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Autore: Jane_sfairytales    02/01/2016    1 recensioni
Anno 2938 della Terza Era.
Imladris, dopo secoli di silenzio, ha una nuova figlia: Gaer ella si fa chiamare, ma comunemente viene identificata come la "figlia della valle", poiché tutti si prendono cura di lei e la amano. La bambina è giunta all'Ultima Casa Accogliente al Solstizio d'Inverno di due anni prima chiedendo asilo ed è stata accolta quale figlia di Sire Elrond.
Adesso è totalmente integrata nella sua nuova famiglia, ma il suo spirito ribelle le crea non pochi problemi: non sapere nulla della propria stirpe, la rende vulnerabile e ricettiva a qualsiasi tipo di stimolo che la sua insaziabile curiosità costantemente capta.
Seguite Gaer alla scoperta della propria identità!
[ La storia è ambientata prima, durante e dopo gli eventi narrati ne Lo Hobbit, trattando "dell'adolescenza" di Gaer e dei suoi problemi a trovare il proprio posto nel mondo e della sua insofferenza alle regole.
E' sequel di "Linriel Lómë: la figlia del mare." e parte di una serie.
RATING ARANCIONE poiché sarà presente la battaglia delle 5 armate, altrimenti sarebbe giallo.
Quasi tutti gli avvenimenti sono di mia invenzione e chiedo perdono per eventuali incongruenze con l'universo di Arda che comunque spiegherò nel corso del racconto.]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elrohir, Elrond, Fili, Nani, Nuovo personaggio
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il destino della fanciulla nata sul mare al tramonto.'
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Note
Per dubbi o chiarimenti su alcuni personaggi e "esseri" citati,
guardare lo Spazio d'autrice o leggere il prequel 
 
La ragazza venuta dal mare, la mia piccola Linriel, e il legittimo re di Gondor giocavano a nascondersi tra le fronde: il bambino era davvero bravo e lei faceva di tutto affinché quel gioco si trasformasse in una lezione per acuirne i sensi e renderlo un grande cacciatore. D’improvviso, scomparve. Ma non su un ramo o dietro un cespuglio: letteralmente scomparve. Il bambino guardò a lungo il circondario, ma nulla. Allora pose l’orecchio a terra, per cogliere le vibrazioni del suolo, ma neanche allora poté percepirla. A questo punto si mise a fiutare; ci volle molto, ma a poco a poco si avvicinò alla zona giusta e Gaer si sporse ricomparendo da dietro un albero, baciandogli la guancia. – Sei stato bravissimo Aragorn! A breve sarai perfetto! – il bimbo sorrise felice e ripresero a rincorrersi. E sorridevo anche io, vedendo quanto bene stesse scorrendo la sua vita lontano da me.
 
Il sire di Rivendell era molto orgoglioso e preoccupato per i suoi giovani allievi: il Dunedain cresceva forte e lieto, ma un futuro oscuro lo attendeva; la fanciulla, invece, era un costante enigma che non voleva esser decifrato. Non era la prima volta che assisteva ai suoi prodigi; sapeva che prediligeva l’acqua ed i suoi figli gli avevano narrato come a volte ella conversasse col fiume e con gli animali, parlando la loro lingua. I prati fiorivano quando cantava  e l’intero creato si fermava estasiato in suo ascolto, quasi dimentico di respirare: era per questo che non lo faceva spesso: tutto quel potere le faceva paura. Ed era questo ciò di cui il nobile elfo si preoccupava: quale immenso potere si celava in quelle piccole membra che a stento riuscivano a contenerlo? Che fosse pericoloso mostrarlo, perché avrebbe potuto attirare sguardi malevoli, Gaer lo sapeva bene e non ne aveva parlato neanche con lui, ma era così piccola e acerba da lasciarsi spesso sopraffare nelle situazioni meno opportune: i suoi occhi cambiavano colore quando era in preda a forti emozioni!
Elrond Mezzelfo percorse ancora una volta la biblioteca, pensieroso: mi sembrava di poter leggere la sua mente, perché in fondo i dubbi che aveva erano semplici da immaginare. Voleva aiutare la ragazzina venuta dal mare, ma non desiderava spaventarla rivelando i suoi sospetti a lei. Inoltre, se non ne sapeva di più, non avrebbe saputo come agire e forse un giorno sarebbe stato troppo tardi: sarebbe successo qualcosa di così imprevedibile che la bambina avrebbe reagito d’impulso scatenando il suo potere e creando un finimondo. Fortunatamente nella casa nessuno badava a questi piccoli dettagli: già da subito l’avevano considerata la “figlia della valle” e da quando l’aveva accolta come sua discendente, non vi era proprio nulla da chiedersi. Eppure le sue preoccupazioni non erano del tutto infondate, giacché erano le stesse mie: se Lin non ce l’avesse fatta da sola, sarei stato costretto ad intervenire io e questo non andava bene: doveva trovare da sé la sua strada.
 
