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Autore: CaptainSwanOlicity    12/01/2016    2 recensioni
One shot Linctavia, liberamente ispirata i fatti successi nella 1x09. I contorni sono inventati ma ho provato ad interpretare le emozioni dei personaggi, descrivendo la scena della caverna e gli stati d'animo dal punto di vista di Octavia, con una piccola sfumatura Bellarke.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Lincoln, Octavia Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Per tutto il tempo che sono stato via , non ho potuto mai completamente fidarmi di qualcuno. E quando questo va avanti per così tanto tempo , si smette di vedere persone come persone. Si vedono come...minacce. O obiettivi . E quando ho deciso di tornare a casa ,non sapevo come cambiare quella parte di me . Poi sono entrato nel tuo ufficio. Tu sei stata la prima persona che ho potuto vedere come...una persona...C'era qualcosa in te..."

"The entire time that I was gone, I could never completely trust someone. And when that goes on for so long, you stop seeing people for people. You see... threats. Or targets. And when I decided to come home, I just didn't know how to turn that part of me off. *pause* Then I walked into your office. You were the first person I could see as a... person. There was just something about you."

(Oliver a Felicity - Arrow)

 

"Octavia!"

Oh merda.

Rallentai il passo fino a fermarmi. Presi fiato e mi voltai a guardare mio fratello.

"Bell..."

"Dove stai andando così di corsa?"

"Io?! Di corsa?!...Da nessuna parte! "

Strinsi il pugno della mano fino a farmi male per impedirmi di cedere a quello sguardo inquisitore. 
Bellamy mi scrutava attentamente e con diffidenza.

"Stavo solo andando a fare una passeggiata..."

"Lo sai che non voglio che tu esca dall'accampamento. È troppo pericoloso là fuori..."

"Ho bisogno di distrarmi Bell. Non riesco a respirare qua dentro..."

Non sembrava del tutto convinto ma parve rilassarsi.

Si avvicinò posandomi una mano sulla guancia. Chiusi gli occhi al contatto. Odiavo mentire a mio fratello ma era necessario.

Non riuscivo a sentirmi in colpa. Bellamy mi voleva bene ma aveva un modo di vedere la vita tutto suo ed ero certa che non avrebbe mai capito.

"Lo so che non sopporti l'idea di stare rinchiusa ma non voglio..."

Gli posai una mano sulla bocca per impedirgli di continuare.

"Proprio perché lo sai, lasciami andare...Ho bisogno di prendere aria..."

Parlando continuavo a fissarlo, senza distogliere lo sguardo.

Le mie parole erano tranquille ma ero determinata e, anche se pacatamente, lo stavo sfidando.

Stavolta non avrei fatto a modo suo. Si era lasciato prendere troppo la mano nello gestire la mia vita, ma ero al limite. Le mie scelte dovevano appartenere solo a me stessa.

Questo era il primo passo.

Socchiuse gli occhi e parlò come se farlo gli costasse un grande sforzo.

"Okay..."

Rimasi a bocca aperta.

"Okay?!...Tutto qui?"

"Tutto qui..."

Non riuscivo a crederci. Sorrisi e lo strinsi forte prima che potesse cambiare idea.

"Grazie! Grazie! "

"Puoi andare. A patto che Clarke venga con te..."

Il mio entusiasmo svanì all'istante.

"Cosa?!??!?!?"

"Non voglio che tu vada nel bosco da sola! Non con tutti i terrestri che ci sono in giro!"

"Non sono più una bambina Bell! Non ho bisogno della babysitter! "

Urlavo...ma non mi stava già più ascoltando.

Come sempre.

Aveva fatto cenno a Clarke di avvicinarsi e le stava spiegando la situazione.

Incredibile! Me ne stavo lì a bocca aperta, fissando come un ebete mio fratello che decideva al posto mio anche uno stupido dettaglio come una passeggiata.

Dal canto suo, Clarke osservava prima me, poi lui, perplessa.

Quando ritrovai l'uso della parola era troppo tardi: Bellamy si stava già allontanando, lasciandomi con Clarke e con l'arsenale di simpatici insulti che avrei voluto sputargli addosso.

"Non prendertela! È solo iperprotettivo..."

"Trovane una migliore per difenderlo..."

"Ha paura..."

"Di cosa?! Che inciampi in una fossa e ci muoia dentro?!"

"Non essere così dura..."

"Che vuoi che sia! Ci sono cresciuta in una fossa!"

La bionda sospirò.

