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Autore: Mo_    01/01/2016    3 recensioni
La volta che ho provato più freddo in tutta la mia vita, stavo per essere sacrificato in una vasca piena di ghiaccio.
Credo che ciò che mi ha aiutato a sopravvivere, quella volta, è stato il non sentirmi solo. Scott e Allyson stavano fronteggiando il mio stesso destino, con i rispettivi sguardi fieri ed orgogliosi per una volta rotti dalla paura, e le dita di Lydia sulla mia pelle sarebbero riuscite a farmi tornare a piedi dall’inferno.
A quelle condizioni, sarei stato pronto a fare qualsiasi cosa.
Ma ora ho di nuovo freddo, ed è diverso.
E loro non ci sono [...]
Ora che Stiles è distrutto, ora che il branco è a brandelli, ora che la lotta contro i Dread Doctors sembra più importante del compleanno più atteso dell'anno, può un addio trasformarsi in un nuovo inizio?
One Shot what if? sugli avvenimenti appena successivi alla 5x09.
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Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo della storia: Baby, it’s cold inside
Fandom: Teen Wolf
Pacchetto scelto: Dicembre
Personaggi: Stiles, Lydia
Raiting: Giallo
Avvertimenti: Missing Moments, What if?
Coppie: Het
Eventuali NDA: la One Shot è ambientata successivamente alle 5x09 (lies of omission) e non considera tutti gli eventi successivi a quello (quindi prosegue senza seguire gli eventi della 5x10, o comunque non tenendone conto).
Un bacio xx
 
 
 
 
 


Baby, it’s cold inside
 
 
 

 
You’re gonna catch a cold,
From the ice inside your soul.
Jar of harts – Christina Perri
 
