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Autore: FRAMAR    10/01/2016    21 recensioni
C'era un ragazzo di cui ero troppo innamorato, si chiamava Nicola, ma lui apparteneva a Matteo, e per me non ci sarebbe mai stata un speranza...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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~~C’era un ragazzo
 

Mi chiamo Lorenzo ed ero stato educato in modo da non provare emozioni. Un processo lento e doloroso, durato molti anni, perché un essere umano non abbandona facilmente i suoi sentimenti. Ma quando c’ero riuscito, mi ero sentito libero.

Non provare nulla era paragonabile al volo di un aquilone il cui filo era stato reciso. Galleggiare nell’aria, sospinto da venti capricciosi, e non dover chiedere mai scusa. A nessuno.

Un essere come me avrebbe dovuto rendere tutto più semplice. Eseguire, obbedire agli ordini, non fare mai domande. E le vuote ore libere da spendere nel silenzio confortevole della mia stanza. disegnando  fino ad avere le dita dolenti nere di inchiostro e gli occhi in fiamme per lo sforzo.

Eppure, eppure…

Erano bastati pochi giorni e mi ero ritrovato nuovamente legato. E il filo questa volta, era resistente come l’acciaio, non si sarebbe spezzato facilmente.
Nicola aveva mostrato cose scontate per gli altri, ma che ai miei occhi abituati a un’arte vuota erano apparse meravigliose.

Una nuova strada si era dispiegata davanti a me e per quello splendore accecante io avevo abbandonato la comoda sicurezza della mia stanza per il mondo confuso e rumoroso dell’umanità.

Forse da qualche parte, nascosto nelle pieghe della mia anima, il desiderio di farne parte c’era sempre stato. Era stato quel ragazzo biondo, dal sorriso deciso e smagliante, sempre allegro e carico di un’energia travolgente che mi costringeva a vivere, a farmi emergere.

Avevo imparato molte cose da allora. Che le persone nascondono molte cose ad esempio, che non sono mai quello che mostrano agli altri. Che un sorriso alle volte non è solo un sorriso, ma può nascondere una richiesta di aiuto. Cosa era giusto dire e quali verità tacere. Che l’orgoglio e le determinazione possono cambiare molte cose, e che la pietà non è solo un’inutile appendice.

E che l’amore può essere doloroso quanto una lama conficcata in profondità.

Ci avevo messo un po’ a capirlo. Quell’inspiegabile desiderio di stuzzicarlo, di essergli sempre accanto, o il guardarlo mentre dormiva pesantemente, illuminato dalla luce che entrava dalla finestra.

Alle volte sognava. Erano sogni amari, disperati. Talvolta piangeva. E non ero mai io l’oggetto dei suoi sogni.   

Desiderare una persona così tanto da inseguirla per tutto il mondo. Bramarla così disperatamente da cambiare se stessi  solo per sentirsi al suo livello. Parlarne con sguardo  perso in mondi lontani. Ostinarsi a non vederne i difetti, giustificare ogni suo errore, lasciarsi ferire fino a che il cuore non si frantumava in tanti piccoli pezzi. Eppure continuare a sognarlo. Questo è quello che mi stava succedendo.

Piangevo di nascosto alle volte. Forte e orgoglioso all’esterno, spaccone con gli amici, e così miserabilmente solo quando l’amarezza mi coglieva a tradimento. Mi aveva visto da lontano, le spalle avvolte nella solita giacca nera e arancione che sussultavano scosse da un tremore incontrollabile. Non mi ero avvicinato, non gli avevo rivolto la parola. Ero rimasto lì, immobile e nascosto, unico testimone di quel dolore così intimo.

Non conoscevo Matteo. Lo avevo incontrato una volta di sfuggita, ma non avevo potuto fare a meno di notare, fra le parole dure che si erano rivolti, l’esitare della mano del moro sopra la spalla di Nicola, il suo avvicinarsi alla pelle abbronzata dell’altro, le narici dilatate per inebriarsi del suo profumo. Gli occhi di Matteo non avevano tradito alcuna emozione, ma qualcosa in quella scena aveva fatto sentire me come se mi avessero reciso la mano che usavo per disegnare.

Mi ero chiesto che rapporto ci fosse tra i due, quando erano ancora nella stessa squadra. Andrea, il mio amico Andrea sembrava saperlo: quando parlava di loro due, il mio sguardo era affettuoso e al contempo rassegnato. Conoscevo solo il tradimento.

