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Autore: eugeal    11/01/2016    0 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Robin mise il cavallo al trotto, accelerando per giungere a Nottingham prima che i venditori del mercato esaurissero le loro merci. Tirò fuori la lista che gli era stata affidata da Isabella e ancora una volta si stupì di quante cose fossero servissero per l'arrivo di un bambino, anche se aveva il sospetto che molte di esse non fossero poi così necessarie.
La prima tappa era dal falegname per ordinare una culla nuova.
Robin si chiedeva cosa avesse che non andava quella di quando lui era piccolo, ma Isabella era stata irremovibile e Robin aveva dovuto arrendersi. In compenso si era rifiutato di cedere sui pannolini ricamati: quelle strisce di lino avevano un'unica funzione pratica e di certo non avevano bisogno di essere anche belli.
La discussione era andata avanti per ore e si era conclusa solo quando lui e Isabella erano giunti a un compromesso: lei si sarebbe accontentata di pannolini semplici, ma Robin avrebbe dovuto scegliere la culla più bella.
Robin sospirò: in quell'ultimo periodo della gravidanza, Isabella era molto emotiva e nervosa e passava da momenti in cui lo rimproverava, facendolo sentire un bambino in castigo a momenti in cui si commuoveva e scoppiava a piangere per la sciocchezza più insignificante.
Proprio quella mattina era scoppiata in lacrime nel vedere l'anello col sigillo che Robin aveva ereditato dal padre e che usava per sigillare i documenti ufficiali.
Nel vederla piangere si era preoccupato finché lei non gli aveva spiegato singhiozzando che Guy non aveva mai avuto la possibilità di averne uno.
Robin dubitava che Gisborne si sentisse così afflitto dalla mancanza di un anello col sigillo, anche perché ormai avrebbe potuto comprarne uno da solo se ne avesse sentito l'esigenza, ma aveva dovuto promettere a Isabella che sarebbe passato anche dall'orefice per commissionarne uno per il suo “povero fratello”.
Djaq e Adeline gli avevano assicurato che quegli sbalzi d'umore erano piuttosto comuni nelle donne in attesa e Robin sperava sinceramente che fosse così e che il bambino nascesse presto, anche se l'idea di diventare padre lo spaventava ancora parecchio.
Per allontanare la paura pensò a Will e a Djaq con i loro gemelli, ad Adeline che aveva cresciuto un bambino dopo l'altro e a Guy che aveva scoperto di amare profondamente quel figlio che non aveva mai desiderato. In un modo o nell'altro tutti loro erano felici e Robin si convinse che anche lui e Isabella lo sarebbero stati.
Si fermò prima dal falegname, chiedendosi perché Isabella avesse scelto proprio quell'artigiano e non Will e ne uscì parecchio tempo dopo con la testa che gli doleva, chiedendosi se alla fine Isabella avrebbe approvato le sue scelte. Nel dubbio aveva scelto sempre l'opzione più costosa, sperando che fosse anche la migliore.
Dall'orefice fu più fortunato: tra i vari anelli in vendita ce n'era uno d'argento con incisa una testa di lupo simile a quella dello stemma di famiglia di Gisborne e Robin decise che a Guy sarebbe andato bene.
Lo acquistò e decise di rimandare le altre commissioni e dirigersi verso il castello. Più tardi ci sarebbe stato il consiglio dei nobili per discutere delle aggressioni.
Il giorno prima il padre di Meg era riuscito a identificare uno dei feriti: era un piccolo nobile che viveva a una certa distanza da Nottingham e che a quanto pareva non aveva nemici dichiarati.
Robin si chiese chi potesse avere interesse a ucciderlo o se le aggressioni fossero casuali per colpire chiunque si trovasse a passare nella foresta nel momento sbagliato.
Digrignò i denti, rabbiosamente, al pensiero che quei delinquenti usassero il suo nome e si irritò ancora di più pensando che molta gente credeva a quelle menzogne.
Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. Perdere la calma non sarebbe servito a nulla.
Per recuperare il buonumore, Robin cercò di immaginare la faccia che avrebbe fatto Guy scoprendo che Robin Hood gli aveva regalato un anello.
Molto probabilmente gli avrebbe detto qualcosa come “sono già sposato, Locksley” o qualcosa del genere e se Allan fosse stato presente di certo il giovane si sarebbe divertito moltissimo a spese di entrambi. Robin fu tentato di portare l'anello a casa e dire a Isabella di darlo lei al fratello, ma poi cambiò idea. Se Allan voleva divertirsi, che facesse pure, in fondo dopo tempi tanto cupi un po' di allegria non avrebbe fatto male a nessuno.
