Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Urheber des Bosen    04/01/2016    0 recensioni
Era malato.
Non c'era modo di addolcire la medicina.
L'odio colmava ciò che l'amore si rifiutava di vedere. Bello, era il demonio che attraverso quegl'occhi gli sorrideva.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dio.
Quale che egli sia mai, se pure questo nome ti è gradito, con questo t’invoco. Avendo tutto ponderato, non mi resta che cercarti. Se il peso vano di questa angoscia bisogna veramente scacciare. Questa frase gli corrodeva la stomaco. Al giovane albino venne in mente la tortura del topo, gliel’aveva narrata il padre. Gliel’aveva sussurrata in una fredda notte, probabilmente aveva scambiato la macabra descrizione con una favola della buona notte. Con l’assenzio che gli vestiva l’alito, accovacciato all’orecchio di un bambino spaventato aveva decantato un topo vivo che veniva inserito nella vagina o nell'ano con la testa rivolta verso gli organi interni della vittima e spesso, l'apertura veniva cucita. Aveva cantato che  la bestiola, cercando affannosamente una via d'uscita, graffiava e rodeva le carni e gli organi dei suppliziati. I disgraziati di solito restavano vivi durante il supplizio. Pregavano perché l’incoscienza li avvolgesse. Gilbert ricordava, pregava anche lui perché il sonno annientasse la sua coscienza.
 Tuttavia questa volta l’albino non supplicava l’amnesia , ma gli occhi della sua nuova compagnia. La donna sopra le sue gambe aveva  occhi castani. Tanto superficiali da permettere a Gilbert di non annegare.  Erano tratteggiati di quella banalità travestita di solennità che lo faceva ridere. Ma era ubriaco, probabilmente lo stesso diavolo gli sarebbe sembrato un giullare.
Da quella bocca secca ed impastata di alcol usciva un verso ,più simile ad un urlo che ad una risata. Nessuno se ne accorse, primo fa tutti il protagonista. Quest’ultimo, governato dall’ultimo barlume di inconscio che gli era rimasto, cercava di non voltare lo sguardo. Non voleva vedere, voleva vivere per sé. Questo era l’unico modo per non deludere nessuno. Questa consapevolezza era stata incisa nella mente dell’albino. L’aveva capito da piccolo. Quando si era reso conto che non avrebbe potuto salvare nessuno dal male, in quanto egli stesso era  marcio. Tolto quello sarebbe scomparso. Non voleva annullarsi per uno stupido angelo. Fanculo alla salvezza.
Ma Gilbert, come ogni vile che si rispetti, era debole  e si voltò. Eccolo, la cosa più simile ad un cherubino in quel luogo non sapeva  la strada di casa, per l’ennesima volta la sua guida si era persa. I Beilschmidt erano soli, abbracciati da un estrema inquietudine.
Ludwig era su uno  sgabello, talmente mal messo da non ricordare neanche  come si stava seduti. Caduto, continuava a vegliare sul fratello.
Quest’ultimo poco distante dal biondo, ridendo dello squallore della situazione non riusciva a concentrarsi su se stesso.
Per la prima volta in quel luogo, in quel bar che sarebbe dovuta essere la sua testa, lui non era il protagonista.
 Capì che  non sarebbe caduto solo e per tanto non sarebbe divenuto l’eroe tragico. Ancora una volta il biondo era davanti, era lui stesso a preferirlo a sé. L’odiava, ricordava il dizionario del diavolo: Odio. Il sentimento più appropriato di fronte all’altrui superiorità.
Rise più forte, così sguaiatamente che gli altri disgraziati si voltarono ad osservarlo. Gli piaceva esser guardato, gli ricordava la sua esistenza. Eppure, anche in quella frenesia generale, cercava il mare. Quegli occhi così amati da provocargli il voltastomaco. Di fronte al mare, rimuginava onte antiche e recenti. Il ridicolo di occuparsi di sé quando si ha sotto gli occhi il più vasto degli spettacoli, non gli sfuggì. Perciò cambiò in fretta traiettoria. Cercò il cerbiatto. Lo catturò nell’inutile femmina al suo fianco, in lei un po’ di comprensione. Quell’essere non l’avrebbe giudicato. In lei vi era la stessa banalità che affliggeva Gilbert. Le due scialbe figure si guardarono con sguardo complice.
“Ti va di cercare un luogo più appartato?”

Gilbert in quella donna, nella claustrofobia di quell’amplesso ricordò la sua prima volta.
Aveva quattordici anni, era un Capodanno, aveva bevuto. Questo nella mente dell’albino era un dato di fatto. Il resto era molto vago. Non ricordava la ragazza con cui era stato, ma a ben pensarci non gli importava. Le donne stupide sono le chiavate migliori perché le detesti – hanno il dono della carne e il cervello di una mosca. Ghigno. Non ricordava altro di quella sera, non c’era stato calore, niente baci. A dir la verità a Gilbert neanche piacevano i baci, troppo intimi, ti denudavano. Troppo vicini agli occhi, avrebbero potuto scoprirlo.
Ricordava il ritorno a casa. Era mattina, si era svegliato solo in un bagno. Il gelo per le innevate strade di Berlino gli aveva fatto passare gli effetti dell’alcol, non si vergognava. Aveva deciso che avrebbe passato il resto della mattinata nel suo letto. Ricordava l’enorme scalinata per giungere nella sua camera, era stanco, gli occhi gli si chiudevano, ma ciò non fu sufficiente per non fargli commettere l’errore.
Sguardo nel vuoto.
Respira, calmati.
In quel vicolo Gilbert ricordò. Incastrato nella sua mente risentì i singhiozzi, li seguì e lo rivide. Era rannicchiato contro l’angolo più buio della stanza. Così nascosto da sembrare invisibile.
Cristo, aveva solo quattordici anni, perché tutto quel peso doveva essere su di lui?
Respira.
Si avvicinò al caduto:” Ludwig…”
Respira più forte.
Nessuna risposta, solo un dolore più grande, più accecante.
“Ti prego rispondi”
Respira con più calma, niente panico.
Il più piccolo alzò la testa. C’erano due caduti nella stanza.
“Perché ti ha picchiato?”
Nessuna risposta, non ci dovevano essere. Gilbert avrebbe dovuto proteggerlo, aveva abbandonato la sua luce.
Rideva il folle in quel vicolo, ricordando l’evento. Si burlava della sua ingenuità. Mingherlino com’era aveva preteso di sfidare il padre. La fine era ovvia.
Umiliazione.
Lo stesso sentimento che stava provando adesso per aver fallito con la ragazza.
Era sempre  colpa di Ludwig.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Urheber des Bosen