La volta che ho provato più freddo in tutta la mia vita, stavo per essere sacrificato in una vasca piena di ghiaccio. I ricordi di quel momento sono confusi, ma certe sensazioni restano impresse sulla pelle, più forti di qualsiasi altro tipo di memoria, e a volte ti sembra di riprovarle. Tante volte mi sono sentito affogare, dopo quel momento. Durante una lezione, a casa davanti alla televisione, mentre parlavo con Scott. Ho percepito di nuovo il ghiaccio che si impossessava del mio calore corporeo, ancora una volta ho creduto di avere le mani di Lydia a spingermi sott’acqua, ho detaddio alla vita in così tante circostanze che mi sorprendo ancora di essere vivo.
C’è un momento, quando senti così tanto freddo, durante il quale ti sembra di avere le mani calde, e ti aggrappi a quel calore finchè tutte le illusioni svaniscono. Allora non c’è altra soluzione che abbandonarsi al gelo, e pregare passi in fretta.
Credo che ciò che mi ha aiutato a sopravvivere, quella volta, è stato il non sentirmi solo. Scott e Allyson stavano fronteggiando il mio stesso destino, con i rispettivi sguardi fieri ed orgogliosi per una volta rotti dalla paura, e le dita di Lydia sulla mia pelle sarebbero riuscite a farmi tornare a piedi dall’inferno.
A quelle condizioni, sarei stato pronto a fare qualsiasi cosa.
Ma ora ho di nuovo freddo, ed è diverso.
E loro non ci sono.
Allyson è morta; ho perso Scott nel momento in cui quella lama ha trafitto il petto di Donovan; Lydia sembra ormai avercela sempre con me; persino Isaac e Deaton mancano all’appello, in confronto a quel momento.
Ed io sono solo, in balia di me stesso, in balia del freddo che mi avvolge ed è diverso da quella volta.
In quel momento avevo qualcosa per cui combattere, qualcosa per cui valeva la pena morire. Ora cosa resta? Un branco che non può neanche essere definito tale, Scott che non vuole più guardarmi in faccia e un nemico impossibile da sconfiggere che porta perdite e disperazione.
Il freddo ora viene dall’interno, pronto a congelare tutto finchè non sarà finita, o finchè io non sarò finito.  Ho il cuore squarciato che fa corrente e non so come richiuderlo, non so neanche se ho la forza di farlo. Non questa volta.
«Non possiamo uccidere le persone che cerchiamo di salvare» la voce di Scott riecheggia nella mia testa, mentre il mio corpo esanime si trascina per casa fino a raggiungere il letto.
No Scott, non dobbiamo uccidere chi cerchiamo di salvare, ma allora cosa dovremmo fare? Lasciarci uccidere?
Forse sarebbe stato meglio, se avessi saputo del freddo che provo ora. Perché posso uccidere chimere, ma questa sensazione no.
Così resto sul letto, steso a guardare il soffitto, mentre mi abbandono al gelo che ho dentro, mentre le cose brutte prendono il sopravvento ed io davanti a loro sono inerme. Non posso fare niente, non voglio fare niente.
Anche se non mi ha ucciso Donovan, mi ucciderà me stesso.
È solo questione di tempo.
Nel frattempo dovrei dire addio a tutti, dare un ultimo saluto ed uscire di scena attendendo la fine. Con Scott i conti sono già chiusi, ma c’è il branco da salutare. E Malia. E Lydia.
Lydia.
Quasi mi viene da ridere, quando il mio sguardo corre sul calendario appeso al muro che porta la data di oggi cerchiata di rosso. Lydia. Nel caos degli ultimi eventi ci siamo dimenticati dell’evento che ogni anno Beacon Hills attende con trepidazione, e che lei stessa ama celebrare con solenni festeggiamenti e circondata attenzioni. Il compleanno di Lydia Martin.
Sono cambiate davvero tante cose negli ultimi tempi.
Un ricordo mi si fa strada nel cervello, come un lampo inaspettato, e senza neanche aver comandato i muscoli mi ritrovo a gettare distrattamente all’aria gli oggetti accatastati su scrivania e dintorni finchè non trovo questo piccolo scatolo di cartone malamente chiuso che produce un tintinnio di oggetti metallici non appena cerco di muoverlo. I regali che comprai per Lydia la prima volta che mi invitò al suo compleanno. Non ho mai avuto il coraggio di portarli indietro.
Così, rigirandomi tra le mani un paio di bracciali e un ciondolo, mi rendo conto che con gli addii devo pur iniziare da qualche parte, e perché non da Lydia? Un augurio, un abbraccio, un addio e via per sempre.
Tanto per quanto io abbia bisogno di lei, lei non ne ha di me. Lydia non ha bisogno di nessuno.
A dirlo sembra quasi facile.
Richiudo la scatola alla bell’e meglio, e senza curarmi del mio aspetto lascio casa diretto verso quella di lei, sperando di trovarla lì, possibilmente non con Parrish (che però, per mia fortuna, dovrebbe essere alla centrale di polizia ben sotto controllo). Fuori cadono i primi fiocchi di neve ed io ho solo un maglione addosso a proteggermi, tanto non sento differenza di temperatura.
E se le mie mani tremano mentre suono il campanello di casa Martin non è certo per il freddo, è molto peggio.
È che sto chiudendo il più grande capitolo della mia vita, e fa un po’ paura. Un po’ tanta.
Quando apre la porta lei già lo sa perché sono lì.
Lydia sa sempre tutto di me, senza che io debba anche solo minimamente parlare.
Esce anche lei sotto la pioggia di batuffoli di neve che le si impigliano tra i morbidi capelli intrecciati e stringendosi in un cardigan di lana resta a guardarmi senza sapere cosa dire o fare. Non lo so neanche io in realtà.
Allora mi avvicino lentamente, con il pacco malamente incartato che mi precede finchè non sono vicino abbastanza da poter sussurrare «Tanti auguri» e fare in modo che mi senta. Lydia mi regala quel suo sorriso a labbra strette, quello che le ammorbidisce i lineamenti del viso e scioglie il verde dei suoi occhi in un mare denso. Quel sorriso che sa di casa e cose belle, che scalda dentro come le lucine di Natale rendono pieno di calore il periodo più freddo dell’anno. Di quelle ce ne sono a bizzeffe ad adornare la strada e gli alberi e tutto quasi intorno a noi. Le si riflettono negli occhi, ed uniscono due delle cose che preferisco al mondo. Lydia e l’aria natalizia. Entrambe gelide, entrambe che però celano un inaspettato calore.
Ad esempio il freddo diminuisce, quando le sue braccia si allungano gentilmente verso il mio collo, stringendomi contro il suo corpicino con una forza che mi sorprende sempre, come mi sorprende il mio ostinato attaccamento nei suoi confronti. È come se una parte di me non potesse voltarle le spalle, neanche volendo.