Decise di andare a cercare subito Gisborne e si diresse verso il castello.
Scese da cavallo e fece per condurre l'animale verso le stalle, quando si accorse di un bambino che vagava da solo, piangendo, in mezzo alla folla di gente che si dirigeva al mercato o che tornava al castello, ignorato da tutti.
A Robin sembrò di riconoscere Seth e legò il cavallo da una parte per potersi avvicinare e guardare meglio se fosse davvero lui.
Perché era da solo? Si chiese Robin, preoccupato. Si era perso? E possibile che nessuno si fermasse a chiedergli perché stesse piangendo?
Mentre si affrettava verso di lui, Robin vide una coppia di ragazzi passare accanto al bambino e farlo cadere con un calcio per poi correre via. Robin ne afferrò uno per la maglia mentre gli passava accanto.
- Perché lo hai fatto?!
- Quello è il cucciolo di Gisborne, se lo merita.
Robin lo fissò, allibito dall'odio che scorgeva negli occhi di quel ragazzo e l'adolescente approfittò della sua esitazione per dargli un calcio sugli stinchi e liberarsi dalla sua presa.
Robin lo guardò fuggire, chiedendosi se avrebbe dovuto fermarlo usando una freccia per inchiodargli i vestiti al muro e immobilizzarlo, ma lasciò perdere e corse da Seth.
Il bambino era seduto a terra, talmente scosso dai singhiozzi da non avere la forza di alzarsi.
Quando Robin fece per prenderlo in braccio, Seth iniziò a gridare, terrorizzato e l'ex fuorilegge si rese conto con orrore che il bambino non indossava una tunica scura, ma che era completamente inzuppato di sangue.
- Seth! Seth! Sono lo zio Robin! - Disse, cercando di calmare il bambino e dopo un po' Seth sembrò riconoscerlo: gli saltò tra le braccia singhiozzando e si aggrappò a lui, una specie di fagotto bagnato e tremante che cercava in quell'abbraccio un po' di protezione.
- Cosa è successo, piccolo? Ti sei fatto male?
- Il mio papà! - Singhiozzò Seth. - Quegli uomini cattivi hanno ucciso il mio papà!
Robin lo guardò, inorridito.
- Dov'è?! Dov'è Guy?!
- Con i cavalli... - Disse il bambino, ricominciando a tremare.
Robin si rialzò tenendolo in braccio e chiamò le guardie presenti nel cortile del castello, poi corse verso le stalle col cuore in gola. Quando furono davanti all'edificio Seth iniziò a gridare in preda al panico e Robin lo affidò a uno dei soldati, ordinandogli di portarlo all'interno del castello, di controllare che non fosse ferito e di avvisare lo sceriffo, poi sguainò la spada ed entrò.
I cavalli scalpitavano, nervosi e spaventati e Robin poteva sentire chiaramente l'odore metallico del sangue che impregnava l'aria. Vide il corpo di un uomo trafitto da una spada e riconobbe l'arma di Guy, poi si voltò e vide l'amico a terra, steso su un fianco tra gli zoccoli del proprio cavallo.
Robin fece per avvicinarsi e l'animale si impennò, scalpitando.
- Calmo! Calmo! - Disse Robin, temendo che il cavallo potesse calpestare Guy, ma l'animale era molto attento a non toccare il proprio padrone con gli zoccoli.
Lo sta difendendo!
Robin mise via la spada, allungò una mano per placare il cavallo e dopo un po' l'animale sembrò capire che non aveva intenzioni minacciose e gli permise di avvicinarsi a Gisborne.
Guy era immobile a terra e la paglia sotto di lui era impregnata di sangue. In un primo momento Robin temette che fosse davvero morto, poi vide che il suo petto si muoveva e capì che respirava ancora.
Robin chiamò i soldati, ordinando loro di procurarsi una barella e di correre a chiamare Tuck, poi si inginocchiò accanto all'amico, premendogli una mano sulla ferita che gli attraversava la gola per cercare di fermare il sangue.
Le palpebre di Guy tremarono e Gisborne aprì gli occhi, cercando di spostarsi. Robin lo tenne fermo.
- Non muoverti, Guy, sei ferito. Se ti agiti sanguinerai di più.
Gisborne sembrò riconoscere l'amico e si sforzò di parlare.
- Marian. - Sussurrò, con una voce tanto debole che Robin riusciva a sentirlo a malapena. - Hanno preso Marian.
Robin sentì una stretta allo stomaco e si rese conto di avere paura.
Guy era stato ferito gravemente, forse era in punto di morte, e Marian era caduta nelle mani di banditi senza scrupoli senza che lui avesse potuto fare nulla per salvarli.
