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Autore: Ciulla    06/01/2016    4 recensioni
A volte, per salvare le persone a cui vogliamo bene, bisogna infrangere delle regole; anche Whis se ne accorgerà...
"Lord Beerus si risvegliò nel suo letto.
Inizialmente pensò che il tutto fosse stato solo un sogno, ma quando tentò di mettersi a sedere si accorse del dolore lancinante che gli attraversava il petto sopprimendogli il respiro. Gemette piano, massaggiandosi la parte lesa, e solo allora si accorse di una presenza immobile alla sua destra. Voltò di scatto la testa e vide il suo maestro Whis abbandonato su una poltrona, all’apparenza svuotato di tutte e sue forze. I movimento del gatto lo svegliarono, e stiracchiandosi si portò a sedere compostamente, per poi immobilizzarsi davanti agli occhi finalmente aperti del dio."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
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“Mi dispiace per quello che ho fatto. Io... Io non capivo”.
Un alieno azzurro dallo sguardo giovane e ancora immaturo era inginocchiato sull’erba, il volto tra le mani, le lacrime che scorrevano implacabili sulle sue guance imberbi. Era circondato da esseri strani, riuniti dagli angoli più remoti dei dodici universi per esprimere un solo giudizio, solenni mentre sedevano in quella che era, a tutti gli effetti, un’implacabile corte suprema. Si trattava di tutti i re Kaio e i Kaioshin che fossero mai nati, esseri anziani, potenti, grandi dei creatori e amanti dell’universo, tutti raccolti a causa di un semplice alieno poco più che trent’enne, età ininfluente di fronte al grande mistero dell’immortalità.
“Giovane Whis” prese parola il sommo Kaioshin del settimo universo, “Tu hai portato dolore e distruzione laddove non avresti dovuto. Hai distrutto intere galassie per puro diletto, per provare la tua forza, per constatare fin dove potesse spingersi il tuo potere. Cos’hai da dire a tua discolpa?”
“Nulla”, singhiozzò questi, “Non ho nulla da dire. È tutta colpa mia, ho sbagliato, sono stato un folle a non capire cosa stessi facendo. Sono andato contro la mia educazione, i miei doveri e contro la vita stessa. Vi prego di punirmi, sommi saggi”.
Tutti i presenti si scambiarono sguardi indecisi e si riunirono a confabulare tra di loro per giungere ad una risoluzione definitiva. Infine si separarono, e il re Kaio dell’ovest del sesto universo prese parola con tono solenne. “Visto il tuo pentimento avrai una condanna ridotta, ma ugualmente appropriata alle tue azioni. Devi imparare cosa significa distruggere, affinché tu non possa più farlo insensatamente. Ti occuperai dell’allenamento degli dei della distruzione del settimo universo, da ora in avanti e per tutta la durata della tua vita. Tua sorella Vados svolgerà lo stesso lavoro nel sesto universo”.
“Ma lei non ha nessuna colpa!” Esclamò Whis infervorato, sollevando repentinamente la testa. 
“Lei è forte almeno quanto te e la tua esperienza ci ha insegnato a non lasciarvi vagare troppo a briglia sciolta! Avrai sulle spalle anche il suo destino, oltre che il tuo. Ed ora ascolta! Non ti sarà concesso di sbagliare. Ti verrà presentato il tuo primo allievo. Le regole sono semplici: lo addestrerai meglio che potrai finché non sarà capace di usare al massimo il suo ki. A quel punto deciderai se andartene o se rimanere al suo fianco ad assisterlo. Qualora te ne andassi, dovrai tornare periodicamente per una verifica e dovrai sempre tenerti nelle sue vicinanze per intervenire tempestivamente qualora perdesse il controllo. Se viene ucciso, l’assassino sarà il successore. Qualora non volesse, dovrai proveddere ad eliminarlo e cercare altrove. Ho detto tutto?”
Un giovane Kaioshin proveniente dall’undicesimo universo fece con titubanza un passo avanti e si rivolse al collega. “Veramente hai dimenticato la cosa più importante”.
“Oh, certo”. Decine e decine di facce si voltarono contemporaneamente a fissare Whis, mentre re Kaio dell’Ovest riprendeva parola. “Per evitare ricadute... Non dovrai mai intervenire nel loro lavoro. Non distruggere pianeti al posto loro, né nulla del genere. E soprattutto, non intervenire mai nelle loro battaglie, né per affrettarle né per salvare loro la vita. Se moriranno, sarà solo perché nell’universo c’è qualcuno più meritevole di loro a cui assegnare quel posto. È chiaro?”
“Perché mai dovrei voler salvare la vita di un dio della distruzione?” mormorò Whis. “Sarà un lavoro, null’altro. Lo accetto”.



