Prologo
Semplicemente... me!
Semplicemente... me!
Sono
al mare. Ad Ostia precisamente. Sulla spiaggia non c'è anima
viva, e tutto, perfino il mare, è tranquillo. Le onde non
fanno il minimo rumore infrangendosi sulla costa, ne tanto meno la
sabbia sotto i miei piedi si fa sentire. Sembra quasi tutto fatto di
cristallo tanto che è perfetto...
Sorrido
alla vita... ma sì, alla fine, tutto sommato, sono
contenta...
e corro, corro verso la riva, mi libero dei vestiti, ed urlo come una
pazza, tanto nessuno può sentirmi. Tanto, non c'è
nessuno, davvero. Mi tuffo in acqua infischiandomene del fatto che
siamo ancora a Maggio e non è proprio la temperatura adatta
per immergersi. Nuoto a pancia in su, chiudendo gli occhi per non
rimanere accecata dal sole. Sorrido di nuovo. Certo che si sta
proprio bene... se solo non fosse per...
Un
rumore fastidioso interruppe bruscamente il mio sogno. Aprii di
scatto gli occhi, ma fui costretta a richiuderli per colpa della luce
che inondava la stanza.
“Ma
si può sapere cos'è tutta questa luce di prima
mattina?” urlai con la voce ancora impastata dal sonno
“É
la dimostrazione del fatto che é tardi, e che devi alzarti
per
andare a scuola... ecco cos'è, pigrona che non sei
altro!”
Mia
madre, la solita simpatica! Non so proprio come faccia ad essere
già
così allegra di prima mattina. Dove la trovi quella voglia
di
scherzare, poi non so... che poi... glielo avrò detto
miliardi
di volte che odio essere svegliata in modo così brusco. E
lei,
mi ha mai dato retta? No, neanche per sbaglio! Poi, come se non
bastassero già le sue incursioni mattutine a stordirmi, ci
si
mette anche mio padre, puntualmente presente. Quel giorno prese ad
urlare dalla cucina
“Signorina...
ti vuoi alzare... oppure devo alzarmi io?” e allora seccata,
buttai
giù le coperte e mi tirai su
“Sono
in piedi... contenti?” gridai sbuffando
“Abbastanza!”
ridacchiò mio padre. Sbuffai altre tre volte, prima di
rendermi conto dell'orario. Cavolo, quei due avevano ragione. Era
davvero tardi, e dovevo darmi una sbrigata. In fondo, era l'ennesimo
giorno di scuola, dopotutto, e non volevo di certo arrivare in
ritardo. Mi infilai in bagno. Quello tuttavia, non era un giorno come
gli altri... lo sapevo bene.
Mi
guardai allo specchio sopra il lavandino, osservando l'immagine
riflessa. Mi definivo una ragazza abbastanza normale, di media
statura. Andavo fiera del mio fisico, non avevo niente da invidiare a
nessuno. Avevo i capelli castani, abbastanza anonimi, se non fosse
stato per quel taglio assurdo che mi ero fatta. Corti, tipo
maschietto, fatta eccezione per due ciuffi davanti, lunghi fino al
mento. Mia madre si era lamentata parecchio quando ero tornata a casa
con i capelli ridotti a quella maniera. Mio padre invece mi aveva
accolta con una risata, una delle sue contagiose, e alla fine ci
eravamo ritrovati tutti a ridere sul divano del soggiorno. Sorrisi a
quel pensiero.
Gli
occhi erano la parte che di me amavo di più. Li avevo presi
da
mio padre. Erano verdi, e alla luce del sole diventavano chiarissimi.
Ne andavo leggermente fiera, e sapevo che lo stesso valeva per mio
padre. Ma forse non era solo quella caratteristica che avevo
ereditato da mio padre. Forse ci assomigliavamo molto di più
di quanto pensassi.
Ma
forse è meglio andare con ordine. Forse dovrei prima di
tutto
far capire qualcosa di me. Beh, parto dalle cose elementari. Mi
chiamo Chiara, Chiara Marchi. Vivo a Roma con la mia famiglia, e quel
giorno, il 3 Maggio, compivo la bellezza di diciotto anni. La soglia
della maggiore età, la maturità anagrafica se
così
si può dire. Sorrisi di nuovo al mio riflesso. Era
un'eternità
ormai che aspettavo quel giorno, e adesso che era arrivato avevo
intenzione di godermelo fino alla fine. Istante dopo istante.
