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Autore: aire93    01/01/2016    1 recensioni
Stiles Stilinski è uscito dall'incubo della Nogitsune, e Derek Hale sta per entrare in quello della perdita straziante dei propri poteri.
Può il legame tra due anime spezzate, combattere forze altrimenti incontrastabili?
E' una post 3B, con Season 4 Canon ma a tratti.
Sterek Slowbuilt, con tanta sofferenza...
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Howling '
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BUON ANNO!!! oK So che questa cosa andava postata il 5, ma non ho resistito, dato che era già pronta. Eh beh, godetevi ciò che ho legittimamente rinominato la shower scene.... stay tuned e happy new YEAR! ;)

Lo schermo del computer era bianco e privo di immagini.
Solo una parola - un nome più precisamente - svettava in stampatello, colorato di un macabro nero. 
Stiles lo fissò con la testa vuota e il petto pieno di angoscia, e l'"andrà tutto bene" che aveva promesso a Derek gli rimbombò nelle orecchie come il ritornello di una canzone da hit parade. 
Non andava bene per niente: la musica nella sua testa si era trasformata in un requiem. 
Era ancora tra le braccia di Lydia, che a sua volta l'aveva avvolto in una stretta possente, più forte di quella che generalmente le ragazze sapevano regalare. 
Lei aveva già perso qualcuno, in quei pochi minuti: quella Meredith Walker che era risultata essere l'unica banshee di sua conoscenza e in grado di insegnarle a controllare con più forza i suoi poteri, senza dover chiedere ogni volta consigli all'antipatico e inquietante Peter Hale. 
Era stata la stessa Lydia a spedirla all'altro mondo, con le sue insistenze e le sue pretese illogiche.
Non era stata quella perdita, però, ad aleggiare nera e soffocante sui due ragazzi; al contrario la sentenza di morte capitata sulla testa di Derek aveva spaventato i ragazzi più di quanto volessero ammettere.  
«Lo salveremo Stiles. Non possiamo permetterci di perdere anche lui...» sussurrò lei con dolcezza, quasi a personificare un'angelo, e non la donna che quella sentenza l'aveva scritta premendo un paio di tasti sul computer. 
Stava ancora con la testa sulla spalla di Stiles, le mani che con cura gli accarezzavano la schiena, ma Stiles sembrava impermeabile al calore, come se leggere il nome di Derek come prossima vittima lo avesse immerso in un bagno di acqua gelata, e fosse impossibile per lui avvertire alcunchè. 
«Sei una banshee. Tu predici le morti Lydia...» le ricordò lui con voce grave, staccandosi con brutalità dal contatto. 

«Lo so. Però non è detto che debba per forza morire adesso...» 
«Sta perdendo i suoi poteri, ha una taglia di 15 milioni di dollari sulla testa...devo proseguire? Le chiavi delle liste erano nomi di ragazzi morti e Derek finirà nello stesso modo! » quasi urlò Stiles, guardandola per la prima volta con una punta di nervosismo e rabbia, le mani strette in due pugni come se volesse trattenersi dal lanciare la scrivania. 

«Devo dirglielo. Devo dirglielo, non posso agire altrimenti. Devo provare ad evitare che quell'idiota compia qualche sacrificio a suo dire "nobile"...» ansimò Stiles, guardandosi intorno senza vedere davvero la stanza. 
Il fiato sembrava così pesante da sopportare... e inalare ossigeno era diventata un'impresa quasi impossibile, come se nei polmoni si fossero formate croste pungenti. 
Lydia posò le proprie mani sulle spalle del suo migliore amico, afferrandole e stringendole di nuovo con una forza che non si poteva non definire soprannaturale, calmando Stiles e frenando all'istante il suo probabile attacco di panico.
 
«Stiles. Verrò con te. Andremo insieme da Derek e lo convinceremo a smettere di spacciarsi l'eroe di Beacon Hills, soprattutto adesso che non riesce più a difendersi come prima...»

Stiles la guardò con un sopracciglio alzato, l'essenza dello scetticismo in un gesto così simile a quello di Derek che quasi insospettì Lydia, arguta com'era. 
«Tu credi che lui ti ascolti? Credi che la tua presenza possa smuoverlo in qualche modo?»