Quel brutale, terribile episodio avvenuto tre anni fa. Non conoscevo Nicola allora, se non dai sussurri dei suoi compagni nei corridoi. La notizia più importante la fuga di Matteo e il vano inseguimento di Nicola, era un dettaglio di contorno. Eppure, pur non avendolo conosciuto prima, io lo avevo capito. Con i suoi occhi abituati a catturare la bellezza del mondo, vedevo anche Nicola come un aquilone. Anche i suoi fili si erano spezzati, anzi peggio, erano stati brutalmente recisi. Tuttavia, un ultimo filo lo teneva ancorato a quel mondo e gli impediva di volare via, lo manteneva legato a Matteo.

Il dolore della perdita, la solitudine e il desiderio di riaggiustare i fili recisi alimentava la speranza. La speranza era quel filo solitario, sapevo che Matteo non avrebbe mai abbandonato Nicola. Perché c’era qualcosa di infiammante importante ad aspettarlo alla fine del cammino impervio e non si sarebbe mai voltato indietro.

Lo osservavo anche adesso, come sempre di nascosto. Sedevo su una panchina, lo sguardo rivolto al cielo. Sorridevo nonostante non ci fosse nessuno attorno a me da compiacere, del resto io non avevo ancora compreso il meccanismo della felicità da cui nascono i sorrisi spontanei e un po’ stupidi. Guardava le stelle ed io lo ritrassi così, il volto disteso, le mani poggiate sul marmo della panchina e le gambe distese in una posizione rilassata e un po’ sciocca. Un istante rubato, per sempre congelato nel tempo in un mio disegno.

Non potevo catturare il suo dolore, ma potevo imitare la sua anima. Quel poco che a me era concesso vedere.

Mi chiesi che tipo di dialogo silenzioso stesse avendo il biondo con le stelle. E se parlava con esse, o con qualcun’altro, in un paese lontano nella speranza che potesse in qualche modo ascoltarlo. Era sciocco, ma lo stesso quel dialogo silenzioso fece sussultare il mio cuore. Non abituato alle emozioni, prima o poi il mio cuore avrebbe ceduto e io sarei morto per  amore.

Prima di riporre il blocco nel piccolo zaino che portavo con me, mi chiesi cosa si provasse ad essere amanti in modo così totale. La gelosia bruciava la mia anima come un fuoco e l’invidia mi accecava alle volte. Disegnavo il volto di Matteo, crudelmente impresso nella mia mente, e poi lo scarabocchiavo rabbiosamente.

Non potevo fare altro, del resto. Ero impotente di fronte a quell’amore che non sarebbe mai stato mio.

Forse Nicola mi avrebbe guardato un giorno e magari amato. Più di quanto si ama un amico, ma non sarebbe   mai stato come con Matteo.    
  
Lo guardai alzarsi, stiracchiarsi, sbadigliare e poi allontanarsi ciondolando, le mani in tasca e una canzone sussurrata fra le labbra. Le spalle del biondo, seppur piccole, erano diritte, fiere. Lo sguardo teso verso un obbiettivo, un futuro che non  comprendeva me.

L’amore era piacevole si, ma doloroso.

Ripresi il blocco e lo aprii. Fissai lo schizzo in bianco e nero, e lo accarezzai con le dita. Posai le labbra sopra il volto abbozzato, consapevole che per quanto la carta fosse morbida, non era paragonabile a delle labbra vere.

Alle volte, il desiderio di baciare Nicola, di sfiorare la sua pelle e sentire il suo calore, era così intenso che qualcosa dentro di me spingeva avanti contro la mia stessa volontà. Avevo letto molti libri per trovare una spiegazione, ma le parole sembravano solo inchiostro gettato a caso sulle pagine quando quell’insopportabile desiderio mi bruciava da dentro rendendolo vivo.

Ma non avrei mai potuto, perché quelle labbra non mi appartenevano. Erano state donate a qualcun altro che non ero io, molto tempo fa.

Continuai a fissare a lungo il Nicola sul foglio. Il mio falso Nicola, unica consolazione della mia anima affranta. Mi aveva insegnato ad amare e quale fosse il prezzo dell’amore. Ma non mi aveva mai amato, era un caro amico, e mai, mai, mai sarebbe stato qualcosa di diverso.

Quando alzai lo sguardo, Nicola se n’era andato. Le stelle e la luna brillavano beffarde, illuminando il parco vuoto.

Ero solo, e una lacrima scese sul mio viso.

Mi voltai per tornare a casa quando venni raggiunto da un ragazzo.

“Sono solo posso venire con te?”.

Era biondo, con gli occhi azzurri, mi ricordava, un altro ragazzo simile… come si chiamava… ah si Nicola…

Forse sarebbe iniziata per me una nuova vita.

 

 

 

 

   
 
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