Accadde che si preparava il cenone per il Solstizio d’Inverno, e Gaer gironzolava nel settore dolciario introducendosi qui e lì. Nel dirle dove mettere le mele, la cuoca si distrasse e le sfuggì di mano la lunetta dall’ampia lama, scivolò dal bancone, balzò sul fianco del mobile e rischiò di mozzarle qualche dito del piede, se la bambina non fosse intervenuta a tempo. La lama penetrò nelle sue carni quasi trapassandole, giungendo ad incidere i carpi al centro del palmo con cui l’aveva afferrata. Immediatamente mia figlia mollò la presa di riflesso, mentre il dolore esplodeva tutto d’un colpo; si accasciò al suolo reggendosi il polso, punti neri innanzi agli occhi. Fu medicata, ma la guarigione era lenta e ad ogni movimento doleva: si mise a letto più pallida delle sue lenzuola o della neve sul davanzale. Dopo due notti insonni e di atroci tormenti, visto che l’emorragia tornava a ricomparire, il giorno della festa incedette cerea e decisa tra la neve, raggiunse una cascata e vi immerse la mano: era venuta da me; immediato fu il sollievo e la ferita a poco a poco si rimarginò fino a scomparire: un vivace colorito tornò sul suo volto. Aveva chiesto il mio aiuto ed io glielo avevo concesso: non l’avrei mai abbandonata! Chi invece impallidì fu la cuoca, che vedendola vagare l’aveva inseguita. La ragazza andò in panico, l’elfa altrettanto, e, come se si fossero messe di comune accordo, corsero da Sire Elrond per riferire l’accaduto in un confuso avvicendarsi di parole. Si da il caso che il Signore si trovasse nella sala comune, assieme a molti elfi, ed altri ancora si aggiunsero incuriositi da quel vociferare, così, come predetto, si scatenò un finimondo.
Silenzio glaciale con un leggero fondo di stupore invase la sala. Infine la fanciulla del mare non poté che dire: - Io vengo dal mare… letteralmente. Io… appartengo al mare; beh, potremmo dire che sono parte di lui? – sorrise impacciata e terrorizzata al contempo. Ad Elrond fece tenerezza: in fondo aveva solo quindici anni. – Tutti gli elfi sanno usare la magia, anche se lo facciamo raramente e principalmente come guaritori. Certo le nostre capacità variano. Il fatto che tu l’abbia usata non può che renderci felici: forse, in fin dei conti, ti abbiamo accolto nella razza giusta per te. Magari sei davvero una di noi. E comunque, questo avvenimento non può che portare maggiore luce su ciò che sei e sulle tue origini: non sei contenta? – la ragazzina sorrise – Sì, padre. – ma in realtà Elrond era ancora più in alto mare di prima.
 
