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Autore: Lily_Hope    31/12/2015    2 recensioni
"Per quanto ancora avrebbe potuto continuare così? Sorrideva e scherzava agli occhi degli altri, ma dentro moriva. Erano settimane che non dormiva, se non un paio d’ore a notte, a causa degli incubi che infestavano i suoi sogni. Ogni notte lo stesso dolore, ogni notte lo stesso sogno: Thorin Scudodiquercia si spegneva lentamente tra le sue braccia, sul viso ancora l’ombra di un lieve sorriso."
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"E mentre le forze lo abbandonavano di nuovo, mentre le palpebre diventavano troppo pesanti, mentre sentiva l’amico urlare qualcosa agli elfi, sussurrò una sola parola, un nome…
- Bilbo…- "
Spero che questa piccola introduzione vi abbia incuriosito, se deciderete di leggere questa piccola storia senza pretese, non posso far altro che augurarvi buona lettura!
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Dìs, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                          We are meant to be together

                                                                                                               


Dopo la battaglia, il territorio circostante ad Erebor era stato adibito a campo medico per curare i feriti della battaglia, che fossero Nani, Elfi o Uomini non faceva alcuna differenza: chi poteva, doveva essere salvato. Gli elfi, sotto comando di re Thranduil, stavano mostrando le straordinarie tecniche curative proprie del popolo elfico per ridurre il più possibile il numero di morti, con l’aiuto di nani e uomini versati nelle arti mediche, ma purtroppo le lame avvelenate degli orchi mietevano vittime troppo velocemente perché tutti venissero salvati.
Bilbo Baggins era nella sua tenda.
Era stata una giornata pesante, la sua, ma almeno era riuscito a salvare delle vite e a rendersi utile e questo ricompensava tutta la fatica del giorno. Si alzò dalla branda sulla quale dormiva, quelle poche ore che ci riusciva e per quanto comodamente potesse fare, e si avvicinò alla brocca d’acqua per lavarsi mani e viso. Era stanco, troppo stanco. Proprio mentre stava asciugandosi il viso con un panno di stoffa già sudicio, Bofur entrò nella sua stanza, il viso segnato dalla fatica ma come sempre sorridente.
- Aye, Bilbo! La cena è quasi pronta, ti conviene venire se non vuoi che Bombur mangi tutto quello che lui stesso ha cucinato!- sorrise sotto i folti baffi e si sistemò l’inseparabile cappello sulla testa.
- Oh Bofur sì, sì, arrivo subito. Dammi solo il tempo di sistemarmi e sarò da voi, mh?- rispose cordialmente e con tono fintamente allegro.
Alla risposta affermativa di Bofur, sorrise e il nano andò  via. Sospirò. Per quanto ancora avrebbe potuto continuare così? Sorrideva e scherzava agli occhi degli altri, ma dentro moriva. Erano settimane che non dormiva, se non un paio d’ore a notte, a causa degli incubi che infestavano i suoi sogni. Ogni notte lo stesso dolore, ogni notte lo stesso sogno: Thorin Scudodiquercia si spegneva lentamente tra le sue braccia, sul viso ancora l’ombra di un lieve sorriso. Poi urla, sangue… i cadaveri degli eredi di Durin sulla terra bianca a causa della neve, mentre una macchia rossa si allargava sempre più velocemente sotto le loro membra prive di vita. Ogni notte si svegliava madido di sudore, le guance bagnate e la gola dolorante a causa dei singhiozzi trattenuti.
Come se non bastasse, durante il giorno era ancora peggio: nonostante Thorin, Fili e Kili fossero stati salvati dall’immediato intervento di Thranduil e Tauriel, accorsa per salvare l’amato, le loro condizioni erano critiche. Proprio quella mattina Fili e Kili si erano finalmente risvegliati, contemporaneamente, ma le loro ferite al petto erano ancora troppo profonde e a rischio d’infezione per considerarli fuori pericolo. Thorin invece… lui non si era svegliato, era in coma.
Bilbo non riusciva ad avvicinarsi alla sua tenda senza sentire un dolore squarciante al petto e le lacrime salire, non poteva entrare nella tenda e osservarlo senza soffrire, non dopo quello che aveva scoperto di provare per lui.
Lo amava, oh, se lo amava. Lo amava con tutto sé stesso, con il suo cuore, con la sua anima. E gliel’aveva detto, ma forse troppo tardi perché lui potesse realmente sentire le sue parole.
Thorin era disteso sul ghiaccio, sulle labbra l’ombra dell’ultimo lieve sorriso, gli occhi chiusi e lui l’aveva sussurrato “Ti amo, Thorin.” Ma era stato tutto inutile, Thorin non aveva sentito, non si sarebbe risvegliato e a lui non restava altro che rimanere a soffrire in silenzio.
Allontanò con un sbuffo quei pensieri e gettando il pezzo di stoffa sulla sedia accanto al rudimentale tavolo, si avviò verso l’apertura della tenda.
Camminò solo pochi metri e raggiunse il resto della Compagnia di Thorin, con l’aggiunta di Tauriel e Legolas, che sembrava apprezzare la compagnia di Balin e Oin. Si sedette accanto alla giovane, che l’accolse con un sorriso triste, contrariamente ai nani, come sempre chiassosi. In quelle settimane aveva stretto con Tauriel un profondo rapporto d’amicizia: infondo lei era l’unica che potesse comprendere ciò che stava sopportando, per Kili, perché indipendentemente dai loro sforzi, gli altri non potevano capire.
- Mellon nin, come stai? Ti vedo stanco…- l’elfa gli strinse la mano, mentre con la l’altra si voltava per prendere una ciotola e passarla allo hobbit.
- Vedi bene, Tauriel, vedi bene. È stata una giornata pesante, come sempre del resto. – rispose prendendo la ciotola e ringraziandola con un carezza.
Cominciò a mangiare in silenzio, poi, come ricordatosi improvvisamente di una cosa importante, ingoiò velocemente e si rivolse all’elfa.
- Fili e Kili? – la sua voce tradiva un po’ d’apprensione, non che cercasse di nasconderla, dopotutto.
Lo sguardo della giovane s’illuminò e sorrise -  Sembra stiano meglio. Poco fa sono passata nella loro tenda e Fili era sveglio, era debole ma sembrava capire tutto ciò che dicessi e mi ha perfino chiesto di Kili. E lui… beh, Mastro Oin mi ha detto che questo pomeriggio si è ripreso e ha chiesto di me, ma ero in una tenda a curare una donna, quindi…- nonostante non l’avesse visto sapeva che stava meglio, che era vivo e a lei questo bastava – Sai sono fiduciosa, mellon nin, sono sicura che il mio Kili si riprenderà, e anche Fili e Thor-
- No!- la interruppe lui, alzando una mano, accorgendosi solo troppo tardi di essere stato piuttosto brusco con lei che voleva solo farlo stare meglio. – Ti prego – riprese in tono più dolce – non dirlo. Non dire il suo nome, né che si riprenderà, non voglio né posso avere false speranze.-
- Hai ragione, Bilbo. Perdonami, ma sono solo felice per il risveglio di Kili. – rispose lei, non mostrando alcun risentimento nei suoi confronti e parlando con genuinità e innocenza.
- Non preoccuparti, mia cara, anzi scusa tu, sono stato troppo brusco e non posso pretendere che gli altri siano tristi solo perché lo sono io. – lei gli sorrise in risposta e continuarono a mangiare e parlare con la compagnia.
Subito dopo mangiato, ringraziando Bombur per l’ottima cena, si congedò affermando di essere troppo stanco per rimanere ancora con loro. Strinse la spalla di Balin, al suo fianco, diede un bacio sulla guancia di Tauriel e andò via, mentre gli altri nani lo osservavano dispiaciuti.
Entrò nella sua tenda e, dopo essersi spogliato e aver indossato dei vestiti prestatigli da Bard per la notte, si gettò sul letto.