Robin sentì il corpo di Guy diventare inerte tra le sue braccia e capì che aveva perso i sensi di nuovo. Sperò che avesse solo perso i sensi.
- Sbrigatevi con quella barella! - Gridò ai soldati che erano appena tornati nella stalla. Archer, angosciato e ansimante era con loro.
Per un attimo guardò il corpo insanguinato del fratello, poi anche lui urlò alle guardie di sbrigarsi e tutti insieme si affrettarono a portare Guy all'interno del castello.

Lo sceriffo di Nottingham passò in rassegna i soldati, allineati nel cortile.
- Come è possibile?! Mi avevano detto che le guardie del castello erano incompetenti, ma questo è ridicolo! Avete permesso a banditi sanguinari di aggredire un uomo e rapire una donna senza accorgervi di niente! Qui! Nelle stalle del castello!
Gli uomini rimasero a testa bassa ad ascoltare i rimproveri di sir Arthur, ma lo sceriffo decise che ne aveva abbastanza.
- Controllate il castello da cima a fondo, anche se dubito che siano ancora qui e triplicate la sorveglianza sulle mura e ai cancelli, non deve passare neanche una mosca. E ora al lavoro.
Gli uomini si dispersero in fretta e lo sceriffo rientrò nel castello.
Passato il portone si fermò, passandosi una mano sul volto, profondamente turbato dall'accaduto.
Si diresse verso l'infermeria, dove il frate si stava impegnando per salvare la vita a Guy di Gisborne.
Insieme a lui c'erano una donna saracena e una guaritrice dall'aspetto stravagante e tutti e tre erano concentrati sul loro lavoro, chiaramente decisi a salvare il cavaliere a ogni costo.
Robin di Locksley e Archer erano andati a prendere le due guaritrici e poi erano ripartiti di corsa alla testa di un gruppo di soldati per battere la foresta alla ricerca dei banditi e di lady Marian.
Lo sceriffo entrò nell'infermeria e il frate gli andò incontro, pulendosi le mani insanguinate con un pezzo di stoffa.
- Come sta?
- Male. Ha perso molto sangue, forse troppo. Abbiamo ricucito le ferite, ma erano molte e alcune anche piuttosto profonde.
Djaq bagnò un pezzo di stoffa nell'acqua di un catino e lo usò per pulire dal sangue il viso di Guy, con tenerezza.
- Devono averlo attaccato in molti per ridurlo così. Povero Guy, ha sicuramente cercato di difendersi, ma erano in troppi. Lo hanno colpito anche alle spalle...
Matilda si avvicinò allo sceriffo con aria battagliera.
- Avete già scoperto chi è stato? Non ho faticato tanto per salvargli la vita perché poi un branco di pezzi di sterco di capra potesse massacrarlo in questo modo!
- Si spacciano per membri della banda di Robin Hood.
- Idiozie! Chiunque con un po' di buon senso capirebbe che quel povero caro di Robin non farebbe mai del male al suo amico! Se qualcuno crede a queste cretinerie deve essere un povero imbecille!
Sir Arthur annuì, intuendo che era meglio non contraddire la donna e si rivolse a tutti e tre i guaritori.
- Si salverà?
- La febbre sta iniziando a salire e lui è molto debole. Possiamo solo pregare che riesca a resistere. - Disse Tuck.
- Noi faremo di tutto per salvarlo. - Djaq bagnò di nuovo il pezzo di stoffa, lo strizzò e lo mise sulla fronte di Guy. - Combatteremo la febbre e forse con l'aiuto di Allah ce la farà.
- È messo male, ma questo qui è più forte di quello che sembra. - Continuò Matilda. - Già una volta l'ho dato per spacciato ed è guarito perfettamente, ora mi aspetto che lo faccia di nuovo. Non provarci nemmeno a morire, tesoro, oppure nell'aldilà ci arriverai a calci nel sedere.
Sir Arthur annuì.
- Salvatelo, se potete. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, chiedetela e farò in modo di farvela procurare.
Lo sceriffo guardò il cavaliere ferito, sinceramente dispiaciuto per lui e uscì dalla stanza, lasciandolo alle cure dei guaritori. Secondo Locksley e Archer quei tre erano i migliori in tutta Nottingham e sembravano molto affezionati al loro paziente. Se Gisborne aveva qualche possibilità di salvarsi, di certo il frate e le due donne avrebbero trovato il modo di guarirlo.
Uscendo dall'infermeria, un servitore si avvicinò allo sceriffo e gli sussurrò alcune parole sottovoce.
