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Autore: anastasia in love    10/01/2016    1 recensioni
(Toby&Spencer)
Prendendo spunto da alcuni spoiler usciti in questi mesi e dallo speciale di novembre, ho immaginato come potrebbe essere
l'incontro tra questi due personaggi che adoro. Il primo capitolo tratterà il tutto dal punto di vista di Spencer mentre il secondo attraverso le sensazioni di Toby.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Spencer Hastings, Toby Cavanaugh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spencer aveva parcheggiato l’auto proprio accanto al Brew, aveva spento il motore e si era adagiata pesantemente al sedile, improvvisamente esausta. La telefonata di Alison era stata un fulmine a ciel sereno e aveva guidato tutta la notte per arrivare a Rosewood il prima possibile.
“Torno presto” - aveva detto al suo superiore, ma la verità era che quando si trattava di Alison le cose tendevano al peggio naturalmente e Spencer tremava al solo pensiero di restare ancora imbrigliata nella vita, nella storia, nella famiglia e nei problemi di Alison. Aveva imparato a sue spese che Ali portava solo guai e almeno questa volta voleva restarne assolutamente fuori. Tutto ciò che voleva, in effetti, era fare dietro-front, riprendere l’autostrada e tornare a Washington senza mai voltarsi indietro.
Ma non era solo Alison a portare guai, ma tutta quella dannatissima città. Così quieta, quasi rustica con la ferramenta di fronte, la pasticceria all’angolo e la libreria in fondo alla strada, ma anche così piena di odio, di rancore e di gente davvero fuori di testa.

Era ancora immersa in quei pensieri che il suo cellulare cominciò a vibrare debolmente all’interno della borsa. Era un messaggio del suo ragazzo, Nicholas, che le chiedeva per l’ennesima volta se fosse arrivata a casa sana e salva. Spencer fissò a lungo il display del cellulare con una strana sensazione addosso. A Rosewood lei era semplicemente Spence, la Hastings svitata, tossica, perfettina e porta guai, quella che la mattina andava a scuola, adorava il caffè, portava le scarpe basse e i capelli legati, e in quel preciso istante, davanti al Brew, si sentiva esattamente così, come se quei cinque anni non fossero mai passati veramente. Non si sarebbe sorpresa se, entrando nel locale, avesse trovato Hanna intenta ad imprecare sul libro di biologia.
Ad un tratto Nicholas, il suo capo, il suo appartamento e persino Washington le erano sembrati infinitamente lontani, come su una galassia diversa da quella in cui si trovava quello strazio di città. Così aveva spento il telefono e si era avviata verso l’ingresso del Brew con un’insolita voglia di caffè addosso.

“Ragazze, io mi sposo fra tre mesi e non posso!” - aveva detto Hanna, accarezzandosi per l’ennesima volta l’anello di diamanti che portava all’anulare sinistro. “Io...non ce la faccio!” - aveva detto stancamente, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi. Emily aveva scosso la testa.
“Ragazze, tutte noi abbiamo una vita, viviamo in posti diversi e abbiamo lasciato in sospeso tante cose per essere qui oggi, ma non possiamo abbandonare Alison. Non dopo tutto quello che è successo.”
Spencer ed Aria si erano lanciate un’occhiata fin troppo eloquente.
“Lo so Emily, lo so. Ma tornare qui…dai ragazze, non vi mette i brividi?” - aveva risposto a sua volta Hanna, appoggiando sul tavolo la sua tazza di caffè. “Abbiamo lottato tutte per lasciare Rosewood, ci siamo laureate e abbiamo una vita, un lavoro e io persino un matrimonio da preparare. Non possiamo ricascarci, non dopo tutto quello che è successo.”
Spencer e Aria si erano guardate ancora. “Mi dispiace Em, ma io sono con Hanna. Mi fa piacere rivedere Alison e tutte voi, ma ci ho messo cinque anni per dimenticare quella storia e …” - aveva cominciato Aria, ma la sua voce si era incrinata per la commozione e non aveva più continuato la frase. Per lei, lo sapevano tutte, era stato molto difficile riprendersi.
Spencer ascoltava la discussione in silenzio giocherellando con uno dei bottoni della sua giacca, finché Emily non le chiese a cosa stesse pensando e lei ritornò in sé. “Non lo so ragazze, non lo so davvero. Io penso solo che...” e in un attimo il cuore le si fermò in petto, l’aria le mancò nei polmoni e tutta la stanza cominciò a girare vorticosamente intorno a lei. Al di là della strada, per una frazione di secondo…
 “No, non può essere …” - aveva sussurrato. Eppure il cuore era ancora fermo, i polmoni ancora vuoti e la stanza non aveva ancora smesso di girare. No, non può essere, eppure…
“Spence, stai bene?”
“Chi? Cosa?...” - aveva balbettato Spencer tornando in sé e trovandosi il volto di Aria a pochi centimetri dal suo.
“Si, si certo…” - aveva risposto cercando di assumere un tono normale, ma la voce continuava a tremarle.
Toby. Dall’altro lato della strada, per una frazione di secondo, aveva scorto il viso di Toby tra i tanti sconosciuti della folla. “E’ per via della stanchezza” -si disse- “o magari è uno che gli somiglia. Non è Toby, non può essere Toby” - continuava a ripetersi nella testa mentre le altre avevano ripreso la loro discussione.
Durante tutto quel viaggio, in autostrada, aveva tenuto il volume della radio altissimo per sovrastare quella vocina nel suo cervello che continuava a cantilenare “Toby, Toby, Toby”, come la goccia di quel rubinetto che non hai mai riparato e che ti tiene sveglio per tutta la notte.
Ed era inutile che lo negasse, quando aveva visto il cartello con la scritta “Rosewood” quella mattina, alle prima luci dell’alba, le si era stretto un nodo allo stomaco al pensiero che lui era lì, in quella città che li aveva visti innamorarsi come due disperati. E allora la sua mente aveva vagato tra i ricordi, consapevole di farsi ancora del male come accedeva ogni volta che ripensava a quella dannata telefonata.
 