“Thorin mi dispiace tanto, se solo non fossi svenuto, se solo ti avessi salvato… tu forse ora staresti qui con me. Oh Thorin, mi dispiace così tanto non averti detto prima dei miei sentimenti, in quell’attimo di lucidità poco prima della battaglia, quando ti vidi tornare te stesso davanti ad una semplice ghianda. Torna da me, Thorin. Torna da me…” E mentre pensava quello si addormentò, sperando anche quella sera di avere un sonno senza sogni.

Una settimana dopo.

Thorin Scudodiquercia si era svegliato quella mattina. Oin e gli elfi guaritori erano corsi immediatamente nella sua tenda medica non appena avevano sentito Dwalin urlare che il re si era svegliato. Naturalmente, nonostante fosse ancora confuso e debole dal lungo coma, aveva opposto una strenua resistenza a farsi curare dagli elfi, ma all’urlo di Dwalin si era immobilizzato, anche se piuttosto controvoglia. Se perfino l’amico, il nano più scorbutico che lui avesse mai conosciuto , si fidava di loro allora non poteva essere pericoloso; poi c’era Oin con loro, lui non avrebbe mai lasciato che lo uccidessero, così li lasciò fare. Controllarono la ferita al piede, quelle alla testa e infine quella al torace, la più grave di tutte. Nonostante le bende fossero state cambiate ogni giorno, erano zuppe di sangue e di una sostanza verdastra, che il nano suppose fosse il veleno della lama di Azog. La ferita faceva male, troppo male. Il dolore era troppo forte da sopportare, anche per lui. Iniziò ad agitarsi e vide il sangue imporporare le mani degli elfi e negli occhi di Dwalin la paura. Non c’era mai stata paura negli occhi di Dwalin, mai, almeno prima di quel momento. E mentre le forze lo abbandonavano di nuovo, mentre le palpebre diventavano troppo pesanti, mentre sentiva l’amico urlare qualcosa agli elfi, sussurrò una sola parola, un nome…
- Bilbo…-
Buio.
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Bilbo aveva saputo del risveglio di Thorin solo dopo pranzo.
Aveva trascorso tutta la mattina nella tenda di Fili e Kili in compagnia di Tauriel e Sigrid, la più grande delle figlie di Bard, che aveva seguito passo dopo passo la guarigione dei due fratelli, soprattutto di Fili, avendo stretto con loro una forte amicizia nel periodo di permanenza a casa di Bard quando i nani erano partiti per affrontare Smaug. Bilbo avrebbe giurato che l’interesse di Sigrid per la loro guarigione andava molto al di là dell’amicizia e non era l’unico ad essersene accorto: il giorno prima Tauriel aveva fatto una scenata di gelosia a Kili, perché questo, ormai quasi guarito, scherzava apertamente con la giovane donna, e solo dopo un’ora a battibeccare e solo dopo l’intervento di Bilbo che aveva aperto gli occhi ai due (Fili dormiva della grossa), avevano capito che l’erede al trono e la ragazza si piacevano, ma erano troppo timidi per parlare.
I due giovani nani sembravano essere tornati quelli di prima, ormai riuscivano addirittura a stare seduti e avevano trascorso insieme una piacevole mattinata, nonostante Kili punzecchiasse continuamente Sigrid e il fratello, non curandosi minimamente delle occhiate omicide che Fili gli mandava.  Per una volta Bilbo aveva quasi dimenticato i suoi pensieri e i suoi dolori, osservando la felicità negli occhi di Tauriel e ridendo alle battute dei due fratelli e fu solo quando sentì il suo stomaco brontolare che si accorse dell’ora.
- Oh ehm… scusate, ma deve essere passato mezzogiorno e stamattina non ho fatto colazione. Credo che andrò a mangiare qualcosa. – e si alzò, stiracchiandosi. – Tauriel, Sigrid volete qualcosa? – chiese poi.
Le due fecero senno di diniego e lui fece per andarsene quando un urlo di Kili lo fece fermare sul posto.
- E a noi, signor Boggins? Non ci chiedi se vogliamo qualcosa? – disse indicando lui e il fratello, che lo guardava tra il disperato e il divertito.
- Non chiamarmi Boggins, Kili, lo sai che mi irrita e no. Non vi porterò nulla perché, come sempre, passerà Balin per darvi la dose giusta di cibo. – disse spostando un lembo della tenda e trovando proprio Balin al di là di essa. Gli occhi del nano più anziano era lucidi e sembrava avere il fiatone, Bilbo stava per chiedere cosa mai fosse successo, quando il nano parlò.
- Ragazzi miei… Thorin. Thorin si è svegliato. Per poco, a causa della ferita al petto è svenuto di nuovo, ma i gli elfi sembrano affermare che sia definitivamente fuori pericolo. Il veleno è stato tutto espulso, ma è ancora troppo debole.- disse tutto d’un fiato.
Bilbo sentì le gambe cedere e si appoggiò al tavolo accanto all’entrata, mentre tutti rivolgevano gli occhi verso di lui. Dopo qualche secondo di silenzio i nipoti di Thorin iniziarono a sommergere il nano di domande sulla salute dello zio, chiedendo addirittura di alzarsi per andare da lui. Solo in quel momento, sentendo le parole di Fili, Bilbo uscì dallo stato di torpore in cui era caduto e si rivolse a Balin.
- Ora è sveglio? – la sua voce apparve tremolante, non poté controllarla. Il silenzio invase ancora la stanza.
- Io non lo so, ragazzo mio. Dwalin mi ha detto solo questo per poi tornare nella tenda. – il nano era dispiaciuto si vedeva, non che fosse colpa sua, certo. Senza rispondere o guardare i loro volti, Bilbo uscì dalla tenda e cominciò a camminare sempre più veloce, stava correndo senza accorgersene per raggiungere il prima possibile la tenda dall’altra parte dell’accampamento, inciampando sulla neve sciolta.
I minuti che ci vollero per raggiungere Thorin sembrarono eterni. Davanti agli occhi, mentre correva, rivedeva le scene del passato, i cadaveri degli orchi e in lontananza il corpo del re disteso sul ghiaccio. Ma il re era vivo, era tornato da lui, non l’aveva lasciato.
Appena arrivò alla tenda, spalancò l’entrata aspettandosi di vedere Dwalin o gli altri membri della compagnia al capezzale del nano, ma non c’era nessuno.  Si avvicinò lentamente al corpo immobile se non per il petto che si sollevava e abbassava per il respiro e lo osservò: era stupendo, anche con i graffi sul viso e il petto coperto in parte solo dalla fasciatura. Spostò silenziosamente la sedia accanto alla branda per sedersi e continuò ad osservarlo con lo sguardò lucido, mentre una mano andava al suo viso, per accarezzare la guancia piena di barba incolta. Il suo corpo era caldo, così caldo che Bilbo desiderò sdraiarsi accanto a lui e lasciarsi cullare da quella calura che tanto aveva agognato. Rimase accanto a lui immobile per minuti, o forse ore, non gli importava. Poi improvvisamente la mano di Thorin si mosse e lentamente il nano aprì gli occhi, mentre il cuore di Bilbo cominciava a battere freneticamente.
- Ciao.  – disse e si maledisse. “Oh, perfetto Bilbo Baggins, proprio un bel modo per iniziare una conversazione con il nano che ami appena risvegliatosi dal coma. Complimenti davvero!”
Thorin, tuttavia, non sembrò sentirlo, né riconoscerlo poiché lo guardò con il suo solito cipiglio sospettoso.
- Thorin, sono io. Sono Bilbo. – disse allora lui, accarezzandogli il capo e spostando indietro i ciuffi di capelli che gli ricadevano sulla fronte. Il nano parve riscuotersi tutto d’un tratto.
- Bilbo?-
- Sì, sono io. – sorrise, finalmente sorrise, ma non durò a lungo.
- Vattene. – disse perentorio il nano, voltando il capo dall’altra parte e scostandosi da lui.