Lydia lo fissò come se lo vedesse per la prima volta: che fine aveva fatto lo Stiles che osservava Lydia Martin con tutta l'attenzione del mondo, conoscendo esattamente ogni sua idea?
Semplice. Era stato spodestato dallo Stiles che temeva seriamente per la vita di Derek. 
«Derek ascolta te, Stiles. Ormai si fida del tuo parere e ne terrà conto...io servo solo come incentivo. Sai che nessuno riesce a dirmi di no...»
Stiles attese solo qualche secondo, come ad aspettare l'inevitabile fregatura nel piano, ma essa sembrava non palesarsi. 
Il ragazzo annuì convincendosi dell'idea e  trascinando Lydia con sè fino alla Jeep, prendendo posto sul sedile, che all'improvviso appariva più scomodo del solito. 

«Parlerò con lui. Hai ragione, mi ascolterà...» ripetè Stiles, annuendo all'amica come se avesse ascoltato solo in quel momento il discorso già concluso in precedenza, e permettendosi solo per un secondo di sorridere. Sarebbe andata bene, lui e Lydia avrebbero difeso Derek a spada tratta. 

Il viaggio fino al loft fu silenzioso, ma con un alone di ottimismo che inebriò l'aria all'interno della Jeep, un piacere che Stiles ritenne quasi miracoloso. 
Non aveva bisogno che il silenzio venisse riempito con musica o chiacchiere, e pensata da uno con la lingua lunga di Stiles, l'idea poteva sembrare assurda. 
Effetto post - Nogitsune. Era rimasto il sarcasmo e la proverbiale astuzia, ma Stiles non era capace più a divertirsi e a chiacchierare normalmente come prima. 
Lydia lo sapeva, e per quello non forzò nemmeno l'amico. 
Il suo cellulare squillò, e un "mi dispiace" le provocò un leggero brivido che tentò di nascondere al giovane Stilinski. Era il centesimo mandato da Jordan Parrish in poche settimane. 
Stiles, comunque, era troppo impegnato a raggiungere i cento chilometri all'ora in un centro abitato per farci caso.  

-

Era la seconda volta in vita sua che Lydia si trovava davanti al portone del loft in attesa di entrare, in compagnia di qualcuno. 
Forse era meglio non pensarci, perchè ad accompagnarla la prima volta ci aveva pensato Allison, e solo l'idea della presenza della giovane Argent le provocava una fastidiosa fitta al centro del petto. 

Stiles non era meno risoluto, comunque, con le pupille che spaziavano in lungo e in largo su tutta la struttura, come se volesse in qualche modo trovare una chiave magica per entrare o cose simili. 
Il ragazzo posò la mano fredda sulla maniglia, afferrandola fermamente, ma ancora incapace di aprire. 
«Voglio solo che lui stia bene...» confessò a testa bassa come a terminare un discorso iniziato secoli prima. 
Lydia sorrise, posando le proprie mani su quelle di Stiles e stringendo la maniglia con la stessa forza soprannaturale che quella sera aveva mostrato più di una volta. 

«Lo so Stiles, credimi. Lo so...» rispose, annuendo e lasciando trasparire come lei avesse intuito molto di più di quello che Stiles le aveva rivelato. 
Stiles la guardò, benedicendo la loro amicizia, e col sorriso sulle labbra tirò, in un gesto abituale che aveva compiuto più volte forse di quanto non avesse aperto il frigo di casa sua. 

Il portone non si mosse.

Stiles e Lydia staccarono le mani all'istante, come se avessero preso la scossa, i cuori di entrambi che battevano più rapidamente, colmi di preoccupazione. 
«Riproviamoci...» tentò Stiles, stringendo più forte quella maledetta maniglia, e Lydia con lui, emettendo pigolii per lo sforzo, i volti di entrambi che palesavano la fatica. 

Il portone non si mosse.

«Cosa vuol dire? Perchè non si apre, maledizione?» si voltò Stiles, terrorizzato, verso una Lydia più preoccupata di lui. 