***
 
L’inverno campeggiava sul mondo, e il gelo e l’oscurità a volte riuscivano a penetrare anche in quella Casa Accogliente, trasportati dalle ali della malinconia. Sedevo rintanata sul sedile sotto la finestra accanto al fuoco scoppiettante del camino, lo sguardo perso nei mulinelli di neve tempestosa. Quelli erano i momenti peggiori: Elladan ed Elrohir potevano restare via a lungo, perché le vie e i villaggi erano più vulnerabili con quelle condizioni climatiche. Mi avevano spiegato chi erano e cosa facevano; mi avevano descritto le Terre Selvagge. Non che le Montagne Nebbiose alle nostre spalle fossero meno insidiose; sembrava di essere su di un’isola felice in un mare d’insicurezze e pericoli latenti. C’era sempre un certo brivido, come se una mano gelida mi sfiorasse la schiena di quando in quando: rimpiangevo le calde estati perenni che Ulmo mi aveva regalato, viaggiando per mare. Adesso iniziavo a capire da cosa avesse voluto proteggermi. Ripresi in mano un libro tenebroso, lasciato a metà, perché la conoscenza era potere, o meglio, salvezza: il Quenta Silmarillion. Quanto dolore e quanto amore in un racconto solo, e quante vite finite e passate. C’era la storia di tutti gli elfi e di tutto Arda lì… e la dimostrazione che il male può insidiarsi in ogni cuore indipendentemente dalla razza, dall’età o dal sesso. Certo alcuni cuori erano più oscuri ed animi più grevi di altri, ma forse era solo fortuna, e bisognava concedere a tutti il beneficio del dubbio; nessuno era tutto buono o tutto cattivo, ed errare era estremamente comune: capire l’errore e concedere il perdono, invece, era un dono.
Chiusi il libro sull’ultima pagina, sulla caduta di Morgoth, con un sospiro di sollievo, e guardai la tempesta candida che infuriava fuori; nel turbine, spuntò un grigio cappello.
 
***
 
Gli Stregoni erano una strana razza: giunti dal mare all’inizio della Terza Era, praticavano la magia e influenzavano il corso del mondo; alcuni sostenevano fossero dei Maiar. Il più amato era sicuramente Mithrandir, saggio e disponibile verso ogni creatura, amava vagare in cerca di stranezze ed allegre compagnie. Sovente tornava ad Imladris, benché dimorasse maggiormente a Lorien, quel poco tempo in cui non era in viaggio, a chieder consiglio e portare notizie, prima di ritornare sulla via a cercare e proporre avventure. Era da un po’ che mancava dalla ridente valle, e si era perso la novità: una tredicenne che parlava perfettamente Quenya, spuntata dal nulla dicendo di venire dal mare, mutava iridi a seconda delle emozioni e guariva a contatto con l’acqua, senza considerare che possedeva una calda luce ramata e sembrava riuscire a scorgere quella degli Alti Elfi e gli anelli del potere. Finalmente il Sire poté sfogare le proprie congetture, e le loro menti lavorarono ad ampio spiano, fumando come l’erbapipa che lo Stregone espirava in ampie volute.
 
