Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |      
Autore: Azumi    14/03/2005    12 recensioni
Il tempo scorre inesorabile per tutti. A volte ci sembra correre e fuggire via, altre volte ci pare incredibilmente lento. Ma c'è anche un altro tempo, come quello tra il sonno e la veglia, come quello di quando si resta in attesa di qualcosa. Un tempo che rimane sospeso, finchè quel qualcosa non arriva.
Taro per quel tempo sospeso giocherà la partita più importante, quella della vita. Scoprirà che nonostante il tempo passi, ci sono cose che non passeranno. Mai.
[TaroxAzumi]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Azumi Hayakawa, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tempo Sospeso

 

 

Tempo Sospeso

 

 

"Ed è gooooooooooooooool! Allo scadere del 90 ° minuto, la splendida rete messa a segno dal capitano della..."

 

Schiaccio il tasto del telecomando e la stanza in un attimo si fa buia e silenziosa. Niente più ovazioni, niente tifo, niente stadio, niente squadra nè campo, niente pallone. Almeno non in questa stanza.

Solo e al buio, mi viene in mente che c'è una triste similitudine tra quella stanza e la mia vita.

 

Credevamo sarebbe durata per sempre. Oh si, lo credevamo. Tutti noi. Ma niente dura per sempre.

 

Ultimamente ne sono sempre più convinto. Lo so, non è da me avere questo tipo di pensieri, sono sempre stato un ottimista di natura ma gli anni passano, le persone cambiano ed io purtroppo non ho fatto eccezione, così come gli altri.

Mi sposto verso la lampada posizionata al lato della tv, cercando l'interruttore urto accidentalmente qualcosa di non meglio identificato, che cade e va in frantumi sul pavimento. Mi lascio sfuggire un'imprecazione a mezza voce. Probabilmente era il soprammobile di vetro soffiato, a forma di coccinella che tanto piace ad Azumi.

 

Quando verrà a saperlo... ma magari non se ne accorge.

 

Accendo la lampada, una flebile e pallida luce riempie la sala.

 

Si, era proprio la coccinella di Azumi. Accidenti. Qui ci vuole un caffè.

 

L'abitudine di bere tè per rilassarmi ormai l'ho persa del tutto, ho lasciato che la bevanda scura che tanto piace agli occidentali, mi seducesse con il suo sapore forte.

Dal bancone della cucina, mentre preparo l'acqua e la miscela, vago con lo sguardo per la stanza finchè la mia attenzione non viene catturata da una delle tante foto appese alla parete opposta, in sala.

Un gruppo di ragazzi vestiti di blu. Una coppa d'oro. Un sogno tanto agognato che si avvera.

"La generazione d'oro del calcio giapponese" ci chiamavano ed a ragione. Non c'era stato nessun'altro fino ad allora che fosse riuscito ad arrivare così lontano e così in alto, come avevamo fatto noi.

Come avevano fatto Tsubasa, Wakabayashi, Kojiro, Aoi... ed io...

Anch'io avevo dato il mio contributo.

Seguendo il loro esempio, mi detti alla conquista del calcio europeo, riuscendo ad ottenere un ingaggio al Paris Saint German, una delle migliori squadre francesi. Così mi trasferii di nuovo a Parigi.

 

Oui, Paris, la ville de l'amour (*).

 

Azumi ovviamente decise di seguirmi. Per fortuna, aggiungerei. Io non sarei riuscito a sopportare a lungo di starle lontano e lei non è certo il tipo di ragazza che aspetta trepidante il ritorno del suo amato, straziandosi il cuore nell'attesa.

Parigi è la città dove ci siamo conosciuti, perciò quale miglior luogo per condividere la nostra vita insieme?

"Oh Oui, il n'y avait pas une place meilleure d'ici!" (**) mi disse non appena scendemmo dall'aereo. Aveva ragione.

 

È pronto il caffè. Mi volto e apro una delle ante del mobile. Afferro una tazza e l'appoggio con apparente indifferenza sul bancone, sostituto del tavolo. Comincio a versare la bevanda e quasi m'ipnotizzo nel vederla scivolare velocemente all'interno della ceramica bianca.

Da quando sono qua, i miei vecchi compagni di squadra non sono riuscito a vederli che in rare occasioni e di sfuggita. Segni di saluto lanciati con braccia sollevate, un cenno del capo o rari sorrisi. Ovviamente si è trattato sempre e solo di occasioni ufficiali. Partite, premiazioni o manifestazioni di quel genere.