«Non farti prendere dal panico Stiles, è possibile che Derek sia semplicemente uscito e abbia finalmente imparato a chiudere la porta di casa...»

Stiles strinse gli occhi, con ondate di rabbia che gli attraversavano l'animo ad intervalli regolari. 
«Tu sei distratta da qualcosa o qualcuno, Lydia. Non ti ricordi che l'auto di Derek è parcheggiata davanti alla mia?»

Lydia arrossì, come se fosse stata smascherata all'improvviso, distogliendo lo sguardo da quello dell'amico. 

«Cosa stai dicendo? Non starai insinuando che mi possa interessare qualcuno come il vice sceriffo Parrish, perchè se è così avresti preso una cantonata incredibile...»

«Io non ho nominato nessun Parrish, ma grazie per il suggerimento...» sbottò Stiles, alle prese ancora con la maniglia del portone, che pareva quasi chiusa a causa di un incantesimo. 

«Ok, va bene, basta giochini, Derek apri o ti sfondo il portone!» urlò Stiles, gli occhi ridotti a fessura ed entrambe le mani raccolte in un pugno. 
«Sei sicuro che sia dentro? Se non risponde vuol dire che non c'è... » provò Lydia nuovamente, tentando di convincere l'amico, ma sembrava tutto inutile. 
«In che lingua devo dirti che Derek è in casa e non vuole aprire, il bastardo? In aramaico antico?» urlò Stiles, sbattendo con foga il pugno contro la porta. 

Una volta. 
Due volte. 
Tre volte. 

I pugni divennero due, e Stiles prese a sfogarsi su di essa, la frustrazione che usciva come una bomba da quelle mani racchiuse, che stavano diventando sempre più rosse per il contatto continuo contro il metallo pesante del portone. 

«Derek, cazzo apri! Vuoi evitarmi?» Stiles emetteva scintille dagli occhi, e aveva uno sguardo così duro, che sarebbe stato capace di sciogliere la porta con le fiamme nelle sue pupille. 
Il rimbombo dei pugni si espanse per tutta la sala, e Lydia osservò impotente l'amico che stava tentando di buttare quella porta che mai, a memoria d'uomo, era stata vista chiusa. 

«Va bene, va bene. Evitami. Per me non esisti più da oggi, tanto sei tu quello che ha una maledetta sentenza di morte sulla testa, non io. Il tuo nome ha sbloccato la terza parte della lista, deficiente, sono venuto per aiutarti, ma se non vuoi che io ti sostenga in alcun modo, non lo farò! Andiamo Lydia, e Derek, buona gita all'inferno!»
Stiles tirò un calcio ben piazzato contro la maniglia, l'eco che amplificò il rumore metallico, come se la botta non fosse stata ricevuta solo dalla maniglia.
Stiles e Lydia non scambiarono una sola parola in macchina, ma la Martin non potè non notare, sul volante, le dita tremanti del suo migliore amico. 

-

Melissa McCall l'aveva chiamato solo dopo le dimissioni di Derek dall'ospedale, e forse quelle - l'idea che Derek fosse in un luogo del genere, e soprattutto sapere che ne avesse effettivamente bisogno - erano state le mosse che l'avevano fatto precipitare davanti a quello stesso portone che solo la notte prima aveva accuratamente preso a calci. 
Stiles - questa volta da solo - aprì la porta con una facilità disarmante, maledicendo il mondo intero e soprattutto l'idiota di proporzioni epiche, proprietario del loft, che aveva imparato ad usare le chiavi nel giorno sbagliato. 
L'entrata lì era sgombra di ostacoli o tavolini, come sempre e Stiles l'attraversò alla velocità della luce, gli occhi che spaziavano in lungo e in largo, intenti a cercare Derek. 

Aveva un pessimo presentimento, sin da quando aveva parcheggiato la Jeep, qualche decina di piani più giù: era come se l'aura di potere contenuta in quella stanza fosse svanita completamente, e lui sapeva fin troppo bene cosa volesse dire. 