Oggi però devo definitivamente provarci.
«Sapevo che te ne saresti ricordato. Grazie» sussurra, con il viso incastrato nell’incavo del mio collo. Porto le mie braccia a circondarla e mi aggrappo alla sua schiena, cercando la forza che mi manca. Ma come posso trovare in lei la forza per andare via quando è l’unica che mi fa venire voglia di restare? «Vieni dentro, c’è un pezzo di torta»
Seguo Lydia all’interno della casa fino ad arrivare in un salone nel quale l’unica illuminazione proviene dall’albero di Natale enorme posto al centro della sala e la aspetto mentre lei sparisce in cucina. Ne approfitto per guardarmi intorno, finchè i miei occhi non ricadono su una mensola ornata di fotografie e mi perdo in vecchi sorrisi e volti più giovani, in una Lydia bambina dallo sguardo innocente, ancora inconscia di ciò che si cela nel suo corpo. Ci sono anche io in una foto, accanto a lei e Scott e Allyson e Isaac con lo sfondo di un paesaggio innevato, in uno di quei momenti in cui eravamo meno “branco” e più “famiglia”. Credo sia stata scattata durante una gita scolastica, prima che aprissimo il Nemeton e combinassimo un po’ di casini, prima del freddo, ma non prima di tante altre sventure. C’è un lago, nel paesaggio, di cui non ricordavo l’esistenza, del resto ero troppo impegnato a guardare Lydia. Quel mio gesto è immortalato anche nella foto, io che la guardo e rido mentre lei sbuffa fingendosi scocciata, e Scott guarda me divertito ed ha un braccio a mezz’aria sopra la spalla di Allyson, come se non sapesse se abbracciarla o meno. Abbiamo passato dei bei momenti, ed anche se quelli brutti sono di gran lunga superiori, il rischiare costantemente la vita al fianco di qualcuno crea un indissolubile legame che ti si ancora all’anima. La maggior parte dei miei ricordi comprendono il salvare/essere salvato da qualcuno del branco. Per quanto macabra, è in parte una cosa carina. E l’attaccamento alla vita ti porta anche a ricordare chi te l’ha salvata, sempre.
«Allyson non avrebbe mai permesso che il tuo compleanno passasse inosservato, anche se sono tutti impegnati nell’eterna lotta del male contro il bene» dico mentre rimetto la foto al proprio posto quando Lydia torna in salone. Mi allunga una fetta di torta e come fosse uno scambio le passo il mio regalo «Non vederli come regali riciclati, sono sempre stati destinati a te. Ed ho bisogno di liberarmi di questi piccoli particolari se voglio andare avanti»
«Non sei mai tornato a restituirli» afferma Lydia, sorridendo un po’ imbarazzata.
Si siede su un divano in pelle e la seguo, assaggiando la torta preparata dalla Signora Martin nonostante il mio stomaco sia completamente chiuso. Deve essere stata una giornata dura per Lydia. Il suo compleanno è sempre stato qualcosa di epico, e l’averlo passato con sua madre ed una torta al cioccolato non fa altro che marcare il divarico tra quella che era la nostra vita un paio d’anni fa, e quella che è ora. Ed i cambiamenti fanno paura.
«Non è mai stato facile per me liberarmi di qualcosa che mi legasse in qualche modo a te» ammetto, improvvisando a mia volta un sorriso con gli occhi incollati sul pavimento.
«Da cosa stai scappando Stiles?»
«Dall’aver tradito la fiducia del mio migliore amico. E se potessi anche da me stesso»
«Scott capirà, sa cosa significa perdere una persona importante e non credo correrà questo rischio con te»
Mi spallo sul divano e copro gli occhi con una mano. Lydia si sbaglia, l’ho ferito troppo per poter far finta di niente, ed anche se lo facesse la sua costante comprensione e fiducia sarebbe troppo frustrante da poter sopportare. Non credo ci sia una soluzione, una pace per la mia anima. Togliendo il fatto che è dannata per sempre, avendo ucciso un ragazzo innocente.
«Non annullarti per uno stupido errore Stiles, non dire addio a chi ti vuole bene» continua Lydia, allontanando dal mio viso la mano che mi copre gli occhi per stringerla tra le sue piccole, calde, dita. «A te non importa di stare male, ma lo sai come mi sentirei io? Sarei devastata»
Scommetto che il mio sguardo si addolcisce, non appena comprendo che quella frase glie l’ho detta io, quella che sembra una vita fa, quando il solo pensiero di poter parlare con lei mi sembrava qualcosa di fantastico, che valeva tutte le pene. Ed è ancora così, anche se dopo quel bacio che c’è stato, per quanto non intenzionale, non riesco più ad accontentarmi delle semplici cose. È come mangiare pizza in Italia per poi tornare a quella americana e cercare di farsela piacere. Buona, si, ma dentro di te sai sempre che c’è di meglio.
«E se tu morissi andrei completamente fuori di testa» completo la frase, dando una piccola stretta alla sua mano che ancora stringe la mia «è ancora così Lydia, ma sento che c’è qualcosa di diverso dentro di me. Qualcosa di cattivo. E questa volta non è un Nogitsune. Non posso più proteggervi, proteggere te»
Ora che finalmente lo dico ad alta voce me ne rendo conto. La verità non è che ho tradito la fiducia di Scott, quella del branco e così via, o meglio lo è in parte, ma credo che il tormento che provo sia dovuto al fatto che non mi riconosco più.  Stiles non uccide. Stiles non uccide per poi provare piacere nell’averlo fatto, per sentirsi forte. O almeno, così credevo.
Non c’era “assassino” nel mio futuro, c’era una laurea forse in criminologia e una carriera da profiler dell’FBI (dove sicuramente mi avrebbero preso al primo colpo), una vita con Lydia al mio fianco, una figlia con i suoi stessi capelli, e gli stessi occhi, una bella villa ma niente cani (a cosa servono quando hai un migliore amico lupo mannaro?) e ancora a stretto contatto con i miei amici di sempre. Così sarebbe dovuto essere, e non sarà mai.
«Cosa dirà Malia? Come dirai addio a lei, quando sei l’unico che lei abbia mai amato?»
Lydia abbandona la sua finta calma e scatta in piedi, lasciando scivolare la mia mano lontana dalle sue dita. C’è un rossore sulle sue guance che va perfettamente in tinta con i suoi capelli, ed io mi scopro a pensare alla sua bellezza anche in un momento così delicato. Malia? Cos’è Malia in confronto a lei?
Le voglio bene, ma…