Whis si svegliò di soprassalto, udendo in lontananza il rumore di una delle bombe-sveglia di Lord Beerus. 
Perchè aveva fatto quello strano sogno? Quegli eventi risalivano a milioni di anni prima e all’alieno non piaceva granché ricordare quello che era stato un tempo. Aveva pagato per i suoi errori, aveva sofferto migliaia di anni per ciascuna vittima che aveva volontariamente provocato, ed ora cercava disperatamente di allontanare da sé la memoria quell’essere così familiare ma allo stesso tempo così estraneo ed odiato.
Sconsolato, Whis scrollò la testa. Doveva cambiarsi in fretta; Beerus si sarebbe alzato al suono della terza sveglia e per allora avrebbe dovuto essere pronto a compiere il suo dovere di assistente. In pochi minuti si cambiò, indossando la sua morbida tunica porpora e tutti gli accessori che la accompagnavano; si recò nel suo bagno personale e aprì l’armadietto in cui conservava il gel per capelli. Mentre si guardava allo specchio per sistemarsi la chioma a dovere, si accorse che i suoi occhi lilla erano circondati da un cerchio di pelle arrossata; era evidente che nel sonno aveva accompagnato il pianto del suo io del passato, tradendo il dolore e il senso di colpa che ancora provava di fronte a certe rimembranze.
Si sciacquò la faccia e attese finché la sua espressione non riacquistò il suo abituale contegno; solo allora si diresse verso la camera del dio gatto.
“Lord Beerus!” Lo salutò entrando, stupendosi di trovarlo già in piedi e vestito. “Ha dormito bene?”
“Benissimo Whis!” Esclamò questi stiracchiandosi vivacemente. “Dov’è la mia colazione? Quando mi sono riempito lo stomaco andiamo a distruggere qualche pianeta!”
Whis sorrise all’entusiasmo del gatto. “Gliela preparo subito, signore!”
In fondo era stato solo uno stupido sogno senza significato. Trascorrere una giornata a spasso per l’universo, seppur con un fine così deplorevole, avrebbe ancora una volta allontanato i brutti ricordi.
“Sai, Whis, oggi mi andrebbero delle omelette di Crasciugh...”


Con lo stomaco pieno e l’umore risollevato, Whis girovagava per il cosmo nell’attesa che il proprio dio decidesse dove dirigersi. Quel giorno aveva fin troppe titubanze nello stabilire che pianeta distruggere; continuava a stropicciarsi le mani e a sbuffare sonoramente, indeciso e confuso.
Finalmente sembrò aver trovato quello che cercava. “Ecco! Quel pianeta sembra perfetto”.
Era un pianeta dalla superficie rossa sgargiante, colore che comunemente identifica il pericolo. Whis aveva una pessima sensazione, ma lasciò che Beerus si preparasse alla distruzione. Il gatto, tendendo la mano, lasciò partire un unico raggio viola, che si diresse rapidamente verso la superficie, e poi si voltò, allontanandosi dal pianeta che sarebbe esploso di lì a pochi secondi.
Whis trattenne il fiato. Sentiva, sapeva che qualcosa stava per accadere, qualcosa di brutto e spaventoso. “Lord Beerus, stia attento!” Esclamò.
Il gatto si voltò appena in tempo per evitare il proprio stesso raggio di energia che stava tornando indietro. “Ma che succede?” Esclamò spaventato, affiancando rapidamente Whis e scrutando insieme a lui il pianeta con apprensione. “Scudo riflettente? Non me lo aspettavo”.
“Non è stato uno scudo riflettente, distruttore!” Urlò una voce alle spalle dei due.
Gli alieni si voltarono contemporaneamente e si trovarono di fronte ad un essere dalla pelle cinerea e dagli occhi incavati iniettati di sangue. “Tu? Chi saresti tu? E come sei finito dietro di noi?”
“Ci è passato davanti cinque secondi fa, lord Beerus. Non mi dica che non l’ha notato!”
Whis era spaventato, non tanto perché la velocità del nuovo arrivato eguagliava la propria quanto perché superava di gran lunga quella del gatto. Se fossero giunti ad uno scontro... Il maestro non osava pensare a quello che sarebbe successo.
“Esatto” rispose sogghignando l’alieno grigio. “Sono Whilelm, il protettore di questo pianeta, e non permetterò ad un volgare dio della distruzione di farlo a pezzi”.
“Lord Beerus, credo che le convenga ritrattare la sua posizione” lo informò Whis, desideroso di cessare quella faida verbale senza giungere alla violenza fisica. 
