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Autore: Lizhp    09/01/2016    8 recensioni
SEQUEL DI YOU MADE ME.
-Perché ridi?- gli chiese il riccio, sorridendo leggermente.
-Perché tu sei completamente pazzo!- e così dicendo il biondo si alzò dalla sedia per controllare il cibo sui fornelli.
Mika osservò ancora per un attimo quella lettera, riflettendo di nuovo sulla proposta; Andy però, inconsapevolmente, gli aveva appena dato un ottimo motivo per accettare.
-Dici che è una cosa pazza, eh?- chiese quindi al biondo.
-Assolutamente sì- confermò il ragazzo, tornando a sedersi accanto a lui.
Mika alzò gli occhi alla ricerca delle iridi color del cielo del compagno e quando le incontrò sorrise.
-Allora se è una cosa pazza, la faccio!- dichiarò, prendendo infine la sua decisione con un’alzata di spalle.
Andy lo guardò, sbarrando gli occhi.
-Mika, ma davvero lo farai?-
-Sì!- confermò convinto il cantante, annuendo freneticamente con la testa –Perché non dovrei? Ho detto no a troppe cose in quest’ultimo periodo-
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andy Dermanis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Mi dispiace, Mika- gli disse, puntando gli occhi nel piatto ancora vuoto, non sapendo in che altro modo incominciare.
-Per cosa?-
-Io… non è vero che non ho fatto in tempo a finire il lavoro oggi-