Era mezzanotte e lui conosceva perfettamente le buone maniere: furono quelli gli unici motivi per i quali non urlò alla notte il nome del lupo mannaro, preoccupato di poterlo effettivamente svegliare. 
La luna illuminava gli antri più bui come mai prima di quel momento, colorando gli oggetti e lo stesso volto di Stiles, con una forza nuova, come se ora potesse espirmere liberamente tutto il suo potere, senza che nulla la potesse ostacolare. 
Succedeva anche nella camera di Stiles e di Lydia, ovvero di chi non era dipendente dal satellite.

Un pensiero improvviso e terribile piombò nella testa di Stiles, e quel presentimento avvertito sulla soglia si materializzò davanti a lui. 
Derek Hale dormiva sul letto, con petto che si abbassava e si alzava in maniera regolare e tranquilla.
La luna esaltava tutti i tratti del suo viso: la barba incolta, gli occhi chiusi e solo all'apparenza riposati, il cipiglio serio che non l'aveva mai abbandonato da quanto era ricomparso a Beacon Hills. 

Stiles non avrebbe voluto svegliarlo, ma la macchia rossa sulla canottiera bianca era troppo visibile, espandendosi a vista d'occhio. 
Sembrava l'immagine di un bambino che aveva subito più tragedie di quante potesse sopportarne. 
Stiles si avvicinò cauto verso il ragazzo, tendendo la propria mano in un gesto rassicurante e posandola su quella di Derek. Il freddo e il caldo delle loro dita si mescolarono, e Derek si girò nel sonno verso il giovane Stilinski, che trattenne un sorriso, nonostante la situazione fosse decisamente tragica.

Stiles strinse la presa, e Derek compì lo stesso gesto. 

«Ehi, Derek?» sussurrò lui pacato, con uno sguardo malinconico. 
Non sapeva se svegliarlo o meno: non voleva interrompere il sonno dell'Hale, ma nello stesso tempo era impossibile ignorare la macchia scura sul fianco del ragazzo. 

«Derek. La ferita causata dallo sparo all'ospedale sta sanguinando...» bisbigliò il ragazzo, aspettandosi che l'udito super affinato del lupo mannaro intuisse quelle parole e lo risvegliasse dal sonno. 
Derek continuava a dormire.

Stiles strinse ulteriorimente la presa sulla mano incredibilmente calda di Derek, e il ragazzo si svegliò di botto, scattando seduto e ansimando, come chi si sveglia da un brutto sogno all'improvviso, e crede di vivere ancora nell'ombra del terrore. 
«Derek, stai sanguinando. Posso bendarti se vuoi, ho imparato primo soccorso a scuola, so esattamente come poterti aiutare...» tentò Stiles parlando a macchinetta, ma fermandosi giusto un secondo dopo, sospirando rassegnato.
L'evidente sguardo contrariato dell'altro, marcato dall'inarcamento delle sopracciglia valeva più di mille parole. 
Derek avrebbe potuto intrattenere un discorso di un'ora con quelle sopracciglia, più espressive di quanto lui stesso non fosse mai stato, e Stiles l'avrebbe comunque capito lo stesso. 
Era strano, e un po' inconcepibile, ma Derek Hale aveva pochissimi segreti per Stiles, ormai. 
Nonostante tutto, il giovane Hale si rifiutava di farsi aiutare, e Stiles non potè che accettare la sconfitta. 

«Non vuoi il mio aiuto. Sono uno stupido...» 

«Vado sopra a farmi una doccia. E'mezzanotte, torna a casa, non ho bisogno di nessuno. La ferita guarirà...»
Stiles aggrottò le sopracciglia, fissando incredulo la schiena bianca del lupo mannaro, che nel frattempo si era alzato per dirigersi al piano superiore, trascinando i piedi come se camminare fosse uno sforzo immane, e soprattutto gemendo di dolore per il fianco ferito. 

Stiles mise da parte la sconfitta, provandoci un'ultima volta: «Derek non credo che guarisca da sola, davvero posso aiutarti...»

«Guarirà. Ora vattene, ti ho già detto che non c'è motivo per il quale tu sia qui adesso» sbottò Derek, salendo i primi gradini, più lentamente. 