Non mi guardò nemmeno quando rispose. Aveva gli occhi fissi su Bellamy, seduto a una decina di metri di distanza, di spalle di fronte al fuoco.

"No. Ha solo paura di perderti..."

Non seppi che rispondere, perciò attesi che si voltasse a guardarmi.

Aveva gli occhi lucidi e lo sguardo assente quando mi fece cenno di andare. 
Ci avviammo in silenzio verso il cancello e lo oltrepassammo, mantenendoci nei pressi della recinzione.

Ero agitata. Sarei dovuta essere da tutt'altra parte in quel momento.

"Sai...Sei l'unica che può godere del privilegio di avere un fratello..."

"Uh...che bello..."

Il sarcasmo stridette anche alle mie stesse orecchie.

Clarke mi sorrise.

"Hai qualcosa che nessuno di noi avrà mai..."

"Uno stalker assicurato per la vita?"

"Una persona che ti ama incondizionatamente, che ti proteggerà anche a costo della vita...che metterà te davanti a tutto e tutti, sempre..."

Per la seconda volta nella serata mi aveva zittita. 
Aveva ragione, lo sapevo.
Ma non potevo spiegarle l'incubo che era stata la mia vita sin dal momento della mia nascita.

Ero grata a Bellamy e mi sentivo in colpa per avergli rovinato l'esistenza, ma ero stanca di vivere nella sua ombra.

Ero stanca di dover dipendere da qualcuno e di essere trattata come una bambina.

"Sei molto comprensiva con lui..."

"Non saprei. Credo piuttosto di aver capito un pò come funziona quella sua testa dura..."

Sorrisi mio malgrado.

"Sai Clarke. Tu e mio fratello siete molto simili...Cioè tu sei sicuramente la versione migliore di lui, quella meno..."

"Pazza?"

"...inquietante! "

La ragazza scoppiò a ridere.

"Questo posto ci sta cambiando Octavia...Ci sta cambiando tutti..."

Annuii di fronte a quella dolorosa verità.

Nessuno di noi sarebbe mai più stato lo stesso.

Purtroppo e per fortuna. Ne avevamo viste troppe e passate di tutti i colori...e chissà cosa ci avrebbe riservato ancora il futuro.

"Siamo tutti più forti e, anche se siamo un gruppo, è fondamentale che ognuno di noi impari a cavarsela da solo..."

Ci eravamo fermate.

Rimasi in silenzio, perciò Clarke continuò.

"Ed è per questo motivo che ora io me ne andrò allo stagno e me ne starò lì a riflettere sulla mia giornata e non ti chiederò dove stai andando, ne cosa ti gira nella testa. Solo...stai attenta Octavia, okay?"

La fissai intensamente, cogliendo il significato nascosto delle sue parole.

Che sospettasse qualcosa? No, impossibile.

Comunque non m' importava. Mi stava lasciando andare e, cosa ancora più importante, mi avrebbe coperta con Bellamy.

D'istinto le strinsi una mano.

"Okay..."

Con un cenno iniziò ad allontanarsi nella parte opposta alla mia.

"Clarke?"

Si voltò a guardarmi interrogativa.

"Spero che mio fratello apra gli occhi prima o poi..."

E corsi via, lasciandola sola a rimurginare su quelle mie parole.

Correvo a perdifiato e per poco non lo vidi.

Ben visibile in contrasto col buio della notte, il grande giglio bianco brillava prepotentemente.

Lo raccolsi e proseguii.

I fiori si susseguivano indicandomi la giusta via.
Le mie labbra s' incurvavano in un sorriso sempre più ampio ad ogni passo.

Portai un fiore vicino al viso, respirandone appieno il profumo.

Mi era entrato dentro quell'odore, il suo odore.

Con delicatezza, posai a terra il mazzolino. 
Ero arrivata a destinazione, da quel punto avrei potuto proseguire senza aiuto. 
Entrai agilmente nella stretta buca che mi avrebbe condotta dritta alla mia meta.

Cavolo se era stretta! La prima volta che ci ero entrata mi ero ricoperta di graffi e ferite che avevo potuto facilmente giustificare.

Adesso no! E Bellamy se ne sarebbe sicuramente accorto.

Perciò mi ero vestita in modo tale da non lasciare scoperto neppure un lembo di pelle.

Silenziosa, in punta di piedi, seguii la luce fioca del fuoco acceso che mi conduceva fino all'interno della caverna.

Lincoln era rivolto al muro, intento e concentrato a disegnare chissà cosa sulle pareti di pietra.