- Ma c-come? Cosa? –
- Ho detto che devi andare via, Mastro Baggins. – la sua voce era ghiaccio puro.
- Thorin ma… ma che ti prende? Ho fatto qualcosa di sbagliato?- Bilbo era sempre più confuso, non riusciva a spiegarsi il suo comportamento.
- E me lo chiedi, Scassinatore? Davvero osi chiedermi se hai fatto qualcosa si sbagliato? A quanto pare sei ancora più sciocco di quanto pensassi. Tu hai tradito il mio regno, hai rubato la mia Arkengemma per darla a quel lurido elfo. Con quale diritto, con quale potere l’hai fatto? Credevi forse di avere una qualche pretesa sul nostro tesoro solo perché ci hai accompagnato in questo viaggio? Oh stolto, piccolo hobbit! Non hai mai capito nulla! – le sue parole erano veleno e Bilbo sentiva qualcosa di freddo avvolgere il cuore mentre il nano gli riversava contro tutta la sua rabbia.
- Thorin io l’ho fatto per te, per salvarti dalla pazzia…-
- Oh non mentire, lurido essere! Tu l’hai fatto per il potere, per rubarmi ciò che avevo di più caro al mondo. – tentò di alzarsi ma inutilmente, mentre Bilbo, spaventato si alzò per allontanarsi.
- Cos…? Thorin io non ho mai voluto rubare niente! Come puoi anche pensare che io abbia fatto tutto per questo motivo? – chiese ferito, non riconosceva più il nano di cui si era innamorato… quello non era Thorin.
- Va via immediatamente se non vuoi che ti uccida immediatamente con la mia spada. Va via! – gli occhi lo trafissero.
- Bene, bene! No, non è bene per niente! Thorin io ho rischiato la vita in questo viaggio per te, per assecondare i TUOI desideri, per farti avere la TUA casa. Ho affrontato i globin, gli orchi e non so quanti pericoli per te! Ho affrontato un drago! Ho combattuto una guerra per te! Davvero questo non conta nulla ? E tu… TU stavi per uccidermi con le tue mani! – urlò con quanto fiato avesse in gola.
- E AVREI DOVUTO FARLO, AVREI DOVUTO UCCIDERTI! – l’urlo rimbombò nel silenzio della tenda. Bilbo lo guardò sconvolto, mentre dentro di lui il cuore precipitava per rompersi in milioni di schegge senza far rumore.
- Perfetto…- disse solo, con voce bassa e spenta. – Vi accontenterò, Sire. Addio. – disse guardandolo crudelmente, mentre Thorin voltava di nuovo il volto. Bilbo si girò e solo allora si accorse della presenza di tutti i membri della compagnia compreso Gandalf, Fili e Kili sorretti da Tauriel e Sigrid. Li guardò tutti, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo. In ognuno di loro leggeva stupore e apprensione e senza dire altro, s’incamminò fuori dalla tenda, lontano dal nano che gli aveva rubato e distrutto il cuore.
Thorin incrociò lo sguardo pieno di rabbia dei nipoti, quello di pietà di Balin e infine quello di Dwalin. Egli capì immediatamente, fece uscire tutti dalla tenda e si sedette accanto a Thorin, in attesa. Non dovette aspettare molto perché Thorin si coprisse il volto con le mani, sussurrasse un “Addio Azyungel ” e cominciasse a piangere disperatamente.
Il giorno dopo, sotto lo sguardo di dodici nani, di un’elfa e di un stregone, Bilbo Baggins partì per la Contea.


Un mese dopo -  Erebor.

Fili e Kili erano definitivamente guariti, le ferite al petto di entrambi erano ormai solo delle cicatrici che testimoniavano il loro valore in battaglia.  In quel mese che era passato dalla partenza di Bilbo, molte cose erano cambiate e non tutte in meglio. Ormai i lavori per la ristrutturazione di Erebor erano cominciati da una paio di settimane e procedevano a gonfie vele: Balin e Dwalin gestivano i lavori e i nani eseguivano.  Proprio la settimana prima, inoltre, era giunta Lady Dis, figlia di Thrain, madre dei giovani nani e sorella di Thorin, dalle Montagne Azzurre per riabbracciare i figli e il fratello. Il suo arrivo era stato festeggiato per tutto un giorno, alla fine del quale Dis era riuscita a parlare finalmente con Fili e Kili. I due le avevano raccontato del viaggio, nei minimi dettagli e pieni d’entusiasmo, come loro solito: si erano soffermati sul drago, sulla battaglia contro Azog e il suo esercito e le avevano presentato Tauriel e Sigrid, finalmente lei e Fili avevano rilevato i loro sentimenti e non erano mai stati più felici come in quel momento. Certo, Dis, non aveva nascosto minimamente il suo disappunto quando aveva scoperto che una era una donna e l’altra era, ancor peggio, un’elfa, ma quando aveva scoperto dai figli e da Balin che senza l’intervento di Tauriel i due nani sarebbero molto probabilmente morti e che Sigrid si era presa cura di loro ogni giorno, iniziò a rivalutarle e a considerarle a poco a poco parte della piccola famiglia Durin. E poi le avevano detto di Bilbo Baggins, un certo hobbit partito prima del suo arrivo, ma nulla di più, così quel giorno si era recata nella tenda dei figli, dove c’erano anche Balin e Dwalin per discutere dei lavori, in quanto Thorin si rifiutava minimamente di parlare a chiunque camminasse e fosse capace di parlare a sua volta. Entrò giusto in tempo per vedere il suo precettore e il suo miglior amico alzarsi e salutare i suoi figli, l’elfa e l’umana erano andate ad aiutare le altre donne di Dale.
- Sedetevi immediatamente voi due! E voi – disse indicando i figli – voglio affrontare un discorso serio quindi cercate di esserlo anche voi. – affermò con un cipiglio minaccioso e le mani sui fianchi. Fecero come gli era stato detto, sapevano che quando Lady Dis ordinava era meglio eseguire i suoi ordini.
- Bene. mi sapreste, cortesemente, spiegare perché mio fratello si comporta in questo modo? Da quando sono arrivata l’ho visto solo una volta e per pochi minuti, da allora non mi lascia avvicinare nemmeno più alla sua tenda. E poi… chi è questo Signor Baggins di cui mi avete accennato? Perché mai il suo nome non può essere pronunciato se ha aiutato mio fratello a riconquistare il nostro regno? – Dis pronunciò quelle parole con un tono carico di aspettative. Balin e Dwalin si guardarono preoccupati, indecisi se rivelare tutta la verità alla nana, mentre Fili e Kili sorrisero: era sembrato strano ad entrambi che la madre non avesse fatto altre domande su Bilbo e Thorin dal suo arrivo, e pensarono che quella fosse l’occasione giusta per far risvegliare Thorin dallo stato di torpore in cui era caduto dopo la partenza dello hobbit. E così, prima ancora che Balin o Dwalin potessero fermarli, i due giovani eredi di Erebor cominciarono a parlare.
- Amad , è una lunga storia. Vedi, all’inizio del nostro viaggio tra Bilbo e Thorin le cose non andavano bene. Zio diceva continuamente che era stata una sciocchezza portare con noi uno hobbit, era troppo legato alla sua poltrona e alla sua casa e lo considerava un essere inutile, un peso. Bilbo cercava di farsi accettare da lui, ma purtroppo inutilmente. – iniziò Fili, attirando l’attenzione della madre. I due nani più anziani che avevano tentato di fermarli capirono che ormai era inutile continuare a nascondere tutto, dopotutto Lady Dis aveva il diritto di sapere la verità.