BUM
BUM BUM
“Si
può sapere cosa stai facendo lì dentro? Ti sei
aperta
un villaggio turistico?... muoviti ad uscire, che c'è gente
qui, che ha fretta!” urlò una voce maschile da
dietro la
porta chiusa. La riconobbi all'istante. Non era mio padre, no
signore. Era qualcuno di più giovane, ma altrettanto
fastidioso di prima mattina: mio fratello! Sempre così...
ormai era diventata un'abitudine fissa. Si svegliava sempre prima di
me, ma rimaneva nel letto, a perdere tempo. Poi, nel momento in cui
sentiva la porta del bagno chiudersi, si alzava e veniva a picchiare
sul legno come un posseduto, incitandomi ad uscire. Scossi la testa
ed aprii la porta per lasciarlo entrare
“Finalmente...
stavo iniziando a fare la muffa là fuori!”
esclamò
lanciandomi un'occhiata di rimprovero. Dopodiché, si stacco
dallo stipite al quale si era poggiato ed entrò in bagno
superandomi
“Buongiorno
anche a te Andrea!” esclamai. Lui si bloccò, si
girò
verso di me e mi sorrise
“Buongiorno
sorellina... e...” si avvicinò, abbassò
il viso di
qualche centimetro e mi stampò un bacio sulla fronte
“Buon
compleanno!”
“Grazie!”
esclamai sorridendo, dopodiché uscii lasciandolo solo in
bagno. Andai in camera a vestirmi. Non è che fossi la tipa
che
amasse tanto vestirsi in maniera particolare per determinate
occasioni. Per questo motivo, indossai i miei soliti jeans scuri, e
una t-shirt rosa, e a completare l'opera le mie Tiger grigie. Diedi
una pettinata ai capelli, e ravvivai semplicemente le ciglia con un
po' di rimmel. Quel trucco per scuola bastava. Per le altre occasioni
mi sarei sbizzarrita più volentieri. Mi diressi in cucina. O
meglio, in soggiorno, visto che la nostra cucina, non era altro che
un angolo cottura all'interno del soggiorno stesso. L'unica
separazione tra le due stanze era rappresentata dal muretto, dietro
al quale si nascondevano i fornelli, il lavello e gli altri mobili
inerenti a quel contesto. Al di sopra, era appesa la cappa, di
misurate dimensioni, grazie alla quale, gli odori della cucina non
arrivavano ad invadere il resto della stanza. Mia madre, era dietro
il bancone, intenta a lottare come sempre con la guarnizione
difettosa della macchinetta del caffè. La guardai bene.
Aveva
i capelli del mio stesso colore, forse leggermente più
chiari.
La pelle chiara, e accanto a mio padre, sembrava davvero una nanetta.
Aveva sempre il sorriso sulla faccia, ma se poteva, era la prima ad
urlarmi contro se qualcosa non andava come lei aveva previsto.
Litigavamo spesso, ma la maggior parte delle volte facevamo pace con
un battito d'ali e tutto tornava come prima. Era molto sensibile, e
con un niente si lasciava mettere in imbarazzo. Ma le volevo bene,
era mia madre.
Con
mio padre la questione era leggermente diversa. Con lui c'era sempre
stato un rapporto... speciale. Mio padre era il primo uomo che avessi
mai amato in vita mia. Era davvero essenziale per me, un punto di
riferimento determinante. E lui lo sapeva bene. Amavamo scherzare tra
di noi, come due amici. Non c'era niente al mondo che riuscissi a
nascondergli. O forse, non ero davvero capace di farlo, neanche
volendolo. Come avevo detto prima, lui aveva i miei stessi occhi.
Forse i suoi, talvolta tendevano perfino al celeste, benché
lui lo negasse fermamente. Era bello mio padre. Tanto. Avevo qualcosa
nel suo sguardo di dolce. Qualcosa che mai avevo visto prima in un
uomo. Amava alla follia mia madre. Lo si vedeva dagli sguardi di
intesa che le lanciava. Dai sorrisi che riservava solo per lei. E non
potevo essere che felicissima per questo. I miei si amavano. Io amavo
i miei. E questo era l'importante
“Oh...
Massi, tesoro, guarda un po' chi si è svegliata... la
dormigliona!” esclamò mia madre mettendo la
macchinetta sul
fuoco e sorridendomi. Mio padre alzò lo sguardo dal suo
quotidiano e mi sorrise, come sempre.
“Massi..”
pensai sorridendo “Mia madre lo chiama ancora
così...” in
realtà mio padre si chiama Massimiliano, ma da quando era
più
giovane, amici e parenti lo hanno sempre chiamato Massi.