Sir Arthur annuì e lo seguì in una stanza vicina.
La donna di mezza età che Robin di Locksley aveva portato da Knighton insieme alla guaritrice saracena era seduta sul letto con il figlio di Gisborne in braccio. Accanto a lei, in piedi, c'era un uomo di qualche anno più anziano, il padre di lady Marian.
Adeline guardò lo sceriffo con gli occhi arrossati dal pianto e cullò teneramente il bambino. Seth era sfinito, ma continuava a piangere nel dormiveglia, singhiozzando di tanto in tanto.
- Signore, ci sono novità? - Chiese Adeline, ansiosamente.
- I guaritori sono con sir Guy e stanno facendo il possibile. È molto grave. - Disse lo sceriffo, senza nascondere la verità. La donna si agitò, chiaramente combattuta tra il desiderio di andare anche lei ad assistere Gisborne e quello di restare vicina a Seth.
Sir Edward era mortalmente pallido, ma le prese il bambino dalle braccia cercando di non svegliarlo e lo mise a letto.
- Vai da sir Guy, Adeline. Resterò io con Seth. Se dovesse svegliarsi ti farò chiamare, non preoccuparti.
Adeline annuì e si affrettò a uscire dalla stanza.
- Si sa niente di mia figlia? - Chiese sir Edward, angosciato.
- Locksley e Archer non sono ancora rientrati. La stanno cercando con i cani. Faremo di tutto per ritrovarla, glielo assicuro.
Sir Edward sospirò, per nulla tranquillo e accarezzò i capelli di Seth che si lamentava nel sonno.
- Povero piccolo... - Disse lo sceriffo. - Ha assistito all'aggressione e ha visto cadere il padre sotto i colpi di quei banditi, deve essere terrorizzato… Quando Locksley lo ha trovato era coperto di sangue…
I due uomini rimasero in silenzio per un po' a guardare il bambino addormentato, poi Seth si svegliò con un grido, si guardò intorno e ricominciò a piangere, chiamando il padre.
Lo sceriffo lo prese in braccio e gli spiegò in un tono sereno che Guy aveva bisogno di dormire tanto per guarire e che loro dovevano aspettare senza più piangere.
- Lo hanno ucciso, nonnino!
- Gli hanno fatto molto male, ma tuo padre è vivo.
Sir Arthur rifletté per qualche istante, poi prese una decisione: senza mettere giù Seth, si diresse verso l'infermeria e si avvicinò al letto di Guy.
Adeline era accanto al cavaliere e si stava prendendo cura di lui, asciugandogli il viso e sussurrando una melodia francese. Quando vide arrivare lo sceriffo con Seth in braccio, li guardò preoccupata, ma sir Arthur indicò le fasciature sul corpo di Guy e parlò al bambino in tono calmo.
- Vedi? Gli hanno fatto male in tutti quei punti e i guaritori hanno bendato le ferite, così potrà guarire, ma tu devi avere pazienza e lasciarlo dormire tranquillo.
Mise giù il bambino e Seth si avvicinò piano al letto.
- Padre? - Chiamò in un sussurro, poi tornò a guardare lo sceriffo. - Posso dargli un bacio, nonnino?
- Certo, ma fai attenzione a non toccare le bende.
Il bambino si mise in punta di piedi per sfiorare la guancia di Guy con le labbra e si ritrasse subito, timoroso di potergli fare male.
- Quando ti svegli ti porto una mela, padre.
Adeline si morse le labbra per trattenere le lacrime e sir Arthur venne in suo soccorso rivolgendosi al bambino.
- Vuoi venire con me, Seth? Di solito è tuo padre ad aiutarmi, ma visto che lui deve dormire, oggi potresti fare tu il suo lavoro.
Il bambino guardò la donna.
- Posso, Adeline?
Adeline interrogò lo sceriffo con lo sguardo e sir Arthur le fece un cenno rassicurante. La donna annuì e gli rivolse un sorriso di gratitudine.
- Vai pure, piccolo mio, e fai il bravo. Noi ci prenderemo cura del tuo papà mentre tu lo sostituisci al lavoro.
Seth prese la mano dello sceriffo.
- È un compito importante, sai? Tuo padre sarà proprio fiero di te quando gli racconteremo che hai preso il suo posto.
- Davvero, nonnino?
- Certo, Seth. Ora vieni, lasciamolo riposare.
Adeline guardò il bambino che andava via tenendo per mano lo sceriffo e tornò a fissare il volto pallido di Guy, rilassato in un sonno troppo profondo.
- Non ti arrendere, piccolo mio, ti prego, non arrenderti. Abbiamo tutti bisogno di te.
   
 
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