Mika, che aveva già provveduto a mettere una generosa porzione di pasta nel suo piatto, appoggiò la forchetta sul tovagliolo e guardò Andy, riuscendo finalmente a catturare i suoi profondi occhi azzurri.
Il biondo, notando quello sguardo a metà tra il confuso e il deluso, si decise a continuare a parlare e a tentare di spiegare perché l’aveva fatto, per fare in modo che quell’espressione negli occhi di Mika sparisse il più in fretta possibile.
-Non me la sentivo di tornare a casa, perché pensavo ancora a… a quelle foto e non riuscivo a… a…- sospirò, appoggiando anche lui la forchetta con cui stava per prendere gli spaghetti -Mi è venuta un po’ di ansia e so che quelle foto non sono colpa tua e non volevo…- ma non riuscì a finire la frase, spiegarsi gli sembrava impossibile: come sempre, nel momento del bisogno, le parole gli venivano meno.
-Andy!- esclamò Mika, facendo ancora fatica a capire per quale motivo il ragazzo gli avesse mentito -Tu… eri arrabbiato per…- aggiunse poi il riccio, non capendo davvero come fosse possibile che per un paio di foto lui avesse reagito in quel modo.
-No, io non mi sono arrabbiato con te- lo interruppe immediatamente il greco, non volendo che fraintendesse.
-Ma… mi hai praticamente evitato-
-Lo so- rispose Andy -Volevo solo capire come…-
-E per capire era davvero necessario fare tutto questo?- lo aveva interrotto, ma Mika non era riuscito a fermarsi prima.
Non capiva e la cosa lo innervosiva.
-Ero un po’ arrabbiato per quello che è successo, non volevo arrabbiarmi anche con te- rispose Andy, quasi in un sussurro, portando gli occhi al piatto, iniziando a prendere ancora più consapevolezza di come si fosse comportato in modo stupido.
-Prima avessimo parlato, prima avremmo potuto risolvere questa cosa! È tutto il giorno che ci penso, aspettavo solo che tu tornassi per tranquillizzarti, per dirti che ci avremmo pensato insieme, per chiederti di smetterla di essere così silenzioso e parlarmi per farmi capire cosa ti passava in testa- Mika aveva iniziato a parlare a raffica.
-Mi dispiace- riuscì solo a sussurrare Andy di fronte a quel fiume di parole che, lo sapeva, usciva dalla bocca di Mika solo nei momenti in cui era nervoso.
-Sì, dispiace anche a me- rispose il riccio, con un tono di voce un po’ troppo seccato, riprendendo in mano la forchetta e infilando la pasta con un colpa secco, iniziando ad arrotolarla per poi mangiarne una forchettata.
La discussione stava prendendo una piega che Andy non avrebbe voluto e, di fronte al tono di voce di Mika e al suo sguardo duro, prese anche lui un po’ di pasta e iniziò a mangiare in silenzio.
Passò qualche minuto, il tempo in cui Mika realizzò che alla fine Andy gli aveva sì mentito, ma ora aveva deciso di essere sincero: forse stava solo cercando di parlare con lui, di spiegargli finalmente il suo atteggiamento degli ultimi giorni che lo aveva tanto fatto preoccupare.
In più, ragionandoci per bene, la reazione di Andy era stata esagerata, ma poteva capire in parte ciò che passava nella mente del compagno.
-Ho avuto paura- sussurrò infine il libanese, tornando a guardare Andy e dimenticandosi di nuovo della cena.
-Di cosa?- domandò il biondo, riappoggiando di nuovo la forchetta nel piatto e notando con piacere che il tono di voce di Mika era cambiato.
-Pensavo che fosse troppo per te. Ti conosco, so come la pensi su queste cose e mi hai sempre chiesto di non dire nulla di te. Lo so che non sopporti il fatto che la gente possa riconoscerti per strada solo perché sei il mio ragazzo e so che quando le cose si fanno troppo complicate tu… tu… non le vivi serenamente. E quel tuo silenzio…-
In conclusione, aveva paura che se ne sarebbe potuto andare. Quando il biondo capì questo, alzò gli occhi al cielo: -Mika, per delle foto?-
Mika allargò le mani, lo sguardo sorpreso in direzione di Andy; l’intenzione di capirlo di poco prima lo abbandonò veloce com’era arrivata: -Sei stato tu quello che ne ha fatto una tragedia! Cosa avrei dovuto pensare?- gli fece quindi notare, esibendo di nuovo il tono di voce seccato di poco prima.
Andy sospirò.
-Mi dispiace, non era mia intenzione farti… preoccupare-
Il biondo si fermò di nuovo a pensare al suo atteggiamento durante quella giornata, maledicendosi da solo per aver usato troppo l’istinto e troppo poco la testa. Per quanto fosse un timore infondato, ben sapeva come si fosse sentito Mika e quanto facesse male quella paura, lui stesso l’aveva sperimentata.
Guardò il ragazzo negli occhi e notò che lo stava osservando con sguardo attento, come se volesse capire i suoi pensieri. Andy si rese conto che toccava a lui porre fine a quella confusione inutile che lui stesso aveva creato.
Si alzò dalla sedia e lo raggiunse, sedendosi sulle sue gambe e portando un braccio attorno al suo collo, diminuendo almeno la distanza fisica e fissandolo negli occhi più da vicino, di modo che anche lui potesse leggere la sua sincerità in quel momento.
-Ho avuto paura, proprio per le cose che hai detto- iniziò a spiegare il biondo -Perché sì, è vero, io sono proprio come hai detto tu. Ma… non è la prima volta che le cose si fanno complicate. Oggi sono tornato a casa e ho pensato un po’ al passato… a tutte le volte che le cose si sono fatte difficili e a come poi la mia serenità la trovo in te. E’ sempre stato così, Mika, lo sai… tutto questo ne vale la pena. Ieri e stamattina non riuscivo a pensarci… oggi pomeriggio e adesso sì invece, e ne sono sicuro-
-Ho sempre avuto paura che tutto questo un giorno possa davvero diventare troppo per te… e pensavo che fosse così, dato che…- confessò Mika, sempre in un sussurro preoccupato.
-Non credo proprio che succederà… te l’ho detto, non c’è niente che valga la pena tanto quanto te… tanto quanto noi e tutto quello che abbiamo costruito insieme-
Mika, finalmente, riuscì a rivolgergli un leggero sorriso che conferì alla sua espressione un po’ di sollievo.
Era stato un problema che lui non aveva considerato così grave, ma chiarirsi fu comunque piacevole.
-Mi dispiace di averti mentito, oggi- aggiunse poi il biondo, sempre in un sussurro, questa volta guardandolo dritto negli occhi.
-E a me di spiace che il mio lavoro sia sempre la causa dei nostri problemi-
Il biondo scosse la testa: era ridicolo che Mika si stesse scusando, il problema non l’aveva creato lui.
Andy sollevò la mano destra fino a raggiungere la sua guancia, lasciandosi pizzicare dall’accenno di barba che stava crescendo.
-So benissimo che non è solo un lavoro per te e so quanto sia importante… non importa, Mika, è tutto a posto. E non me ne vado da qui solo per un paio di foto… vorrà dire che mi presterai qualcuna delle tue sciarpe in caso di necessità- aggiunse poi, ridendo insieme al ragazzo.
Si guardarono negli occhi, lasciandosi andare di nuovo ad una leggera risata e poi Mika lo strinse un po’ più forte a sé, circondandolo con entrambe le braccia e lasciando che Andy affondasse la testa nella sua spalla. Lo sentì lasciargli un bacio sul collo, che lo fece rabbrividire, e così voltò il viso alla ricerca delle sue labbra.
Dopo quel bacio, gli venne in mente quello che sua sorella gli aveva suggerito quel pomeriggio.
-Oggi prima di andare a registrare sono passato a casa di mia mamma e ho trovato Zuleika e…-
-E ha capito che qualcosa non andava- concluse Andy per lui, con un sorriso, ricordandosi come la sorella minore di Mika fosse sempre attenta a queste cose.
-Ovviamente- confermò il ragazzo -Mi ha detto una cosa che mi ha fatto pensare… in quelle foto non si vede nulla. Io potrei anche smentire e tutto tornerebbe come prima-
Andy ci pensò qualche secondo, per poi scuotere la testa.
-Non cambierebbe nulla, ci sono buone probabilità che succeda di nuovo e… è inutile che tu menta così apertamente per questa cosa. Non è nemmeno giusto che tu menta sulla nostra storia in generale, ma…- e sollevò le spalle, come a dire che un pochino era inevitabile.
-Ho capito cosa intendi- lo rassicurò il libanese.
-Secondo me dovresti continuare a comportarti come hai sempre fatto. Va bene così-
-Sei sicuro?- gli domandò Mika.
-Sì- rispose il biondo, annuendo convinto e tornando al suo posto per mangiare, dopo avergli lasciato un bacio sulla guancia.
Dopo cena, decisero di passare un po’ di tempo in tranquillità sul divano e, prima che Andy spegnesse il computer, Mika vide quello che stava facendo prima di cucinare.
-Sono i nostri video?- chiese, indicando lo schermo, sul quale c’erano loro due e sullo sfondo la Tour Eiffel.
-Sì- rispose Andy e il riccio lo fermò, prima che potesse chiudere il pc.
Lo afferrò per un braccio e lo tirò sul divano, accanto a lui, per poi cliccare sul tasto play.
-La vuoi finire? Già non hanno una forma!-
Queste furono le prime parole che sentirono entrambi e che li fecero ridere: la mania di Andy di scompigliargli i capelli e le lamentele di Mika.
-Aspetta solo che ti prenda e vedi!-
Mika rise di nuovo, ricordandosi di come avevano iniziato una corsa per le strade della capitale francese.
-Eri davvero fastidioso, sai?- sussurrò a Andy, il quale, per tutta risposta, portò una mano tra i suoi capelli, ora più corti, e li scompigliò, esattamente come nel video.
-Smettila!- esclamò il libanese, soffocando le risate di Andy con un pugno sulla spalla, atterrandolo poi sul divano e riservando lo stesso trattamento ai suoi capelli biondi, che però erano troppo corti per essere scompigliati.
-Non vincerai mai questa battaglia- gli fece notare il greco sotto di lui, sorridendo soddisfatto.
-Domani mi raso i capelli a zero- affermò Mika in tutta risposta, con finta aria di superiorità.
-Non ci provare nemmeno- lo minacciò il biondo, zittendo una possibile risposta appoggiando le labbra sulle sue con decisione e, ovviamente, facendo passare una mano tra i capelli morbidi del compagno, portando a termine l’opera che aveva iniziato poco prima: Mika, però, in quel caso non ci prestò molta attenzione.  
 