“Ben
alzata, piccola... dormito bene?” feci una smorfia vaga
“Solito!”
esclamai salendo su uno degli sgabelli posti vicino al bancone. Mia
madre fece il giro del muretto e mi si parò accanto
“Tanti
auguri, Chiara, di vero cuore!” e mi stampò due
baci sulle
guance, dopodiché mi prese il viso tra le mani e lo
osservò
raggiante. Le sorrisi di rimando
“Grazie
mamma... davvero!” lei sospirò e tornò
alla sua
macchinetta
“Mi
sembra ieri che hai iniziato a parlare... a camminare... e adesso
guardati... già sei pronta per guidare una
macchina!”
esclamò mio padre allegro. Gli feci la linguaccia, e sorrisi
“Certo...
potrei anche... se solo non fosse per il fatto che mio padre,
quell'eterno disgraziato, non si decide ad insegnarmi!”
“Oh,
che padre cattivo... non si dovrebbe mai negare una cosa del genere
ad una figlia!” esclamò con un sorriso
“Chiara
ha ragione, Massi. Avevi promesso che l'avresti portata in giro per
qualche lezione. Tra poco le scadrà perfino il foglio
rosa!”
esclamò mia madre allungandosi per prendere lo zucchero
dalla
credenza.
“Manuela...
lo sai che non dipende da me... ho avuto parecchi grattacapi in
questo periodo con quella causa della banca!”
affermò serio.
Si vedeva lontano un miglio che era mortificato molto più di
chiunque altro per quella storia. Mio padre non era certo il tipo da
trascurare la famiglia per il lavoro. Però, purtroppo, in
quel
periodo era davvero sommerso. Non potevo accusarlo di nulla. Mi sarei
sentita maledettamente egoista nel farlo. Faceva l'avvocato, e
proprio in quel periodo a causa di uno scandalo che riguardava
traffici poco legali di soldi per mano di una nota banca di Roma, si
era ritrovato fuori casa più del tempo necessario. E le
volte
che c'era, passava tutto il tempo sommerso nelle scartoffie
burocratiche.
“Beh...
se per voi non è un problema la accompagno io a fare le
guide!” esclamò mio fratello entrando tutto bello
vestito in
cucina.
“Lo
sai che non puoi...” affermò mio padre
“Perché,
scusa? In fondo ciò che so me lo hai insegnato tu... lo
trasmetterò a Chiara senza tralasciare la benché
minima
cosa!” affermò mettendosi una mano sul petto ed
alzando
l'altra in segno di giuramento. Se non fosse stato per quel
sorrisetto vispo sul viso, avrei potuto perfino pensare che fosse
serio e che non mi stesse prendendo in giro
“No!”
esclamò mia madre in tutta risposta. Spense il fuoco e verso
il caffè in due tazze. Io intanto gustavo il mio cornetto
caldo ed ascoltavo la discussione, come sempre divertita. Mio
fratello era un tipo particolare. La fotocopia in piccolo di mio
padre, con il carattere della mamma. Era più grande di me di
due anni, ed era, per certo, il secondo uomo più importante
della mia vita. Gli volevo bene, davvero. Era raro che litigassimo
come cane e gatto, come dovrebbero fare sorella e fratello che si
rispettino. Ma probabilmente l'avremmo anche fatto da quel che la mia
mente ricordava. Sapevo con certezza che quando avevo iniziato ad
andare alle superiori, qualcosa in lui e nel suo atteggiamento
cambiò
radicalmente. Iniziò a farsi... protettivo nei miei
confronti.
Mi chiedeva in continuazione se mi trovassi bene nella nuova scuola,
se avessi fatto amicizia, se ci fosse stato qualcuno che mi
infastidiva. Ma io non capivo questo suo atteggiamento. O almeno non
allora. Poi crescendo realizzai che la sua era pura e semplice
gelosia di fratello maggiore. E ne andavo fiera. Anche adesso, voleva
a tutti costi portarmi a guidare, anche se sapeva che uno, non era
consentito dalla legge, avendo pochi anni di esperienza alle spalle,
e due non era consentito dai nostri genitori. Punto, fine della
storia
“Lascia
perdere, André, è inutile che ci provi... lo sai
che
quando si mettono insieme, non c'è niente che riesce a
smuoverli!” affermai sorseggiando la spremuta
“Lascia
fare a me... so quali carte giocarmi se voglio convincerli!”
sussurrò sorridendo, sperando che a sentirlo fossi soltanto
io, ma si sbagliava..
