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Autore: Sherly Liddell    10/03/2009    2 recensioni
Un 14 febbraio lo scrissi per il mio fidanzato lontano
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un vento freddo tentò di oltrepassare il vetro di una finestra. Fu così forte che gli infissi deboli, cedevano d'inverno in inverno. Ma quella finestra rimaneva sempre chiusa. Non sarebbe stata aperta finché la luce non l'avrebbe colpita dolcemente e da fuori, i colori vivaci dei fiori sul piccolo balcone, invitava a guardare aldilà.
Era ancora la buia mattina del 14 febbraio, quando quella finestra si illuminò appena da una luce artificiale.
Fuori nevicava, il gelo aveva quasi completamente appannato i vetri, ma dentro la casa si diffondeva un'insolita aria calda: insolita perché era fuori stagione e in secondo luogo perché da quella casa non si era mai percepita un'atmosfera così piacevole e rassicurante.
Eppure quella volta era come le altre... una semplice notte di fine inverno, con la sua temperatura malgradita e le sue note di malinconia.
Quella finestra era l'unica che dava dal lato Sud della casa, la stessa parte che dava sul bosco. Dopo le passeggiate serali in piena estate, quando si poteva stare all'aperto fino a tardi, era consolante, nel viaggio del ritorno a casa, intravedere tra gli ultimi rami, una luce dorata. Era come una perla nelle profondità marine; l'unica fonte di appiglio per lo sguardo perso nel buio.
Un altro colpo di vento e il vetro rabbrividiva, facendo sobbalzare chi stava dormendo nel letto lì vicino.
Era solo vento infondo, niente di così spaventoso... Non pioveva nemmeno, anzi, i lenti fiocchi silenziosi di neve che scendevano lenti dal niente sarebbero riusciti a tranquillizzare chiunque.
La ragazza che si era svegliata, restò con la testa appoggiata sul cuscino, il suo, invece, lo stava trattenendo sul petto, come se l'attimo prima aveva sognato di abbracciare qualcuno, e quel qualcuno era assente in quel momento.
Si alzò a sedere e spense la luce con la quale si era lasciata abbandonare... Poi guardò le punte de suoi calzini, un po' più lunghi dei suoi piedi, guardò la linea di una lastra di parquet chiaro, la tenda violacea, salendo per le pieghe morbide, fino ad arrivare alla finestra. Appena la raggiunse, ritirò indietro le mani, come se avesse preso la scossa, stringendo l'interno delle maniche del pigiama. Il vetro era molto freddo, insopportabile.
In quel preciso momento, un'altra luce stava percorrendo il viale tra due file di faggi. Una macchina, poco dopo era parcheggiata in prossimità della casa. Una figura sottile aveva raggiunto il portone d'ingresso con notevole agilità, nonostante fosse buio pesto. La luce al piano di sopra, quella dell'unica finestra si era spenta.

Quello che era probabilmente accaduto nel sogno della ragazza, stava per concretizzarsi al piano di sotto.
La porta si aprì accompagnata dal rumore di passi veloci, provenienti dalle scale dell'ingresso. Il ragazzo che era appena entrato non riuscì a non sorridere quando alzò gli occhi davanti a se: la ragazza si era precipitata in fondo alle scale, era per metà avvolta da una sciarpa più lunga di lei e per l'altra metà travolta da un sorriso, che stava a significare quanto di più bello ci poteva essere nel pazientare una persona tanto attesa.
Il ragazzo non si tolse nemmeno la giacca, la raggiunse a passo svelto e la abbracciò più forte che poté.
Aspettavano solo quello, infondo... un abbraccio instancabile... Solo con quello si potevano riacquistare le forze, si poteva stare bene, riposare. Ora erano di nuovo insieme con l'affetto di quel giorno finiva l'inverno.



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