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Autore: Amarida    09/01/2016    0 recensioni
E se il mastino di Baskerville si rivelasse essere davvero una creatura sovrannaturale, chi si troverebbe ad intrecciare turbinosamente la strada dell'unico consulente investigativo al mondo? Gli unici cacciatori di mostri con un angelo in trenchcoat al seguito, ovviamente...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Qualcosa non quadra” disse Sam irrequieto: “a quest’ora Castiel avrebbe dovuto averli già riportati qui!”
Soprassedendo sull’irrealtà della cosa, John chiese, pratico: “Cosa possiamo fare per aiutarli?”
“Entrare ora è impossibile” rispose Sam, “ma almeno possiamo provare a favorir loro la fuga”.

“Ci sono!” esclamò l’ex soldato battendosi una mano sulla fronte: “Sherlock ha detto che l’uscita meno sorvegliata era quella delle cucine: potremmo avvicinarci il più possibile e coprirgli le spalle quando usciranno.”
“Bravo John! Da quella parte!” disse Sam, consultando la mappa della base disegnata da Sherlock.
Cominciarono ad avanzare carponi, da un albero a una roccia, nei rari momenti di buio che seguivano al passaggio delle fotoelettriche che frugavano dentro e fuori dai confini della base di Baskerville.

Giunti in vista della porticina delle cucine si resero conto che, a dividerla dalla salvezza, c’erano almeno 50 metri di terreno scoperto e una rete alta tre metri con abbondante filo spinato sulla sommità e, ciò non bastasse, anche elettrificata.
Senza dire una parola, Sam cominciò a frugare nel borsone che s’era portato appresso e ne estrasse una pinza, una cesoia, del nastro isolante e dei cavi elettrici, sotto lo sguardo vagamente perplesso di John.
“Forse posso isolare una parte della rete senza bloccare il flusso d’elettricità: così potremo tagliarla senza far scattare l’allarme”, spiegò serio.”
John sorrise debolmente: “Allora ha ragione tuo fratello: sei proprio un secchione!”
Sam arricciò il naso sorridendo di rimando: “Beh, se ci riesco ci servirà un diversivo per tenere occupate le sentinelle e permettere a Dean e agli altri di arrivare vivi fino alla rete…”
“Mmmmh, forse posso inventarmi io qualcosa” sussurrò John: “dopotutto tu sei un secchione, ma io sono un ex soldato… Posso frugare nella tua borsa?”
L’americano annuì ed entrambi si misero febbrilmente ma silenziosamente al lavoro.

“E’ questa che volete?” Sherlock fermò all’improvviso la sua corsa e si voltò, brandendo alto davanti al viso il grosso vaso ormai palesemente incrinato.
“Cosa diavolo?!” Dean fece ancora qualche metro prima di rendersi conto della mossa del detective. Quindi si fermò lui pure di scatto, ruotando sul posto per poter tenere sotto tiro gli inseguitori.
Cas, che lo seguiva da vicino, per poco non gli rovinò addosso. Il cacciatore lo acchiappò rudemente per una spalla, poi con una sola lunga occhiata, gli spiegò dove avrebbe dovuto posizionarsi per coprirgli le spalle. L’angelo, ovviamente, capì.

Anche i soldati della base si fermarono, accerchiandoli, ma non osavano avvicinarsi.
“Sì. È quella” ringhiò l’ufficiale che comandava il piccolo drappello, piantato a gambe larghe di fronte a Sherlock, che lo fissava impassibile: “se ce la darete con le buone ve la caverete con qualche mese di prigione, altrimenti…”
“Altrimenti?” chiese Sherlock con una calma innaturale. I bagliori rossastri della sostanza che vorticava nel vaso si riflettevano sinistramente nei suoi occhi.
Sì, ora sembrava davvero un angelo, pensò Cas: uno dei suoi fratelli così come li aveva visti millenni prima sui campi di battaglia del Cielo, meravigliosi e terribili. Poi guardò Dean.
Sotto l’apparente durezza della sua espressione, Castiel vide facilmente i pensieri che agitavano il cacciatore: progettava possibili vie di fuga, cercando di prevedere le intenzioni del detective e chiedendosi se ce l’avrebbe fatta anche stavolta oppure no.