“E
sentiamo... quali sarebbero queste carte che ti vorresti
giocare?”
gli chiese mio padre con un sopracciglio sollevato.
“Sì,
ti piacerebbe... queste sono cose che non si rivelano mica...
benché
meno ai propri genitori!” esclamò
“Mmm..
non pensavo di aver cresciuto un figlio del genere...”
esclamò
mio padre divertito “Me ne complimento... farai carriera,
ragazzo,
fattelo dire!”
“Beh,
non è che sia poi tutto merito tuo, papà... un
po' va
anche a mamma... qualcosina l'ha fatta anche lei in fondo!”
aggiunse Andrea fingendosi serio. Quando si mettevano a scherzare
quei due erano più simpatici di qualsiasi attore comico.
Avevano la stessa ironia sorprendente, mai volgare o pungente. Forse
dipendeva dal fatto che fossero dello stesso segno zodiacale, e che
quindi avevano più o meno caratteri simili. C'era solo un
giorno di differenza tra i loro compleanni, a volte, in base all'anno
bisestile, anche due. Andrea, infatti era nato il 27 Febbraio. Mio
padre l'uno Marzo.
Io
e mia madre, allora, quel giorno, ci ritrovavamo come sempre ad
assistere alle loro battute e a ridere
“Giusto
giusto... diamo a Cesare ciò che è di
Cesare!”
esclamò mio padre
“Ah,
grazie per la concessione...” sorrise lei “Comunque
sbrigatevi
voi due, che è tardi!” rivolta a me e mio fratello
“D'accordo!”
scesi dallo sgabello “Mi accompagni tu, vero?”
“E
me lo chiedi anche? Devo tenerti sotto controllo, te lo ricordi,
vero?” esclamò Andrea spingendomi verso
l'ingresso. Una
volta messe le giacche e recuperate le borse, uscimmo di casa,
accompagnati dalle minacce di morte di mia madre se avessimo fatto
scuola guida da soli senza autorizzazione
“Certe
volte sanno essere davvero noiosi...” esordì mio
fratello
una volta entrati in macchina. Quest'ultima, una Nuova Punto blu
notte, era la sua piccola soddisfazione. Era riuscito a comprarsela
grazie ai risparmi di una vita, e con il sostanzioso aiuto di
papà.
Beh, diciamo che fu più che sostanzioso questo aiuto,
però...
alla fine ne è valsa la pena direi. La macchina ha due anni
di
vita, ma è come nuova. Un gioiellino.
“Dai,
non preoccuparti... non ho fretta. Ho aspettato diciotto anni,
potrò
attendere ancora qualche altro mese... vorrà dire che nel
frattempo mio fratello mi porterà sul tratto di campagna
dietro casa, e mi farà qualche primitiva
lezione...”
esclamai innocentemente. Lui scoppiò a ridere e
partì.
Accesi la radio, e cercai tra le varie stazioni quella più
interessante. Di prima mattina erano tutte molto noiose.
“Vai
all'università oggi?” domandai abbassando il
volume dello
stereo
“Già...
devo parlare con il professore per farmi spostare l'esame alla
settimana prossima... credo non ci saranno problemi!”
“Grande...”
esclamai. Mio fratello aveva espresso la volontà di
iscriversi
all'Accademia dell'Arte lì a Roma, ed i miei avevano
acconsentito felici. Era sempre stato il suo sogno cimentarsi in
questo campo, magari specializzandosi in grafica e comunicazione
televisiva. Aveva sempre avuto un'autentica passione per il disegno.
Fin da piccolo. Poi questa passione era diventata talento e alla
fine, chissà, magari perfino un lavoro. Glielo auguravo con
tutto il cuore.
Ad
un tratto sentii la tasca della giacca vibrare. Sfilai il cellulare e
guardai il numero
“É
Valerio!” esclamai e risposi “Pronto?”
“Ehi,
festeggiata... pensavo fossi già a scuola!”
esclamò
raggiante
“Ehm...
in effetti ho fatto leggermente tardi, ma.. nulla di grave!”
“Bene
bene... beh, visto che i miei mi hanno costretto a farlo, ti ho
chiamato per darti gli auguri... sai com'è... nella nostra
famiglia c'è quest'usanza assurda...”