Un paio di giorni dopo era di nuovo giunto il momento di ripartire per l’Italia, questa volta non per lavoro, ma per far visita a Isabella: dato che X Factor era ormai terminato e lui era stato occupato in Francia con The Voice e con il proseguimento del suo nuovo album, non vedeva la donna da un paio di mesi. La sua riconferma alla nuova edizione del talent italiano, però, implicava necessariamente qualche lezione con la sua insegnante, per riportare alla mente alcune cose importanti e per parlare un po’ italiano prima dell’inizio delle audizioni. Approfittando del regalo che avevano preso per la bambina, Mika avrebbe anche potuto accordarsi con Isabella per lo svolgimento delle lezioni; inoltre, sia a lui che a Andy, non dispiaceva affatto trascorrere un po’ di tempo in Sicilia, soprattutto per sfuggire qualche giorno dal clima umido di Londra.
Prenotarono un hotel in cui si assicurarono di poter tenere anche Melachi con loro: da quella semplice telefonata per la prenotazione, Mika si rese conto definitivamente di necessitare in modo urgente di un ripasso della lingua italiana.
Quando raggiunsero il loro hotel si presero un po’ di tempo per rilassarsi dopo il viaggio e sistemare le loro cose, poi chiamarono un taxi e si fecero lasciare a casa della donna.
-Ciao!- lo salutò allegramente Isabella, aprendo la porta e rivolgendogli un sorriso luminoso.
-Ciao Isabella, come stai?- rispose Mika, in italiano, abbassandosi per lasciarle due baci sulla guancia.
-Tutto bene, grazie. Ciao Andy- disse poi in direzione del biondo, questa volta in inglese.
-Buongiorno- rispose il ragazzo, varcando la soglia dell’appartamento subito dietro il compagno.
Una bambina di due anni nel frattempo osservava i due sconosciuti che erano appena entrati nel salotto con sguardo quasi timoroso, facendo capolino da dietro il divano.
-Asia, vieni qui a salutare- disse Isabella, avvicinandosi alla piccola.
-Abbiamo qualcosa per lei- disse allora Andy, passando però la borsa a Mika, di modo che avrebbe potuto dare il regalo alla bambina rivolgendosi a lei in italiano e permettendole così di capire.
Il cantante si avvicinò alla piccola, abbassandosi al suo livello e fece per darle il regalo; appena si protese verso di lei però, la bambina si avvinghiò alla gamba della madre, alzando le manine verso di lei, quasi come se fosse spaventata.
-Non ho un gran talento coi bambini- mugugnò Mika, mentre Isabella prendeva in braccio la figlia.
Mika infilò allora una mano nella borsa ed estrasse la piccola marionetta che avevano comprato a Parigi insieme a sua madre: vi infilò la mano e iniziò ad aprirla e chiuderla, storpiando la sua voce e regalandola al pezzo di stoffa che teneva tra le mani.
Funzionò: la bambina iniziò a ridere e poi allungò le mani per cercare di afferrare la marionetta. Mika gliela passò e Isabella rimise Asia a terra, la quale corse immediatamente sul divano a giocare con il nuovo regalo che aveva appena ricevuto.
-Uuuuh- sospirò Mika, constatando che la bambina, alla fine, non si era messa a strillare.
Sia Andy che Isabella risero.
-Sedetevi, vi offro un caffè- disse poi la donna, indicando il tavolo al centro della sala. Entrambi i ragazzi accettarono molto volentieri.
Così di fronte ad una tazza fumante di liquido nero e qualche biscotto, Mika e Isabella si accordarono per le nuove lezioni di Italiano e, quando ormai era quasi ora di cena, suggerì loro un posto in cui sarebbero potuti andare a trascorrere un po’ di tempo il giorno successivo, anche se Andy aveva comunque del lavoro da portare a termine in breve tempo.
 