- La situazione cambiò una volta essere fuggiti dalle tane dei globin. – continuò Kili per il fratello – Eravamo riusciti a salvarci, ma solo una volta usciti ci accorgemmo che il signor Baggins non era con noi. Naturalmente cominciammo a chiamarlo, ma Thorin ci interruppe dicendo che era scappato per tornare a casa, poiché sentiva troppo la mancanza dei suoi libri e della sua poltrona e naturalmente, ancora una volta, si sbagliava: Bilbo apparve improvvisamente e affermò che era, sì, vero che sentiva la mancanza della propria casa, ma era lì per noi, per aiutarci ad averla, proprio perché aveva capito come ci si sentisse a non aver un posto proprio. Nessuno di noi sa se il loro rapporto sia cambiato in seguito a quella rivelazione o dopo che Bilbo ebbe salvato Thorin dal mannaro di Azog, fatto sta che i due iniziarono a mostrare reciproco rispetto, fino a stringere una forte amicizia. Durante il periodo della sua follia, Thorin si fidava unicamente di Bilbo. Tuttavia egli, tentando di salvarlo dalla sua pazzia, fece un accordo con re Thranduil e Bard e rubò l’Arkengemma, credendo che in tal modo potesse allontanare da lui la malattia del drago. Purtroppo si sbagliava e una volta scoperto l’inganno, Thorin tentò di ucciderlo e solo l’intervento di Gandalf riuscì a salvare Bilbo dalla morte. – concluse Kili.
- Lo hobbit ha rubato l’Arkengemma? – c’era stupore nelle parole di Dis. Era impressionata da come quel mezz’uomo avesse affrontato suo fratello solo per salvarlo dalla pazzia.
- Sì mamma. Ma da quanto sappiamo tutti noi, poco prima di svenire per le ferite, Thorin ha parlato con Bilbo e l’ha perdonato per il suo tradimento. Tuttavia al suo risveglio l’ha aggredito e l’ha allontanato. Bilbo è partito il giorno dopo. – negli occhi di Fili poté vedere tristezza per quelle parole.
- Ed è tutto? Mio fratello sta così per il tradimento di questo famigerato Bilbo Baggins?  - non poteva essere solo quello, Thorin non sarebbe mai stato così male per quel semplice motivo.
- No, c’è dell’altro. – Dwalin per la prima volta da quando era entrata la principessa prese parola – Dis, Thorin e Bilbo si amavano. Si amano ancora a dir la verità. – a quelle parole gli occhi della nana si spalancarono, così come quelli di Fili e Kili che erano a conoscenza dei sentimenti dello hobbit, ma non di quelli dello zio.
- Aspetta un attimo Dwalin… mi stai dicendo che mio fratello ha trovato il suo Uno e che questo è un semplice hobbit? -
-Sì, Dis. Thorin si sta lasciando morire dal giorno della partenza di Bilbo, per questo vuole che nessuno entri nella sua tenda.- rispose il nano con gli occhi pieni di dolore.
- E lui l’ha lasciato andare? L’ha allontanato?-
- Credeva di potergli assicurare un futuro migliore lontano da lui, per paura di ricadere di nuovo nella pazzia.
Ora tutto era chiaro agli occhi di tutti. Fili e Kili si ritrovarono ad essere immensamente dispiaciuti per il loro zio, man mano che la rabbia li abbandonava e Dis sembrò riprendersi dalle parole di Dwalin.
- Mio fratello è uno sciocco! Andrò io a parlargli, dovrà ascoltarmi.-  e detto questo uscì risoluta dalla tenda, sotto lo sguardo dei restanti nani.
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Thorin aveva saltato ancora una volta il pasto che gli era stato portato da Tauriel quella mattina. Aveva finalmente capito perché suo nipote si fosse innamorato di lei: nonostante le avesse urlato contro per quasi l’intero mese di non avvicinarsi a lui, di non entrare nella sua tenda, lei aveva continuato a portargli del cibo ogni giorno e a guardarlo con risolutezza. Ma lui non mangiava, lui non beveva, lui non parlava, lui stava morendo… e aveva lasciato andare l’unica persona che poteva salvarlo da quel baratro di disperazione, o per meglio dire l’aveva allontanata. Da quando Bilbo era partito per ritornare nella Contea, Thorin si stava lasciando morire. È vero, l’aveva fatto per lui, per donargli una pace e una serenità che non avrebbe mai potuto avere ad Erebor, al suo fianco, ma non poteva far altro che sentire terribilmente la sua mancanza. Non sapeva dire con precisione quando avesse cominciato a provare qualcosa per il suo hobbit, forse l’aveva capito su quel monte dopo essere stati salvati dalle aquile, quando l’aveva abbracciato e aveva sentito un calore riscaldargli il cuore, o forse si era innamorato di lui fin dal primo momento, ma ormai quello non contava più, lui era partito e non sarebbe più tornato.
- Thorin! – sua sorella entrò come una furia nella sua tenda, mentre lui si mise a sedere sulla branda sulla quale era sdraiato fino ad un momento prima.
- Dis? Dis, tu cosa diavolo ci fai qui? – ringhiò brutalmente ancora sorpreso dalla presenza della sorella.
- Si dia il caso, mio caro nadad, che io sia qui da una settimana! Settimana in cui tu, Thorin, ti sei rifiutato di vedermi, poiché troppo occupato a compatire te stesso e il tuo futuro.- affermò lei puntando il dito contro il nano, che voltò lo sguardo  verso la brocca d’acqua che usava per lavarsi. Prese un profondo respiro e poi tornò a guardare la sorella, ancora in attesa.
- Mi dispiace non averti potuto accogliere nel modo dovuto, namad, ma le mie ferite non mi hanno permesso di uscire da qui. – disse indicando la tenda con l’indice.
- Oh smettila di dire sciocchezze! Sappiamo tutti che sono altri i motivi per cui tu sei ancora qua dentro… mi sbaglio, Thorin? – chiese ghignando. Gli occhi del fratello si illuminarono impercettibilmente per lo stupore, ma seppe immediatamente mascherarlo con le parole.
- Non so di cosa tu stia parlando, Dis - cominciò alzandosi e recandosi verso l’angolo dove era posto l’occorrente per lavarsi. - Ora se puoi uscire da qui, sono stanco e vorrei rip…-
- Perché hai mandato via il Signor Baggings? – la domanda fu posta a bruciapelo e Thorin si fermò di blocco sul passo ancora traballante a causa delle numerose ferite. Dis notò immediatamente i muscoli delle spalle tendersi fino allo stremo al suono di quelle parole, ma continuò ad insistere. – Perché?-
- Non sono cose che ti riguardano. – rispose lui in tono freddo e rivolgendo sempre le spalle alla sorella.
- Mi riguardano eccome se mio fratello ha deciso di lasciarsi morire perché ha mandato via l’unica persona che abbia mai amato e che ricambia i suoi sentimenti.- ribatté lei andandosi a sedere sulla branda del nano con estrema eleganza. Thorin si appoggiò per un momento al piccolo tavolino in legno, non sapendo come agire. Sua sorella era sempre stata molto deduttiva, fin da piccola, ma davvero non credeva che i suoi sentimenti potessero essere così chiari. Si voltò lentamente e osservò Dis: aveva perso lo sguardo severo che aveva mantenuto fino ad allora e anche il ghigno era completamente scomparso, sostituito da un’espressione amara.
- Lui ci ha traditi… Ha tradito me, la nostra famiglia. – disse, anche se nemmeno lui credeva ad una sola parola che stava pronunciando e questo, Dis, lo sapeva eccome.
- Smettila di mentire, Thorin, sappiamo entrambi che questa non è la verità. – la sua voce era dolce, del tutto differente da quella che solitamente usava con gli altri.
Thorin camminò lentamente verso di lei, sempre mantenendo lo sguardo nel suo e si sedette sulla branda accanto alla sorella. Rimasero in silenzio per qualche minuto, a guardarsi, poi il re sospirò e parlò.
- Dis… Io non posso parlarti del mio dolore, non voglio che tu sappia che esiste. – a quel sussurro Dis poggiò la mano sulla sua spalla e la strinse. Era sempre stato così tra loro, lui tentava di nasconderla e proteggerla dal dolore, ma lei si dimostrava sempre la più forte.