“Io non ritratto un bel niente. Sono un dio e mi deve essere portato rispetto. E questo essere spregevole lo capirà presto!” Scattando in avanti, il gatto tirò una ventina di pugni in rapida sequenza, ma l’alieno li evitò tutti con facilità, per poi far volare Beerus indietro di parecchi metri con un unico calcio ben assestato. Furioso per quella manifestazione di forza, il dio si fiondò di nuovo sull’avversario, giusto per vedere come tutti i suoi colpi venissero tempestivamente bloccati. Whilelm non faceva altro che parare, parare un colpo dietro l’altro con un sogghigno in faccia e gli occhi folli di chi trova assuefacente confrontarsi con un dio della distruzione e scoprirsi più abile.
Allontanandosi con uno scatto, Beerus affiancò Whis e si aggrappò alla sua spalla. “Ho fatto un errore” mormorò. “Non potrei giurarci, ma temo che sia più forte di me”.
“Gliel’avevo detto” commentò apatico l’alieno azzurro. “Cerchi di uscirne da solo. Io non posso intervenire, sono le regole”.
“La tua forza è lodevole, giovane!” Urlò Beerus con sguardo altero. “Per merito tuo risparmierò questo pianeta!”
L’altro scoppiò a ridere selvaggiamente. “Un dio della distruzione che cerca di uscirne pacificamente? Non pensavo avrei mai assistito a questa scena! Devi essere più debole di quanto temessi”. Detto questo si stiracchiò le articolazioni e si mise in posizione di attacco. “Mi assicurerò a modo mio che il pianeta sia al sicuro, uccidendo prima te e poi quel damerino al tuo fianco”.
Con un unico rapido balzo fu addosso a Beerus e cominciò a colpirlo con pugni, calci e testate. Il gatto si difese dai primi colpi, ma ben presto questi cominciarono ad essere troppo veloci e il numero di quelli che non riusciva a parare crebbe esponenzialmente. Ridendo, inebriato dalla propria potenza, Whilelm lanciò un ultimo potente colpo di energia, che colpì Beerus in pieno petto e lo scagliò violentemente all’indietro.
L’ultima cosa che il dio udì prima di perdere conoscenza fu un profondo urlo di dolore.


Lord Beerus si risvegliò nel suo letto.
Inizialmente pensò che il tutto fosse stato solo un sogno, ma quando tentò di mettersi a sedere si accorse del dolore lancinante che gli attraversava il petto sopprimendogli il respiro. Gemette piano, massaggiandosi la parte lesa, e solo allora si accorse di una presenza immobile alla sua destra. Voltò di scatto la testa e vide il suo maestro Whis abbandonato su una poltrona, all’apparenza svuotato di tutte e sue forze. I movimento del gatto lo svegliarono, e stiracchiandosi si portò a sedere compostamente, per poi immobilizzarsi davanti agli occhi finalmente aperti del dio.
“Lord Beerus!” Esclamò. “Sono stato sveglio per giorni a cercare di curare le sue ferite, ma quella al petto era mortale e devo essermi stancato eccessivamente”, spiegò con aria apologetica.
“Non preoccuparti, Whis” mormorò il gatto. “Piuttosto... Cos’è accaduto? Dov’è Whilelm?”
”Morto” rispose semplicemente il maestro, distogliendo lo sguardo imbarazzato. Cercò di inventare in fretta una giustificazione che risultasse credibile: “Quando lei è svenuto ha liberato un’ondata potente di energia che l’ha ucciso”.
“Strano”, sussurrò il dio. “Non ricordo di aver avvertito energia. Anzi, non avevo più nemmeno un briciolo di energia in corpo”.
“Deve avere un istinto di sopravvivenza molto elevato”.
Beerus guardò in cagnesco il proprio assistente, leggendogli negli occhi la paura di quello che sarebbe successo se qualcuno avesse scoperto come si erano realmente svolti i fatti. Del resto aveva appena violato una delle poche regole che gli erano state imposte, e solo per salvarlo. L’espressione corrucciata del gatto mutò in un sorriso dolce quando pensò che in fondo non aveva fatto nulla per meritarsi tanto affetto e tanti sacrifici da parte del maestro, ma che era felice di avere qualcuno, nell’universo, che lo amasse così. “Grazie, Whis” mormorò, indirizzandogli uno sguardo commosso.
L’alieno azzurrò lo scrutò timoroso. “Lord Beerus, non avrei dovuto...”
“Lo so, lo so” lo interruppe questi. “Non ne parleremo più, solo... Grazie”.
Sollevato, Whis sorrise di rimando. Nonostante tutto, sapeva di aver fatto la cosa giusta salvando la vita al dio. Aveva faticato tanto per renderlo l’adulto che era, e lasciarlo morire ora sarebbe stato equivalente ad averlo ucciso quel giorno di milioni di anni prima, quando a solo quattro anni gli aveva rapito il cuore con un sorriso.
   
 
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