Il giorno seguente i due ragazzi seguirono il consiglio di Isabella: il greco aveva caricato il computer tutta notte e così aveva fatto anche Mika con il suo tablet: avrebbero potuto così portarsi il lavoro fuori dall’hotel.
Il posto che Isabella aveva indicato loro era veramente incantevole: un castello fuori città con un bellissimo giardino tappezzato di erba verde scintillante, punteggiato di margherite. Mika, soprattutto grazie al suo manager, aveva ottenuto il permesso di poter trascorrere all’esterno del castello qualche ora. In quel periodo dell’anno il clima era molto piacevole.
Mika rigirò le maniche della camicia bianca a righe che indossava quel giorno e si sedette sul telo che aveva appoggiato a terra, mentre Andy scelse un posto poco distante da lui, sotto l’albero più vicino, appoggiando la schiena al tronco.
-Quella maglia bianca poi non lo sarà più- gli fece notare con un mezzo sorriso.
Per tutta risposta, Andy alzò le spalle e accese il suo computer. Anche Mika fece lo stesso col tablet, aprendo i file che Isabella gli aveva inviato tempo prima con le regole grammaticali italiane.
La sua concentrazione però vacillava con una facilità estrema. Tutto di quel posto sembrava attirare il suo sguardo, ogni minimo dettaglio gli sembrava qualcosa di imperdibile, a cui doveva necessariamente prestare attenzione.
Il cielo azzurro macchiato da qualche lieve nuvola bianca, gli alberi attorno a loro. Una margherita proprio vicino al piede destro di Mika e un’altra accanto piegata, probabilmente calpestata malamente da qualcuno o, chissà, anche da lui stesso mentre si sedeva sul telo.
Puntò poi gli occhi sul suo braccio destro, illuminato da un caldo raggio di sole e poi, spostando lo sguardo sulla sua metà, si accorse che aveva appena abbassato il telefono e lo stava riponendo in tasca.
-Cosa fai?- gli chiese allora, in riferimento al cellulare.
-Ti ho fatto una foto- rispose con semplicità il greco, tornando a concentrarsi come se niente fosse sul video che stava editando: questa volta non un documentario, ma un video musicale per una band che aveva richiesto lui come regista.
Mika sorrise: non era poi una cosa così strana, sapeva molto bene che il compagno era solito immortalare quante più cose possibili e non solo durante i loro viaggi come in quel caso, ma anche quando erano a casa e voleva tenersi un ricordo di quella giornata, per motivi che spesso a Mika sfuggivano. In un angolo, appoggiata accanto a Andy, il libanese scorse anche la custodia della sua vecchia videocamera, ormai un cimelio, che però il ragazzo non si azzardava a sostituire con una nuova.
“Finché non si accenderà più, questa la tengo” diceva sempre, nonostante ne avesse comprate altre nel corso degli anni. Soprattutto durante i loro viaggi, quella vecchia e piccola videocamera che li aveva ripresi fin dal loro primo incontro, spuntava sempre fuori. Solo ultimamente aveva iniziato a dare dei problemi, ma il biondo sosteneva che fosse ancora utilizzabile.
Mika si fermò per qualche secondo ad osservare il ragazzo concentrato sul suo lavoro, notando come lo stesso sole che stava riscaldando il suo braccio, stesse illuminando anche il viso di Andy, risaltando i suoi lineamenti e il biondo dei suoi capelli.
Il sole.
Così come in quel momento entrambi si stavano godendo il suo calore, anche quando erano lontani il sole sopra di loro era sempre lo stesso.
Mika quasi si meravigliò di quel pensiero, chiedendosi come mai ora che aveva Andy lì vicino stesse rimembrando i giorni che, inevitabilmente, qualche volta avevano dovuto trascorrere lontani.
La consapevolezza di dover studiare però, lo allontanò bruscamente dai suoi viaggi mentali, riportando i suoi occhi e la sua attenzione alla grammatica italiana.
Tuttavia quando riportò gli occhi al tablet, non riuscì a comprendere nemmeno una parola di quello che vi era scritto: davanti ai suoi occhi apparvero solo immagini del sole, di come stava illuminando ora il viso di Andy tanto quanto il suo, di come si trattasse di qualcosa che tutti potevano vedere, anche a migliaia e migliaia di chilometri da lì.
E poi, improvvisamente, nella sua mente si rimaterializzò l’attimo in cui il sole era stato per lui fonte di immenso sconforto, non di legame indissolubile con la persona che amava nei momenti in cui non poteva averla fisicamente al suo fianco.
 