- Thorin, ti prego, parla. Io… ho già perso un fratello, non voglio perdere anche l’altro.-
- L’ho fatto per lui, non volevo vivesse una vita infelice accanto a me, per accudirmi nella mia malattia. Se sei qui è perché Fili e Kili te ne avranno parlato, forse anche Dwalin: Dis io sono stato vittima della malattia del drago, io non ho saputo controllarmi, ho permesso che si impossessasse di me fino ad arrivare a sospettare della mia stessa famiglia, dei miei compagni e Bilbo… Bilbo mi è stato vicino, ha cercato di aiutarmi e io l’ho quasi ucciso. Non posso permettere che questo accada di nuovo, se gli facessi del male ne rimarrei ucciso. – disse portandosi le mani al volto.
- Thorin ma le cose non andranno nello stesso modo, hai sconfitto la malattia e potrai vivere una vita serena da legittimo Re, con la tua famiglia e con Bilbo. – reclamò lei accarezzandogli la schiena dolcemente.
- No Dis, come puoi dirmi una cosa del genere? Tu meglio di me ricordi come nostro nonno si comportava prima dell’arrivo di Smaug, non si fidava di nessuno, allontanava tutti… tranne me. Mi diceva che io sarei stato un grande re, che avrei dovuto prendere il suo posto, perché ero come lui ed è vero: io sono come lui, io sono diventato Thror.-
- No Thorin, no! Tu hai ritrovato te stesso, grazie alla tua famiglia, all’affetto dei tuoi compagni, grazie a Bilbo, non negarti questa possibilità. -
- Dis basta. Io resterò qui, Bilbo nella sua Contea, nella sua casa, tra i suoi libri e le sue piante, le guarderà crescere e avrà una famiglia felice… lontano da me. – disse alzandosi e allontanandosi dalla sorella. Dis non aveva mai visto il fratello così distrutto, nemmeno dopo l’attacco di Smaug, quando il drago gli aveva portato via tutto.  Si alzò a sua volta e gli afferrò le spalle, costringendolo a guardarla, non gli avrebbe mai permesso di annullarsi come stava facendo.
- Thorin ora basta! È chiaro? Basta! Io rivoglio mio fratello, quello che non si arrendeva mai davanti a nulla, pronto a sacrificare la sua stessa vita per ciò in cui credeva… che fine ha fatto, Thorin? Te lo dico io,  qui.- disse poggiando la mano sul petto, proprio dove si trovava il cuore – È qui dentro. Hai vissuto tutta la tua vita nel cercare di accontentare gli altri, hai agito per gli altri, hai vissuto per altri. Mai, mai ti ho visto fare qualcosa per te, per la tua felicità, ma ora… ora abbiamo di nuovo la nostra casa, il nemico è sconfitto e tu stai facendo di tutto per allontanare la felicità. Ricordi cosa diceva sempre nostra madre? Zâzyungizu. Ama te stesso, Thorin. Vivi per te.- Dis gli accarezzò il volto, seguendo i contorni delle guance scavate a causa della fame, della bocca e degli occhi, quegli occhi così simili ai suoi e in quel momento così bui e vuoti.
- È troppo tardi, namad., è andato via per sempre. – disse lui prendendole le mani e stringendole.
- Beh… da quando il Re sotto la Montagna si fa fermare da una misera distanza? Thorin, la vita è troppo breve, va a prenderti il tuo Scassinatore. – e detto questo lasciò le sue mani, lo guardò un’ultima volta e uscì dalla tenda.
Thorin rimase in piedi a fissare la fessura dalla quale era appena uscita la sorella, poi tornò a letto.
                                                                          -----
 
Thorin era sdraiato sul ghiaccio freddo, privo di forze. Non ce la faceva più, aveva chiuso gli occhi e aveva deciso di riposare, dopo aver ringraziato e detto addio al suo hobbit. Sapeva che lui sarebbe stato bene, salvo e questo bastava a renderlo sereno.
- No, no, no, no, no, Thorin, no! – sentiva dei singhiozzi e delle mani che lo strattonavano con debolezza e per quanto volesse aprire gli occhi, non ci riusciva, era troppo stanco.
- Thorin, le aquile! Le aquile sono qui, guarda. – avrebbe voluto aprire gli occhi e guardare, rassicurare Bilbo che andava tutto bene, ma non poteva.
Iniziò a sentire dei leggeri singhiozzi che poi si trasformarono in un pianto ben più profondo, il pianto carico di dolore di Bilbo e Thorin capì che quella era una tortura ben più dolorosa e angosciante della morte. Tentò di alzarsi, di urlare, di parlare, ma nulla… continuava a rimanere immobile su quella lastra di ghiaccio fredda come le sue mani e le sue gambe.
- Ti amo, Thorin.- si fermò e quel sussurrò quasi inudibile per i singhiozzi fu l’ultima cosa di cui si rese conto prima dell’oblio.
Il nano si svegliò di colpo e si mise a sedere velocemente, sentendo una leggera fitta di fastidio a livello dell’addome per la ferita. Era tutto sudato e ansante, mentre si passava le mani sul viso in preda alle emozioni che gli aveva suscitato quel sogno. Dopo che si fu calmato cercò di analizzare razionalmente ciò che l’aveva tanto sconvolto: aveva sognato Bilbo, ma c’era qualcosa di più, qualcosa che gli diceva che era più di un semplice sogno… E poi ricordò, il debole sussurro che aveva sentito prima di svenire sui ghiacci e che aveva completamente dimenticato, il “ti amo” di Bilbo e allora capì quello che doveva fare. Si alzò di fretta dalla branda, si vestì e preparò velocemente la sacca con il cibo non mangiato della sera, delle armi e una veste di ricambio. Prese la sua spada, la legò in vita e uscì dalla tenda nel bel mezzo della notte, senza essere visto da nessuno.
La mattina successiva Dis fu informata da Dwalin che suo fratello era partito e lei sorrise.
“ Hai scelto te stesso, Thorin.”


Sei mesi dopo – Hobbiton, la Contea.

Bilbo era arrivato nella Contea in primavera, dopo tre lunghi mesi di viaggio ininterrotti per terre ostili. Certo, rispetto all’andata, il viaggio era stato tranquillo, senza la paura di attacchi a sorpresa da parte di orchi o globin, ma era stata ugualmente dura senza nessuno accanto a lui. E la situazione non era migliorata quando era arrivato: prima aveva trovato una vera e propria asta davanti alla porta di casa, con cui i suoi odiosi parenti e gli hobbit della Contea stavano dividendosi tutti i suoi averi, compresi i cucchiaini d’argento di sua madre finiti nella avide mani di Lobelia, poi era stato considerato un malfattore e aveva dovuto confermare la sua identità con il contratto di Balin e alla fine, aveva dovuto parlare di Thorin per l’ultima volta.
Entrato nella sua accogliente casa, aveva chiuso la porta e osservato le sue stanze: era cambiato tutto. La casa era in completo disordine, ma non era quello il vero problema, come si rese conto solo qualche settimana più tardi. Aveva trascorso giorni interi a mettere in ordine le sue cose, a  sistemare la casa, a renderla accogliente come una volta, ma quella sensazione di freddezza non passava, semplicemente perché non era la casa ad essere sbagliata ma lui, era lui ad essere inadeguato, anche nella Contea. Ogni volta che usciva per fare la spesa, sentiva su di sé gli sguardi di tutti gli abitanti e di certo non era sordo ai continui bisbigli su di lui, la sua avventura e di come fosse cambiato, si rendeva conto che la gente aveva cominciato ad avere paura di lui eppure non faceva nulla per far cambiare loro idea, semplicemente perché non voleva.