Stiles sgranò gli occhi. Poteva farsi andar bene tutto, ma non farsi prendere in giro da un maledetto lupo mannaro in evidente crisi, tra parentesi. Era corso da casa sua nel cuore della notte per sincerarsi delle sue condizioni, e veniva trattato così?
Bene. 
Sapeva essere cattivo, quando voleva. Sapeva centrare il punto debole delle persone, sapeva ferirle. Questo era qualcosa che la Nogitsune non aveva avuto bisogno di insegnargli, purtroppo. 

«Beh, suppongo che i tuoi sviluppatissimi sensi da lupo mi abbiano sentito arrivare nel loft, vero? Che strano, l'ultima volta che ci siamo visti, quando ti aveva graffiato Brett, tu ci avevi impiegato molto di più a rigenerarti. Il tuo lupo ti ha tradito, o si è stufato di te, con quel carattere che ti ritrovi. Sai, a volte mi sembri cattivo quasi quanto Kate. Sareste stati davvero una bella coppia, stile Romeo e Giulietta...la cacciatrice e il mannaro. Peccato che tu stesso, grazie a lei adesso sia solo un inutile pezzo di carne ambulante...»

Derek si voltò di scatto, gli occhi verdi che lampeggiavano d'ira e le pupille che si erano dilatate leggermente. Digrignava i denti e ed era diventato rosso, dal nervosismo. 

«Non osare rivolgermi più la parola Stilinski...non pensavo che t-tu, tra tutti...»

«Balbetti? Non ti ho mai visto così nervoso...» sorrise Stiles sadicamente, con le vene del collo che pulsavano dall'ira, perchè no, lui non pensava nulla di tutto quello che aveva blaterato fino a due secondi prima. Il suo unico intento era ferire Derek con le parole, e ci stava riuscendo alla grande. 
Era stufo di sentirsi dire di starsene buono, di non immischiarsi, di lasciare Derek in pace. 
No, non l'avrebbe lasciato in pace, a costo di prendersi a cazzotti. 

Stiles allargò il sorriso, e Derek vide l'ombra di uno spirito millenario su quel volto. 
Il ragazzo si voltò nuovamente, salendo le scale e scappando da quella stanza, che all'improvviso era diventata più calda, nonostante fuori si congelasse. 
Il problema ormai aveva smesso di essere tale, trasformandosi in dramma.

Non aveva sentito il battito del cuore di Stiles. 
Non aveva sentito il suo odore caratteristico. 
Non aveva sentito nemmeno i suoi passi mentre arrivava. 

Derek aprì la porta del bagno con una mano che faticava a stare ferma, levandosi la maglietta con i peli ritti sulle braccia e i brividi di terrore che gli percorrevano la schiena, dove il tatuaggio era ancora ben visibile. 
La prima goccia si mescolò con l'acqua fredda emessa dal soffione, calda e salata. 
La seconda fu impossibile da trattenere, così come la terza e la quarta, che gli attraversarono il volto più pallido del solito. 
La mano si posò sulle piastrelle bagnate, mentre le unghie graffiavano la ceramica, senza scalfirla minimamente. 
Derek si morse il labbro finchè non sentì il gusto amaro del sangue in bocca, quello che spesso scompariva dopo pochi secondi, e che adesso contemporaneamente gli inondava la bocca e colava dal fianco che pizzicava. 
Aveva lo stomaco come bloccato da un mattone, la gola chiusa e respirare sembrava impossibile. 
Non aveva mai vissuto un attacco di panico in vita sua, perchè i lupi mannari non somatizzano il dolore psicologico. 
O meglio, lo fanno solo avendo difficoltà a rimarginare le ferite. 

La realtà si stabilì nel suo petto, e per un attimo a Derek mancò il respiro. 

Non si sarebbe più rigenerato all'istante. 
Stiles aveva ragione.

Quella parola cadde su di lui come la lama della ghigliottina , facendogli sbattere un pugno contro il muro, e poi un altro, e rendendogli le gambe così molli da farlo finire per terra, bagnandosi di sapone, sangue e lacrime. 