“Allora è finita? …” – aveva sussurrato lui dall’altro capo del telefono. Cercava di essere forte ma era chiaro che ben presto sarebbe crollato.
“Così non funziona Toby” – aveva detto lei, cercando di risultare decisa. La pioggia cadeva fitta al di là del vetro e solo l’insegna al neon della lavanderia di fronte riusciva ad illuminare debolmente le sagome dei palazzi di fronte.
“Ne abbiamo superate tante, Spencer. Io ti amo, e l’ultima volta che ci siamo visti io…”
Già, l’ultima volta. Spencer la ricordava bene. Lui era venuto a trovarla a Washington e avevano finito per fare l’amore sul divano del salotto. E poi in cucina. E poi a letto. Quel letto che non avevano lasciato per tutto il week end se non per fare una doccia veloce e mangiare qualcosa.
Spencer aveva cominciato a piangere lentamente.
“Siamo troppo lontani Toby. E non mi basta più vederci una volta al mese. Voglio di più Toby”.
Dieci minuti più tardi aveva indossato il suo leggero soprabito beige ed era scesa in strada dove il suo taxi l’attendeva già da qualche minuto. Aveva preso un aereo per Londra e da quella volta, da quella maledettissima telefonata, non lo aveva mai più risentito. E da quella maledettissima telefonata erano passati tre anni.

 
“Allora è deciso, parliamo con Alison e decidiamo cosa fare” - aveva detto Spencer, alzandosi. “Ora però vi lascio, mia madre mi ha costretta a partecipare a quella stupida cena di beneficenza e devo proprio andare a cambiarmi”.
“Giusto, la cena. Fai gli auguri a tua madre per le elezioni” - le aveva risposto Emily sorridendole.
“Lo farò” - disse e si avviò verso la cassa, ma aveva fatto appena due passi che si fermò di colpo alla vista di Toby. E non era il sogno di Toby o il pensiero di Toby, ma Toby in carne ed ossa, più alto e muscoloso di quanto ricordasse, più maturo e molto più attraente. Quello che aveva di fronte a sé era un uomo, non più un ragazzo, e soprattutto un uomo capace di farle tremare ancora le ginocchia.
“Spencer” - aveva detto lui sorpreso ma controllato. I suoi occhi erano fermi e riflessivi e la sua postura non aveva vacillato di un millimetro.
Spencer invece aveva l’impressione di essere una gelatina vivente. Nella speranza di trovare qualcosa da dire aveva cominciato a toccarsi nervosamente la frangetta, cosa che Nicholas odiava, e spostava il peso del corpo da un piede all’altro.
Toby invece se ne stava ben saldo sui piedi, fissandola con quegli occhi che le facevano sentire ancora le farfalle nello stomaco. Aveva un paio di jeans strappati e una maglietta grigio chiaro che gli stava divinamente.
“Toby…ciao” - aveva detto lei semplicemente, stupendosi del fatto che il suo cervello avesse trovato qualcosa di vagamente sensato da dire.
“Che ci fai qui?” - aveva continuato lui senza smettere di fissarla. Non sembrava arrabbiato ma neanche felice di vederla. La sua voce si era fatta più cupa e questo lo rendeva ancora più affascinante e misterioso.
“Oh…ehm...a dire il vero una rimpatriata. Le altre sono di la’” -aveva risposto lei cercando di decifrare il suo volto ma risultandole difficile sostenere anche solo il suo sguardo. Non poteva dirgli la verità, non poteva parlargli della telefonata di Alison. Dio, ancora bugie, come cinque anni prima. In fondo non era davvero cambiato nulla.
“Capisco. Beh, ora devo andare” - aveva detto lui afferrando due grosse buste piene di cibo che il ragazzo della cassa gli aveva appena consegnato.
“Mangi tutta questa roba?” - aveva detto lei dandosi immediatamente della deficiente per la domanda idiota che gli aveva appena fatto.
“Nono, è la colazione per i ragazzi del cantiere. Dopo la storia di…insomma lo sai, l’assicurazione mi ha pagato una bella cifra e sto costruendo una casa. La mia casa, a dire il vero.”
 