Passava le sue giornate a prendersi cura delle piante e dei fiori, a cucinare e a leggere, insomma tutte cose che un Baggins rispettabile come era lui avrebbe fatto, eppure non era felice. Dopo sei mesi dalla partenza da Erebor, Bilbo Baggins si era reso conto che la vita che aveva tanto amato e trascorso fino ad un anno e mezzo prima non gli bastava più o, per meglio dire, non faceva per lui. Si era reso conto di desiderare l’avventura e il vento che scuoteva i suoi riccioli ramati, l’adrenalina e la sensazione di pericolo che lo facevano sentire vivo, sé stesso e in momenti di tristezza come quelli si rendeva conto che Gandalf aveva avuto sempre ragione: dopo quel viaggio non sarebbe stato più lo stesso. E poi sentiva la mancanza dei nani, dal primo all’ultimo: Fili e Kili e le loro stupide battute, la saggezza di Balin, l’asprezza di Dwalin, la dolcezza di Ori, l’amicizia di Bofur e Thorin… gli mancava terribilmente Thorin. Da quando era arrivato aveva promesso a se stesso di chiudere in una parte del suo cuore il nano e i sentimenti che provava per lui, non permettendosi di ricordare per non provare dolore, ma era stato tutto inutile: il pensiero di Thorin, il suo viso, i suoi occhi tornavano prepotentemente a galla durante il giorno, e ancor di più durante la notte, nei sogni. Non serviva a niente provare a dimenticare, lui non poteva dimenticare, perché il suo amore era reale, così come il suo dolore, e avrebbe continuato ad amarlo anche se Thorin l’odiava dal profondo del cuore, perché era quello l’amore.
Quella sera faceva fresco e Bilbo era stato tutto il tempo seduto sulla panchina fuori la sua porta a fumare e guardare le stelle alte nel cielo, era una magnifica serata primaverile ed era assai piacevole starsene lì, da soli, a riflettere, nella pace più assoluta. Solo quando cominciò a fare troppo freddo per rimanere ancora là fuori, decise di entrare e di coricarsi. Una volta entrato chiuse tutte le finestre e spense le luci, lasciando accesa solo quella nell’ingresso e andò in camera da letto, pronto per cambiarsi e abbandonarsi al meritato riposo, ma qualcosa nei suoi piani andò storto, infatti non appena accese la luce della sua camera, sentì due colpi alla porta. Inizialmente ritenne fosse solo la sua immaginazione, in fondo quante volte aveva immaginato di sentire quel suono e trovarsi tutti i nani alla sua porta come diciannove mesi prima, ma quell’ipotesi non si era mai avverata, per cui si avvicinò all’armadio per prendere il pigiama, quando dei colpi più forti del precedente gli fecero capire che non si trattava di immaginazione e si avviò con una sorta di agitazione ad aprirla, chiedendosi chi potesse essere perché non poteva sperare nell’impossibile.
Giunse in poco tempo nell’ingresso e si fermò davanti alla porta, come bloccato in uno stato di paralisi: non riusciva ad aprirla, aveva paura di scoprire chi ci fosse al di là e di rimanerne deluso, in fondo poteva essere Gandalf per una visita notturna o il suo giardiniere venuto per avvertirlo che il giorno dopo sarebbe passato prima.
Al terzo colpo si riscosse dai suoi pensieri e timori e decise di aprire la porta, facendo eco a tutto il suo coraggio. Si avvicinò e strinse la mano sul pomello, girandolo con una lentezza estenuante. La porta scattò e cominciò a tirarla verso di sé lentamente, mentre una figura appariva dall’altra parte e quando vide chi c’era al di là dell’uscio credette di morire.
- Thorin…- sussurrò il suo nome flebilmente, come se non credesse ai propri occhi, mentre il cuore cominciava a battere furiosamente nel petto e i suoi occhi si allargavano per lo stupore.
- Bilbo io… - il nano sembrava in evidente difficoltà: il tono della voce era carico di rammarico e nei suoi occhi si leggeva paura e imbarazzo. Dopo qualche minuto passato ad osservarsi, Bilbo riprese immediatamente il controllo di sé e si riscosse dalla stato di torpore in cui era caduto, ritrovando il coraggio di guardarlo in viso e assumendo un’aria piuttosto dura e fredda.
- Che cosa vuoi? Perché sei qui? – utilizzò il tono più freddo di cui era capace e Thorin sembrò accorgersene perché un lampo di sofferenza passò nei suoi occhi e abbassò lo sguardo.
- Io… Io sono venuto qui per parlare con te e chiederti scusa per le mie parole. – disse cercando di essere il più sincero possibile, mettendo da parte le sue paure.
- Mi dispiace Thorin, è troppo tardi. Avresti potuto pensarci allora, quando le hai pronunciate quelle parole. Ora, se non ti dispiace, vorrei andare a letto… Addio.- pronunciò quelle parole con freddezza e risolutezza, anche se era dura non poteva permettergli di rientrare così nella sua vita e poi distruggerla di nuovo, se fosse accaduto il suo cuore non avrebbe retto. Fece per chiudere la porta, ma Thorin allungò il piede e la bloccò proprio mentre stava per chiudersi completamente.
- Bilbo, io lo so che ho sbagliato, ma ti prego… fammi entrare. Ho smarrito la via due volte prima di arrivare qui e le mie ferite non mi permettono più di rimanere in piedi. Ti prego, Bilbo. – dal tono di voce si capiva perfettamente che fosse molto stanco e Bilbo, per quanto volesse sembrare duro nei suoi confronti, non riusciva a resistere al suo sguardo e al modo in cui pronunciava il suo nome, per cui aprì nuovamente la porta e si fece da parte, invitandolo ad entrare.
Thorin entrò zoppicando in casa, sul viso un’espressione dolorante e Bilbo si chiese come avesse fatto ad affrontare un viaggio di tale portata con delle ferite che l’avevano quasi portato via da lui. Il vederlo in quello stato gli ricordò le difficili settimane che aveva attraversato in preda al terrore di non riuscire più a parlare con il nano, di guardare quegli occhi blu pieni di vita, di non sentire più il suono della sua voce e per la rabbia si avviò in cucina. Giunto nella stanza accese la luce e prese la teiera, riempiendola d’acqua, mentre sentiva i passi pesanti di Thorin fermarsi poco lontano da lui.
- Puoi pure sederti, di certo non voglio avere sulla coscienza la morte del grande Re sotto la Montagna, Dwalin mi ucciderebbe. – disse ghignando e sbattendo leggermente la teiera sul fornello, per poi accendere il fuoco. Sentì il rumore della sedia che veniva spostata e un sospiro di sollievo fuoriuscire dalle labbra del nano.
- Vuoi del tè ?-
- Non l’ho mai assaggiato… - rispose Thorin quasi imbarazzato.
- È una bevanda dolce e calda. Avrai viaggiato molto e negli ultimi mesi avrà fatto freddo, berla ti riscalderà. – non poteva fare a meno di preoccuparsi anche per lui e così prese due tazze dalla mensola e versò al loro interno l’acqua calda, aggiungendo poi il tè in polvere e mischiando con un cucchiaino. Gli diede la tazza e si sedette di fronte a lui, guardandolo in volto.
- Dunque sei venuto qui dalla Montagna Solitaria…- disse sorseggiando lentamente la bevanda calda.
- Sono partito una notte di sei mesi fa, a causa delle ferite ho impiegato il doppio del tempo per fare il viaggio, purtroppo non erano del tutto guarite quando ho deciso di partire, ma ora sono qui. – disse Thorin, bevendo a sua volta la bevanda. Non doveva piacergli molto, osservando il volto leggermente contratto nel momento in cui bevve, ma non disse nulla ugualmente.
- Sei qui…-
- Sì, sono qui e non me ne andrò. Non senza di te, Bilbo. – appena sentì quelle parole, lo hobbit quasi si strozzò con il sorso di tè che stava bevendo. Tossì per un po’ e poi alzò lo sguardo dalla tazza per incontrare quello profondo di Thorin.