A malapena Derek riuscì a sentire i passi affrettati di Stiles, che aprì la porta subito dopo aver sentito quei pugni pieni zeppi di frustrazione, che persino uno come lui aveva potuto intuire. 

Derek era seduto sul fondo della doccia, respirando a malapena, con gli occhi chiusi e le ginocchia contro il petto, per nascondere le sue nudità, che assumevano un significato molto meno erotico e più drammatico. 
Era nudo dentro all'animo, privo di quel potere che da sempre scorreva nelle sue vene e che lo rendeva fiero di essere figlio degli Hale. 

Aveva perso la sua casa, la sua famiglia, sua sorella e adesso anche i suoi poteri.
Cosa rimaneva di lui?

Una mano gelata si posò sulla sua spalla, mentre il fiotto d'acqua della doccia veniva spento, lasciando il posto semplicemente alle lacrime.

«Scusa, ma io ho sempre le mani un po' fredde, sono un idiota, potevo scaldarle...» Stiles si accucciò vicino a lui, a separarli solo parte della doccia, senza preoccuparsi di bagnarsi i vestiti.

Derek sgranò gli occhi, senza nemmeno la voglia di asciugarsi le guance. Abbassò lo sguardo con la vergogna che gli si poteva leggere su tutto il volto. 

«Vattene Stiles» sussurrò, gelidamente, col corpo scosso da brividi, causati un po' dal freddo, un po' dall'evidente disagio.
Una mano scese verso la ferita, sulla quale si era formata la crosta, dura, rossa e pungente. Almeno aveva smesso di sanguinare. 

«Non sanguini, menomale...» annuì Stiles, ignorando le parole dell'altro, ma allontanandosi comunque per dirigersi verso l'armadio e prendere un'accappatoio, che posò su Derek.
La tensione tra i due ragazzi si era espansa per tutta la stanza: pareva una bolla di sapone piena di cemento, capace di scoppiare all'improvviso. 

Il ragazzo cercò di rimanere stoico, nonostante fosse ben conscio di come Stiles l'avesse più volte visto in momenti di estrema difficoltà, decidendo comunque di non giudicarlo mai e al contrario aiutandolo, nonostante la sua evidente condizione di semplice umano. 
Derek chiuse gli occhi, quando il primo violento brivido lo attraversò da parte a parte, col cuore che batteva incontrollato e le membra impossibili da tenere ferme.
Stiles strinse la presa sulla sua spalla, ma l'Hale non lo sentì nemmeno. 

«Derek respira. Calmati. Sono abituato a vivere attacchi di panico, devi solo respirare e sapere che per qualsiasi cosa sono accanto a te. Non ti lascio da solo, quindi puoi smetterla di comportarti da fottuto asociale...»

Gli occhi di Derek erano più scuri e spaventati che mai, e viaggiavano da quelli di Stiles all'intera stanza, osservandola come se in realtà non la vedessero davvero. 

«Derek...»

Il ragazzo sapeva di aver quasi raggiunto il limite, ormai non riusciva a stare fermo, dato che ogni parte del suo corpo era scossa da brividi. Anche le sue viscere. 
Ne aveva abbastanza di guai, di Kate che era tornata, di essere manipolato, abusato, privato di quelle poche cose che amava. 
Stiles era ancora lì, a sostenerlo con un semplice tocco. Anche lui, a pensarci bene, era stato manipolato e abusato dalla Nogitsune. Anche lui viveva in una situazione di pericolo costante. 
Non lo meritava, non meritava di passare l'esistenza da adolescente così. 
Doveva allontanarlo da lui, offenderlo fino a togliergli il saluto, perchè era meglio non avere Stiles accanto, sapendo che il ragazzo stava bene, piuttosto che con una mano sulla sua spalla, ma in pericolo di vita. 

In fondo, lui era solito perdere le persone che amava...

Amava?

Stiles specchiò i propri occhi color del miele contro il semplice verde delle iridi di Derek, e il più grande non riuscì a trattenersi più. 