«Non è una ragione sufficiente» dico, portando la testa tra le mani e i gomiti sulle ginocchia. Sento un fiume di contrastanti sensazioni farsi strada nel mio petto, diradando il freddo. Anche il solo provare qualcosa è per me motivo di speranza, che sia gioia, rabbia, passione, tristezza, sempre meglio di una lastra di ghiaccio sul cuore.
Il problema è che c’è solo una persona capace di farmi quest’effetto.
«Allora chi? Cosa o chi è una ragione sufficiente per restare?»  
Con un sospiro lascio il divano, perché sento il cuore accelerare la sua corsa e quasi mi manca il fiato. Ho una tale confusione in testa, così faccio un elenco.
“Le ragioni sufficienti di Stiles”: Scott, ma l’ho perso; La mia passione per queste avventure sovrannaturali, delle quali a questo punto sono stanco; Mio padre, ma ormai è abituato all’idea di potermi perdere ogni giorno; Il branco, che però starebbe benissimo anche senza di me; Lydia, che mi guarda dal basso con dei tristi e arrabbiati occhi verdi quando la raggiungo al centro del salone. Sicuramente c’è un ma anche per lei, eppure non riesco a trovarlo.
«Chi si ricorderà del mio compleanno l’anno prossimo? E quello dopo ancora?» continua lei, riempiendo con un passo la distanza che ci separa. Cerco di mandare giù il groppo che ho in gola, fatto di troppe parole non dette, prima che mi soffochi. Alzo una mano per portarle un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, e ne approfitto per lasciare una carezza sulla sua guancia. La sua pelle morbida e liscia è un invito troppo forte a restare, così lascio cadere il braccio racimolando tutta la mia forza di volontà.
Apro la bocca per dire qualcosa, ma le parole restano incatenate tra loro e se dovesse uscirne anche solo una si tirerebbe dietro anni di frasi lasciate in sospeso che lei non è pronta a sentire ed io non sono pronto a lasciar andare, non ora che le sto dicendo addio. Perché io la amo, ma a volte, nei piccoli gesti, anche lei ama me.
E basterebbero poche sue parole per rendere questo saluto ancora più difficile, quindi meglio evitare.
Non posso neanche sopportare il suo sguardo, però, mentre cerca di scavare dentro di me, alla ricerca di una soluzione. Ho sempre pensato di essere io a conoscerla come il palmo della mia mano, ma credo a questo punto che anche io per lei debba essere un libro aperto.
Forse è per questo che mi bacia.
Prima che possa reagire o anche solo rendermi conto di ciò che sta succedendo, sento le sue labbra premere sulle mie, urgenti come l’ultima volta che è successo, quando stava cercando di salvarmi la vita. In realità me la sta salvando anche ora. Resto immobile, riuscendo solo a chiudere gli occhi mentre il mio cuore parte e chi lo ferma più. Sento un calore partire dallo stomaco per poi farsi strada nel mio corpo, ovunque.
E il freddo sparisce definitivamente.
Ogni terminazione nervosa, ogni cellula, ogni singola particella del mio corpo risponde al suo tocco, perché è a lei che appartiene. È a Lydia che appartengo.
«Questa è una ragione sufficiente?» sussurra, ancora vicina abbastanza da poter sentire il suo respiro sulle mie labbra. È aggrappata alle mie spalle, con il mio maglione stropicciato tra le sue dita e le guance rosse.
«Lydia, non sto avendo un attacco di panico» sussurro quasi ansimando per la mancanza di fiato.
Lei alza gli occhi al cielo, sbuffando, per poi schiacciare la sua fronte sulla mia.
«Questa è la parte peggiore Stiles, tu dovresti essere la persona che mi conosce meglio tra tutte quelle che mi circondano eppure ancora non capisci!»
«Cosa c’è da capire Lydia?»
«Lascia perdere»
Lydia mi volta le spalle per raggiungere una finestra dall’altra parte della stanza dove resta incantata a guardare la neve che cade sempre più fitta, ed io invece sono incantato a guardare lei, pietrificato, senza avere idea di cosa fare o di cosa abbia lei in testa. Vorrei gridare, trovare la forza di girarmi e andarmene una volta per tutte.
E invece la raggiungo, perché i miei demoni si sono innamorati dei suoi, calmando il caos delle nostre anime, e non potrei farne a meno.
«Mi manchi Lydia, è solo che non posso ammetterlo ora. E ho bisogno di te, solo che non posso dimostrartelo, perché…»
«Perché c’è Malia» mi interrompe lei, che non ha tolto un attimo lo sguardo dal panorama della finestra. Poggia la fronte sul vetro freddo, come a voler congelare i suoi pensieri. «Ho un tempismo terribile per certe cose»
«Lydia…» sussurro, rendendomi conto di quanto la situazione sia surreale. Lydia mi ha appena baciato ed io sembro il solito imbecille che non sa prendere la situazione in mano, sprecando l’occasione di una vita per problemi che non reggono il confronto con lei. «Lydia tu non sei la ragione sufficiente, tu sei l’unica ragione»
Senza aspettare risposta dal mio cervello, allungo un braccio per afferrare il suo e la trascino tra le mie braccia, con una mano tra i suoi capelli e il suo viso sul mio petto. Annego nel suo profumo ed al tempo stesso mi ancoro a lei, come se fosse la mia unica possibilità di salvezza in un mare di squali che non ho idea di come combattere. Adesso la bacio penso, ma in queste cose faccio pena.
Così quando lei si allontana quanto basta per potermi guardare, restiamo a fissarci per un lasso di tempo indeterminato. I suoi occhi sono un posto così confortevole che sono difficili da lasciare andare, ma so che le sue labbra lo sono ancora di più. Non so come, non so quando, ci ritroviamo così vicini che i nostri nasi si sfiorano. Sento il pomo d’Adamo scendere e salire e le mani mi tremano quando ne porto una sulla guancia di Lydia. Il coraggio di fare il prossimo passo davvero non so dove racimolarlo, ma il modo in cui lei è lì a ricambiare il mio sguardo, con gli occhioni verdi confortevoli, ma allo stesso tempo speranzosi e forse anche un po’ spaventati riesce a darmi forza, quella che lei ha sempre avuto e a me è sempre mancata.
Allora la bacio, perché questo è uno di quei momenti nei quali anche lei ama me almeno un po’. Spingo le sue labbra sulle mie ed è subito tempesta, un vortice di emozioni incontrollabili che oscura tutto il resto.
Dread Doctors e Chimere potrebbero anche spalancare la porta in questo momento e non mi importerebbe, non dopo aver portato a termine il mio piano di dieci anni per la conquista del cuore di Lydia.
 