Con un ghigno impertinente presi le due piccole lame dalla tasca e le strinsi, avvicinandomi ulteriormente.

Sorprendere il nemico alle spalle, non farsi notare per non dargli il tempo di reagire...

Imprevedibile e sicura...

Alzai la mano e scattai in avanti ma, prima che potessi fare qualsiasi cosa, Lincoln si voltò e mi afferrò il braccio. 
Sorridendo, a sorpresa gli avvicinai l'altra lama al petto.

"Meglio? "

Sussurrai soddisfatta.

Guardò prima l'arma, poi me.

Lo sguardo che mi rivolse però, distolse la mia attenzione dai progressi che stavo facendo nel combattimento.

Era orgoglio...con un qualcosa in più, qualcosa che somigliava al desiderio.

Per quel poco che potevo saperne.

"Faremo di te una guerrera..."

Era questo che adoravo di lui: mi trattava come una sua pari, non come un'inetta.

E mi baciò.

Non fu un bacio timido o incerto ma deciso e profondo, come di chi non è abituato a perder tempo e vuole approfittare di ogni singolo momento.

Con la mano avvicinò ulteriormente il mio viso al suo, approfondendo il contatto.

Da quel momento in poi non ci capii più niente.

La giacca mi cadde dalle spalle, lasciandomi le braccia scoperte, seguita a ruota dalla sua. Non avevo freddo, non potevo avere freddo. I nostri corpi erano incandescenti.

Senza perdere il contatto con le sue labbra gli sfilai la maglietta con un'audacia che non pensavo di possedere.

Mi guardava, non smise di farlo neppure un istante.

Ebbi la sensazione che volesse imprimere nella mente ogni singola immagine di quel momento, forse perché era la stessa cosa che provavo io.

Come se stesse sollevando una piuma, mi prese da sotto il sedere, lasciando che le mie gambe lo stringessero alla vita.

E, in realtà, in confronto a lui, ero davvero uno scricciolo.

Si mosse e, inginocchiandosi, mi adagio' su una coperta di pelliccia stesa a terra, attento a non farmi toccare la pietra gelida del pavimento.

Dio quanto era bello!

Con la luce del fuoco che lo illuminava, sembrava una creatura divina, perfetta e inarrestabile.

Col cuore in gola bloccai il suo sguardo nel mio.

Per quanto mi sforzassi non riuscivo a decifrare i suoi pensieri e lui, dal canto suo, non era mai così propenso a rivelarli. Sentivo però la dolcezza, la passione e l'intensità che quel suo modo di osservami mi trasmetteva.

Nessuno mi aveva mai guardata in quel modo, come se fossi la cosa più bella mai vista.

Non che ce ne fosse mai stata occasione.

Non mi fermai neppure un secondo a riflettere sul fatto di trovarmi per la prima volta in una situazione così intima con un uomo.

Tra noi era tutto così...spontaneo, giusto.

Arrossii impercettibilmente sotto quel breve esame a cui mi stava sottoponendo.

Tentai di sfioragli il petto scolpito, segnato da anni di battaglie ma Lincoln, lentamente, condusse la mano sulla mia testa, intrecciando le dita alle mie e tornò a torturarmi le labbra, che altro non chiedevano che lui...ogni fibra del mio corpo non chiedeva che lui.

I suoi baci si spostarono nell'incavo del collo, provocandomi dei brividi di piacere.

Chiusi gli occhi, sommersa da sensazioni del tutto nuove.

Lo spinsi in avanti e in men che non si dica gli fui sopra, a cavalcioni.

Se fu sorpreso da quel gesto non lo diede a vedere. Beh, credo che se Lincoln non avesse voluto di proposito farmi prendere in mano la situazione non sarei mai riuscita a spostarlo, neanche di un millimetro.

Ma poco importava.

Mi sentivo incredibilmente bene, appagata in quel sentirmi forte, padrona della situazione, per nulla intimorita da quel ragazzo che sembrava non voler mai distogliere lo sguardo dal mio viso, dalla mia pelle, neanche quando mi sfilai la canottiera.

Nuda, dinanzi a lui, ferma per lasciarlo libero di scrutare ogni centimetro del mio corpo.

Il respiro era irregolare e sentivo sotto di me, prepotente, la voglia che aveva di amarmi.

Questo mi mandò ancor più fuori di testa, avvertivo il potere che avevo su di lui e mi inebriava come la più potente delle droghe.

Si alzò sulla schiena, abbracciandomi e baciandomi.

Le sue mani mi toccavano con una lentezza disarmante.