- C-cosa? -
- Torna con me alla Montagna. Tutti attendono il tuo ritorno e io… io ho sbagliato ad allontanarti, ci hai aiutati e meriti di essere giustamente ricompensato: potrai fermarti tutto il tempo che vorrai, avrai gli alloggi nella sezione reale e farai tutto ciò che desideri.- come sempre il nano stava facendo parlare il suo orgoglio, piuttosto che il suo cuore. Era ben consapevole di non poter convincere in tal modo lo hobbit a seguirlo, che avrebbe dovuto rivelargli ciò che provava e aprirgli il suo cuore, ma non ci riusciva.
- Questo è…- cominciò Bilbo, posando la tazza quasi vuota sul tavolo e alzandosi in piedi – è totalmente assurdo! Non puoi chiedermi una cosa del genere! –
- Perché? – chiese Thorin piuttosto confuso dalla sua reazione.
- Perché? Thorin mi stai realmente chiedendo perché tutto ciò non ha per niente senso? – vedendo che il nano non rispondeva, continuò e decise di dirgli tutto ciò che pensava, liberandosi di quel peso che sentiva su di lui.
- Bene, vuol dire che te lo spiegherò io. Sono partito con te per quell’impresa suicida diciannove mesi fa e per la metà del viaggio ho dovuto sopportare le tue critiche sul mio modo di combattere, che, lo ammetto, era terribile, ho dovuto passare sopra le accuse di essere un vigliacco, un essere inutile e poi… poi ti ho salvato la vita e tutto sembrava andare per il meglio. Tu ti fidavi di me, io mi fidavo di te e andava tutto dannatamente bene. Poi il drago, la pazzia, il tesoro e quella maledettissima pietra hanno rovinato tutto, tutto quello che avevamo costruito nel viaggio e tu mi hai quasi ucciso, Thorin. Mi hai quasi ucciso e io continuavo a preoccuparmi per te, per quel dolore e quella follia che leggevo nei tuoi occhi, gli occhi che non riconoscevo. – mentre pronunciava quelle parole fece una pausa e si voltò verso il nano che lo guardava con un misto di stupore e dolore negli occhi.
- E la battaglia… la battaglia è stata l’esperienza più spaventosa che io abbia mai vissuto in vita mia, ma mai spaventosa e dolorosa come il momento in cui ti ho trovato sul ghiaccio, in una pozza di sangue, in fin di vita. In quei momenti ho creduto di morire, sapevo che se tu non ce l’avessi fatta, sarei andato avanti, ma sarei stato solo un guscio vuoto perché tu, il nano più odioso, fiero, coraggioso e spettacolare che abbia mai conosciuto, non c’eri più. E la mia vita non aveva senso. Poi ho saputo che eri debole, in fin di vita, ma vivo e che Thranduil aveva messo a disposizione tutti i suoi guaritori per salvarti e la speranza è rinata in me e ti sono stato accanto per tutto il tempo, per tutte le settimane successive, venivo quando potevo e ti tenevo la mano, anche se tu non mi sentivi. E tu mi hai allontanato, al tuo risveglio hai detto che avresti fatto meglio ad uccidermi e mi hai allontanato. – concluse con un tono di voce mesto e basso, mentre cercava di trattenere inutilmente le lacrime, che incominciarono a sgorgare e a bagnare le sue guance, mentre Thorin, in preda alla vergogna, abbassò lo sguardo.
- E ora vieni qui, in piena notte, a chiedermi di tornare con te alla montagna, di vivere con te e gli altri, di ricevere onori per il mio sacrificio… E questo, questo è totalmente assurdo dopo tutto quello che hai fatto! Dopo aver distrutto il mio cuore! – e le urlò le ultime parole, le urlò con tutto il fiato che aveva dentro, non curandosi del fatto che fosse tardi e che probabilmente i suoi vicini potessero sentirlo e lamentarsi. Non si curò dell’onore o del fatto che aveva un sovrano davanti che meritava il dovuto rispetto o che, conoscendo Thorin, urlando contro di lui in tal modo avrebbe potuto perderlo per sempre. Urlò perché ne aveva bisogno e quello era un motivo più che valido per farlo.
Un silenzio opprimente riempì la sala, Bilbo rimase fermo per qualche minuto ad osservare Thorin, che immobile non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, mentre le lacrime continuavano a scendere sul viso.
Thorin, dal canto suo, era perfettamente consapevole che tutto ciò che aveva detto Bilbo era la verità: aveva sbagliato in passato ad allontanarlo, a trattarlo male e stava sbagliando anche in quel momento non dicendogli la verità. Riusciva a sentire solo il respiro affannoso dello hobbit e, finalmente, trovò il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui, solo per provare un dolore atroce all’altezza del cuore: le stille che stavano bagnando il suo viso, lo sguardo sofferente gli provocarono una sofferenza ben più profonda di quanto non avessero fatto le ferite che l’avevano quasi ucciso.
Improvvisamente la stanza parve troppo piccola e Bilbo si allontanò, quasi correndo, giungendo nell’ingresso illuminato, si asciugò il viso e passò le mani nei capelli. Com’era possibile che la sola presenza di quel nano potesse sconvolgerlo tanto?
- Bilbo – al suono del suo nome si voltò di scatto e vide di fronte a sé Thorin, appoggiato allo stipite dell’arco che portava nel corridoio, evidentemente l’aveva seguito non appena era uscito dalla cucina.
- Thorin per favore, non ora. Puoi rimanere nella notte e ti darò tutto ciò di cui avrai bisogno, ma ho bisogno che tu vada via domattina. -
- Solo se tu verrai con me. – affermò staccandosi dallo stipite e avvicinandosi a lui. Ormai li separavano solo pochi centimetri.
- No, io non verrò. Questa è la mia casa, è il mio posto e qui ho tutta la mia vita. Ci ho messo dei mesi per abituarmi di nuovo alla Contea, al mio letto, alla mia casa e a gente che non fossero dodici nani chiassosi e disordinati e non posso lasciare tutto ora. – disse allontanandosi di poco dal nano e distogliendo lo sguardo dal suo, non poteva sopportarlo oltre.
- Allora rimarrò io qui. – disse l’altro, risoluto, a sua volta.
- Che cosa? -
- Se tu non vuoi lasciare la tua casa, sarò io a farlo. -
- Oh insomma Thorin! Smettila di dire sciocchezze. Bene, allora vediamo se così ti è tutto più chiaro: il problema non è solo la casa, il problema sei tu. Non posso tornare da te, per rischiare di essere cacciato di nuovo per i tuoi capricci o di essere nuovamente criticato. Non posso e non voglio rischiare per qualcosa che per te non conta nulla. – disse lo hobbit allo stremo delle forze, non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto continuare quella discussione. – Ora, se non ti dispiace, sono terribilmente stanco e vorrei riposare. La strada per la stanza la conosci, è la stessa dell’altra volta… dunque, buonanotte Thorin. – concluse guardandolo un’ultima volta negli occhi e voltandosi verso il corridoio che l’avrebbe portato alla sua camera.
- Ti amo. – fu solo un sussurro ma bastò perché Bilbo si fermasse improvvisamente e tendesse tutti i suoi muscoli al suono di quelle parole. Thorin guardò il suo scassinatore, le sue spalle, i suoi capelli e capì che per nulla al mondo avrebbe voluto perderlo e decise di fare come aveva detto sua sorella, per cui continuò a parlare mettendo da parte l’orgoglio che già una volta l’aveva portato via da lui.