“Già...
ne so qualcosa!” affermai sorridendo
“Sì,
mamma... ho capito... mi lasci parlare in santa pace e te ne torni di
là? Grazie!” esclamò, evidentemente non
rivolto a me
“Ciao
nonna!” urlai affinché mi sentisse. Sentii Valerio
sbuffare
e dopo qualche istante la voce di mia nonna uscì dalla
cornetta
“Chiara,
tesoro, tanti auguri!” esclamò
“Grazie
davvero, nonna!”
“Stai
andando a scuola? Sei con Andrea?”
“Già...
mi sta giusto accompagnando!” risposi sorridendogli
“Tuo
nonno è da poco uscito... voleva darteli anche lui gli
auguri,
ma penso passeremo da casa vostra oggi pomeriggio!”
“D'accordo...
ci vediamo dopo, allora...”
“Bene...
ah, e un'altra cosa... cerca di ignorare tuo zio... delle volte mi
chiedo sinceramente di chi sia veramente figlio!” sentii la
risata
sarcastica di Valerio in sottofondo alla quale mi unii io con una
spontanea. Ebbene sì, il ragazzo con cui avevo parlato al
telefono poco prima, altri non era che mio zio, fratello di mio
padre. Con lui, c'era un rapporto che non era di certo da
considerarsi normale. Basti pensare che mai dalla mia bocca era
uscita la parola zio, in sua presenza. Mi rifiutavo altamente di
chiamarlo così, uno perché sapevo con sicurezza
che
odiava sentirselo dire, si sentiva tremendamente vecchio, e due...
beh, aveva a mala pena venticinque anni, cinque in più di
mio
fratello, eravamo cresciuti insieme... più che uno zio,
sembrava un amico, o un fratello...
“Dai,
ti lascio... buona scuola, e saluta Andrea!”
“Sarà
fatto... ciao!” e misi giù
“Nonna
ti saluta!” esclamai rimettendo il telefono al suo posto
“Grazie...”
rispose lui. Parcheggiò davanti al cancello della mia scuola
e
continuò “Ci vediamo qui all'una e mezza in
punto... devo
ripeterti le regole?” sbuffai infastidita
“No,
santo cielo, André, me le ricordo le tue dannate
regole...”
“Ripeterle
non fa mai male...” esclamò sorridendo. Lo guardai
in
cagnesco
“Regola
uno...” cominciò
“Mai
dar retta ai ragazzi dell'ultimo anno, in assoluto sono i
peggiori!”
terminai
“Regola
due...” e intanto portava il conto sulle dita
“Mai
dar retta ai ragazzi del quarto anno, credono di essere arrivati al
traguardo, ma ne hanno ancora di strada da fare!”
“Regola
tre...”
“Mai
dar retta ai ragazzi del terzo anno, si divertono a fare i grandi ma
a conti fatti giocano ancora con le macchinine!”
“Regola
quattro...”
“Mai
dar retta ai ragazzi del secondo anno, si sentono grandi e superiori
perché non sono più gli ultimi arrivati, ma alla
fine
valgono quanto quelli di primo, se non meno...”
“E
per finire... regola cinque...”
“Mai
dar retta ai ragazzi del primo anno, cercano di farsi una reputazione
e sarebbero disposti a tutto pur di non sbagliare!” esclamai
infine
scocciata
“Bene,
vedo che te le ricordi perfettamente!” osservò
soddisfatto
“Me
la ripeti da quattro anni a questa parte tutti i santi
giorni...”
constatai frustrata
“Voglio
soltanto essere sicuro che tu le tenga a mente sempre” si
difese
“Certo,
come no...” aprii lo sportello e biascicai “E poi
mia madre si
domanda come mai non ho ancora un ragazzo...”
“Ci
vediamo all'una e mezza!” ribadì aprendo il
finestrino
“A
meno che non riesca a convincere una matricola ad accompagnarmi con
il suo scooter!” esclamai punzecchiandolo. Infatti mi
guardò
torvo ed io sbuffando ripetei come una macchina
“Una
e mezza... concetto afferrato...” ed entrai nel portone,
fortunatamente ancora aperto.