 
Due pizze surgelate, diversi brindisi, una chiamata di Kira, l’imbarazzante arrivo di Natalie Martin e diciotto candeline dopo, i nostri festeggiamenti improvvisati terminano in caduta libera sul letto di Lydia.
«Devi ritenerti fortunata, comunque» sostengo con un sorriso strafottente mentre siamo sdraiati vicini (vestiti, ovviamente. Un’emozione alla volta o il mio cuore collasserà). «Non tutte possono dire di avere avuto uno Stiles come regalo di compleanno»
Evito di sottolineare il fatto che l’ultima volta che è successo la ragazza è stata utilizzata come vittima sacrificale poiché Vergine. È inquietante come la maggior parte dei ricordi degli ultimi anni sfumino sempre nel sovrannaturale.
Lydia, che è sdraiata sul fianco accanto a me, mi lascia un pugno nello stomaco e ride. Eppure sento che c’è ancora qualcosa che non vuole dirmi, qualcosa che la turba.
«Parlami» le intimo non appena riesco a bloccare il suo corpo sotto il mio, faccia a faccia.
«Malia» mormora, abbassando lo sguardo. «Con Parrish non c’è mai stato niente, ma Malia è la tua ragazza Stiles e…»
Non so come mai, ma quasi mi dà fastidio rovinare un momento come questo per parlare di Malia. Così zittisco Lydia con un bacio, come ho sognato di fare per anni, e di nuovo sono al settimo cielo. Malia capirà.
«E dovrai fare i conti con Scott, prima o poi»
«Quando io troverò il coraggio e lui la ragione»
Restiamo così per un lasso di tempo indeterminato, a goderci l’uno la presenza dell’altra, a stringerci, inconsapevoli di ciò che accadrà domani. Nella nostra vita è sempre così, per questo bisogna approfittare di momenti come questi, durante i quali sembra quasi di vivere una vita normale.
Lydia si addormenta tra le mie braccia, con la lana del mio maglione stretta tra le dita all’altezza del petto e il viso nascosto nell’incavo del mio collo. Credo non dormisse bene da qualche tempo.
Ed io anche non vedo l’ora di lasciarmi prendere da Morfeo per poi svegliarmi con lei accanto, nella vita reale e non più in un incubo, pronto ad affrontare qualsiasi cosa il perigeo lunare ci riservi. Lydia agirà al fianco del branco mentre io potrò solo restare tra le quinte, ma ci sarò. E il solo pensiero di dire addio a tutti sembra un lontano ricordo.
Prima che le palpebre diventino così pesanti da diventare difficili da gestire, decido di informare Scott della situazione. Lui è sempre la prima persona alla quale penso quando succede qualcosa nella mia vita, bella o brutta che sia.
 