- Ti amo, Bilbo Baggins, e credo da sempre. Ho tentato di non dirtelo, di reprimerlo ed ignorarlo, ma… tu sei dentro di me, sarai sempre dentro di me. E sai perché? Perché noi nani amiamo una sola volta nella vita e io ho scelto te, sei tu il mio Uno. È vero, all’inizio il nostro rapporto è stato tormentato, io non riuscivo a capire come una piccola creatura come te, tutta impaurita, potesse aiutarmi a riprendere la mia casa, come potesse affrontare un drago, ma poi ho capito: tu avresti dato la vita per me, per un nano stolto che non aveva fatto altro che criticarti e offenderti e quello era la più grande delle ricchezze, Bilbo. Ho capito di amarti non so quando, se dopo l’abbraccio o prima, ma ti amo ed è questo che conta. Amo tutto di te, anche le cose che odio, io amo, perché sei tu, fanno parte di te. E so che anche tu mi ami, l’ho ricordato, ho ricordato le tue parole quando eravamo sul ghiaccio. – aveva pronunciato quelle parole con il tono di voce più dolce mai usato prima di allora e Bilbo l’aveva osservato con gli occhi spalancati per tutto il tempo, sul viso un’espressione di puro stupore. Thorin lo amava… lo amava davvero.
- Ma tu mi hai aggredito, mi hai allontanato al tuo risveglio…- sussurrò ancora in preda allo stupore.
- Lo so ed è stato l’ennesimo errore. Non avrei mai dovuto farlo, avrei dovuto ringraziarti e stringerti e… baciarti e non lasciarti andare più via, ma non l’ho fatto. Ho preferito fuggire ancora una volta dai miei sentimenti, seguire l’orgoglio che non porta mai a nulla. Pensavo che una vita lontano da me, dalla mia pazzia sarebbe stata una vita migliore per te, più felice e ti ho allontanato, lasciandomi morire. Sì, Bilbo, stavo morendo perché è così che funziona per noi: quando perdiamo il nostro Uno o siamo così forti da sopravvivere o troppo deboli da morire. Stavo morendo, ma una persona, mia sorella, mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che era giunto il momento di vivere per me stesso, di amare me stesso. E ora sono qui a chiederti di venire con me, o di rimanere qui, ma insieme perché sei tu la mia casa, perché noi siamo destinati a stare insieme.- pronunciò quelle parole tutto d’un fiato e poi il silenzio invase nuovamente la casa. Thorin e Bilbo si osservarono per minuti che sembrarono infiniti e poi successe: Bilbo si avvicinò a Thorin e si gettò tra le sue braccia, mentre il nano, finalmente sorridente, lo stringeva forte a sé.
- Ti amo anch’io, Thorin, ti amo. – sussurrò con il viso nell’incavo del collo del nano, che lo strinse di più a sé. Dopo qualche minuto i due si staccarono e appoggiarono le loro fronti l’una sull’altra, guardandosi negli occhi e sorridendo. Bilbo pensò che il sorriso che Thorin gli stavo rivolgendo in quel momento fosse la cosa più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita e si sporse in avanti, sfiorando le labbra del nano. Inconsapevolmente cominciarono a baciarsi e un semplice e casto bacio divenne man mano più passionale, mentre Bilbo si stringeva a Thorin, aggrappandosi alle sue spalle, e il nano poggiava delicatamente una mano sul fianco e l’altra sulla nuca dello hobbit, che sembrava ancora più piccolo tra le sue braccia di quanto già non fosse. Continuarono a baciarsi per minuti o forse ore, non se ne resero conto, sapevano solo che erano stati fin troppo lontani e che baciarsi, sentire la bocca dell’altro sulla propria, i due respiri uniti era diventato essenziale come l’aria.
Furono costretti ad allontanarsi a causa della mancanza di ossigeno, ma continuarono a rimanere abbracciati, a sorridere e a guardarsi.
- Stolto di un nano… perché ci hai messo tanto? – disse in preda all’affanno Bilbo, continuando a sorridere. A sentire quelle parole Thorin ridacchiò sommessamente e si umettò le labbra, al che lo hobbit non riuscì a resistere e lo baciò nuovamente, un bacio famelico e carico di desiderio, a cui Thorin rispose con trasporto. Quando si separarono di nuovo, il nano parlò.
- Sono stato un codardo perché stavo rischiando di perdere il tesoro più prezioso che ho. – affermò con la voce roca e mettendo ancora una volta da parte l’orgoglio. – Ti prometto che questa volta non ti lascio andare. Hai capito Bilbo? Io non ti lascio. – disse avvicinandolo ancora di più a sé.
- Spero che tu mantenga la tua parola, perché non ti perdonerei per nulla al mondo se non lo facessi. – gli rispose lui, ghignando divertito.
- Allora quando partiamo? Sai voglio saperlo perché devo preparare tutte le mie cose e questa volta voglio portarmi i miei libri, i miei fazzoletti, insomma tutto ciò che potrebbe tornarmi utile. Ah e poi devo avvertire il signor Gamgee, il mio giardiniere, affinché si prenda cura delle piante. Magari qualche volta potremmo tornare per un po’ alla Contea, durante l’estate è un posto magnifico e la tua famiglia potrebbe venire con noi, potremmo stare tutti insieme a Casa Baggins. Ti piacerebbe, Thorin? – Bilbo cominciò a parlare a raffica, sciogliendosi dall’abbraccio del nano e cominciando a raccogliere le sue cose. Thorin, dal canto suo, osservava tutta la scena nella confusione più totale.
- Bilbo ma cosa stai facendo? Io credevo noi rimanessimo qui, insomma tu hai detto che non volevi lasciare la Contea e io lo capisco, posso andare a prendere le mie cose, sai devo almeno abdicare in favore Fili… - le parole di Thorin bastarono perché Bilbo si fermasse e, dopo aver appoggiato tutto ciò che aveva tra le braccia sulla cassapanca della madre, si avvicinasse a lui, prendendogli le mani.
- Thorin… tu davvero faresti tutto questo per me? Rinunciare alla tua casa, al tuo regno, alla tua famiglia?-
- Certo Bilbo, io non voglio perderti e nessun tesoro o regno potrà avere mai più valore del tuo affetto o dell’amore che io provo per te. Sei tu tutto ciò di cui ho bisogno e non voglio più ripetertelo. – disse guardandolo dritto negli occhi, dotati della stessa risolutezza che lo aveva portato a riconquistare la sua Montagna.
- Thorin io… è vero, ho tentato di riabituarmi alla mia vecchia vita, a questa terra, a questo clima pacifico, ma… la verità è che questa non è più la mia vita, questa non è più la mia casa. Casa è dove hai il cuore e il mio cuore l’hai preso tu, fin dal primo momento in cui sei entrato da quella porta. Per me queste mura o questa terra non hanno più valore, ma tu… tu sei stato troppo lontano dalla tua patria e hai lottato per averla, sei quasi morto e per nulla al mondo vorrei che tu ci rinunciassi. Per cui partiremo insieme per la Montagna Solitaria, torniamo a casa. – disse carezzandogli il volto, seguendo il contorno degli occhi e percorrendo con un dito le curve delle labbra.
- Bene, se è questo che vuoi lo faremo, torneremo alla Montagna. Ma sappi una cosa, Bilbo Baggins… dove sei tu, quella è la mia casa. Noi siamo destinati a stare insieme e ti giuro su Mahal, niente ci separerà. – e detto questo lo baciò nuovamente.
L’indomani avrebbero dovuto affrontare un lungo viaggio, tra varie insidie, ma in quel momento non aveva importanza… loro erano tutto ciò che contava, loro erano tutto ciò di cui avevano bisogno.






N.d.A.
Salve a tutti! E' la prima volta che scrivo qualcosa riguardante l'universo di J.R.R. Tolkien  e spero di non aver reso i personaggi OOC, in particolar modo Thorin, che probabilmente è uno dei più complessi da rappresentare. Nel caso fosse accaduto, ditemelo, accetto ben volentieri i vostri pareri, positivi o negativi che siano. 
Spero che la storia vi sia piaciuta, ho voluto dare una piccola rivincita a questi due straordinari personaggi e soprattutto un lieto fine ai discendenti di Durin, ne hanno passate davvero troppe! 
Detto questo, spero e credo che ci risentiremo presto con qualche altra invenzione del mio cervello bacato. 
Buon 2016  tutti!
Lily
   
 
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