Vogliamo dire le cose come stanno? La verità è che ci siamo persi di vista. Niente di più, niente di meno. Non nel senso letterale del termine, semplicemente c'è stato chi ha preso una direzione, chi un'altra. Chi si è sposato, chi avrà dei figli... per un motivo o per un altro ci siamo divisi e mai più riuniti.

L'unica cosa che forse ancora ci lega, che ci tiene costantemente ed invisibilmente insieme, è l'amore per il calcio. Grazie al calcio ci siamo conosciuti e grazie al calcio, qualunque cosa sia accaduta o accadrà in futuro, mai ci dimenticheremo l'uno dell'altro.

Mi allontano dal bancone, sorseggio in silenzio il caffè mentre mi avvicino alla finestra a vetri che dalla sala dà sul terrazzo. Scosto la tenda di un leggero tessuto blu e guardo fuori. Le luci notturne della capitale si fanno strada all'interno dell'appartamento.

Quest'ultimo pensiero mi ha incoraggiato e in qualche modo sorrido, dopo aver assaporato di nuovo il caffè, osservando la vista meravigliosa che mi si offre davanti.

Il silenzio della notte.

Apro la portafinestra e rimango sulla soglia del terrazzo, appoggiato con la schiena allo stipite, con la tazza ancora in mano ad esaminare l'esterno, guardando niente in particolare eppure scrutando ogni piccolezza. Torno indietro col pensiero, osservando il cielo. Attimi di memorie ormai lontane. Un vento pungente si solleva facendomi ondeggiare i capelli che ormai non sono più corti come quando ero ragazzino; altro segno incontestabile che di tempo ne è passato, insieme a quel filo di barba incolta che mi ostino a tenere sulle guance.

 

Avete presente quel momento tra il sonno e la veglia? Quel momento dove tutto è sospeso e silenzioso? Quella stessa sensazione che si prova stando sott'acqua? Quell'attimo in cui tutto sembra fermarsi intorno a noi, in cui tutto sembra trovare un significato ed ogni cosa la sua giusta collocazione? Così mi sentivo; era quello, che provavo. Non avvertivo i suoni ed i rumori della città, non percepivo il palpitante brulicare degli altri esseri umani; c'eravamo solo io, i miei pensieri ed il vento. Lo sguardo perso nel blu della notte o forse nel mio io più profondo.

Un aereo taglia veloce il cielo, le luci di posizione lampeggiano. Mi ritrovo allora a pensare a chi parte, a chi ritorna, a chi scappa da chissà quale vita; a chi, come me, si sente sospeso, forse perso, tra gli obiettivi che ha inseguito per anni (***).

Chiudo gli occhi per un attimo, appoggiando il capo allo stipite della porta e ascolto il vento. Ascolto il mio respiro. Lento. Regolare. Ascolto me stesso. Ascolto la mia vita.

 

Non saprei dire per quanto tempo rimasi in quella strana posa, appoggiato alla finestra, la tazza costantemente stretta in una mano. So solo che, quasi volesse salvarmi da quello stato di semi-trance in cui ero caduto, sento una mano prendere quella che tenevo inerme lungo un fianco. Una mano calda. Una mano che conosco bene, perché tante volte l'ho stretta tra le mie.

Incrocio le mie dita con le sue ed apro gli occhi.

È lei.

È entrata silenziosa in casa, così come anni prima era entrata nella mia vita, nel mio cuore. Lo aveva fatto in punta di piedi e non ne era più uscita, nè mai lo avrebbe fatto. Non l'avrei permesso.

Allora comprendo. Comprendo che la sua sola presenza spazza via tutti i miei dubbi, tutte le mie incertezze.

Mi sorride ed io sorrido a lei.

"Da quanto tempo sei qui fuori? Hai le mani fredde" mi chiede premurosa, strofinando le sue mani calde alla mia.

"Pensavo" rispondo senza staccare gli occhi dai suoi.

"Momento malinconico?"

"Già"

Sorride, se possibile, ancora più dolcemente. Sciolgo la mia mano dall'intreccio con la sua, poggio la tazza sul pavimento del terrazzo e le cingo la vita, attirandola più vicina a me.

"E tu? Come mai a casa così tardi?"

"Sono stata trattenuta a lavoro." Risponde poggiando il viso sul mio petto, rilassandosi e socchiudendo leggermente gli occhi. "La ragazza che dovrà sostituirmi aveva ancora bisogno di qualche chiarimento" spiega.

"Lo sai che non devi stancarti." La rimprovero dolcemente.

"Ha risposto qualcuno?" mi chiede sviando il discorso. La guardo perciò leggermente contrariato.

 È sempre stata brava in questo genere di cose.