Derek si alzò, scansando la mano di Stiles con un gesto stizzito e lo spinse via, oltre la doccia, al centro della stanza. 
Doveva stargli lontano per stare bene. A Derek non importava nemmeno più provare delle sensazioni di pace e benessere con Stiles presente, quando esisteva la consapevolezza che solo chiudendo gli occhi e riaprendoli , nello stato in cui Beacon Hills si trovava, il ragazzo sarebbe potuto esserci e poi scomparire per sempre. 

«Che cazzo di problemi hai? Perchè vuoi continuamente allontanarti da me?» urlò Stiles, stavolta con il volto deformato dalla rabbia, le labbra tese all'ingiù e gli occhi spalancati: anche lui aveva preso a tremare. 
Derek si scansò l'accappatoio di fretta, la mente annebbiata dalla stanchezza, perchè vivere da umano e avere a che fare con mille emozioni che il potere del lupo riusciva a filtrare, era una prova immane per lui. 
Il ragazzo si mostrò completamente a Stiles, tanto ormai la verità era nuda e cruda davanti ai loro occhi, impossibile da far svanire. 

«Perchè sono UMANO! Sono DEBOLE, Stiles. Non - non... non sono in grado di poter proteggere nessuno di voi stavolta. Sono inerme! Lo vuoi capire? »
Stiles incrociò le braccia, incredulo per la confessione improvvisa di un Derek che aveva purtroppo deciso di venire a patti con la realtà.

«Gli umani non sono tutti deboli. Non se non vogliono esserlo. Ne ho le palle piene di stronzate del genere! Guarda Allison! Lei era umana come me, eppure ha scoperto come uccidere dei fottuti spiriti ninja, non si è mai risparmiata, quando doveva affrontare bestie mannare, kanima e tutto quel caos che le è piombato tra capo e collo!»
Derek avvertì una lama al centro del petto, seppur immaginaria, che premeva contro le sue costole, ferendolo. 

Stiles aveva avuto davvero il coraggio di nominare... 

«Oh, sì. Era incredibilmente coraggiosa, non c'è dubbio. E' persino andata contro il credo dell'intera famiglia per difendere Scott e tutti noi. C'è un piccolo problema che credo ti sia sfuggito, caro il mio re del sarcasmo. Allison è MORTA. E' morta prima ancora di vivere il senior year, il ballo dell'ultimo anno, il college, magari una famiglia con Isaac o Scott, o decidere di proseguire l'attività di protezione di lupi. Allison ha dato la sua vita per un mondo che non le appartiene, perchè è umana! E tu... tu hai rischiato lo stesso, non posso dimenticarlo. Da umano ti è impossibile affrontare il mondo del soprannaturale: o diventi un mostro, o perdi la vita nel tentativo di provarci! »

«Ma io sono sopravvissuto, Derek! Il tuo mondo mi ha fatto diventare un mostro, ma sono ancora qui! Umano, con l'anima a pezzi, ma cammino, respiro e cerco in tutti i modi di aiutare i miei amici, per evitare di perderne altri. Essere umani non vuol dire essere deboli, Derek, e sia io che Allison ne siamo stati la prova. Tu sei comunque forte e intelligente e per l'ennesima volta, non sei da solo nel vivere questo dramma. Tornerai ad essere un lupo mannaro che le prende da chiunque, stai tranquillo...» tentò di ironizzare.

Stiles si avvicinò di nuovo, fregandosene di una probabile reazione di Derek, che nel frattempo si era ancora accucciato contro la doccia, come se continuare ad intraprendere quel discorso fosse un' impresa titanica per lui. 
Stavolta il giovane Stilinski afferrò il volto di Derek con entrambe le mani, la barba che pizzicava al contatto con i palmi dell'altro. 
Era completamente indifeso. Nudo nel corpo e nell'anima, e qualcosa si scatenò nel petto di Stiles, qualcosa di caldo e piacevole, che nulla aveva a che fare col gelo perenne che aveva provato il suo cuore in quel periodo. 