“Altrimenti vi faremo tanto male” spiegò con calma il soldato: “siamo il doppio di voi e presto arriveranno rinforzi: non uscirete vivi di qui.”
“Probabile” constatò Sherlock senza scomporsi. “Al momento, però, noi vi teniamo sotto tiro: è una perfetta situazione di stallo, che potrebbe protrarsi a lungo, a meno che…”
“A meno che?” sbottò allora Dean, incapace di trattenersi.
Il detective gli rivolse un sorriso sghembo, poi tornò a fissarsi sull’ufficiale: “Mmmmh, non so, pensavo che potrei lasciar cadere il vaso: così, giusto per vedere cosa succede…”
Il cacciatore rivolse a Castiel uno sguardo atterrito, non poté evitarselo, ma per fortuna le guardie non se ne accorsero: erano troppo impegnate a guardarsi tra loro, ancora più atterrite di lui.

Sherlock sorrise, pregustando il trionfo, e sollevò un po’ più in alto il contenitore, come se si stesse preparando a schiantarlo a terra con forza. Tutti gli occhi erano puntati su di lui.
E allora Dean capì. Indietreggiò impercettibilmente verso la loro via di fuga, avvicinandosi ai due soldati che la presidiavano. Poi gridò: “Ora!”
Sherlock annuì e fece oscillare pericolosamente il vaso sopra la testa. Tutti e sei i soldati scattarono verso di lui, compresi quelli vicino a Dean, che si trovò momentaneamente sguarnito.

Il vaso volò, ma, anziché schiantarsi a terra, oltrepassò le guardie per atterrare nella presa salda del Winchester, che scattò indisturbato verso la porta della cucina.
“Merd…auuuuu!” l’ufficiale abortì l’imprecazione in un grido: nell’istante in cui s’era distratto a seguire la perfetta parabola del lancio, Sherlock gli aveva sparato a un piede, lasciandolo a terra a contorcersi, poi si diresse indisturbato verso la porta.
Fece in tempo a vedere Castiel, rimasto indietro, che si di dosso in un lampo di luce ben tre soldati che gli si erano avventati contro.
Si rese conto di essere rimasto a bocca aperta solo quando l’uomo in trench – l’angelo?! – oltrepassò la porta sigillandosela alle spalle come aveva già fatto poco prima.

Erano nelle cucine. Le attraversarono senza tanti complimenti, scostando carrelli portavivande e mandando a fracassarsi al suolo diverse decine di piatti.

Fu il clangore delle stoviglie, udibile fin dall’esterno, a mettere in allarme sia Sam e John sia – ovviamente – le sentinelle che facevano la ronda all’esterno della base di Baskerville.
“Sei pronto?” chiese l’ex soldato, brandendo nella sinistra quella che aveva tutta l’aria di essere una bottiglia molotov.
“Sono pronto!” rispose il giovane Winchester con in mano una cesoia, guardando speranzoso il semicerchio di cavi elettrici e morsetti che aveva disposto con pazienza sulla rete di fronte a sé.
“Bene, allora, si comincia!”

La prima boccata d’aria notturna fu per Dean un vero sollievo, anche se sapeva bene che la faccenda non era ancora finita.
Ci aveva messo 15 secondi netti a scassinare il portoncino blindato che si apriva sul cortile: un record anche per i suoi standard.
Per lavorare più agevolmente aveva riconsegnato il vaso a Sherlock: “M’hai fatto prendere un colpo, amico! Però, cavoli, bel lancio: hai mai pensato di giocare a baseball?”
“Noioso” aveva risposto il detective, riprendendosi lo scomodo fardello sotto lo sguardo preoccupato di Castiel.

Davanti alla porta una pila di casse d’acqua minerale offrivano un minimo di protezione ai fuggitivi, ma tra una bottiglia e l’altra videro le sentinelle avvicinarsi. Un paio trattenevano a stento grossi cani, che presto li avrebbero fiutati.
Perlomeno non erano mastini: registrò Sherlock in un angolino della sua mente, mentre il resto era impegnato a ideare un piano.
I suoi pensieri, però, furono interrotti da Dean: “Ah, fratellino, ti adoro!” disse a voce un po’ troppo alta, indicando un punto oltre la recinzione.
“Ma cos…?” Poi anche Sherlock lo vide: il breve baluginare di una torcia tra i cespugli, un segnale per loro.
“Il piccolo Sammy ci ha preparato una via di fuga: dobbiamo solo raggiungere la recinzione”.
“Ti pare facile? Abbiamo di fronte 52 metri e 25 cm di terreno scoperto” sibilò Sherlock, “e i cani ci fiuteranno tra meno di… “ si udì un sordo brontolio e poi un guaito: “Adesso!” concluse il detective, e sembrava quasi soddisfatto dell’esattezza delle sue previsioni. Dean lo guardò bieco.