La solitudine non aveva mai pesato tanto come quella sera; nemmeno quando aveva trascorso quel mese a Montréal si era sentito così abbandonato a se stesso.
Tutte le luci nella sua casa erano spente, tutte le porte chiuse a chiave, tutte le finestre erano serrate. Tutte tranne una, quella della sua stanza, dietro la quale Mika osservava con sguardo triste la luna calante fare timidamente capolino da dietro una nuvola scura.
Solo il debole suono dei suoi respiri gli teneva compagnia, insieme al caldo fastidioso di una lacrima silenziosa che gli stava rigando la guancia destra, facendosi spazio tra l’accenno di barba e tentando di raggiungere le braccia a cui aveva appoggiato la testa. Si affrettò a fermare la sua scivolata con la manica della felpa trasandata che indossava, impaziente di far sparire la traccia chiara e tangibile del suo stato d’animo fin troppo sotto terra.
Nessuno avrebbe dovuto accorgersene, nessuno avrebbe dovuto immaginare che ci fosse qualcosa che lo stava lentamente distruggendo dentro. Poi, come un lampo inaspettato durante un temporale, la consapevolezza che nessuno poteva accorgersi di quello che gli stava succedendo lo pervase completamente, con una forza tale da fare addirittura male: era solo, nessuno poteva vederlo, nessuno poteva leggere nei suoi occhi lucidi le tracce di un errore che gli era costato e gli stava costando fin troppo caro.
Dopo la sua impulsiva fuga a Montréal, Mika stava ora scontando la pena per aver abbandonato senza preavviso e senza una parola le persone che amava. La sua famiglia aveva capito e alla fine era riuscita a perdonarlo.
Andy, a suo modo, aveva accettato di vederlo ancora, ma fino a quel momento non era riuscito a perdonarlo completamente e a fidarsi nuovamente di lui. Ogni volta che la serata giungeva al termine, una piccola luce di speranza si accendeva dentro di lui; quando però la sua metà lo salutava senza dar segno di essere pronto a ricominciare davvero la loro storia, un cupo e pesante velo di delusione andava a spegnere la speranza che aveva mantenuto viva anche quel giorno.
Se lo meritava.
Questo era quello che si ripeteva per cercare di non affondare e per trovare la forza di attendere i tempi di Andy con il massimo della convinzione e determinazione.
A volte, però, quella convinzione sembrava abbandonarlo, lasciandolo da solo di fronte alla tagliente realtà: aveva combinato un vero e proprio disastro e ora ne stava pagando le conseguenze.
Già, ma quanto avrebbe dovuto pagare? Quante volte ancora il suo destino sarebbe stato quello di osservare il cielo da una finestra di una casa così tanto vuota ma terribilmente colma di ricordi, pronti a riportargli alla mente quanto fosse prezioso tutto ciò che aveva perso scappando?
Quanti sforzi avrebbe dovuto fare ancora? Lui tentava e ritentava, ci metteva tutto l’impegno di cui era capace, eppure il risultato non cambiava minimamente: la sua luce veniva sempre spenta.
Stava perdendo la voglia di essere quello che era sempre stato, un ragazzo sì impegnato, ma pieno di tanta energia e allegria.
Quell’energia e quell’allegria dov’erano sparite?
Erano giorni che non regalava un sorriso a qualcuno, tranne quando era in compagnia di Andy: con lui tutto era più semplice, ma la sua voglia di sorridere spariva insieme a lui. Così come la sua voglia di stare insieme agli altri.
Perché avrebbe dovuto farlo? Perché così tutti avrebbero notato quelle lacrime calde che, nonostante si affrettasse a far sparire nella sua felpa, continuavano a scendere sempre più copiosamente, come a volergli ricordare che avrebbe potuto nascondersi dagli altri in eterno, ma da se stesso mai; come se fossero lì a ricordargli la realtà dei fatti mentre lui tentava di negarla al resto del mondo.
Nascosto, da solo, proprio come il sole in quel momento, spazzato via dalla luna. Un sole che, di notte, non vuole brillare e si nasconde al di là del cielo scuro, lasciando la luna a scintillare al posto suo.
Poi, mentre ancora cercava di asciugare velocemente tutte le lacrime che non volevano dargli tregua, un impeto di rabbia per tutta quella situazione lo pervase: tutti i suoi tentativi sembravano passare inosservati, anche quando gli sembrava di procedere nella giusta direzione si trovava di fronte un muro.
L’amore è stronzo.
Questo riuscì a pensare in quel momento.
Acchiappò il primo foglio stropicciato che trovò sulla scrivania e prese tra le mani la biro più vicina alla sua mano.
Con rabbia, scrisse due semplici frasi.
 