Stiles alzò leggermente gli angoli delle labbra, sapendo che le sue pupille, fissando Derek, avevano preso ad allargarsi. 
«Ho vissuto tutti i tuoi alti e bassi, Derek. Quando sei tornato a Beacon Hills per cercare tua sorella, e sei stato quasi ucciso dallo strozzalupo; quando hai scoperto che tuo zio ti aveva tradito; quando sei diventato Alpha, quando eri al top del tuo potere, con un branco e dei beta fedeli; quando sei stato paralizzato, e hai dovuto chiedere aiuto al semplice umano qui presente. Per non parlare di quando hai scoperto di essere solo stato manipolato da Jennifer, e quando hai cercato disperatamente i tuoi beta. Sono sempre stato con te, Derek. E sentivo la tua evidente preoccupazione quando nei guai ci sono finito io e Chris Argent aveva minacciato di spararmi, nel tuo loft.
Non penserai minimamente che io ti lasci da solo in questo pasticcio. Risolveremo tutto Derek. Davvero...»

Non sapevano come fosse accaduto, ma erano molto più vicini di quanto non fossero mai stati. Stiles poteva quasi contare le ciglia di Derek e Derek non aveva smesso di fissare la linea dritta di nei che attraversava la guancia di Stiles. 
Le mani di Stiles erano così calde adesso, sulle guance bagnate dell'altro, il quale fissava Stiles attraverso un velo leggero di ammirazione misto a qualcosa di più profondo.
C'era anche della disperazione nel verde delle sue iridi, come se in realtà il fatto di essere umano ed inerme non fosse la cosa peggiore che gli fosse capitata in quel momento. 
«Non è solo questo, e lo sai...Lydia è venuta nel mio loft questa mattina. Mi ha detto tutto. Tutto ciò che tu e Scott non avete avuto il coraggio di rivelarmi...» borbottò con voce rotta. 

Stiles sentì qualcosa all'altezza del petto che si spezzava violentemente.
Non voleva perdere Derek, non dopo tutto quello che avevano passato in quei mesi per tenerlo disperatamente attaccato alla vita. 

«No...non finirà qui...»Stiles avvicinò il corpo umido di Derek contro di sè, legandogli le braccia attorno alla vita e abbracciandolo con vigore, sentendo il calore di quel corpo avvolgerlo come una coperta. 

«E' la predizione di una Banshee...» sussurrò Derek, appoggiato sul petto di Stiles e cullato dai battiti del suo cuore, stabili e confortanti, rispondendo a quella domanda silenziosa che entrambi sapevano si trovasse tra di loro. 
«Non mi interessa. Non mi importa Derek. Farò qualsiasi cosa in mio potere per salvarti, te lo giuro. Hai passato troppo per subire anche questo...»

Derek si staccò leggermente, capace ancora però di sentire il respiro di Stiles finire direttamente contro le sue labbra. 
Il ragazzo alzò lo sguardo e Stiles era lì, di fronte a lui, come sempre quando si era trovato in difficoltà in quei mesi. 

E Derek non potè fare altro che posare la fronte su quella di Stiles, le labbra di entrambi a pochi millimetri di distanza, senza che nessuno prendesse l'iniziativa per farle scontrare. 

«Grazie» bisbigliò Derek, stringendo il volto di Stiles tra le sue mani, e mantenendo il contatto tra le loro fronti, gli occhi chiusi e il cuore che aveva tripilicato la sua velocità. 
Stiles sorrise leggermente, sfregandosi come un gattino contro il volto dell'altro e posando le proprie mani su quelle di Derek, di nuovo. 

«Te lo prometto, Derek. Non lascerò che ti accada più niente, credimi...» disse con tono amorevole, prendendo una mano di Derek e posandola sul suo cuore, così per fargli sentire i battiti regolari e la veridicità delle sue parole. 
Derek capì più di quello che Stiles gli aveva promesso, quel gesto che simboleggiava il fatto che Stiles, nonostante tutto, lo trattasse ancora da lupo mannaro. 

«Ti credo...» rispose Derek, con un nodo in gola e il cuore gonfio di quelle emozioni che credeva di non poter più provare. 
Non avevano ancora separato il contatto delle loro fronti. 
   
 
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