"Non ancora"

"Vedrai che lo faranno. Dagli solo un po' di tempo ed abbi fiducia in loro." dice comprensiva.

"L'ho sempre avuta fiducia in loro, non l'ho mai persa in tutti questi anni, ma il tempo che possiamo ancora dargli, non è più molto."

"Già". Sorride. "Ma lui aspetterà, ne sono certa."

Abbassa la testa e si sfiora il ventre con una mano, mentre con l'altra prende la mia. Solleva di nuovo il capo e mi guarda; mi guarda con quella luce che da qualche tempo le accende lo sguardo.

"Lui?" chiedo sollevando perplesso un sopracciglio. "Da quando si tratta di un lui?"

Ride.

"Non ne sono sicura... è soltanto una sensazione, un presentimento..."

Il vento non smette di soffiare e leggero le fa danzare alcune ciocche di capelli intorno al viso.

Continuo a fissarla. È davvero bella ed io l'amo immensamente.

Le accarezzo una guancia e la bacio.

Restiamo abbracciati per un po', in silenzio, a scrutare insieme la notte.

"Sarà meglio rientrare" le dico poi, invitandola ad attraversare per prima la portafinestra. Lei annuisce e si avvia nel salone.

Mi abbasso allora per raccogliere la tazza e quando guardo di nuovo all'interno dell'appartamento, lei è già scomparsa e quello che scorgo è soltanto un'altra debole luce provenire dalla camera da letto.

Sposto lo sguardo sul contenuto della tazza. È rimasto ancora un po' di caffè.

Entro in sala, richiudendomi la porta a vetri alle spalle. Un leggero tepore mi riscalda le ossa e ricordo quando poco prima avevo accostato l'immagine della stanza vuota alla mia vita.

La mia vita non era vuota, né io ero solo. Non lo ero adesso, né mai lo sarei stato.

"I cocci li raccogli domani." la voce di Azumi, proprio in quel momento, arriva chiara a rafforzare quest' ultimo pensiero. 

 

Allora se n'è accorta.

Sorrido colpevole.

Attraverso la stanza, supero il bancone e mi dirigo verso la cucina. Abbandono la tazza, dopo avere rovesciato quel che resta del caffè nel lavello. Faccio qualche passo, deciso a raggiungere la mia compagna, la madre di mio figlio...

 

O figlia.

 

Uno squillo.

Un altro.

Il telefono che suona.

 

Chi può essere a quest'ora?

 

Mi domando, avvicinandomi al mobile su cui abbiamo sistemato il cordless, quello di laccato nero all'ingresso.

Sollevo il ricevitore, schiaccio il tasto per attivare la comunicazione e, non senza una nota di preoccupazione nella voce, domando:

 

"Oui? Hallo?"

 

Dall'altra parte un "Misaki?" un po' gracchiante in risposta.

Nonostante l'interferenza riconosco immediatamente la voce.

Sento la presenza di Azumi alle mie spalle e mi volto; lei mi guarda preoccupata, in attesa di spiegazioni.

"Sì Tsubasa, sono io" rispondo allora sorridendo, guardandola felice e forse, anche un po' commosso perché so che a quella telefonata ne seguiranno altre.

Adesso anche lei sorride.

 

Sapete... ci sono cose che non cambieranno mai a questo mondo. Nonostante il tempo. Nonostante tutto. Dureranno per sempre.

 

  

- Fine -

 

  

(*) Sì, Parigi, la città dell'amore

(**) Oh sì, non c'è un luogo migliore di questo!

(***) Questo parte l'ho scritta rielaborando una porzione del  testo  "Imparare dal vento", mi è sembrato che rappresentasse perfettamente lo stato d'animo di Taro in quel momento. Ringrazio quindi i Tiromancino, per tutte le loro splendide canzoni.

 

-----------------------------------------------------------------------------------------------------

 

 Ciao a tutti^^

Prima di lasciarvi, vorrei dire ancora poche cose. 

Non pensavo che avrei più scritto su Captain Tsubasa. 

Forse è per questo motivo che questa storia ha un significato particolare per me. O forse no. Sinceramente non so dirvelo.

Non so nemmeno se sono stata capace di trasmettere quella speciale sensazione, quella strana atmosfera che ho avvertito, scrivendola. 

Ma lo spero veramente. 

Ci fossi riuscita anche soltanto in parte, sarebbe già un grande traguardo, perchè davvero, è una sensazione talmente bella che vorrei poterla condividere con ognuno di voi.

 

 Azumi

Sperando che ci siano ancora cose che, nonostante tutto, non cambiano mai.

 

 

  
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Azumi