“Quando ci sposeremo dove andremo a vivere?” – aveva detto Spencer intrecciando le sue lunghe dita affusolate in quelle forti e decise di lui. Strano come la sua pelle diafana creasse un contrasto quasi magico con quella scura e abbronzata di lui.
Toby aveva sorriso e l’aveva stretta ancora più forte a sé. “Ma io non ti sposerò mai, anzi al momento ho proprio una bella biondina per le mani…” Spencer da sotto le lenzuola gli aveva sferrato un sonoro calcio sugli stinchi.
“Ahi!”- aveva borbottato lui, ridendo. “Così impari!” - aveva detto lei cominciando a baciarlo lentamente sul collo.
“Dì che mi sposerai o la smetto subito” - aveva continuato con un sussurro. Toby, già completamente in estasi per il suo tocco delicato, aveva risposto a stento. “Giuro che ti sposo e giuro che ti costruirò una casa con le mie stesse mani…”

 
“Spencer?” – aveva detto lui perplesso, facendola tornare con i piedi per terra. Lei aveva scrollato leggermente il capo come a voler cancellare immediatamente quel ricordo dalla mente.
“Ah, capisco. E dove?”
Perché lo aveva fatto? Perché gli aveva chiesto una cosa simile? Lui aveva la sua vita e lei la sua. Non doveva tentare di rivederlo, non doveva passare di lì “per caso”, non doveva sapere nulla della sua vita attuale.
“Poco fuori città, dove prima c’era la tenuta dei Jefferson” - aveva detto lui e per la prima volta non aveva saputo tenere a freno gli occhi che si erano illuminati come lampi al suono di quella domanda. “E’ un lavoraccio, le fondamenta sono completamente marce, ma il progetto è fantastico e mi metto al lavoro ogni volta che posso.”
I Jefferson. Si, conosceva la casa dei Jefferson.
“Signorina, mi scusi, voleva ordinare? ’” - chiese il ragazzo alla cassa visibilmente annoiato da quella conversazione che evidentemente gli stava rallentando la fila.
“Oh sisi certo” -aveva detto lei, voltandosi imbarazzata. “Pago un espresso al tavolo 4”.
Aveva armeggiato per un attimo con la fibbia della sua borsa e quando si era voltata verso la porta lui era già scomparso. Lo vide con la coda dell’occhio fuori dal locale, con le due grosse buste sottobraccio, intento ad attraversare la strada. Poi lo vide salire su quel pick-up, il suo pick up e mettere in moto.
“Grazie pure, tenga il resto” - aveva detto lei, e si era avviata tristemente verso l’uscita.
 
“Tesoro, mi rispondi? Comincio ad essere preoccupato. Chiamami appena puoi. Ti amo, Nick”. Spencer lasciò cadere il cellulare sul letto e si avviò verso la doccia, ma neanche l’acqua calda era riuscita a lavare via il ricordo di Toby. Toby con i jeans strappati, Toby bello come sempre, Toby con gli occhi ancora più azzurri e Toby che non l’aveva neanche salutata prima di andare via.
Così chiuse gli occhi e lasciò semplicemente che l’acqua bollente cancellasse il ricordo di quel volto che le aveva fatto desiderare di essere tra le sue braccia e nel suo letto ancora una volta.
 
 
Eccomi di nuovo qui a scrivere di questa coppia meravigliosa. Se per caso la storia vi è piaciuta lasciatemi pure un commento, ne sarei felice. Sono aperta a qualsiasi critica o idea, ve lo garantisco.
Un bacio,
Anastasia 
  
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