L’amour c’est con comme la lune
Qu’est che qu’on ferait pas pour des prunes
 
Perché sì, l’amore poteva anche essere come lui aveva appena scritto, ma nonostante questo stava facendo tutto il possibile per riaverlo con sé. Veloce come aveva buttato giù quelle prime frasi, riportò su quel foglio tutto ciò che gli era passato per la mente quella sera: con la mano destra scriveva e con la sinistra insisteva in quel suo asciugarsi quasi ossessivamente tutte le lacrime che continuavano a cadere dagli occhi. Non tenendolo fermo con la mano sinistra, il foglio a volte scivolava via, facendolo innervosire ancora di più, costringendolo a darla vinta per qualche secondo alle lacrime per rispondere all’esigenza più importante di gettare tutto ciò che aveva dentro su un foglio di carta.
Ben presto si accorse che o bloccava il suo pianto con la mano, o teneva fermo il foglio per scrivere; decise in un attimo: al diavolo i suoi occhi, aveva bisogno di mettere nero su bianco tutto quanto.
La mano destra scorreva veloce, nervosa, proprio come lui. Le lacrime ad un certo punto iniziarono a sfocargli un po’ la vista, ma non ci fece troppo caso.
 
Je suis seul tout seul
Sans ta petite gueule si seul
Comme le soleil
 
Come il sole.
Un sole solo.
Un sole che si nasconde.
Un sole che non vuole brillare.
Un sole con la luna storta.
 
