatura centrale. Anche il quarto Shamrock venne distrutto da un colpo di cutter che divise in due parti con un taglio netto l'unità cranica e poi il corpo centrale, ancora prima che la mezza squadra sopravvissuta potesse vedere il nemico eseguire la manovra, tanto veloce era stato e tanto efficace si era dimostrato l'ECS installato dalla macchina, capace di operare in pochissimi istanti in condizioni di luminosità molto elevata e con densa di presenza di polvere in aria.
La macchina scomparve fra i tetti con alcune agili manovre, per poi di nuovo piombare nella strada, sollevando alcuni calcinacci e spiccando di nuovo un balzo verso il primo avversario a portata, disattivando l'ECS per poter godere di ogni attimo di incontrollabile ed irrefrenabile terrore.
Il terzo AS aprì il fuoco non appena vide la nera figura caricare verso di lui, ma fu inutile: una ginocchiata abbattè il cranio dello Shamrock, disattivandone permanentemente i sistemi ottici. L'ultima cosa che il pilota vide fu la corazza squarciata dai colpi della sua stessa mitragliatrice. La seconda unità fu falciata in simile maniera dal colpo della chain-gun sottratta dalle mani dell'operatore bosniaco, i cui colpi si esaurirono in quell'istante. La macchina nera gettò quindi il fucile da parte e terminò l'opera caricando l'ultimo AS, quello operato dal comandante della squadriglia di ricognitori, eliminandolo con un calcio piazzato all'altezza della cellula di sopravvivenza, che con una potenza inimmaginabile annientò completamente la corazzatura anti-razzo dello Shamrock, riducendo l'abitacolo ad un groviglio di lamiere e distruggendo praticamente l'intero corpo centrale della macchina.

La macchina si allontanò balzando fra i tetti, tornando a nascondersi nella densa cortina dell'oscura notte, priva di stelle o di luna ed illuminata solo dal fuoco delle battaglie appena combattute, e del massacro appena consumatosi.



<< Test 1-501 terminato, Strigon 1. Reaction Lag Time: Zero. >>

<< Me  l'aspettavo. Solo la morte potrebbe fronteggiare questo AS. >>

<< Rientra alla base. I nostri leader vogliono tutti stringere la mano allo Zero Children. >>
  
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