To: Scott (The Roaring Puppy)
 
Hai dimenticato il compleanno di Lydia oggi.
L’ho trovata, sono con lei. È mia ora.
Ma perché sia tutto apposto, devo riavere anche te.
 
Metto via il telefono e lascio che il braccio circondi il bacino di Lydia, tenendola stretta come se potesse scappare, o qualcuno possa portarmela via. Chiudo gli occhi e con il viso disperso tra i suoi capelli il sonno arriva semplicemente come non succedeva da tempo.
I mostri non hanno un lieto fine, ma da quando l’ho stretta tra le braccia consapevole che ciò che c’è tra noi non è solo una mia sfuggevole fantasia, ho cominciato a credere che sia possibile.
E quando, la mattina dopo, Scott bussa alla porta con tanti auguri anche se in ritardo e un sorriso che sembri il più sincero possibile, mi convinco che sistemerò le cose anche con lui. Non mi rivolge la parola, non mi guarda neanche, ma ho appena assistito all’avverarsi dell’impossibile, e sono pronto a tutto.
Con Lydia al mio fianco.
«Non appena questo schifo dei Dread Doctors sarà finito, dovremmo proprio festeggiare questo compleanno come si deve» ed è sempre la mia Lydia quella che, nonostante quel sopracitato confine tra la nostra vita precedente e quella di ora, non si smentisce mai.
 
   
 
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