Carta
di identità della sottoscritta:
Nome:
Chiara
Cognome:
Marchi
Nata
il: 03 Maggio 19** Età:
18 (freschi freschi di giornata)
A:
Roma Provincia: RM
Cittadinanza:
Italiana, almeno... credo
Residenza:
Roma
Via:
dei Mille, 79
Stato
Civile: felicemente single, per la gioia di mio fratello
Professione:
Studentessa applicata
Connotati
e contrassegni salienti
Statura:
1,70 fiera di esserlo
Capelli:
Castani, corti, tipo maschietto
Occhi:
Verdi, come papà
Segni
particolari: Sono una testa di cazzo
Segno
zodiacale: Toro
Carattere:
forte, impulsiva, cocciuta, ma con un cuore enorme, e molto, molto
solare
Famiglia:
Papà, Massimiliano Marchi, 45 anni, avvocato, nato e vissuto
a
Roma
Mamma,
Manuela Capitelli, in Marchi, 43 anni, impiegata presso una
multinazionale estera, nata e vissuta a Roma
Fratelli/Sorelle,
Andrea Marchi, 20 anni, studente universitario presso l'Accademia
d'Arte a Roma, nato e vissuto a Roma
Amici/Amiche:
Erica Lofrano, 18 anni già compiuti, amiche da quando
andavamo
in prima media, stessa classe al liceo Scientifico “Giuseppe
Pasolini” di Roma, fidanzata da circa tre mesi con Luca,
sportiva
fino al midollo, ottimista e vitale
Melissa
Giunco, 17 anni e mezzo, amiche dalla terza media, stessa classe al
liceo Scientifico “Giuseppe Pasolini” di Roma, in
via di
fidanzamento con Diego, fratello di Erica, maniaca dell'ordine e
della precisione, sensibile, timida ma anche molto solare
Alessia
De Nobilis, 25 anni, forse è più di un'amica,
quasi una
sorella. Siamo cresciute insieme visto che i suoi genitori, che io
considero zii, sono carissimi amici dei miei genitori. É
proprietaria di un bar, il perfetto ritrovo post-scuola, single per
scelta sua, visto l'odio indescrivibile che ha verso alcuni ragazzi
che conosce, come Valerio ad esempio. È una casinista,
sognatrice, ottima consigliera e possiede un sarcasmo allucinante.
Valerio
Marchi, 25 anni, solo due mesi di differenza con Alessia, fratello di
mio padre, solo che l'ho sempre considerato un amico, troppo giovane
per fare lo zio. Studente universitario all'ultimo anno di psicologia
a Roma. Single, in attesa di un sì da parte di Alessia, ma
la
vedo dura. Costantemente allegro, rompiscatole, protettivo,
irresponsabile
Gianluca
Mutti, quasi 19 anni, amici, ahimé, dal primo superiore.
Frequenta l'ultimo anno alla mia stessa scuola, e sono quattro anni
che tento in tutti i modi di farmi notare da lui, ma non c'è
verso. Semplicemente bellissimo, sicuro di sé, estroverso, e
perfino simpatico, quando vuole.
Questa
é la mia vita, probabilmente già vista,
già
sentita, ma... mai dare niente per scontato. Anche le cose
più
banali, a volte, nascondono sorprendenti rivelazioni...
***
Salve
a tutti... eccomi qui, dopo taaanto tempo (che sarà passata,
una settimana? Due?) ad angosciarvi con una nuova storiella fresca
fresca... l'ispirazione qst volta è venuta da sola, come se
fosse stata lì in attesa di essere colta da sempre... eh eh
eh... beh, per chi nn mi cononsce e qst è la prima volta che
si imbatte nelle mie storie, auguro una buona lettura, e spero di
avervi minimamente incuriositi tanto da continuare a seguirmi x i
successivi capitoli. Per tutti quelli che invece, mi hanno
già conosciuta, leggendo "Dimmi ti amo", beh... vi sarete
accorti che qui c'è qualks di strano, eh? I conti non
tornano? eh eh eh, beh vi avevo promesso una continuazione, e l'avete
avuta... certo, un pò particolare, però... da me
qst cose dovete anche aspettarvele, no? Beh, adesso i nostri vecchi
amici dovranno lasciare il posto di protagonisti principali ai loro
figli, e staremo a vedere cosa succederà. Per coloro i quali
temessero di non capire nulla nel leggere qst storia, non avevndo mai
sentito parlare dell'altra mia fic "Dimmi ti amo", assicuro di non
preoccuparsi... non c'è alcun legame di continuazione
fondamentale tra i due. Non è necessario aver letto l'altra
storia x poter seguire qst, ve lo assicuro :D... certo, poi se siete
curiosi di sapere cosa si cela dietro l'altra storia, beh... io sono la
prima ad invitarvi a leggerla, mi fareste solo felice... bene, detto
tutto, adesso vado... mi raccomando, recensite in tanti e fatemi
sapere... un mega kiss a tutti ;)