“Ragazzi, per favore!” intervenne allora Castiel con un lungo sospiro. Estrasse la lama angelica e li superò, con l’intenzione di uscire allo scoperto, attirando su di sé l’attenzione delle guardie.
Dean lo afferrò per un polso: “Non ci provare!”
“Sono immune alle loro armi Dean, lo sai: vi farò da scudo.”
“Ma…”
Fu allora che, secca e improvvisa, risuonò la prima esplosione.

“E questo è John!” esclamò Sherlock con palese orgoglio, uscendo da dietro il riparo e mettendosi a correre, subito seguito dagli altri.
Fecero in tempo ad arrivare in vista del varco nella recinzione prima che le sentinelle si rendessero conto che le bombe erano un diversivo, li vedessero e tornassero indietro ad inseguirli, liberando i cani; ma John, l’ex soldato, l’aveva previsto.
Sbucò fulmineo dalla recinzione, lanciò un’altra molotov e uscì di nuovo.
La bomba volò con precisione sopra le teste dei fuggitivi ed esplose tra loro e le guardie, che si gettarono a terra.
“Anche lui ha un futuro nel baseball!” gridò Dean a Sherlock, prima di tuffarsi letteralmente nel pertugio.
Quando anche Sherlock e Castiel furono fuori, Sam comparve dall’ombra.
Con due colpi di cesoia spezzò i cavi che tenevano scostati i lembi della rete e l’elettricità riprese a correre, sfrigolando tra le maglie metalliche.
“Grazie” ansimò il maggiore dei Winchester intercettando lo sguardo del fratello.
“Sì, va bene, ma ora corri: dobbiamo allontanarci da qui il più in fretta possibile” rispose Sam, gettandosi in spalla la sacca e precedendolo a lunghe falcate.
“Coglione!” rispose Dean sorridendo, ma accettò il consiglio.

Rallentarono solo quando arrivarono nella radura oltre la quale s’intravedevano già le luci della locanda.
Solo allora John riuscì a raggiungere Sherlock e gli si affiancò, notando con sollievo che era tutto intero. Poi vide la teca: “Oddio: è il mastino infernale?”
“Non essere assurdo John! Ma qualunque cosa sia è di sicuro qualcosa di potente e pericoloso e spero proprio che quei tre sappiano cosa farne.”
“Ehm, Sherlock, è normale che esca del fumo?”
Il detective abbassò lo sguardo sul vaso e impietrì: una delle crepe sul fondo s’era allargata e approfondita tanto da lasciar colare una melma scura da cui si levava un filo di fumo rossastro.
“Ragazzi: abbiamo un problema.”

I Winchester si girarono insieme, subito seguiti da Castiel.
Ancora una volta Sherlock sollevò davanti a sé il contenitore. E ancora una volta ne ricevette in cambio sguardi atterriti.
“Sam, l’ampolla e la rete, presto!” esclamò Dean, mentre Cas si avvicinava col pugnale sguainato.
“Ora posalo a terra, piano, e allontanati. Anche tu, John!”
Sherlock ubbidì senza protestare. Quando una minuscola voluta di quello strano fumo gli aveva sfiorato una mano era stato scosso da un brivido mai provato prima.
Fece cenno a John di scostarsi, ma questi non si mosse di un centimetro.
Quando il vaso toccò terra Sherlock smise di trattenere il respiro. E fece un errore.
Là dove il suo alito caldo raggiunse il coperchio, appannandolo, la melma nera parve prendere vita, vorticando e fiammeggiando e il vaso si sbriciolò.

Il detective fu investito da una nebbia scura e bollente, che lo fece cadere all’indietro.
“Sta lontano da lui!” gridò John, sparando un paio di colpi di pistola proprio al centro dell’ammasso informe. Questo, intanto, aveva oltrepassato Sherlock e si andava ingrossando e addensando alle sue spalle.

In un attimo l’ammasso nero era diventato un cane: un enorme mastino dagli occhi rossi, che si avventò sul dottore puntando dritto alla gola.


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E' passata una quantità vergognosa di tempo. E' un'ora assurda e mancano ancora un paio di capitoli tutti da inventare. Perlomeno questo è un po' più lungo degli altri e ha un bel (?) cliffhanger. Sarà un'impresa, ma mi ci sto divertendo. Spero anche voi!
Grazie!
L'autrice attempata.
  
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