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Autore: The Writer Of The Stars    11/01/2016    2 recensioni
"Vegeta, sebbene bambino, non peccava di soffrire tale mancanza. Faceva quasi impressione rendersi conto di come quelle piccole mani guantate si rendessero testimoni di genocidi immani, e spaventava osservare gli infantili e neri precordi gonfiarsi d’ira, tanto che i più magnanimi temevano di veder quel cuoricino liso scoppiare da un momento all’altro. L’orgoglio e la tracotanza, quindi, erano nate con lui, imprigionate nello stesso patrimonio genetico. Certamente la presenza di Freezer si era divertita a stuzzicare quel lato misogino del Principe, accrescendo in lui una spietata freddezza, ma il giogo dell’alieno era stato solo un alimento ingurgitato con gola dalla sua anima, mutando col tempo l’istinto di sopravvivenza tipico di ogni guerriero, in bramosia di imbrattare di sangue il proprio essere. Freezer non era stato pedagogista di superbia, ma solo conservatore di tracotanza e Diavolo pronto ad indurre nel peccato un’anima nata già corrotta. "
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-Riferimenti alla morte di Vegeta nella saga di Namek.-
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Caratteristica predominante nelle vene dei Sayan, era senza ombra di dubbio la presenza più o meno esaltata di tracotanza. L’arroganza che i  guerrieri trasudavano dal loro sangue impregnava finanche le vesti cruente della battaglia, ed era uno spettacolo ammaliante vedere come l’Hybris      non abbandonasse le loro membra nemmeno durante quei mistici riti notturni, baccanali alla luna superba che si nutriva del loro orgoglio senza proclamare parola alcuna, limitandosi ad illuminare la notte con il suo latteo riflesso seducente, permettendo ai Sayan di liberare la propria essenza tracotante nella loro forma più misogina e spaventosa, di cui solo la coda che li legava alla stirpe di guerrieri era testimone. Vegeta, sebbene bambino, non peccava di soffrire tale mancanza. Faceva quasi impressione rendersi conto di come quelle piccole mani guantate si rendessero testimoni di genocidi immani, e spaventava osservare gli infantili e neri precordi gonfiarsi d’ira, tanto che i più magnanimi temevano di veder quel cuoricino liso scoppiare da un momento all’altro. L’orgoglio e la tracotanza, quindi, erano nate con lui, imprigionate nello stesso patrimonio genetico. Certamente la presenza di Freezer si era divertita a stuzzicare quel lato misogino del Principe, accrescendo in lui una spietata freddezza, ma il giogo dell’alieno era stato solo un alimento ingurgitato con gola dalla sua anima, mutando col tempo l’istinto di sopravvivenza tipico di ogni guerriero, in bramosia di imbrattare di sangue il proprio essere. Freezer non era stato pedagogista di superbia, ma solo conservatore di tracotanza e Diavolo pronto ad indurre nel peccato un’anima nata già corrotta.

Ora dunque, persino la terra cruenta se n’è resa conto. Inizialmente non se ne era nemmeno accorto, ma quando pochi secondi prima il proprio corpo è ricaduto pesantemente sul terreno ghiaioso, il Principe non si è lasciato condizionare dalla carne lacerata in corrispondenza del proprio cuore, ma superbo sino alla fine, ha permesso che le proprie pupille amene si impregnassero del rosso borgogna del sangue che lo accoglie in terra come tomba di guerriero. L’orgoglio scalpita nel voler negare che quel sangue appartenga davvero a lui, ma Vegeta è un Principe, e come tale pondera orgoglio e ragione con un’alternanza nauseante, lasciando alla superbia il compito di decretare il vincitore nella propria anima. Finanche le lacrime che sgorgano dalle sue iridi adombrate non richiamano a loro dolore fisico per una morte vicina, ma solo tracotanza e arroganza che compongono le sue membra. Le lacrime di Hybris si impregnano nel terreno ghiaioso, unendosi al sangue che contro ogni aspettativa non è blu, ma vermiglio, di un rosso agghiacciante, mentre l’ultimo pensiero va sempre lì, all’orgoglio ferito, alla vendetta della propria razza.

Non c’è preghiera o supplica nemmeno nelle sue corde vocali lacerate, né nella voce strozzata. È semplicemente una pretesa che brama d’essere esaudita, perché la tracotanza non abbandona mai l’uomo, nemmeno negli ultimi istanti di vita. E mentre l’Hybris e la morte litigano ferocemente per strappare il suo corpo lacerato da quel terreno di polvere e sangue, lo sguardo volge involontariamente al cielo, poiché si era sempre promesso che l’immensità sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto prima di morire.

Verde. Che stupido colore.

E anche negli Inferi, L’Hybris non abbandona.
 

 Hybris: tracotanza in greco antico, da cui il titolo della storia.
   
 
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