Non avevamo fretta, assaporavamo il tutto con scrupolosa attenzione.

Lo seguii, sdraiandomi su di lui.

Lo sentii sussultare quando iniziai a muovermi, stuzzicandolo.

Sorrisi e Lincoln parve accorgersene perché in un attimo mi distese sul fianco e mi sfilo' i pantaloni.

Sicuramente non gli piaceva essere sottomesso.

I nostri piedi erano già nudi, anche se non mi ero neppure accorta di essermi tolta gli stivali.

Infilò una mano negli slip e mi accarezzo'.
D'istinto gli afferrai le spalle e lo vidi accennare un sorriso.

La carezza si fece più insistente, profonda e non riuscii a tenere gli occhi aperti.

Il fuoco scoppiettava creando giochi d'ombra sulle pareti e su di noi... ma le vere fiamme ci bruciavano dentro.

Sentivo crescere in me una sensazione che sarebbe impossibile descrivere.

Qualcosa che ti parte dalle ossa, ti finisce nelle vene fino a invadere ogni fibra dell'essere.

Contro ogni logica allontanai la mano e presi ad armeggiare con i suoi, di pantaloni. 
Mi aiuto' a liberarlo degli ultimi indumenti e quando fu del tutto nudo, mi presi un momento per osservarlo.

Senza pudore guardai ogni parte di lui, curiosa ed eccitata. Sentivo che mi accarezzava i capelli, lasciandomi tutto il tempo necessario.

Era così paziente e attento che mi mancò il fiato.

Era sicuro di sé, ne aveva ogni ragione d'altronde.

Incantata, lo sfiorai nel suo punto più sensibile e la sua mano rafforzo' la presa sulla mia testa.

Forse un giorno mi sarei presa il tempo di studiarlo con più attenzione ma in quel momento volevo solo sentirlo mio e sentirmi sua.

Lui, chissà come, lo sapeva.

Si portò su di me, sfiorandomi il volto con le dita ruvide.
Con una gamba spostò la mia, facendosi strada.

Mi irrigidii quando lo sentii a pochi millimetri da me e gli legai le braccia al collo.

Che cosa sciocca! Ero sdraiata ma sentivo di poter precipitare da un momento all'altro.

Lincoln si sollevò appena, scrutandomi attentamente.

Aspettava un mio cenno, mi stava chiedendo il permesso.

Non parlava ma io sapevo che mi stava dicendo che nel caso non me la fossi sentita, lui l'avrebbe capito, si sarebbe fermato, bastava che lo dicessi.

Questo mi fece salire le lacrime agli occhi.

Lo vidi allarmato e, quando si scostò leggermente da me, fui invasa dal panico.

Lo riportai immediatamente su di me stringendolo dal collo.

"No!"

Continuò a guardarmi, un pò confuso, intento come sempre a leggermi dentro. Gli feci un cenno d'assenso.

Ero pronta. Ero pronta per lui. 
Questa consapevolezza era straordinaria e agghiacciante allo stesso tempo.

Allargai di più le gambe per accoglierlo e incoraggiarlo.

Un piccolo gemito mi colse mentre piano piano lo sentivo entrare in me.

Era dolce e delicato ma questo non arrestò del tutto la fitta di dolore che avvertii.

Strinsi le dita, fino a conficcargli le unghia nella pelle.

Mi baciò le palpebre, continuando ad accarezzarmi.

Gli spasmi andavano scemando.

Avevo paura che si fermasse perciò inarcai la schiena per aiutarlo. Quando lo accolsi totalmente in me, fu lui ad essere scosso da un fremito.

Si mosse sicuro e, come se non ci fosse mai stata, ogni traccia di dolore scomparve.

Al suo posto ci fu qualcosa di molto differente.
Era una danza sconosciuta ma che imparavo ad ogni suo movimento. 
Ballavamo insieme, legati e incatenati. 
La sensazione di poco prima tornò ad affacciarsi, ma amplificata e ancor più potente. 
Era una scalata, verso un mondo nuovo, verso una terra promessa inesplorata ma carica di aspettative, e la stavamo scalando in due.

Lo vidi spesso stringere gli occhi per riprendere il controllo e impedirsi di cedere.

Studiava ogni mia espressione, per capire cosa potesse piacermi e cosa potesse farmi impazzire.

La realtà era che mi faceva impazzire lui, il semplice fatto di sentirlo riempirmi, di vederlo impegnato a compiacermi.

Voleva essere sicuro che io raggiungessi l'apice prima di lasciarsi andare del tutto.