-Mika? Mi stai ascoltando?- la voce alta di Andy lo riportò al presente.
Il buio e la solitudine della sua stanza erano spariti: era di nuovo al sole ed Andy era al suo fianco.
-Cosa… no…- borbottò distrattamente il riccio, chiudendo i file aperti sul tablet e aprendo un foglio bianco.
Andy alzò entrambe le sopracciglia di fronte a quella risposta, ma capì immediatamente che Mika non stava ripassando l’italiano; la sua mente era altrove e stava per dare vita a qualcosa che, a giudicare dal suo sguardo assorto, era piombata nella sua mente all’improvviso, cogliendo di sorpresa anche lui.
La mano di Andy corse automaticamente alla sua piccola videocamera: la accese e, senza avvicinarsi per non disturbarlo, la puntò vero Mika.
Il cantante era troppo preso dai suoi pensieri per rendersi conto di ciò che il biondo stava facendo.
Il contrasto tra il significato che aveva dato al sole in una canzone che aveva composto anni prima e il significato che gli aveva dato prima che i ricordi si impossessassero di lui erano completamente all’opposto; eppure gli sembravano entrambi così veritieri.
Lasciò da parte quella serata di un paio d’anni prima che avrebbe volentieri dimenticato e si concentrò solo sul presente, sul nuovo significato che stava dando al sole in quel momento e in quel posto.
 
Watch the sun set
Hold it from afar
Close as I get
To being wher you are
 
Tutto d’un tratto fu come se un nuovo cassetto della sua memoria si fosse aperto, permettendogli di riportare alla mente un vecchio racconto di sua nonna.
Anche quello parlava di amore, uno dei più semplici e puri.
-Lo sai che quando mio nonno è andato in guerra, la mia bisnonna, sua mamma, è rimasta per giorni interi sul tetto di casa sua ad aspettare che tornasse? Aspettava solo di vederlo camminare di nuovo per quella via, di vederlo rientrare a casa-
Andy, sorpreso che il ragazzo stesse condividendo ad alta voce i suoi pensieri in un frangente in cui di solito si limitava a metterli su carta, rimase in silenzio, lasciando che lui proseguisse con la storia.
-E’ morta pochi giorni prima che mio nonno tornasse a casa, per un’insolazione- concluse infine la storia, tornando con gli occhi al tablet e aggiungendo una strofa.
 
And I don’t care if it burns my eyes
And I don’t care cos my love is blind
 
-Sempre, tutti i giorni, ha mantenuto quella sua specie di promessa…- rifletté di nuovo ad alta voce. A quel punto Andy spense la videocamera, lasciò da parte il suo computer e si alzò, per poi sedersi accanto a Mika e godersi più da vicino il suo ragazzo all’opera.
Il cantante alzò gli occhi dal tablet per puntarli in quelli azzurro chiaro di Andy: -Come se il sole fosse l’unica cosa a tenere vicine due persone che si amano ma sono lontane-
Andy si aprì in un lieve sorriso, annuendo, per poi sbirciare le parole che Mika stava aggiungendo alle strofe già scritte.
 
Here I stand, staring at the sun
Distant land, staring at the sun
You’re not there, but we share
The same one
 
Mika fece una pausa, per poi saltare qualche spazio e aggiungere in tutta fretta:
 