 
Aragorn e Gaer avevano subito scorto lo strano individuo, tutto ammantato di grigio, la lunga barba e le sopracciglia cespugliose, un cipiglio enigmatico. Però non erano riusciti a beccarlo, in quanto questi era stato subito condotto alle stanze private del Signore, e ormai c’era dentro da ore: le loro partite a scacchi erano già diventate dieci, e come copertura vacillavano paurosamente. Infine si stancarono, accontentandosi di osservarlo meglio a cena. Mi dispiacque un po’, dovevo ammettere che la loro inventiva e perseveranza mi provocava sempre un gran ridere.
Nel frangente le due alacri menti vagavano instancabili tra libri e pergamene ricche di supposizioni, tentando finalmente di svelare un enigma che durava da oltre due anni: non sapevo se temere o desiderare una loro soluzione.
– Una Istari? – chiese l’elfo dai capelli neri. – Non che noi sappiamo: l’avremmo avvertita e poi, non ve ne sarebbe motivo: siamo in pace. –
- E se invece fosse proprio un avvertimento? E se qualcosa si muovesse nuovamente nell’ombra senza essere vista? Hai percepito la sua luce. – lo Stregone scosse il capo – Beh, la vedrai. Se non è quella del Reame Beato cos’è? –
- Ma avete detto che non ne possiede la consistenza. –
- No infatti… ma ella può vederla Gandalf, so che riesce a scorgere gli Alti per come sono in entrambi i mondi. Lei può vedere Valya… - sussurrò innalzando l’anello di zaffiro, mentre le sopracciglia cespugliose del suo compagno si posavano sul proprio anello, per poi tornare a dedicarsi al Re, preoccupato. – Avete avuto qualche visione Sire? –
- No. E questo mi preoccupa. Quella ragazza… è un enigma, non so neanche se sia mortale o meno. –
- Forse potrebbe essere entrambe le cose e questo spiegherebbe tutto. –
- Una Mezzelfa? Ve ne sono davvero pochi Gandalf, il cerchio si restringerebbe enormemente, è una supposizione ardita e comunque non spiegherebbe la sua luce. – l’uomo fece un gesto di stizza, come a dire che a quello avrebbero pensato poi.
- Ma è priva di fondamento? Possiamo controllare. –
- I registri delle partenze non sono qui, ma ai Porti Grigi da Cirdan. Ci vorrà del tempo. –
- E tu temi di non averlo? –
- Ogni giorno lei cresce a velocità impressionante: apprende le più complesse nozioni come fossero nulla e la sua curiosità insaziabile pretende sempre di più. Mi domando quando arriverà il giorno in cui il suo sguardo si volgerà fuori da queste terre perché Rivendell ha perso di ogni attrattiva ai suoi occhi. È preziosa Gandalf, è straordinaria. Ma è troppo immatura per affrontare i pericoli di questo mondo ed io non so come prepararla. – Sussultai: sì, Lin era così, se non si sbrigavano ad addestrarla loro, gli sarebbe sfuggita di mano.
- Troveremo quei registri, ma Sire, sarebbe ora che ammetteste i vostri più reconditi sospetti. – e lo Stregone si accomiatò, lasciando l’antico elfo perso in torbidi pensieri.
 
 
- Allora bambina, mi dicono che sei interessata alle avventure. – sobbalzò: non aveva sentito il grigio arrivare e questo era molto strano; adesso egli la scrutava nell’ombre del porticato, una sagoma illuminata dal fuoco della pipa. – Non vi ho sentito arrivare: perché? –
- Ed estremamente curiosa. Uhm… interessante, davvero molto. Ad ogni modo, perché sono uno Stregone, questo varrà pure qualcosa. – la sua mente fumava come la pipa: vedevo che stava tentando di metterla alla prova, per comprenderla e snudare il suo enigma; la cosa lo divertiva quasi.
- E come si diventa stregoni? –
- Non lo si fa, ci si nasce. – un deluso oh lasciò le sue labbra. – Non sai neanche cosa sia uno Stregone e già vuoi essere uno di noi? –
- Beh, tu sembri un tipo interessante e a me piacciono i misteri… e le avventure. – l’anziano volto si curvò in un dolce sorriso mentre si avvicinava e posava una mano sulla sua spalla. – E poi possiedi una luce molto simile alla mia, rossa e calda, anche se preferisco quella di Sire Elrond. – concluse staccando gli occhi da Narya per puntarli in quelli sgranati dello Stregone, che ci mise un po’ a riprendersi: aveva usato tutto il suo potere per occultare l’anello eppure quell’enigmatica bambina dalla luce ramata lo aveva scorto comunque. – Ti ricorda l’acqua… - constatò perspicace ed ella apprezzò, donandogli un sorriso – ma incarna l’aria. –
- Forse cielo e mare non son poi così diversi. – concluse ella saggiamente, stupendo lo Stregone che percepì la grandezza di colei che aveva davanti e del suo destino, rendendola subito cara al suo antico cuore. Nuovamente un sorriso dolce distese le sue rughe, convincendolo a donarle uno dei suoi saggi consigli. – Ad ogni modo è vero, che misteri ed avventure siano interessanti ed estremamente avvincenti: sono il sale della vita. Eppure possono essere estremamente pericolose se non siamo consapevoli di ciò che ci attende o delle nostre stesse capacità: ci vuole coraggio ad uscire di casa, a partire. Ma anche a restarci: in fondo, la vita stessa è un’avventura. Non disprezzare ciò che hai né i consigli di chi ha vissuto e visto molto: chi ti ama vuole solo il tuo bene e questa è la più grande sicurezza che tu possa avere in un mondo di incertezze. Non essere impaziente: un giorno arriverà anche il tuo momento, e che sia un grande amore od un ritorno al mare, ci vorrà tutta la tua forza, tutto il tuo coraggio, tutto il tuo cuore per affrontare questa avventura. – ella sorrise convinta. – Tu hai un grande dono, e come ogni grande dono, questo comporta grandi responsabilità: impara a conoscere te stessa e poi affronterai il mondo, altrimenti sarà solo un disastro, intesi? – annuì nuovamente: aveva ragione, ma era così difficile capire, per una bimba così piccola. Sospirai pensando che mai avrei smesso di preoccuparmi per mia figlia.
 – Tu sai chi sono io? – un lampo attraverso gli occhi chiari dello Stregone, ma fu solo un istante. – No, perché ancora non lo sai neanche tu: dai tempo al tempo, un giorno capirai. – e scompigliandole i capelli, le disse arrivederci.
Sì, Olòrin era sempre stato il mio Istari preferito!