Infatti, quando accadde, lui mi seguì subito dopo, con un sospiro liberatorio.

Passo qualche secondo, qualche minuto...o forse molto di più.

Rimase ancora dentro di me, lasciandosi accarezzare la schiena nuda. Poi, ansimante e sudato, si sistemo' al mio fianco.

Ancora in stato confusionale, mi accoccolai sul suo petto e mi sentii stringere.

"Stai bene? "

Erano le prime parole che mi rivolgeva. Il tono di voce pacato e leggermente preoccupato. Gli lasciai un lieve bacio sul petto.

"Non potrei stare meglio..."

Sentii i muscoli tesi rilassarsi. 
Aveva davvero temuto di avermi fatto male.

"Grazie..."

Oh oh...Questa si che era bella: mi stava sul serio ringraziando!?
Alzai la testa, poggiandomi su un gomito, in modo tale da poterlo osservare in volto.
Lincoln non ricambio' lo sguardo.
Allungò una mano, prese un'altra coperta e me la sistemo' addosso.
Poi finalmente si voltò verso di me.

"Nella nostra cultura viviamo la sessualità in maniera molto aperta e libera. Siamo abituati a soddisfare ogni esigenza senza alcun limite o riserva..."

Una fitta del tutto ingiustificata di gelosia mi colpì dall'interno. 
Chissà con quante altre donne aveva fatto l'amore in quel modo...e magari anche in quel posto. 
Aveva detto "in maniera molto aperta e libera"...quindi forse non erano neanche state solo donne, forse neanche una alla volta...

"Octavia?"

Non risposi.
Sentii un dito sollevarmi il mento e incrociai di nuovo i suoi occhi.

"Ti prego...Ferma quella tua testolina fantasiosa..."

Ma come diavolo faceva?!

"Ma non è che per caso voi terrestri con le radiazioni e tutto il resto avete acquisito la capacità di leggere il pensiero?"

Sorrise impercettibilmente.

"Solo io...E ci riesco solo con te..." scherzo'.

Fantastico! Meraviglioso!

"Comunque...Quello che stavo cercando di dirti è che però guardiamo con un occhio di riguardo le ragazze pure..."

"Oh..."

"Gli uomini delle tribù si accertano che le fanciulle siano inviolate prima di chiederle come mogli..."

"Che cosa assurda...E come fanno? "

Mi scostò una ciocca di capelli dal viso.

"Credimi...Non vorresti saperlo..."

Un susseguirsi di immagini disgustose si accavallarono nella mia mente.

"Oh..."

"Non sapevo fossi pura..."

Mi prese alla sprovvista.

"Beh...Non si hanno molte possibilità di conoscenza quando vivi sotto un pavimento e tutto il mondo ignora la tua esistenza..."

"Vi ho osservati da quando siete arrivati sulla Terra, voi avete approcci con l'altro sesso molto sfacciati..."

"Ma se hai appena detto che voi..."

"So quello che ho detto. Gli uomini dei villaggi possono ma le donne, una volta sposate, devono compiacere solo il proprio marito..."

"Siete rimasti un pò indietro eh..."

"Forse. Non condivido molto del modo di fare del mio popolo. Ma ho visto come i tuoi compagni ti guardano e non mi piace. E quindi non avrei mai immaginato che tu fossi ancora..."

Si bloccò di fronte alla mia espressione sorpresa.

"Non hai la minima idea di quanto tu sia bella, vero?"

Quel complimento giunse del tutto inaspettato.

Gli sorrisi. Non sapendo cosa dire.

"Grazie...Per esserti donata a me..."

Mi baciò dolcemente. Ricambiai.

"Grazie per avermi permesso di entrare qui..."

Indicai con la punta delle dita il punto del petto dove batteva il suo cuore.
Gli sfiorai le cicatrici, alcune erano quasi invisibili.

"Ora riposa...Domani sarà un altro giorno da dimenticare..."

Posai il volto su di lui e mi lasciai avvolgere dal calore delle sue braccia.

"Lincoln?"

"Mmm..."

"I giorni che sono passati da quando ci siamo incontrati e quelli che verranno potranno essere i più brutti, i peggiori in questo inferno...ma non potrei mai dimenticarli..."

Non so se mi rispose, ma sentii la presa intorno a me rafforzarsi.
Chiusi gli occhi abbandonandomi per la prima volta nella vita ad una sensazione che mai avrei pensato di provare: col suo odore addosso, cullata dal suo respiro regolare mi sentivo al sicuro...Finalmente, mi sentivo a casa.

 
   
 
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