Say good morning say it to the sun
Like you’re talking, talking to someone
 
Andy osservava quasi incantato come tutto stesse prendendo forma, come ogni pensiero di Mika fosse inserito perfettamente nelle parole che aveva scritto e che continuava ad aggiungere. Si meravigliò in particolare del fatto che l’ispirazione gli fosse venuta semplicemente osservando il sole che illuminava il bellissimo giardino in cui si trovavano.
-Scusa- disse Mika, quando sembrò ritornare alla realtà, rendendosi conto che Andy aveva interrotto il suo lavoro per stare ad ascoltare lui.
-No, figurati- rispose immediatamente Andy, sorridendo -E’ bello osservarti in questi momenti- confessò poi, godendosi le guance di Mika tingersi leggermente di rosso, come succedeva ogni volta che gli faceva un’osservazione simile.
Allungò una mano e sfiorò la sua guancia, per poi lasciargli un bacio leggero.
-Non cambierai mai- gli disse poi, scuotendo la testa e ridendo, sdraiandosi poi sul telo di Mika con le mani dietro la testa.
Il riccio, soddisfatto di ciò che aveva scritto fino a quel momento, prese il tablet e lo appoggiò sopra il suo zaino, per poi stendersi anche lui, di pancia, sorreggendosi sulle braccia.
-Anche tu non cambierai mai- ribatté, facendo un cenno alla piccola videocamera appoggiata poco distante da loro.
Andy stava per rispondere a tono, poi un’idea gli balenò in mente, riempendo i suoi occhi di entusiasmo.
-Sai che siamo stesi in un prato?-
Mika ci mise qualche secondo a capire: quando poi vide Andy afferrare la videocamera e venire verso di lui, si coprì il volto con le mani.
-Oh no Andy, non puoi!- piagnucolò, ridendo però subito dopo quando sentì una mano del ragazzo spingerlo per fargli appoggiare la schiena.
Quando aprì gli occhi non trovò il biondo a puntargli addosso la l’obiettivo, ma trovò il suo viso molto vicino e due occhi color del mare che lo fissavano intensamente.
-Non era andata proprio così, sai- gli fece notare Mika, portando una mano tra i suoi capelli biondi.
-Ah, no?- rispose Andy, fingendosi confuso, avvicinando di più il viso a quello del compagno.
-Proprio no- confermò il ricciolo, ormai sussurrando quelle parole sulle labbra di Andy.
-Anche noi, per quanto possiamo negarlo, non siamo più come eravamo quel giorno di otto anni fa- e detto questo premette definitivamente le labbra su quelle morbide di Mika, assaporandone a pieno il gusto, lasciandosi trasportare e senza allontanarsi finché non si ritrovò in assenza di fiato.
Mika aveva capito perfettamente cosa intendesse il compagno: il tempo era passato, erano cresciuti entrambi, avevano fatto i loro errori ed erano maturati.
Però erano ancora lì, stesi su un prato pieno di margherite, esattamente come otto anni prima, ancora insieme.
 
Il lavoro per quella giornata si concluse lì: restarono sdraiati sul telo azzurro di Mika ad osservare le nuvole del cielo, a parlare e a ridere.
Arrivarono nel loro hotel, la sera, abbastanza distrutti, nonostante non avessero fatto molto in quella giornata. Andy però si prese un’oretta per terminare il lavoro che avrebbe dovuto svolgere quel pomeriggio; quando anche per lui venne l’ora di andare a letto, trovò Mika già addormentato e si sforzò di fare piano per non svegliarlo.
Il loro sonno, in realtà, durò solo poche ore. Era l’una di notte quando la suoneria del cellulare di Mika fece sobbalzare entrambi.
-Ti dico sempre di metterlo silenzioso- bofonchiò Andy, riaffondando la faccia nel cuscino e richiudendo gli occhi, leggermente seccato.
-E’ mia madre. Perché mi chiama all’una di notte?- disse invece il libanese, il quale si era svegliato benissimo dopo aver letto il nome di Joanie sul display.
-Pronto, mamma?-
Il fatto che Joanie chiamasse a quell’ora attirò anche l’attenzione di Andy, che riaprì gli occhi e si voltò verso il compagno.
-Quando?- chiese Mika, balzando fuori dalle coperte e passandosi una mano tra i capelli.
-Ma va tutto bene?-
Quella frase convinse definitivamente Andy a mettersi almeno seduto sul letto e a tendere le orecchie, fissando il volto di Mika per tentare di coglierne le espressioni.
-Torniamo a Londra col primo volo- concluse infine il cantante, chiudendo la chiamata e lanciando il telefono sul letto con noncuranza, per poi alzarsi e correre verso l’armadio, in evidente stato di agitazione.


 

Yuuuuhu, eccomi qui.

Duuunque, il luogo in cui, in questo capitolo, Mika scrive SATS l'ho preso da una sua vecchia foto; non sono riuscita a risalire a dove si trovasse, quindi il fatto che sia in Sicilia è completamente inventato.

Grazie mille a VvFrehiet che, ormai mesi fa, mi ha aiutato con la traduzione di Un soleil mal luné, che mi è stata utilissima per questo capitolo.

Poi, un ringraziamento speciale a Marauder_ che mi ha aiutato in questi ultimi capitoli per quanto riguarda la passeggiata a Parigi e il regalo alla figlia di Isabella. In un momento di blocco, arriva sempre lei con le sue idee... a volte anche un po' strambe xD
(Avete letto le sue storie, VERO?)

E poi, ovviamente, un ringraziamento a tutti voi che mi avete sommerso di idee nelle recensioni all'ultimo capitolo e per messaggio privato; siete stati fantastici! Mi sono segnata tutto, vediamo ora che ne viene fuori. E se questa storia va avanti, questa volta è davvero merito vostro, quindi grazie grazie grazie.

Alla prossima :)

   
 
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