Spazio d'autrice.
Buon 2016 a tutti!
Questa storia è il sequel di 
 
di cui si consiglia vivamente la lettura ai fini della comprensione di questo racconto!
Quindi già saprete che Linriel Lómë è il nome originale della protagonisti datole in parte dai genitori (Lin, Sindarin, dalla radice del verbo cantare e anche con significato di pozza/specchio d'acqua; -riel, Sindarin, suffisso per indicare una femmina/fanciulla. Questa parte del nome per me significa Fanciulla del mare, e allude anche alle abilità canore della ragazza, motivo per cui i genitori l'avevano chiamata Lin. La parte Quenya Lómë, significa tramonto, e Ulmo la attibuisce a lei poiché ella è nata con lo sguardo rivolto ad Aman, all'Ovest, al tramonto.) 
Gli Alti Elfi sono coloro che raggiunsero Aman e sono ritornati. Ulmo è il Vala del mare e delle acque. Vilya e Narya sono due dei tre anelli elfici del potere. Olorìn, Mithrandir e Gandalf sono la stessa persona. Istari e Stregoni sono sinonimi. I Maiar sono spiriti divini al servizio/seguito dei Valar.
La storia è narrata in parte dal p.v. di Ulmo, che ancora non riesce del tutto ad abbandonare la bambina che ha cresciuto al suo destino, e da quello di Gaer stessa; presto resterà solo quest'ultima a narrare.
In questo racconto entreranno marginalmente e in modo rivisitato anche alcune avventure relative a Lo Hobbit, nonché alcune aggiunte a ciò che viene narrato in quest'ultimo, poiché questa è principalmente la storia di Gaer, non della riconquista di Erebor. Gli argomenti dei libri verranno maggiormente affrontati nella successiva sezione relativa a LOTR.
Spero d'avevrvi incuriosito e che vogliate seguire la mia protagonista.
Un abbraccio, Jane

P.S. tutte le informazioni e note linguistiche che vi do, anche il significato stesso dei nomi che ho inventato, sono frutto di ricerche su siti internet di vocabolari online e scomposizione di nomi preesistenti. Al 100% ci sono degli errori. Ma sono stati fatti in buona fede, visto che non sono una linguista e posso solo affidarmia  ciò che trovo in rete.

 
  
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